120369.fb2 2010: Odissea due - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 13

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9. IL GHIACCIO DEL GRANDE CANALE

A parte il cielo nerogiaietto, la fotografia sarebbe potuta essere scattata quasi in qualsiasi punto delle regioni polari della Terra; non v’era assolutamente nulla di alieno nel mare di ghiaccio corrugato che si stendeva a perdita d’occhio tutto attorno, fino all’orizzonte. Soltanto le cinque sagome con la tuta spaziale in primo piano proclamavano che quel panorama apparteneva a un altro mondo.

E ancora i reticenti cinesi non avevano reso noti i nomi degli uomini dell’equipaggio. Gli anonimi intrusi nel gelido paesaggio di ghiaccio in Europa erano semplicemente il capo degli scienziati, il comandante, l’ufficiale di rotta, il primo macchinista, il secondo macchinista. Era inoltre un’ironia, non poté fare a meno di pensare Floyd, il fatto che tutti sulla Terra avessero veduto la già storica fotografia un’ora prima del suo arrivo sulla Leonov, tanto più vicina al satellite di Giove. Ma le trasmissioni della Tsien erano incanalate lungo un fascio talmente sottile che riusciva impossibile intercettarle. La Leonov poteva ricevere soltanto il faro, che trasmetteva imparzialmente in tutte le direzioni. Ma anch’esso restava inaudibile per una buona metà del tempo, in quanto la rotazione di Europa lo sottraeva alla vista, oppure il satellite stesso veniva eclissato dalla mole mostruosa di Giove. Tutte le scarse notizie sulla missione cinese dovevano essere ritrasmesse dalla Terra.

L’astronave era discesa, dopo una prima esplorazione, su una delle poche isole di roccia compatta che sporgevano attraverso la crosta di ghiaccio dalla quale la luna era in pratica completamente rivestita. Il ghiaccio risultava piatto e liscio da un polo all’altro; non esistevano intemperie che lo scolpissero e lo plasmassero facendogli assumere forme strane, non esisteva neve trascinata dal vento che accumulasse strato su strato formando alture in lento spostamento. Sul satellite Europa privo di atmosfera potevano precipitare meteoriti, ma non vi cadeva mai un solo fiocco di neve. Le uniche forze che ne foggiassero la superficie erano la lenta trazione della gravità, la quale livellava uniformemente tutti i rilievi, e i terremoti incessanti causati dalle altre lune mentre passavano e ripassavano accanto a Europa percorrendo le loro orbite. Persino Giove, nonostante la sua massa di gran lunga più grande, esercitava un effetto assai minore. Le maree gioviane avevano compiuto la loro opera ere prima, facendo sì che Europa rimanesse con lo stesso emisfero rivolto in eterno verso il suo gigantesco padrone.

Tutto ciò era noto dalle missioni dei Voyager negli anni Settanta, dalle esplorazioni Galileo degli anni Ottanta e dagli atterraggi Keplero degli anni Novanta. Ma, in poche ore, i cinesi avevano appreso più cose su Europa di tutte le precedenti missioni messe insieme. Le loro scoperte, tuttavia, le tenevano per sé; si poteva deplorarlo, ma ben pochi avrebbero negato che essi si erano meritati il diritto di regolarsi in questo modo.

Si respingeva invece, con un’asprezza sempre e sempre più grande, la tesi secondo cui i cinesi avevano il diritto di annettersi il satellite. Per la prima volta nella storia, una nazione rivendicava il possesso di un altro mondo, e tutti i mass media della Terra stavano discutendo a proposito di tale diritto. Sebbene i cinesi facessero rilevare, con tediosa insistenza, di non aver mai firmato il Trattato dell’ONU sullo Spazio, ratificato nel 2002, e di non essere pertanto impegnati dalle sue clausole, questo non placava in alcun modo le irose proteste.

All’improvviso la questione di Europa divenne la notizia più importante nel sistema solare. E l’uomo sul posto (o per lo meno il più vicino, in quanto distava dal satellite appena pochi milioni di chilometri) cominciò ad essere richiestissimo.

* * *

«Qui Heywood Floyd, a bordo della Cosmonauta Alexei Leonov, diretta verso Giove. Ma, come potete ben immaginare, tutti i nostri pensieri sono ora accentrati su Europa.

«In questo stesso momento sto contemplando il satellite con il più potente dei telescopi dell’astronave; così ingrandito è dieci volte più vasto della Luna come la si vede a occhio nudo. E offre uno spettacolo davvero magico.

«La superficie è di un rosa uniforme, con poche piccole chiazze brune. La riveste una rete intricata di linee sottili che si incurvano e si diramano in tutte le direzioni. Somiglia moltissimo, in effetti, alla illustrazione di un testo di medicina la quale mostri un intersecarsi di vene e di arterie.

«Alcune di queste linee sono lunghe centinaia — o anche migliaia — di chilometri e somigliano alquanto agli illusori canali che Percival Lowell e altri astronomi dei primi anni del secolo ventesimo immaginarono di scorgere su Marte.

«I canali di Europa non sono però un’illusione, anche se, naturalmente, non si tratta di canali artificiali. Quel che più conta, contengono acqua o per lo meno ghiaccio. Il satellite, infatti, è quasi completamente coperto da un oceano profondo in media cinquanta chilometri.

«Tenuto conto della grande lontananza dal Sole, la temperatura alla superficie di Europa è estremamente bassa — circa centocinquanta gradi sotto lo zero. Ci si potrebbe pertanto aspettare che quell’unico oceano fosse una sola massa di ghiaccio.

«Invece, sorprendentemente, le cose non stanno affatto in questo modo in quanto le forze mareali generano all’interno di Europa molto calore sono le stesse forze che rendono attivi i grandi vulcani sulla luna Io.

«Pertanto il ghiaccio si scioglie continuamente, si spezza e si forma di nuovo, dando luogo a crepacci e a canali simili a quelli tra i lastroni di ghiaccio galleggiante nelle nostre regioni polari. Io sto ora contemplando per l’appunto questo intricato ricamo di crepacci; sono quasi tutti scuri e molto antichi — risalgono forse a milioni di anni fa. Ma se ne vedono alcuni di un bianco quasi puro; sono quelli recenti, appena apertisi, con una crosta dello spessore di pochi centimetri.

«La Tsien è discesa proprio accanto ad una di queste striature bianche, quella lunga millecinquecento chilometri, che è stata denominata il Grande Canale. Presumibilmente i cinesi si propongono di pompare acqua nei loro serbatoi di propellente, così da poter esplorare il sistema dei satelliti gioviani per fare poi ritorno sulla Terra. L’impresa può non essere facile, ma, senza dubbio, essi avranno studiato con somma cura il luogo dell’atterraggio; devono pertanto sapere quello che fanno.

«È ovvia ormai la ragione per cui si sono esposti a un così grave pericolo… e a causa della quale rivendicano Europa. Vogliono la luna di Giove come punto di rifornimento. Potrebbe essere la chiave dell’intero sistema solare esterno. Sebbene vi sia acqua anche su Ganimede, là è completamente trasformata in ghiaccio; è inoltre meno accessibile a causa della più possente gravità di quel satellite.

«V’è inoltre un secondo motivo che mi è appena venuto in mente. Anche se i cinesi rimanessero bloccati su Europa, potrebbero riuscire a sopravvivere fino a quando non venisse organizzata una missione di soccorso. Dispongono di energia in abbondanza, possono esservi minerali utili nel settore — e noi sappiamo che i cinesi sono esperti in fatto di produzione di cibo sintetico. Non sarebbe una vita molto comoda; ma ho alcuni amici che l’accetterebbero volentieri pur di godersi la vista sbalorditiva di Giove campeggiarne nel cielo… lo spettacolo che prevediamo di contemplare noi stessi tra pochi giorni appena.

«Qui Heywood Floyd, che vi saluta, anche a nome dei suoi colleghi a bordo della Alexei Leonov.»

«E questo è il ponte di volo. Bella radiocronaca, Heywood. Lei avrebbe dovuto fare il presentatore.»

«Ho fatto molta pratica. Una buona metà del mio tempo l’ho dedicata alle R. P.»

«Le R. P.?»

«Le relazioni pubbliche… di solito per dire agli uomini politici perché avrebbero dovuto assegnarmi altri fondi. Un problema a causa del quale lei non deve preoccuparsi.»

«Come vorrei che fosse vero. In ogni modo, salga sul ponte di volo. Vi sono alcune nuove informazioni a proposito delle quali vorremmo parlare con lei.»

Floyd tolse il microfono dall’occhiello, bloccò il telescopio sul giusto puntamento e si scostò dal minuscolo oculare. Allontanandosi da lì, per poco non urtò contro Nikolai Ternovsky, che ovviamente aveva la sua stessa mèta.

«Ruberò alcune delle sue frasi più efficaci per Radio Mosca. Spero che non le dispiaccia.»

«Faccia pure. E d’altronde, come potrei impedirglielo?»

Sul ponte di volo, la comandante Orlova contemplava pensierosa un fitto insieme di parole e di cifre sullo schermo principale dei computer. Floyd aveva cominciato faticosamente a tradurle, quando ella lo interruppe.

«Non stia a preoccuparsi per i particolari. Sono valutazioni del tempo che occorrerà alla Tsien per riempire i serbatoi e prepararsi al decollo.»

«I miei collaboratori stanno eseguendo gli stessi calcoli… ma vi sono di gran lunga troppe variabili.»

«Noi riteniamo di averne eliminata una. Lo sapeva che le migliori pompe idriche in commercio sono quelle destinate ai pompieri? E si stupirebbe venendo a sapere che alla Caserma centrale dei Pompieri di Beijing sono stati improvvisamente requisiti, pochi mesi fa, quattro dei modelli più recenti, nonostante le proteste del sindaco?»

«No, non me ne stupisco… sono soltanto colmo di ammirazione. Continui, la prego.»

«Potrebbe essere una coincidenza, ma quelle pompe sarebbero per l’appunto delle dimensioni adatte. Basandosi su supposizioni attendibili concernenti la collocazione delle manichette, la perforazione del ghiaccio e così via… be’, riteniamo che potrebbero ripartire tra cinque giorni.»

«Cinque giorni!»

«Se saranno fortunati e se tutto si svolgerà senza intoppi. E inoltre se non aspetteranno di colmare il serbatoio dei propellenti, ma si limiteranno a caricare acqua sufficiente per arrivare senza difficoltà alla Discovery prima di noi. Anche se ci precedessero soltanto di un’ora, sarebbe sufficiente. Potrebbero, come minimo, rivendicare il loro diritto al ricupero.»

«No, secondo i legali del Dipartimento di Stato. Al momento opportuno dichiareremo che la Discovery non è un relitto, ma che si trova semplicemente parcheggiata in attesa del nostro arrivo. Ogni tentativo di impadronirsi dell’astronave sarebbe un atto di pirateria.»

«Immagino quanto questo impressionerà i cinesi.»

«Se procedessero ugualmente, che cosa potremmo fare al riguardo?»

«Noi siamo superiori di numero… due contro uno, addirittura, quando avremo destato Chandra e Curnow dall’ibernazione.»

«Dice sul serio? Dove sono i coltellacci per il gruppo di abbordaggio?»

«I coltellacci?»

«Le sciabole… le armi.»

«Oh. Potremmo servirci dei telespettrometri a laser. Sono in grado di vaporizzare piccoli asteroidi dalla distanza di un migliaio di chilometri.»

«Non so bene se questa conversazione mi piaccia. Il mio governo senza dubbio non consentirebbe la violenza, tranne, naturalmente, che per autodifesa.»

«Oh, voi ingenui americani! Noi siamo più realistici; dobbiamo esserlo. Tutti i suoi nonni sono morti di vecchiaia, Heywood. Tre dei miei, invece, sono rimasti uccisi durante la Grande Guerra Patriottica.»

Quando si trovavano soli insieme, Tanya lo chiamava sempre Woody e mai Heywood. Ora doveva parlare sul serio. O forse si stava limitando a mettere alla prova le sue reazioni?

«In ogni modo, la Discovery vale appena pochi miliardi di dollari di materiale. L’astronave di per sé non è importante… sono importanti soltanto le informazioni che contiene.»

«Precisamente. Informazioni che potrebbero essere registrate e poi cancellate.»

«Le vengono in mente certe allegre idee, Tanya. A volte penso che tutti i russi siano un pochino paranoici.»

«Grazie a Napoleone e a Hitler ci siamo meritati tutto il diritto di esserlo. Ma non venga a dirmi che non aveva già elaborato questo… com’è che dite voi?… questo scenario per suo conto.»

«Non era necessario» rispose Floyd, alquanto imbronciato. «Lo aveva già fatto per me il Dipartimento di Stato… con qualche variante. Dovremo soltanto stare a vedere quale sarà lo scenario dei cinesi. E non mi stupirei minimamente se ci prevenissero, una volta di più.»