120369.fb2
«… Tu hai già letto tutti i rapporti tecnici, Dimitri, e pertanto puoi renderti conto della nostra delusione. Nonostante tutte le prove e le misurazioni effettuate, non abbiamo scoperto alcunché di nuovo. Zagadka continua a restarsene là, colmando una metà del cielo e ignorandoci completamente.
«Eppure non può trattarsi di un oggetto inerte… di un relitto spaziale abbandonato. Vasili ha fatto rilevare che deve agire in qualche modo per restare qui, nel punto instabile di librazione. Altrimenti si sarebbe abbassato già da ere, proprio come è accaduto alla Discovery, schiantandosi su Io.
«E allora che altro potremo fare? Non vogliamo esplosioni nucleari, in violazione del trattato dell’ONU, paragrafo 3, non è vero? Mi limito a scherzare, naturalmente…»
«Ora che non siamo più così incalzati dalla fretta e che mancano ancora settimane al momento in cui si presenterà la finestra di lancio per il viaggio di ritorno, v’è a bordo una netta sensazione di noia, nonché di delusione. Non ridere… immagino senz’altro l’impressione che faranno queste parole a te, lì a Mosca. Come potrebbe annoiarsi una persona intelligente, qui, circondata dalle più grandi meraviglie che occhi umani abbiano mai veduto?
«Eppure non sussistono dubbi al riguardo. Il morale non è più quello di un tempo. Fino ad ora eravamo rimasti disgustosamente sani. Ora quasi tutti hanno un piccolo raffreddore o il mal di stomaco, o un graffio che non vuol saperne di guarire, nonostante tutte le pillole e le polverine di Katerina. Ella ha ormai rinunciato ai tentativi di guarirci e si limita a imprecare contro di noi.
«Sascia ha contribuito a divertirci con una serie di perorazioni apparse sul bollettino di bordo dell’astronave. Il loro tema è: BASTA CON IL RUSSO IMBASTARDITO! E vi figurano elencate orride mescolanze di entrambe le lingue che egli asserisce di avere udito, impieghi errati delle parole, e così via. Avremo bisogno tutti quanti di una decontaminazione linguistica quando torneremo in patria; varie volte mi è capitato di udire tuoi compatrioti conversare in inglese senza nemmeno rendersene conto, e tornare alla loro lingua madre soltanto per le parole difficili. Quanto a me, l’altro giorno mi sono sorpreso a parlare il russo con Walter Curnow — e nessuno di noi due se n’è accorto per parecchi minuti.
«Alcuni giorni fa vi è stata un’attività imprevista dalla quale potrai arguire qualcosa del nostro stato d’animo. Il segnale d’allarme per incendio a bordo ha risuonato nel cuore della notte, azionato da uno dei rivelatori di fumo.
«Bene, è risultato che Chandra aveva portato a bordo di nascosto alcuni dei suoi sigari letali e non era più riuscito a resistere alla tentazione. Ne stava fumando uno al gabinetto, come uno scolaretto in colpa.
«Inutile dirlo, era terribilmente imbarazzato; tutti gli altri, invece, dopo il panico iniziale, hanno trovato la scena comica fino all’isterismo. Tu sai come una sciocchezza assolutamente banale, che non significa un bel niente per gli estranei, possa travolgere un gruppo di persone sotto ogni altro aspetto intelligenti e farle ridere a più non posso. Nei giorni successivi, bastava che qualcuno fingesse di accendere un sigaro e tutti si abbandonavano alla più sfrenata ilarità.
«A rendere la cosa ancor più ridicola è il fatto che tutti se ne sarebbero infischiati nel modo più assoluto se Chandra si fosse limitato a entrare in un locale a chiusura ermetica o avesse disinserito il rivelatore del fumo. Ma egli era troppo timido per ammettere di avere una debolezza così umana; e così, adesso, trascorre una parte ancor più grande del suo tempo comunicando con Hal.»
Floyd premette il pulsante PAUSA e smise di registrare. Forse non era giusto burlarsi di Chandra, per quanto, il più delle volte, la tentazione fosse grande. Nel corso delle ultime settimane erano emerse ogni sorta di bizzarrie della personalità; taluni avevano persino litigato violentemente, senza alcuna ragione ovvia. E, d’altro canto, come si era comportato egli stesso? Il suo comportamento era forse sempre stato superiore ad ogni critica?
Ancora non sapeva con certezza se avesse saputo parlare nel modo giusto con Curnow. Anche se supponeva che il robusto ingegnere non gli sarebbe mai piaciuto davvero, né che avrebbe mai gradito il suono della sua voce invariabilmente un po’’ troppo alta, negli ultimi tempi, invece di limitarsi a tollerarlo, lo ammirava rispettosamente. I russi lo adoravano, anche perché il suo modo di interpretare motivi preferiti come «Polyushko Polye» non di rado faceva venire loro le lacrime agli occhi. E, in una occasione, Floyd ritenne che quell’adorazione si fosse spinta un po’’ troppo oltre.
«Walter» prese a dirgli con cautela «non so bene se la cosa mi riguardi, ma v’è una questione personale della quale vorrei parlare con te.»
«Quando qualcuno dice che la cosa non lo riguarda, di solito ha ragione. Di che si tratta?»
«Per essere schietto, del tuo comportamento con Max.»
Seguì un gelido silenzio, durante il quale Floyd esaminò attentamente la vernice scrostata sulla parete opposta. Poi Curnow rispose, con una voce soave, ma ciò nonostante implacabile: «Avevo la netta impressione che Max fosse maggiorenne.»
«Non confondiamo le cose. E, per essere sincero, non mi preoccupo a causa di Max, ma a causa di Zenia.»
Curnow dischiuse le labbra senza nascondere il suo stupore. «Di Zenina? Che c’entra lei?»
«Per essere un uomo intelligente, sei non di rado stranamente poco osservatore… addirittura ottuso. Senza dubbio dovresti esserti reso conto che ella è innamorata di Max. Non ti sei accorto della sua espressione quando lo cingi con un braccio?»
Floyd non aveva mai immaginato di poter veder Curnow in preda all’umiliazione, ma la stoccata parve essere andata a segno.
«Zenia? Credevo che stessero scherzando tutti quanti. È un topolino dall’aria talmente tranquilla. E tutti sono innamorati di Max, a modo loro… persino la Grande Caterina. Eppure… um, sì, credo che dovrei essere più circospetto. Per lo meno quando Zenia è presente.»
Seguì un prolungato silenzio mentre la temperatura sociale risaliva alla normalità. Evidentemente per dimostrare che non esistevano risentimenti, Curnow soggiunse, in tono noncurante: «Sai, Zenia mi lascia molte volte interdetto. Qualcuno ha eseguito un mirabile intervento di chirurgia plastica al viso di lei eppure non è riuscito a eliminare completamente il danno. La pelle è troppo tesa, e credo di non averla mai veduta ridere normalmente. Forse per questo ho evitato di guardarla… mi avresti attribuito una simile sensibilità estetica, Heywood?»
Quell’«Heywood» così volutamente formale, più che ostilità esprimeva una bonaria presa in giro e Floyd consentì a se stesso di rilassarsi.
«Posso soddisfare in parte la tua curiosità… A Washington sono venuti finalmente a conoscenza dei fatti. Sembra che ella sia rimasta coinvolta in un grave incidente aereo e abbia avuto la fortuna di guarire dalle ustioni. In tutto ciò non v’è alcunché di misterioso, a quanto ci risulta, ma in teoria all’Aeroflot non capitano mai incidenti.»
«Povera figliola. Mi stupisce che le abbiano consentito di viaggiare nello spazio, ma presumo che fosse la sola persona qualificata disponibile quando Irina si autoeliminò. Mi spiace per lei; a parte le lesioni fisiche, lo choc psicologico deve essere stato tremendo.»
«Sì, lo credo anch’io; ma si è ripresa del tutto.»
Non sei completamente sincero, disse Floyd a se stesso, e non lo sarai mai. Dopo l’incontro, durante l’avvicinamento a Giove, vi sarebbe sempre stato un legame segreto tra loro — non d’amore, ma di tenerezza; un sentimento spesso più duraturo.
All’improvviso e inaspettatamente si sorprese ad essere grato a Curnow; l’altro era rimasto senza dubbio sorpreso dalla sua preoccupazione per Zenia, ma non aveva tentato di sfruttarla a proprio vantaggio.
E, se l’avesse sfruttata, la cosa sarebbe stata forse sleale? Ora, giorni dopo, Floyd stava cominciando a domandarsi se i suoi moventi fossero stati del tutto ammirevoli. Curnow, per quanto lo concerneva, aveva mantenuto la promessa, senza dubbio; anzi, non sapendola più lunga, si sarebbe potuto pensare che egli stesse volutamente ignorando Max — per lo meno finché Zenia era presente. Inoltre trattava quest’ultima molto più gentilmente di prima. A volte riusciva persino a farla ridere spensieratamente.
Era dunque valsa la pena di intervenire, quale che potesse essere stato il movente. Anche se, come talora Floyd sospettava mestamente, si era trattato soltanto della segreta invidia che i normali eterosessuali od omosessuali provano, se sono completamente sinceri con se stessi, nei confronti dei polimorfi bene adattati.
Egli tornò ad accostare il dito al registratore, ma il corso dei pensieri precedenti era stato interrotto. Com’era inevitabile, immagini della casa e della famiglia gli si affollarono nella mente. Chiuse gli occhi e ricordò il momento culminante della festa di compleanno di Christopher… il bambino che soffiava sulle tre candeline della torta. Questo era accaduto meno di ventiquattr’ore prima, ma a quasi un miliardo di chilometri di distanza. Floyd aveva riveduto tante di quelle volte il videonastro che ormai conosceva a memoria la scena.
E quante volte Caroline faceva ascoltare a Chris i messaggi di suo padre, affinché il bimbetto non lo dimenticasse… e non vedesse in lui un estraneo quando fosse tornato dopo essere stato assente ancora ad un’altra festa di compleanno? Aveva quasi paura di domandarlo.
Eppure non poteva incolpare Caroline. Per lui, soltanto poche settimane sarebbero trascorse prima che si rivedessero. Ma lei era invecchiata di altri due anni durante il suo sonno senza sogni tra i mondi. Si trattava di un lungo periodo di tempo per una giovane vedova, sia pure temporanea.
Mi domando se non sto per essere colpito da una delle malattie che imperversano qui a bordo, pensò Floyd; di rado aveva provato un simile senso di delusione, persino di insuccesso. Posso aver perduto la mia famiglia, negli abissi del tempo e dello spazio, senza alcuno scopo. Infatti, non ho conseguito nulla; sebbene abbia raggiunto la meta, essa continua ad essere una neutra e impenetrabile parete di oscurità totale.
Eppure… eppure David Bowman aveva esclamato, un tempo: «Dio mio, è pieno di stelle!»