120369.fb2 2010: Odissea due - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 39

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32. SORGENTE DI CRISTALLO

I pellirosse e i colonizzatori Cajun trasferitisi lì dalla Louisiana dicevano che la Sorgente di Cristallo non aveva fondo. Questo, naturalmente, era assurdo, e senza dubbio essi stessi non potevano crederlo. Bastava mettersi una maschera per immersioni, immergersi soltanto per alcune bracciate… ed ecco, chiaramente visibile, la piccola grotta dalla quale sgorgava l’acqua incredibilmente pura, con le esili alghe verdi che ondeggiavano intorno ad essa. Ed ecco, a scrutare tra le alghe, gli occhi del Mostro. Due scuri circoli, situati l’uno accanto all’altro… che altro sarebbero potuti essere, anche se non si muovevano mai? Quella presenza in agguato aggiungeva un ulteriore eccitante richiamo ad ogni immersione; un giorno o l’altro il Mostro si sarebbe avventato fuori dalla tana, disperdendo i pesci nel dare la caccia alla preda più grossa. Né Bobby né David avrebbero mai confessato che, cento metri più in giù, tra le alghe, non si celava nulla di più pericoloso di una bicicletta abbandonata e senza dubbio rubata. Si stentava a credere che la profondità fosse così grande, anche dopo averla accertata in modo incontestabile mediante lenza e piombo. Bobby, il maggiore dei due e il più abile nelle immersioni, si era spinto forse fino a un decimo di quella profondità e aveva riferito che il fondo sembrava lontano come sempre.

Ma ora la Sorgente di Cristallo stava per rivelare i suoi segreti; forse la leggenda del tesoro Confederato era vera, nonostante lo scherno di tutti gli storici locali. Come minimo, avrebbero potuto mettersi in buona luce con il capo della polizia — sempre un’eccellente politica — recuperando alcune pistole gettate in acqua dopo recenti delitti.

II piccolo compressore d’aria che Bobby aveva trovato tra i rottami nel garage, stava ora scoppiettando con regolarità, dopo che avevano stentato ad avviarlo. Ogni pochi secondi tossicchiava ed emetteva una nube di fumo azzurrognolo, ma non accennava minimamente a volersi fermare. «E anche se si fermasse» disse Bobby «che importerebbe? Se le ragazze del Teatro Subacqueo possono riemergere da cinquanta metri di profondità senza le manichette dell’aria, possiamo fare altrettanto anche noi. Non c’è alcun pericolo.»

Se è così, pensò Dave fuggevolmente, perché non abbiamo detto a Ma’ quello che stiamo facendo, e perché abbiamo aspettato che Pa’ fosse tornato al Cape per il prossimo lancio della navetta? Tuttavia non provò veri rimorsi: Bobby sapeva sempre il fatto suo. Doveva essere meraviglioso avere diciassette anni e saperla lunga su tutto. Anche se desiderava che suo fratello non trascorresse tanto tempo con quella stupida ragazzina, Betty Schultz. Sì, era molto carina, d’accordo… ma, accidenti, si trattava pur sempre di una femmina! Soltanto con le più grandi difficoltà erano riusciti a liberarsi di lei, quel mattino.

Dave era abituato ad essere una cavia; i fratelli minori servivano proprio a questo. Si mise la maschera, infilò i piedi nelle pinne e scivolò nell’acqua cristallina.

Bobby gli porse la manichetta dell’aria con il vecchio boccaglio da sub che vi avevano inserito. Dave trasse un respiro e fece una smorfia.

«Ha un sapore orribile.»

«Ti ci abituerai. Ora immergiti… non più in giù di quella sporgenza rocciosa. Quando sarai là comincerò a regolare la valvola della pressione per non sciupare troppa aria. Risali quando darò uno strattone alla manichetta.»

Dave si immerse adagio sotto la superficie e venne a trovarsi nel paese delle meraviglie. Era un mondo placido, monocromo, molto diverso dalle scogliere coralline dei Keys. Non vi si trovava alcuno dei colori sfarzosi dell’ambiente marino, ove la vita — animale e vegetale — si addobbava con tutte le sfumature dell’arcobaleno. Lì si vedevano soltanto delicate varianti di azzurro e di verde, e pesci che sembravano pesci, e non farfalle.

Discese in profondità, agitando adagio le pinne, trascinandosi dietro la manichetta, soffermandosi per assorbirne la sequela di bolle d’aria ogni qual volta ne sentiva la necessità. La sensazione di essere libero era talmente meravigliosa da fargli quasi dimenticare l’orribile sapore nella bocca. Quando raggiunse la sporgenza — che in realtà era un vetusto tronco d’albero saturo d’acqua e talmente rivestito di alghe da essere irriconoscibile — si mise a sedere e si guardò attorno.

Poteva vedere, al di là della sorgente, i verdi versanti al lato opposto del cratere allagato, lontani almeno cento metri. Non v’erano molti pesci, lì attorno, ma un piccolo banco di pesciolini gli guizzò accanto baluginante, simile a una doccia di monete d’argento nella luce del sole che filtrava dall’alto.

V’era inoltre un vecchio amico appostato, come sempre, nel varco ove l’acqua della sorgente iniziava il suo viaggio verso il mare. Un piccolo alligatore. («Ma abbastanza grande» aveva detto Bobby una volta, allegramente. «È più grosso di me.») Rimaneva sospeso verticalmente, senza alcun punto d’appoggio visibile, con appena la punta del muso fuori dalla superficie dell’acqua. Non lo avevano mai infastidito, né l’animale aveva mai infastidito loro.

Alla manichetta dell’aria venne dato uno strattone impaziente. Dave fu lieto di risalire; non si era reso conto di quanto l’acqua potesse essere gelida a quella profondità fino ad allora irraggiungibile — e inoltre si sentiva decisamente male. Ma la calda luce del sole fece rivivere la sua allegria.

«Nessuna difficoltà» disse Bobby, espansivo. «Continua soltanto a svitare la valvola, in modo che l’indicatore della pressione non scenda sotto la linea rossa.»

«Fino a quale profondità ti immergerai?»

«Fino al fondo, se me la sentirò.»

Dave non prese sul serio queste parole; conoscevano entrambi il pericolo dell’embolia. E in ogni modo la vecchia manichetta da giardino era lunga appena trenta metri. Trenta metri sarebbero stati anche troppi per quel primo esperimento.

Come tante altre volte in passato, stette a guardare con invidiosa ammirazione mentre il diletto fratello maggiore accettava una nuova sfida. Nuotando senza alcuno sforzo, come i pesci che lo circondavano, Bobby scivolò giù in quell’azzurro e misterioso universo. Si voltò, a un certo momento, e additò energicamente la manichetta, facendo capire con inequivocabile chiarezza che gli occorreva un maggior flusso d’aria.

Nonostante il feroce mal di capo che all’improvviso aveva cominciato a tormentarlo, Dave ricordò il proprio dovere. Corse accanto al vetusto compressore e aprì la valvola dell’aria fino al micidiale massimo — cinquanta parti su un milione di ossido di carbonio.

L’ultima visione che ebbe di Bobby fu quella sagoma variegata dal sole che, fiduciosamente, continuava a immergersi, passando per sempre al di là della sua portata. Il corpo cereo esposto nella sala mortuaria dell’impresario di pompe funebri era un assoluto estraneo e non aveva nulla a che vedere con Robot Bowman.