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Durante il decennio che seguì all’ignizione di Giove e al riscaldamento dei satelliti galileiani, nessuno si occupò di Europa. Poi i cinesi fecero un rapido passaggio ravvicinato sondando la coltre di nuvole col radar nel tentativo di individuare il relitto della Tsien. La missione non ebbe successo, ma le mappe che essi elaborarono dell’emisfero diurno furono le prime a mostrare i nuovi continenti che emergevano via via che i ghiacci si scioglievano.
I cinesi scoprirono anche che sulla superficie del satellite vi era qualcosa che si stendeva per due chilometri secondo una linea perfettamente retta: aveva un aspetto così artificiale che la battezzarono la Grande Muraglia. Per via della forma e delle dimensioni si pensò che fosse il monolito — o un monolito, giacché il monolito originario si era replicato milioni di volte nelle ore immediatamente precedenti la nascita di Lucifero.
Comunque non vi era stata reazione alcuna, né qualsiasi segno di vita intelligente, che venisse da sotto la coltre di nuvole che si infittiva sempre di più. Quindi, qualche anno più tardi alcuni satelliti da ricognizione vennero posti in orbite permanenti intorno a Europa, e palloni meteorologici vennero introdotti nell’alta atmosfera per studiare l’andamento dei venti. I meteorologi terrestri trovarono questi dati di estremo interesse, perché Europa — con un unico oceano centrale e un sole che non tramontava mai — costituiva un modello eccezionale per ogni studio teorico.
Era cominciato così il gioco della «roulette d’Europa», come lo chiamavano gli amministratori quando gli scienziati proponevano di avvicinarsi maggiormente al satellite. Dopo che per cinquant’anni non era accaduto assolutamente nulla, il gioco cominciava a farsi noioso. Il capitano Laplace sperava che sarebbe continuato così, e per questo aveva chiesto ogni sorta di garanzie al dottor Anderson.
«Personalmente» aveva detto allo scienziato «considererei un atto poco amichevole vedermi scaraventare addosso a mille chilometri all’ora una macchina del peso di una tonnellata in grado di perforare qualsiasi corazza. Mi sorprende che il Consiglio Mondiale l’abbia autorizzata.»
Anche il dottor Anderson era rimasto un poco sorpreso, per quanto lo sarebbe stato di meno se avesse saputo che il progetto era stato approvato dalla Sottocommissione alla Scienza un venerdì sera alla fine di una lunga giornata di lavoro. È di queste banalità che è fatta la storia.
«Concordo con lei, capitano. Ma noi agiremo entro limiti molto rigorosi, e non interferiremo affatto con… con gli abitanti di Europa, chiunque essi siano. Il nostro bersaglio si trova a cinque chilometri sopra il livello del mare.»
«Sì, ho visto. Che cos’ha di tanto interessante il Monte Zeus?»
«Non ne sappiamo assolutamente nulla. Fino a qualche anno fa non esisteva nemmeno. Capisce perché i geologi ci impazziscono?»
«E la vostra macchina farà delle analisi.»
«Proprio così. E… glielo dico in confidenza, perché è un segreto… mi è stato chiesto di non comunicare a nessuno i risultati delle analisi, ma di trasmetterli alla Terra in cifra. Evidentemente c’è qualcuno sulla soglia di una grande scoperta che non desidera venir preceduto da altri. Come sono meschini certe volte gli scienziati, non trova?»
Il capitano Laplace lo sapeva perfettamente, ma non intendeva far crollare le illusioni del suo interlocutore. Il dottor Anderson mostrava un’ingenuità commovente; qualsiasi cosa ci fosse in ballo — e il capitano era ora sicuro che la missione fosse molto più importante di quanto non apparisse a prima vista — Anderson non ne sapeva nulla.
«Spero solo, dottore, che presso gli abitanti di Europa l’alpinismo non sia uno sport molto praticato. Non vorrei interrompere bruscamente una spedizione intesa a piantare la bandiera sulla vetta del loro Everest.»
C’era un’insolita atmosfera di eccitazione a bordo della Galaxy quando venne lanciato il penetrometro — e anche gli inevitabili lazzi furono molto più contenuti del solito. Nel corso delle due ore successive, praticamente tutti i membri dell’equipaggio trovarono una scusa o l’altra per far capolino sul ponte di comando e assistere alle operazioni di guida. Quindici minuti prima dell’impatto, il capitano Laplace ordinò che nessuno entrasse — con l’unica eccezione di Rosie, la nuova steward; senza l’ininterrotta fornitura di ottimo caffè l’operazione non sarebbe potuta continuare.
Tutto andò alla perfezione. Appena la sonda entrò nell’atmosfera, si misero in azione i freni aerodinamici, e la velocità del penetrometro scese a un livello accettabile. L’immagine radar del bersaglio — senza indicazione della scala — s’ingrandì progressivamente sullo schermo. A un secondo dall’impatto, tutti i registratori scattarono automaticamente sull’alta velocità…
… Ma non vi fu nulla da registrare. «Ora so» disse tristemente il dottor Anderson «come si sono dovuti sentire al Jet Propulsion Lab di Pasadena quando i primi Ranger andavano a schiantarsi sulla Luna con le telecamere che non trasmettevano niente.»