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C’era un solo uomo a bordo della Galaxy per cui la situazione non era del tutto disastrosa.
Starò rischiando la morte, si diceva Rolf van der Berg, ma se non altro questa è l’occasione di raggiungere l’immortalità nella storia della scienza.
Magra consolazione, ma era più di quanto chiunque altro a bordo dell’astronave potesse sperare. Che la Galaxy stesse dirigendosi verso il Monte Zeus non c’era il minimo dubbio; su Europa non vi era altro luogo significativo. Inoltre, su nessun pianeta vi era qualcosa di anche lontanamente paragonabile al Monte Zeus.
Dunque la sua teoria — perché doveva ammettere che non era ancora altro che una teoria — non era più un segreto. Chi e come ne era venuto a conoscenza?
Aveva la massima fiducia nello zio Paul; però poteva forse essersi scoperto troppo senza rendersene conto. Più probabilmente qualcuno teneva i suoi computer sotto controllo. In tal caso, il vecchio scienziato poteva essere in pericolo; Rolf si chiese se avrebbe potuto — o dovuto — avvertirlo di stare attento. Sapeva che l’ufficiale addetto alle comunicazioni stava cercando di mettersi in contatto con Ganimede con un trasmettitore d’emergenza; già era partito il segnale d’allarme automatico, e la notizia si sarebbe saputa sulla Terra da un momento all’altro. Era in viaggio da quasi un’ora.
Bussarono piano alla porta. «Avanti!» disse. «Oh, salve, Chris. Che cosa posso fare per lei?»
Fissò con una certa sorpresa il secondo ufficiale Chris Floyd, che conosceva molto poco, come i suoi colleghi. Se fossero scesi sani e salvi su Europa, pensò malinconicamente, si sarebbero tutti quanti conosciuti più a fondo di quanto avrebbero voluto.
«Salve, dottore. Ho pensato che forse lei può aiutarmi.»
«Davvero non saprei. Novità dal ponte di comando?»
«Nessuna. Yu e Gillings stanno cercando di fissare un microfono al portello. Ma dentro non parlano, e non mi sorprende. Chang avrà il suo daffare.»
«È in grado di portarci giù tutti d’un pezzo?»
«Chang è bravissimo. Se c’è qualcuno che ci può far atterrare, è lui. Mi preoccupa di più la prospettiva del decollo.»
«Oh Dio, a questo non avevo davvero pensato. Credevo non ci sarebbero stati problemi.»
«Tenga presente che l’astronave è stata progettata per compiere solo operazioni orbitali. Non avevamo in programma di atterrare su nessuna delle lune maggiori, ma solo un passaggio ravvicinato con Ananke e con Carme. Quindi non è improbabile che non potremo ripartire da Europa… soprattutto se Chang consuma troppo propellente per atterrare.»
«Si sa dove intende atterrare?» chiese Rolf, cercando di non tradire un eccessivo interesse. Probabilmente non ci riuscì, perché Chris lo guardò fisso.
«Non ne abbiamo la minima idea. Ne sapremo qualcosa di più quando comincerà a frenare. Ma lei conosce molto bene le lune galileiane: che cosa ne pensa, dottore?»
«Su Europa c’è una sola cosa interessante: il Monte Zeus.»
«Ma perché qualcuno dovrebbe voler atterrare sul Monte Zeus?»
Rolf si strinse nelle spalle. «Questa era una delle cose che speravamo di scoprire. E ci è costata parecchio: due penetrometri.»
«Ho paura che ci costerà molto di più. Lei non ne sa proprio nulla?»
«Lei parla come un poliziotto» disse van der Berg con un sorriso, per far capire che stava scherzando.
«Strano… è la seconda volta che me lo dicono nel giro di un’ora.»
A un tratto qualcosa mutò nella qualità dell’aria — come se l’impianto di controllo dell’atmosfera funzionasse ora in modo lievemente diverso.
«Oh, io scherzavo… e lei?»
Non mi ha risposto, pensò van der Berg. E invece mi ha risposto col suo silenzio, si disse un attimo dopo.
Guardò fisso il giovane ufficiale, notando — non per la prima volta — la straordinaria somiglianza con suo nonno. Qualcuno gli aveva detto che Chris Floyd, imbarcato su un’altra nave della flotta Tsung, aveva ottenuto il trasferimento sulla Galaxy proprio in occasione di quel viaggio aggiungendo sarcasticamente che è sempre utile avere entrature. Però nessuno aveva mai messo in dubbio la competenza di Floyd, che era un eccellente ufficiale spaziale. Questa sua competenza avrebbe anche potuto qualificarlo per altri compiti parttime: tenere d’occhio Rosie McMahon, per esempio — che, a ripensarci, si era imbarcata anche lei sulla Galaxy proprio in occasione di quel viaggio.
Rolf van der Berg ebbe l’impressione di essere finito in qualche vasta e sottile rete di intrighi interplanetari; e in quanto scienziato, abituato ad avere — il più delle volte — risposte dirette ai quesiti che poneva alla natura, non si trovava affatto a suo agio in quella situazione.
Tuttavia non poteva dire di essere una vittima innocente. Aveva cercato di nascondere la verità, o almeno quella che lui riteneva fosse la verità. E ora le conseguenze di quell’inganno si erano moltiplicate come neutroni in una reazione a catena, e con risultati che potevano essere altrettanto disastrasi.
Da che parte stava Chris Floyd? Anzi: quante parti c’erano? Il Bund senz’altro, una volta che il segreto fosse venuto meno. Ma all’interno del Bund vi erano gruppi e gruppuscoli, e altri che vi si opponevano; era come una sala tutta rivestita di specchi.
Di una cosa però era ragionevolmente sicuro. Di Chris Floyd, se non altro per la famiglia da cui proveniva, poteva fidarsi. Scommetterei, disse van der Berg dentro di sé, che l’hanno assegnato all’ASTROPOL per la durata di questa missione — lunga o breve che sia.
«Vorrei aiutarla, Chris» disse lentamente. «Come lei avrà immaginato, qualche teoria ce l’ho. Ma a questo punto possono rivelarsi del tutto prive di fondamento… Tra meno di mezz’ora forse sapremo. Fino ad allora preferisco mantenere il silenzio.»
E questa non è, si disse, solo la cocciutaggine tipica dei boeri. Se si sbagliava, non avrebbe voluto dover morire tra uomini che sapevano di dovere alla sua stupidità il loro destino.