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Scaricando gli strumenti dalla Bill Tee e posandoli sul lastrone di granito, Chris Floyd non riusciva a distogliere gli occhi dalla montagna che torreggiava su di loro. Un unico immenso diamante più grande dell’Everest! E le poche schegge intorno alla navetta dovevano valere non milioni, ma miliardi di dollari…
D’altra parte, potevano anche valere quanto… schegge di vetro. Il valore dei diamanti è sempre stato controllato da chi li commercia e da chi li produce, ma se improvvisamente comparisse sul mercato una montagna di diamante, i prezzi naturalmente crollerebbero. Ora Floyd cominciava a capire perché tanta gente era interessata a Europa; le implicazioni politiche ed economiche di quanto c’era su Europa erano enormi.
Van der Berg, ora che aveva dimostrato la sua teoria, era tornato a essere lo scienziato tutto preso dal suo lavoro, ansioso di portare a termine il suo esperimento senza ulteriori indugi. Con l’aiuto di Floyd — non era facile scaricare le apparecchiature più voluminose dall’angusta cabina — fece un carotaggio profondo un metro con una perforatrice portatile e insieme trasportarono delicatamente la carota in cabina.
Floyd avrebbe dato la priorità ad altre cose, ma si rese conto che era meglio sbrigare prima i compiti più faticosi. Solo quando ebbero piazzato il sismografo e la telecamera panoramica fu posta sul suo treppiede basso e pesante, van der Berg gli permise di raccogliere un po’’ di quelle ricchezze incalcolabili che li circondavano.
«Se non altro» disse van der Berg mentre prendeva alcuni dei frammenti meno taglienti «potremo tenerli per ricordo.»
«A meno che gli amici di Rosie non ci ammazzino per impossessarsene.»
Van der Berg guardò fissamente il suo compagno; si chiese quanto Floyd sapesse veramente e quanto invece, come tutti loro, tirasse a indovinare.
«Non ne vale la pena, ora che il segreto è svelato. Tra un’ora i computer di tutte le borse impazziranno.»
«Che figlio di cane!» disse Floyd più con ammirazione che con rancore. «Ecco che cos’era il messaggio che ha trasmesso!»
«La legge non proibisce che uno scienziato faccia anche i suoi interessi… Ma a questi sordidi dettagli penseranno i miei amici sulla Terra. Francamente m’interessa molto di più il lavoro che stiamo facendo qui. Mi passi quella chiave inglese, per piacere.»
Per tre volte prima che avessero terminato di attrezzare la Stazione Zeus le scosse sismiche li buttarono quasi per terra. Il terremoto cominciava con una vibrazione lontana che si avvertiva nelle gambe, poi tutto quanto cominciava a sobbalzare e a scuotersi — e si sentiva uno spaventoso rumore, come di gèmito, che pareva provenire da tutte le direzioni. La cosa alla quale Floyd riusciva più difficilmente ad abituarsi era appunto il rumore: continuava a ricordare che erano immersi in un’atmosfera abbastanza densa da consentire conversazioni a breve distanza senza dover fare uso della radio.
Van der Berg gli andava ripetendo che per ora i terremoti non erano pericolosi, ma Floyd aveva imparato a non prestare mai troppa fede agli esperti. Era vero che il geologo aveva dimostrato di aver visto giusto; ma guardando la Bill Tee sussultare sugli ammortizzatori come una nave scossa dalla tempesta, Floyd sperava che la fortuna di van der Berg durasse ancora qualche minuto.
«Ecco fatto» disse infine lo scienziato con grande sollievo di Floyd. «Ganimede sta ricevendo dati su tutti i canali. Le batterie dureranno molti anni, con il pannello solare che le ricarica.»
«Non credo che rimarrà ancora in piedi qualcosa di tutta questa roba di qui a una settimana. Comunque, sono sicuro che la montagna si è spostata da quando siamo atterrati… filiamocela prima che ci caschi addosso.»
«Mi preoccupa di più» disse van der Berg ridendo «la possibilità che lo spostamento d’aria della partenza renda inutile tutto il nostro lavoro.»
«Impossibile… Le apparecchiature sono molto distanti, e ora che abbiamo scaricato tutta questa roba siamo più leggeri. Decolleremo a mezza potenza. Non sarà il caso di imbarcare qualche altro miliardo?»
«Non sia così avido. Comunque, non ho idea di quanto potranno valere sulla Terra. La maggior parte se la prenderanno i musei, naturalmente. Dopo di che… chissà?»
Floyd cominciò a manovrare i comandi mentre stava ancora comunicando con la Galaxy.
«Prima fase della missione completata. Siamo pronti per il decollo. Piano di volo come concordato.»
Non li sorprese che fosse il capitano Laplace in persona a rispondere.
«Siete sicuri di voler proseguire? Tenete presente che sta a voi decidere. A me sta bene qualunque cosa.»
«Sissignore, vogliamo andare avanti. Capiamo molto bene i sentimenti dell’equipaggio. Inoltre l’importanza scientifica è grandissima. Ci andiamo.»
«Un momento! Siamo ancora in attesa di sentire il vostro rapporto sul Monte Zeus!»
Floyd gettò un’occhiata a van der Berg, che alzò le spalle e prese il microfono.
«Se lo facessimo adesso, capitano, pensereste che siamo diventati matti… o che vi prendiamo in giro. Aspetti un paio d’ore, quando saremo tornati… con le prove.»
«Uhm. Inutile che provi a ordinarcelo, vero? Comunque, buona fortuna. Anche da parte dell’armatore. Gli è piaciuta molto l’idea di andare a dare un’occhiata alla Tsien.»
«Lo sapevo che sir Lawrence avrebbe approvato» disse Floyd al suo compagno. «E comunque, visto che la Galaxy è andata perduta, la Bill Tee non farebbe una gran differenza…»
Van der Berg lo capiva perfettamente, anche se non condivideva questo punto di vista. Si era fatto una reputazione di grande scienziato, e aveva tutte le intenzioni di godersela.
«Ah, a proposito» continuò Floyd. «Chi è quella Lucy che ha citato nel suo messaggio? Qualche personaggio famoso?»
«Non che io sappia. Il nome l’abbiamo trovato facendo una ricerca col computer, e ci è sembrato un buon nome in codice… tutti l’avrebbero messo in collegamento con Lucifero, indovinando solo a metà e venendo condotti del tutto fuori strada.
«Io non li avevo mai sentiti nominare, ma pare che un centinaio d’anni fa ci fosse un complesso dal nome molto strano, i Beatles… si scrive BEATLES, e non mi chieda perché. E costoro scrissero una canzone dal titolo altrettanto strano: Lucy in the Sky with Diamonds. Buffo, non è vero? Come se già sapessero…»
Secondo la stazione radar di Ganimede, la carcassa della Tsien si trovava trecento chilometri a ovest del Monte Zeus, verso la cosiddetta Zona del Crepuscolo e le regioni fredde che si stendevano al di là. Erano regioni sempre fredde ma non buie, perché illuminate dal Sole lontano. Era però un Sole che non scaldava, perché anche alla fine della lunga giornata di Europa la temperatura restava sempre parecchio sotto lo zero. Poiché l’acqua allo stato liquido poteva esistere soltanto sull’emisfero illuminato da Lucifero, nella zona intermedia imperversavano continue tempeste dove pioggia e grandine, neve e nevischio lottavano tra di loro per la supremazia.
Durante il mezzo secolo trascorso dal disastroso atterraggio della Tsien, l’astronave si era spostata di circa mille chilometri. Probabilmente era andata alla deriva — come la Galaxy — per parecchi anni sul Mar di Galileo di recente formazione, prima di arenarsi definitivamente su quella triste spiaggia inospitale.
Floyd captò l’eco radar quasi alla fine del secondo balzo della Bill Tee. Il segnale era sorprendentemente debole, trattandosi di un oggetto di quelle dimensioni; non appena uscirono dalla cortina di nubi, ne compresero la ragione.
I resti dell’astronave Tsien, la prima ad atterrare con uomini a bordo su un satellite di Giove, si trovavano al centro di un piccolo lago circolare, evidentemente artificiale e collegato al mare, distante meno di tre chilometri, mediante un canale. Della Tsien rimaneva soltanto lo scheletro, e neanche tutto; il relitto era stato quasi completamente demolito.
Ma da che cosa? si chiese van der Berg. Non vi era alcun segno di vita; il luogo era completamente deserto. Eppure non vi era il minimo dubbio che qualcosa avesse spogliato il relitto con intento deliberato e con precisione quasi chirurgica.
«L’atterraggio non presenta problemi» disse Floyd, gettando uno sguardo a van der Berg in attesa della sua approvazione.
Lo scienziato assentì distrattamente, tutto preso dal panorama circostante.
La Bill Tee si posò senza sforzo in riva al lago, ed entrambi guardarono quel monumento all’audacia dell’uomo che sorgeva dalle acque nere e fredde. Non vi era modo di raggiungere facilmente il relitto, ma ciò non aveva vera importanza.
Quindi si misero le tute, portarono la corona in riva al lago, la alzarono cerimoniosamente per un istante davanti alla telecamera e la gettarono in acqua, solenne tributo dell’equipaggio della Galaxy. Era una bella corona anche se gli unici materiali impiegati erano metallo, plastica e carta, pareva davvero fatta di fiori e di foglie. Alla corona erano assicurati molti biglietti, alcuni dei quali scritti con i caratteri tradizionali, che ufficialmente erano stati abbandonati a favore dell’alfabeto occidentale.
Ritornando alla Bill Tee, Floyd disse meditabondo: «Ha notato che praticamente non è rimasto nulla che sia fatto di metallo? Solo vetro, plastica, materiali sintetici…».
«E le centine? Le travi?»
«Non sono fatte di metallo, ma soprattutto di carbonio e di boro. Qui c’è qualcuno che ha molto bisogno di metallo… e che è capace di riconoscerlo. Interessante…»
Già, si disse van der Berg. In un mondo in cui non esisteva ossigeno, era praticamente impossibile disporre di metalli, che erano dunque preziosi quanto… quanto i diamanti.
Floyd fece rapporto alla Galaxy e ricevette i ringraziamenti a nome dell’equipaggio dal secondo ufficiale Chang. Quindi decollò, si alzò fino a mille metri di quota e fece rotta verso ovest.
«Abbiamo ancora una visita da fare» disse. «Inutile salire di più… tra dieci minuti saremo lì. Ma non intendo atterrare, perché se la Grande Muraglia è quello che penso… Mi limiterò a sorvolarla e poi faremo rotta verso casa. Prepari telecamere e macchine fotografiche; potremmo scoprire qualcosa anche più importante del Monte Zeus.»
E, aggiunse dentro di sé, forse potrò anche sapere quel che ha provato cinquant’anni fa nonno Heywood non lontano da qui. Avremo parecchie cose da dirci quando ci rivedremo… tra meno di una settimana, se tutto va bene.