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56. LA TEORIA DELLA PERTURBAZIONE

Da: professor Paul Kreuger, F. R.S. etc.

A: banca dati di Nature (accesso pubblico)

Oggetto: MONTE ZEUS E I DIAMANTI DI GIOVE

Come oggi sappiamo, la formazione di Europa nota col nome di Monte Zeus faceva originariamente parte di Giove. L’ipotesi che i giganti gassosi abbiano un nucleo di diamante venne originariamente avanzata da Marvin Ross, del Lawrence Livermore National Laboratory dell’University of California, nel suo scritto ormai classico dal titolo Lo strato di ghiaccio di Urano e Nettuno — diamanti nel cielo? (Nature, Vol. 292, No. 5.822, pp. 435436, 30 luglio 1981.) Stranamente, Ross non estende i suoi calcoli a Giove.

Lo sprofondamento di Monte Zeus ha suscitato un coro di lamenti; ciò è assolutamente ridicolo per i seguenti motivi.

Senza entrare in particolari, di cui mi occuperò in una successiva comunicazione, si può ritenere che Giove avesse originariamente un nucleo di diamante di almeno 1028 grammi, vale a dire dieci miliardi di volte la massa di Monte Zeus.

Sebbene gran parte di questo materiale sia senza dubbio andata distrutta nell’implosione del pianeta con la susseguente formazione a quanto pare artificiale — del sole Lucifero, non è pensabile che l’unico frammento sopravvissuto sia quello di Monte Zeus. Per quanto tali frammenti siano in parte ricaduti su Lucifero, una notevole percentuale di essi deve essere entrata in orbita — e deve essere ancora lì. Secondo la teoria della perturbazione, tali frammenti devono ritornare periodicamente al loro punto di origine. Non è ovviamente possibile fare calcoli esatti, ma credo di poter affermare che una massa almeno un milione di volte superiore a quella di Monte Zeus deve orbitare in prossimità di Lucifero. La perdita di un piccolo frammento, per di più situato in un luogo di difficile accesso quale Europa, non ha in pratica importanza alcuna. Suggerisco di procedere il più rapidamente possibile alla costruzione di impianti radar allo scopo di localizzare tali oggetti.

Sebbene fin dal 1987 sia possibile ottenere una pellicola di diamante estremamente sottile, non si è mai potuto produrre diamante su larga scala. Se questa sostanza fosse disponibile in quantità dell’ordine di alcuni milioni di tonnellate, il diamante potrebbe trasformare radicalmente alcune industrie e crearne altre del tutto nuove. Nella fattispecie, come veniva fatto notare da Isaacs e colleghi quasi un secolo fa (v. Science, Vol. 151, pp. 682683, 1966), il diamante è l’unico materiale con cui sarebbe possibile realizzare il cosiddetto ascensore spaziale, che permetterebbe di abbattere enormemente i costi di trasporto dalla Terra a un’orbita stabile. Le montagne di diamante che orbitano tra i satelliti di Giove possono aprirci l’intero sistema solare; come ci appare trascurabile, al confronto, l’impiego che tradizionalmente si è sempre fatto di questa sostanza!

Per amor di completezza voglio qui far menzione di un’altra possibile localizzazione di grandi quantità di diamante; purtroppo essa è ancor più difficilmente raggiungibile del nucleo dei giganti gassosi…

Si è avanzata l’ipotesi che la crosta delle stelle a neutroni possa essere costituita di diamante. Giacché la stella a neutroni più vicina si trova a una distanza di quindici anniluce e ha una gravità settantamila milioni di volte superiore a quella della Terra, questa non si può considerare una fonte di materia prima utilizzabile.

Ma chi avrebbe mai immaginato che avremmo potuto un giorno toccare con mano il cuore stesso di Giove?