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35. CONSIGLIO DI GUERRA

Nessuno chiese di rivederlo. Una volta era sufficiente.

Ci fu un attimo di silenzio quando finì il playback: poi la dottoressa Oconnor si tolse la calotta cerebrale, si massaggiò il cranio luccicante e disse lentamente:

«Lei mi ha insegnato un’espressione della sua epoca che mi sembra molto appropriata adesso. Questo è un bel pasticcio».

«Ma solo Bowman — Halman — conosce i componenti», aggiunse uno dei membri della Commissione. «Capisce davvero le operazioni di qualcosa di così complesso come il monolito? O questo scenario è un prodotto della sua immaginazione?»

«Non penso che abbia molta immaginazione», obiettò la dottoressa Oconnor. «E tutto corrisponde perfettamente. In particolare il riferimento a Nova Scorpio. Credevamo che fosse un incidente; in realtà era una… sentenza.»

«Prima Giove… adesso Scorpio», s’intromise il dottor Kraussman, il noto fisico considerato da tutti come la reincarnazione del leggendario Einstein. Correva voce che vi avesse contribuito anche un piccolo intervento di chirurgia plastica. «Chi sarà il prossimo?»

«Abbiamo sempre pensato», ribadì la presidentessa, «che i TMA ci controllassero.» Si fermò un istante, poi aggiunse rattristata: «Che incredibile… che spaventosamente incredibile sfortuna che il rapporto finale sia partito proprio dopo il peggior periodo della storia dell’umanità!»

Ci fu un altro silenzio. Tutti sapevano che il XX secolo era stato spesso etichettato come «il secolo della tortura».

Poole ascoltò senza interrompere, aspettando che emergesse qualche accordo. Non era la prima volta che veniva colpito dalla qualità di quella Commissione. Nessuno cercava di dimostrare la propria teoria preferita, di prevalere su argomenti di discussione o di insufflarsi l’ego: non poté fare a meno di notare il contrasto con le discussioni spesso troppo accese e vane che gli era capitato di ascoltare ai suoi tempi tra tecnici e amministratori dell’Agenzia Spaziale, tra membri del Congresso e dirigenti d’industria.

Sì, la razza umana era indubbiamente migliorata. Non solo la calotta cerebrale aveva contribuito a eliminare gli indesiderati, ma aveva aumentato enormemente l’efficacia dell’istruzione. Eppure non tutto era all’attivo: c’erano pochi personaggi degni di essere ricordati in quella società. Al momento riuscì a pensare solo a quattro: Indra, il capitano Chandler, il dottor Khan e la Dragon Lady di malinconica memoria.

La presidentessa lasciò che la discussione saltasse pacatamente da un argomento all’altro, fin quando tutti ebbero detto la loro, poi incominciò a riassumere.

«La prima domanda, la più ovvia — cioè quanto sul serio dobbiamo prendere questa minaccia — non merita che vi si perda tempo. Anche se fosse un falso allarme, o un fraintendimento, è talmente seria in potenza che dobbiamo considerarla reale, fino a una prova contraria di assoluta sicurezza. D’accordo?

«Bene. E non sappiamo quanto tempo abbiamo. Per cui dobbiamo pensare che il pericolo sia immediato. Forse Halman riuscirà a fornirci ulteriori informazioni, ma potrebbe già essere troppo tardi.

«Quindi l’unica cosa che dobbiamo decidere è questa: come possiamo proteggerci da una cosa talmente possente come il monolito? Guardate cosa è successo a Giove! E, a quanto sembra, a Nova Scorpio…

«Sono sicura che la forza bruta risulterebbe inutile, anche se forse dovremmo tenere in considerazione questa opzione. Dottor Kraussman… quanto tempo ci vorrebbe per costruire una superbomba?»

«Supponendo che i progetti esistano già e che non sia necessario fare ricerche… oh, be’, forse due settimane. Gli ordigni termonucleari sono piuttosto semplici e utilizzano materiali comuni… dopotutto sono stati costruiti già nel Secondo Millennio! Ma se si vuole qualcosa di più avanzato — per esempio una bomba antimateria, o un minibuco nero — be’, allora ci vorrebbero alcuni mesi.»

«Grazie, potrebbe cominciare a occuparsene? Ma come ho detto, non credo che funzionerebbe; una cosa che può gestire simili poteri è certamente in grado di proteggersi da qualsiasi cosa. Allora… altri suggerimenti?»

«Non potremmo negoziare?» domandò un consigliere, ma senza molta speranza.

«Con che cosa… o con chi?» rispose Kraussman. «Come abbiamo scoperto, il monolito è sostanzialmente un puro meccanismo e fa solo quello per cui è stato programmato. Forse il programma ha una certa flessibilità, ma non c’è modo di saperlo. E certamente non possiamo ricorrere all’Ufficio del Capo, che dista cinquecento anniluce!»

Poole ascoltò senza intromettersi; non era in grado di contribuire alla discussione, poiché gran parte di essa andava al di là delle sue conoscenze. Cominciò a provare un insidioso senso di depressione. Forse non avrebbe dovuto trasmettere quella informazione, si disse. E poi, se era un falso allarme, nessuno se ne sarebbe risentito. E se invece non lo era… be’, l’umanità avrebbe dovuto rassegnarsi davanti all’inesorabile destino che l’attendeva.

Stava ancora rimuginando questi cupi pensieri quando una frase familiare attirò la sua attenzione.

Un membro della Commissione, un uomo dall’aspetto pacato con un nome così lungo che Poole non era mai riuscito a ricordarlo, e tanto meno a pronunciarlo, aveva all’improvviso lasciato cadere due parole nel vivo della discussione.

«Cavallo di Troia!»

Ci fu uno di quei silenzi che in genere vengono descritti come «significativi», seguito da un coro di «Perché non ci ho pensato?» «Ma certo!» «Ottima idea!» finché la presidentessa, per la prima volta durante la riunione, dovette richiamarli all’ordine.

«Grazie, professor Thirugnanasampanthamoorthy», disse la dottoressa Oconnor, senza perdere un colpo. «Le spiacerebbe spiegare meglio?»

«Certamente. Se il monolito è davvero, come tutti sembrano pensare, una macchina senza consapevolezza — e di conseguenza con una limitata capacità di autocontrollo — forse abbiamo già l’arma con la quale sconfiggerlo. Chiusa a chiave nella Caverna.»

«E un modo per trasportarla… Halman!»

«Esattamente.»

«Un momento, dottor Thi… Non sappiamo nulla, assolutamente nulla, dell’architettura del monolito. Come possiamo essere sicuri che una cosa progettata dalla nostra primitiva specie possa essere efficace contro di esso?»

«Non si può… ma ricordate questo. Per quanto sia sofisticato, il monolito deve obbedire esattamente alle stesse leggi universali di logica formulate da Aristotele e Boole secoli fa. Ecco perché potrebbe — anzi, dovrebbe! — essere vulnerabile alle cose chiuse nella Caverna. Dobbiamo assemblarle in modo che almeno una di esse funzioni. È la nostra unica speranza, a meno che qualcuno non ci suggerisca un’alternativa migliore.»

«Scusatemi», intervenne Poole, perdendo alla fine la pazienza.. «Qualcuno è così gentile da dirmi che cosa sia e dove si trovi questa famosa Caverna di cui state parlando?»