120411.fb2 3001 Odissea finale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 46

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38. ATTACCO PREVENTIVO

Era strano trovarsi di nuovo all’hotel Grandimede dopo tutti quegli anni… assolutamente strano, perché sembrava che non fosse cambiato nulla, nonostante tutto quello che era successo. Poole venne ancora accolto dalla familiare immagine di Bowman non appena oltrepassò la soglia della suite che portava il nome del suo amico: e, come aveva sperato, BowmanHalman lo stava aspettando, all’apparenza leggermente meno sostanzioso del vecchio ologramma.

Prima che potessero scambiarsi un saluto, ci fu un’interruzione che Poole avrebbe accolto di buon grado — in qualsiasi altro istante che non fosse quello. Il videofono della suite emise il suo urgente trio di note — anche queste immutate dalla sua ultima visita — e un vecchio amico apparve sullo schermo.

«Frank!» esclamò Theodore Khan. «Perché non mi hai detto che eri tornato! Quando possiamo vederci? Perché non c’è video? C’è qualcuno con te? E chi erano tutte quelle persone dall’aspetto importante che sono atterrate nello stesso momento…»

«Ti prego, Ted! Sì, mi spiace… ma credimi, ho i miei buoni motivi… te li spiegherò poi. E sì, c’è qualcuno con me… ti chiamo appena posso. Arrivederci!»

Mentre comunicava un po'’ in ritardo l’ordine di non disturbarlo, Poole disse per scusarsi: «Mi dispiace… hai capito chi era, ovviamente.»

«Sì… il dottor Khan. Ha cercato molte volte di mettersi in contatto con me.»

«Ma tu non hai mai risposto. Posso chiederti perché?» Benché ci fossero questioni molto più importanti di cui occuparsi, Poole non era riuscito a resistere alla voglia di fargli quella domanda.

«Volevo che rimanesse aperto solo il nostro canale. Inoltre, ero spesso via. A volte per anni.»

Ciò era sorprendente; eppure non avrebbe dovuto esserlo. Poole sapeva benissimo che molti avevano detto di aver visto Halman in certi luoghi e più di una volta. Tuttavia… «lontano per anni»? Forse aveva visitato un po'’ di sistemi stellari… forse così era venuto a sapere di Nova Scorpio, distante solo quarant’anniluce. Ma non sarebbe mai potuto andare fino al Nodo; tra andata e ritorno significava un viaggio di novecento anni.

«Fortuna che eri qui quando abbiamo avuto bisogno di te!»

Era piuttosto insolito che Halman esitasse prima di rispondere. Ci volle molto di più degli inevitabili tre secondi di ritardo prima che dicesse lentamente: «Sicuro che si sia trattato di fortuna?»

«Cosa intendi dire?»

«Non vorrei parlarne, ma due volte ho… intravisto… potenze… entità… molto superiori al monolito, e forse persino ai suoi creatori. Tutt’e due potremmo avere molta meno libertà di quanto immaginiamo.»

Quello era certamente un pensiero agghiacciante. Poole dovette fare un vigoroso sforzo di volontà per metterlo da parte e concentrarsi sul problema più immediato.

«Speriamo di aver abbastanza libertà da fare quello che è necessario. Forse ti parrà una domanda sciocca. Il monolito sa che noi ci siamo incontrati? Potrebbe avere dei… sospetti?»

«Non è capace di una simile emozione. Ha numerosi congegni di protezione dall’errore, e ne conosco alcuni. Ma è tutto.»

«Potrebbe sentirci in questo momento?»

«Non credo.»

Come vorrei essere sicuro che fosse un supergenio così ingenuo e sempliciotto, pensò Poole mentre apriva la valigetta e ne prendeva una scatoletta sigillata contenente la tavoletta. A quella gravità così esigua il peso era quasi trascurabile; era impossibile credere che potesse contenere il destino dell’umanità.

«Non c’era modo di assicurarsi di aver stabilito un circuito sicuro con te, per cui non abbiamo potuto scendere nei particolari. Questa tavoletta contiene programmi che, a quanto speriamo, impediranno al monolito di eseguire qualsiasi ordine che minacci il genere umano. Ci sono venti dei più devastanti virus mai concepiti, molti dei quali non hanno nemmeno un antidoto conosciuto; pensiamo che in certi casi non sia nemmeno possibile crearlo. Ci sono cinque copie di ciascuno. Vorremmo che tu li liberassi quando — e se — lo ritieni necessario. Dave… Hal… a nessuno è mai stata data una responsabilità simile. Ma non abbiamo altra scelta.»

Ancora una volta la risposta sembrò tardare più dei tre secondi previsti per andare da Ganimede a Europa e tornare.

«Se lo facciamo, le funzioni del monolito potrebbero cessare. E poi non sappiamo quello che ci potrebbe succedere.»

«Ci abbiamo pensato, naturalmente. Ma questa volta dovresti avere di sicuro molti mezzi a tua disposizione — alcuni dei quali con tutta probabilità al di là della nostra comprensione. Ti mando anche una tavoletta con una memoria di un petabyte. Dieci alla quindicesima bytes sono più che sufficienti a contenere i ricordi e le esperienze di molte vite. Ciò ti offrirà una via di fuga: ho l’impressione che tu ne abbia altre.»

«Certo. Decideremo quale usare al momento opportuno.»

Poole si rilassò, per quanto era possibile in quella situazione eccezionale. Halman intendeva collaborare: aveva ancora sufficienti legami con le sue origini.

«Ora dobbiamo farti avere questa tavoletta… fisicamente. Contiene cose troppo pericolose per rischiare di mandarla tramite un canale ottico o radio. So che hai un controllo a lungo raggio sulla materia: una volta non hai fatto detonare una bomba in orbita? Puoi trasportarla su Europa? E in alternativa possiamo magari mandartela con un autocorriere, in qualsiasi punto da te specificato.»

«Sarebbe meglio: lo riceverò a Tsienville. Ecco le coordinate…»

* * *

Poole era ancora comodamente seduto sulla sua poltrona quando sul monitor della Suite Bowman comparve il capo della delegazione che lo aveva accompagnato dalla Terra fin su Ganimede. Se il colonnello Jones fosse un vero colonnello — o se perfino il suo nome fosse Jones — erano misteri di poca importanza che a Poole non interessava molto risolvere: gli bastava che fosse un magnifico organizzatore e si fosse occupato delle procedure dell’operazione DAMOCLE con assoluta efficienza.

«Be’, Frank… è partito. Atterrerà tra un’ora e dieci minuti. Penso che Halman lo potrà prendere da lì, ma non capisco come possa maneggiare — è questa l’espressione giusta? — quelle tavolette.»

«Me lo chiedevo anch’io fin quando qualcuno della Commissione Europa me lo ha spiegato. C’è un ben noto — anche se non a me! — teorema che afferma che ogni computer può emulare qualsiasi altro computer. Perciò sono sicuro che Halman sappia esattamente cosa stia facendo. Sennò, non avrebbe mai accettato.»

«Spero che tu abbia ragione», rispose il colonnello. «Se così non fosse… be’, non saprei quale alternativa ci potrebbe essere.»

Ci fu una pausa deprimente, poi Poole fece del suo meglio per allentare la tensione.

«Tra l’altro, hai sentito cosa dicono qui della nostra visita?»

«No, che cosa dicono?»

«Che siamo una commissione speciale mandata qui a investigare sul crimine e la corruzione di questa rude città di frontiera. Si pensa che il sindaco e lo sceriffo se la daranno a gambe spaventati.»

«Come li invidio», disse il colonnello Jones. «A volte è un tale sollievo avere qualcosa di insignificante di cui preoccuparsi.»