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Come tutti gli abitanti di Anubis City (popolazione attuale 56.521), il dottor Khan si svegliò poco dopo la mezzanotte locale al suono dell’allarme generale.
Corse alla finestra urlando «Apriti!» così forte che la camera non capì e lui dovette ripetere l’ordine in tono normale. La luce di Lucifero avrebbe dovuto riversarsi dentro, riempiendo il pavimento di quei disegni che avevano tanto affascinato i visitatori provenienti dalla Terra, perché non si muovevano mai nemmeno di una frazione di millimetro, per quanto uno stesse lì ad aspettare…
Quell’immutabile fascio di luce non c’era più. Quando Khan guardò nel più assoluto sbalordimento attraverso l’enorme bolla trasparente della Cupola di Anubis, vide un cielo che Ganimede non aveva conosciuto da un migliaio di anni. Era di nuovo splendente di stelle; Lucifero era scomparso.
E poi, mentre esplorava le costellazioni dimenticate, Khan notò qualcosa di ancor più terrificante. Nel luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi Lucifero c’era un piccolo disco completamente nero che eclissava quelle insolite stelle.
C’era solo una possibile spiegazione, si disse Kahn mezzo intontito. Lucifero era stato inghiottito da un Buco Nero. E adesso magari toccava a loro.
Sul balcone del Grandimede, Poole stava osservando lo stesso spettacolo, ma con emozioni più complesse. Ancor prima dell’allarme generale, il suo congegno di comunicazione immediata lo aveva svegliato con un messaggio da parte di Halman.
«È cominciato. Abbiamo infettato il monolito. Ma uno dei virus — o forse diversi — è entrato nei nostri stessi circuiti. Non sappiamo se saremo in grado di usare la tavoletta che ci hai dato. Se ce la facciamo, ci vedremo a Tsienville.»
Poi giunsero le parole sorprendenti e commoventi il cui esatto contenuto emotivo sarebbe stato dibattuto per generazioni:
«Se non riusciremo a caricarlo, ricordatevi di noi».
Dalla stanza alle sue spalle Poole udì la voce del sindaco che faceva del suo meglio per rassicurare i cittadini di Anubis ormai completamente svegli. Benché avesse cominciato con la più terrificante delle frasi ufficiali — «Non c’è motivo di allarmarsi» — il sindaco cercava onestamente di confortare la gente.
«Non sappiamo quel che sia successo… ma Lucifero brilla ancora normalmente! Ripeto… Lucifero brilla ancora! Abbiamo appena ricevuto notizie dalla navetta interorbitale Alcyone, partita per Callisto un’ora fa. Ecco cosa ne pensano…»
Poole lasciò il balcone e corse in camera appena in tempo per vedere Lucifero splendere rassicurante sullo schermo.
«È successo», continuò il sindaco senza riprendere fiato, «che qualcosa ha provocato un’eclisse temporanea… ci avvicineremo per darle un’occhiata… Osservatorio di Callisto, parlate pure…»
Come fa a sapere che è «temporanea»? pensò Poole, mentre aspettava che l’immagine successiva apparisse sullo schermo.
Lucifero svanì e fu sostituito da un campo di stelle. Nello stesso tempo la voce del sindaco svanì a poco a poco e un’altra voce si fece sentire:
«… telescopio di due metri, ma qualsiasi altro strumento potrà servire ugualmente. È un disco di materiale perfettamente nero, di poco più di diecimila chilometri di diametro, così sottile che non si vede alcuno spessore. Ed è collocato esattamente — di sicuro volutamente — per impedire a Ganimede di ricevere qualsiasi luce.
«Zoomeremo per vedere se si scorgono particolari, anche se sono propenso a dubitarne…»
Dal punto di vista di Callisto, il disco occultante appariva di scorcio come un ovale, due volte più alto della sua larghezza. Si espandeva fino a riempire completamente lo schermo; perciò era impossibile stabilire quale immagine fosse stata zoomata, dal momento che non mostrava alcuna struttura.
«Come pensavo… non c’è nulla da vedere. Facciamo una panoramica sul bordo della cosa…»
Di nuovo non vi fu alcuna sensazione di movimento, fin quando non apparve all’improvviso un campo di stelle, limitato nettamente dal bordo ricurvo del disco della grandezza di un mondo. Era esattamente come se stessero osservando oltre l’orizzonte di un pianeta privo d’aria e perfettamente liscio.
No, non era perfettamente liscio…
«Interessante», commentò l’astronomo, che finora era apparso notevolmente sbrigativo, come se questo genere di cose capitasse tutti i giorni. «Il bordo appare frastagliato, ma in modo molto regolare, come la lama di una sega…»
«Una sega circolare», borbottò Poole sottovoce. «Ci farà a pezzi? Non essere ridicolo…»
«Questo è il punto più vicino a cui possiamo arrivare prima che la diffrazione disturbi l’immagine… più tardi la elaboreremo e avremo particolari molto migliori.»
Adesso l’ingrandimento era talmente ravvicinato che ogni traccia della circolante del disco era sparita. Lo schermo era attraversato da una banda nera, seghettata lungo il bordo da triangoli talmente identici che Poole trovò difficile evitare la sinistra analogia con una lama di sega. Eppure qualcosa lo preoccupava, lo assillava dai recessi della mente.
Come tutti su Ganimede, osservò le stelle infinitamente più distanti spostarsi dentro e fuori da quelle valli geometricamente perfette. Era possibile che molti altri fossero giunti alla sua stessa conclusione ancor prima che ci arrivasse lui.
Se si cerca di fare un disco con blocchi rettangolari — sia che la loro proporzione sia di 1:4:9 o qualsiasi altra —, non è possibile che abbia un bordo liscio. Certo, si può arrivare a fare un circolo perfetto quanto si vuole, usando blocchi sempre più piccoli. E tuttavia, perché prendersela tanto, se si vuole semplicemente costruire uno schermo grande quanto basta a eclissare un sole?
Il sindaco aveva ragione; l’eclisse era sicuramente temporanea. Ma la sua conclusione era esattamente l’opposto di un’eclisse di sole.
In primo luogo la luce passò attraverso il centro esatto, non nella solita collana di grani di Bailey lungo il bordo stesso. Linee seghettate s’irradiarono da un abbagliante buchino — e ora, sotto il massimo ingrandimento, la struttura del disco si rivelava in pieno. Era composto da milioni di rettangoli identici, quasi della stessa grandezza della Grande Muraglia di Europa. Ma adesso si stavano staccando: era come se un gigantesco puzzle venisse distrutto.
L’eterna luce diurna, anche se ora brevemente interrotta, si apprestava a tornare a illuminare Ganimede, mentre il disco si spezzettava e i raggi di Lucifero si riversavano tra le fessure sempre più ampie. Ora i componenti stessi stavano evaporando, quasi come se avessero bisogno del sostegno di un contatto reciproco per continuare a essere reali.
Agli ansiosi osservatori di Anubis City parvero ore, ma l’intero evento era durato meno di quindici minuti. E solo quando tutto fu finito rivolsero la loro attenzione a Europa.
La Grande Muraglia era sparita, e ci volle quasi un’ora prima che giungesse dalla Terra, da Marte e dalla Luna la notizia che il Sole stesso era apparso tremolare per alcuni secondi, prima di riassumere il suo aspetto normale.
Si era trattato di una serie di eclissi altamente selettive, ovviamente mirate al genere umano. In nessun altro luogo del sistema solare venne notata.
Nell’eccitazione generale, ci volle un po'’ prima che il mondo si rendesse conto che TMA-0 e TMA-1 erano scomparsi, lasciando solo le loro impronte vecchie di quattro milioni di anni sul suolo di Tycho e dell’Africa.
Era la prima volta che gli europidi incontravano esseri umani, ma non parvero né allarmati né sorpresi dalle enormi creature che si muovevano tra di essi alla velocità del fulmine. Certo, non era così facile interpretare lo stato emotivo di una cosa che assomigliava a un piccolo cespuglio senza foglie, senza evidenti organi di senso o mezzi di comunicazione. Ma se si fossero spaventati all’arrivo dell’Alcyone e all’apparire dei passeggeri, sicuramente sarebbero rimasti nascosti negli igloo.
Mentre Frank Poole, alquanto appesantito dalla tuta protettiva e dal dono di fil di rame luccicante che portava con sé, entrava nei disordinati sobborghi di Tsienville, si chiese che cosa pensassero gli europidi dei recenti avvenimenti. Per loro non c’era stata alcuna eclisse di Lucifero, ma la scomparsa della Grande Muraglia doveva essere stata sicuramente uno shock. Era rimasta lì fin dalla notte dei tempi, come un riparo e indubbiamente parecchio di più; poi, all’improvviso, era sparita, come se non fosse mai esistita.
La tavoletta da un petabyte lo aspettava, con un gruppo di europidi attorno a mostrare il primo segno di curiosità che Poole avesse mai osservato. Si chiese se Halman avesse detto loro di sorvegliare quel dono dallo spazio fin quando non fosse venuto a riprenderlo.
E, dal momento che adesso conteneva non solo un amico dormiente ma orrori che qualche epoca futura avrebbe potuto esorcizzare, a riportarlo al sicuro nell’unico posto in cui potesse essere immagazzinato.