121713.fb2 Cronache del dopoguerra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 12

Cronache del dopoguerra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 12

12

Stavia aveva appena compiuto tredici anni quando giunsero gli araldi dal campo di battaglia con la notizia che le armate di Marthatown e Susantown stavano preparandosi a un’onorevole battaglia. L’araldo era entrato nel Paese delle Donne attraverso la Porta del Campo di Battaglia dopo che tamburi e fanfare avevano suonato a lungo e una deputazione del Concilio si era recata nella piazza per udire le novità.

Dalla sua posizione al secondo livello del colonnato, Stavia aveva visto Morgot scendere nella piazza da est, dove si trovavano le Camere del Concilio, con il vestito da cerimonia frettolosamente allacciato che svolazzava attorno a lei e il velo blu scuro delle matrone agitato dalla brezza. Anche da lontano, Stavia riusciva a vedere il biancore degli occhi di Morgot, così pallidi che sembravano ciechi al resto del mondo. Quanto le sembrava strano essere ciechi e vedere così distante.

— Anche io ho lo stesso aspetto — si disse Stavia. — I miei occhi sono simili ai suoi.

Chernon le aveva detto che gli piacevano i suoi occhi, ma Stavia non era certa che a lei piacesse quel tipo di occhi. — Gli occhi di Cassandra — le aveva detto la sua insegnante di recitazione quando le aveva chiesto se volesse interpretare la parte della sfortunata profetessa.

— È una piccola parte, ma ti consentirà di fare un’esperienza di recitazione; l’anno prossimo forse potrai ricoprire il ruolo di Ifigenia.

— A causa dei miei occhi? — aveva detto Stavia.

— No, non solo per i tuoi occhi; tu sembri capire il significato della commedia.

Era stata una sorpresa per Stavia, sebbene non avesse risposto nulla per non contraddirla. Non c’erano dubbi sul significato della rappresentazione; parlava… be’ parlava di quello che parlava. Troia. Le donne.

— Farò Cassandra se vuoi.

— Come tu vuoi, Stavia — la sua insegnante era sembrata un poco contrariata, come se si fosse aspettata un’altra risposta. — Non ci sono mai molte parti disponibili.

Morgot aveva detto che recitare era un’esperienza importante.

— Quando sarai grande potrai chiedere di servire nel Concilio — aveva detto a Stavia. — Metà dei compiti di una consigliera consistono nel recitare. Rituali. Comandamenti. Se la gente ci vede padrone di noi stesse si calma e la vita scorre senza difficoltà. Niente sconvolge la popolazione più che rendersi conto che i governanti sono incerti e agitati. Non far nulla mostrando di essere tranquilli può essere più importante che fare la cosa giusta in maniera frenetica. Impara a recitare, Stavia. Io l’ho fatto.

Così in quel momento, nella piazza, Morgot si mosse con calma. Sembrava avvertire gli occhi di Stavia su di sé perché si volse cercando tra le colonne, alzando la mano con un gesto come se la riconoscesse. Stavia rispose al saluto poi abbassò la mano e il tamburo risuonò un’altra volta e l’araldo avanzò per riferire il messaggio. Le due armate si erano incontrate a metà strada tra le due città. Le due guarnigioni si erano accampate, fronteggiandosi. Erano state lanciate delle sfide. E avevano avuto luogo i combattimenti singoli. Quel taluomo di Marthatown era stato ferito. Quel tale di Susantown era morto. I combattimenti singoli non avevano soddisfatto Susantown. I rituali che precedevano il combattimento erano continuati.

Presto sarebbe avvenuto lo scontro frontale. La salvezza delle donne di Marthatown era assicurata. La guarnigione di Susantown non avrebbe avuto la possibilità di attaccare la città.

Il capo del Concilio rispose con voce stentorea, seppure fosse una donna anziana, che riecheggiò tra le mura della città. — L’onore della città… la protezione delle donne… la protezione dei bambini… la gloria ci aspetta — Morgot fece un passo avanti per porgere i nastri d’onore che le donne della città avevano preparato. Oh, come scintillavano quelle onorificenze. Nastri color porpora per i combattimenti singoli. Nastri cremisi per le ferite riportate. Nastri d’oro per il comportamento valoroso davanti al nemico. L’araldo s’inchinò. Le donne del Concilio si inchinarono. La Porta della Battaglia si aprì e l’araldo partì con la sua guardia d’onore e dietro di loro, i musicanti, che intonarono le loro marce.

Morgot si volse e scrutò nuovamente tra il pubblico trovando Stavia tra le osservatrici che si stavano ritirando. Vediamoci, sembrava dirle. Stavia scese la scala facendosi largo tra la confusione della folla. Donne, ragazze, ragazzini, ma nessun servitore. I servitori non erano mai presenti quando si trattava di faccende che coinvolgevano la guarnigione; mai quando erano presenti i guerrieri, per mostrare a essi il rispetto dovuto. Tuttavia l’araldo non era, strettamente parlando, un guerriero. C’erano diversi uomini oltre le mura che non lo erano, strettamente parlando.

— Morgot, cosa dici dei musicanti? E dei cuochi?

Morgot volse verso di lei il viso stanco con le rughe sotto gli occhi che sembravano più profondi del solito. Aveva le orbite sporgenti e macchiate di rosso, per l’irritazione, come se non avesse dormito bene o avesse pianto. — Quali musicanti, figlia mia?

— Quelli con tamburi e fanfare. Non sono guerrieri, vero?

— Lo sono in un certo senso, perché rimangono fuori dal muro. Si sono resi utili in maniera non violenta, per vivere senza correre rischi. Perché me lo chiedi?

Stavia esitava.

Morgot sospirò. — Stai pensando a Chernon. Cosa ti ha detto?

— Che rimarrà. Che non può lasciare i suoi amici adesso a causa della guerra.

Morgot sembrava stanca. — A causa della… Oh, Signora mia. Povera Sylvia. Oh, Stavia, lo ha detto veramente? Ma ci saranno sempre delle guerre.

— Ha detto che forse dopo cambierà idea; ha ancora del tempo.

— Ma se Chernon… Habby compirà quindici anni, sai, il mese prossimo. Ha la stessa età di Chernon, quasi esattamente. Sylvia e io rimanemmo incinta nello stesso periodo. Per me era il secondo figlio, per lei il primo. Signora, se Chernon è stato influenzato a quel modo forse anche Habby lo è stato.

— Perché ci deve essere una guerra proprio adesso?

Morgot scosse il capo; deglutì più volte come se qualcosa le ostruisse la gola. — Non lo so, Stavia; le cose vanno così. Le popolazioni diventano aggressive. Succede soprattutto quando manca il cibo. Accade sempre più spesso. Immagino che fosse il momento che scoppiasse una guerra…

— Cosa succederà se Chernon… o Habby… scelgono di diventare guerrieri ma in maniera non violenta? Come medici, per esempio?

— Medici? I guerrieri non hanno dottori.

— Lo so, ma…

— No, Stavia, fa parte dei comandamenti; i guerrieri non possono avere dottori. E devono combattere a distanza ravvicinata, non da lontano. Devono vedere il loro sangue e quello dei loro fratelli, devono capire quando stanno morendo e vedere il loro dolore. Fa parte della loro scelta, lo sai.

— Chernon… — cominciò a dire Stavia, poi si volse tossendo.

— Lo so. Lo vedi dentro di te, ferito, sofferente, lo vedi morire. Senti il suo dolore come se fosse il tuo. Lo so Stavia, per amore della Signora, pensi che non lo sappia. Ogni madre lo sa. Ogni amante lo sa!

— Perché deve essere così?

— Così sanno quello che scelgono e quello che rischiano quando hanno scelto. È una loro scelta. Possono far ritorno dalla Porta del Paese delle Donne e rimanere qua, ma devono sapere cosa significa rimanere. Non si può chiedere loro di scegliere se non sanno di cosa si tratta. Non si può ignorarlo o far finta che non sia così. Stavia, lo sai il perché!

— E nessuno insegna loro come curarsi — era stupido. I comandamenti erano semplicemente sbagliati, questo era tutto. Non lo disse, ma il suo tono rivelava il suo pensiero.

— Nessun dottore tra i guerrieri, Stavia.

— Tu li curi quando prendono qualche malattia dalle zingare.

— Li curiamo se sono colpiti da una malattia, sì. Ma sono loro a scegliere la battaglia. Devono abituarsi alle conseguenze della loro scelta.

— Gli date anche l’acqua della fonte della Dolce Fine — disse la ragazzina — e questo non significa vivere sopportando le conseguenze…

— I comandamenti raccomandano la pietà, Stavia. Questo è tutto. Sono duri ma non sono impietosi.

Proseguirono in silenzio; Morgot aveva il viso bagnato di lacrime. Dentro Stavia c’era solo un gran vuoto, uno spazio troppo vuoto e profondo perché il dolore potesse trovarvi spazio. Aveva dato a Chernon dei libri. E non era solo questione di contravvenire alle regole. Aveva infranto i comandamenti e oltre a ciò li aveva contestati. Forse quello era un comandamento che meritava di essere infranto.

Non poteva parlare con Morgot, ma doveva farlo con qualcuno.

Quando i guerrieri fecero ritorno era quasi metà dell’inverno. L’intera città si radunò sulle mura intorno alla piazza; l’aria era fredda e frizzante per la temperatura invernale, le foglie secche sul piazzale delle parate scivolarono attraverso la Porta del Difensore quando questa si aprì perché i morti vi fossero introdotti. File e file di cadaveri, disposti in modo che fosse possibile vedere i loro volti. Molti tra i morti, compresi quelli che erano caduti all’inizio della battaglia, erano stati sepolti sul campo dove erano caduti e le loro bare contenevano solo i loro indumenti e le armature. In cima a ogni feretro c’era un bastone a T che portava le regalie del guerriero. Oltre le mura, sul campo della parata, i feriti in condizioni peggiori erano adagiati sulle barelle. Stavia e una dozzina di altre ragazze portarono dell’acqua dalla Fontana della Dolce Fine alle camere del Concilio, dove le consigliere la mescolarono con la cicuta. Poi le consigliere girarono tra i feriti offrendo l’acqua a tutti coloro che soffrivano. Alcuni l’accettavano mentre altri la rifiutavano. Stavia accompagnò Morgot mentre compiva il suo dovere, tenendo la coppa mentre i guerrieri bevevano.

— Per annullare il dolore — disse Morgot offrendo la fiasca.

— Non ne ho bisogno, matrona — dicevano alcuni. Altri, quelli feriti non troppo gravemente, sorridevano nel pronunciare quelle parole.

— Dammela, signora — dicevano altri e Stavia prendeva la coppa e la portava alle loro labbra. Bevevano abbattendosi sulle barelle, in silenzio. Alcuni sorridevano. Alcuni ansimavano semplicemente, chiedendo la fiasca con gli occhi. Alcuni erano privi di sensi ma così orribilmente feriti che erano i compagni a chiedere l’acqua per loro. Quando tutto fu finito, qualcuno venne e riabbassò le visiere degli elmi davanti ai loro volti e li portò oltre le mura dove li aspettavano madri e sorelle.

Non ci fu bisogno di nessuna coppa per Barten. Era già morto, avevano riportato il suo cadavere, colpito alla schiena. Essere colpiti alla schiena era quello che succedeva a coloro che scappavano o, a volte, era la sorte che toccava ai guerrieri odiati dai loro stessi compagni. Myra appuntò un nastro d’onore sul suo petto, sua madre pianse. Myra si gettò sul cadavere urlando: — Così lo hanno ucciso dunque, hanno ucciso anche lui! — Continuava a ripetere quelle parole. Quando gli altri cercarono di allontanarla dal cadavere, Myra vi si aggrappò ancor più tenacemente.

— Lasciatela — disse Morgot. — Tornerà dopo le tenebre quando nessuno starà a guardarla. — Fece così, infatti, scivolando in casa nella sua camera quando era già freddo e buio. Alla mattina tornò alla piazza un’altra volta; ma la madre e le sorelle di Barten avevano preso il corpo del ragazzo portandolo fuori dalle mura sino al mausoleo di famiglia dove lo avevano seppellito. Non avevano mandato un messaggio per invitare Myra ad accompagnarle. Gli usi imponevano dignità in occasioni simili, e quel dolore era troppo teatrale, troppo rumoroso, troppo lontano dal comportamento che le donne dovrebbero tenere per suscitare simpatia.

— Chi ha vinto? — chiese Stavia, domandosi perché non le era stato detto.

— Noi, naturalmente. Susantown ha avuto un’idea di cosa significherebbe attaccarci. — Morgot sospirò e scostò una ciocca di capelli dalla fronte.

— Quanti guerrieri hanno perso?

— Tanti quanti noi.

— Quanti?

— Quasi seicento — disse Morgot. — Molti di loro sono stati sepolti sul campo di battaglia. Ne moriranno circa altri cento a causa delle ferite.

— Madre, è più di un quarto della guarnigione. Quasi un terzo.

— Lo so. La guerra è orribile, bambina mia. Lo è sempre stata. Consolati pensando che prima delle Convulsioni era molto peggio. Ne morivano molti di più e tra loro c’erano donne, bambini e vecchi. Oltre a ciò si permetteva alle guerre di creare devastazioni. Grazie ai nostri comandamenti i bambini vengono risparmiati. E anche le donne. Solo gli uomini che scelgono di essere guerrieri affrontano la battaglia. E non ci sono devastazioni.

Stavia rimase in ascolto e trovò qualche conforto, ma Myra, era inconsolabile; le sue grida di dolore riempirono la casa per giorni e non volle essere aiutata da nessuno.

— Non puoi far nulla per lei? — chiese Stavia. — Darle qualche droga o qualcosa del genere?

— Meglio lasciare che le passi — sospirò Morgot. — Andrà avanti per un poco poi la smetterà. Il dolore è più facile da sopportare di altri sentimenti, Stavia. La gelosia per esempio. O la colpa. Se Barten fosse vissuto, Myra avrebbe imparato molto di entrambi questi sentimenti. Così Myra non ha nulla da rimproverarsi.

Nelle settimane che seguirono, morirono altri guerrieri feriti e ci furono altre cerimonie d’onore nella piazza. Per qualche tempo sembrò che non ci fosse giorno in cui non risuonasse il rullare dei tamburi o lo stridere di una fanfara, poi tornò l’abituale silenzio.

Morgot riunì tutti alla tavola una notte e presentò un nuovo membro della famiglia.

— Questo è Donal — disse posando la mano sulla spalla di un giovane massiccio dal viso deciso, con i capelli color ferro. — Ha appena compiuto sedici anni. Ha scelto di tornare nel Paese delle Donne e lo abbiamo accolto con grande piacere da Tabithatown al nord, dove ha appena completato il primo stadio della sua educazione. Donal è iscritto alla scuola dei servitori qui a Marthatown.

Myra si alzò senza una parola e lasciò la tavola. Morgot scosse il capo facendo capire che non era il caso di fare commenti e tutti loro dovevano lasciarla andare.

Donal mormorò qualcosa a Joshua.

— Era molto innamorata di un guerriero — gli rispose Joshua con un tono formale e molto misurato che Stavia trovò inusuale. — Non era un giovane che si potesse considerare un uomo d’onore per quel che riguarda il rispetto dei comandamenti. È riuscito a convincere diverse ragazze a lasciare la città e ad andare a vivere nel campo degli zingari per il suo piacere. Myra non è arrivata a tanto ma condivideva alcune delle sue idee. È stato ucciso da poco.

Donal arrossì e chinò il capo sul piatto.

— Ti suggerisco di ignorarla — disse Morgot. — Le passerà.

— Potresti renderti indispensabile con il bambino — suggerì Stavia. — Myra ne sarebbe contenta.

Fu Joshua a suggerire che Stavia aiutasse Donal negli studi. — Per lui è difficile — le disse. — Lo so. I libri non sono molto importanti nella guarnigione. La lettura non viene incoraggiata. È difficile abituarvicisi…

Così Stavia divenne insegnante, di matematica, di storia, di composizione, ripassando cento cose che aveva dimenticato.

— Le donne del Concilio non vengono elette dal popolo — gli disse per rispondere a una domanda. — Sono scelte da altre componenti del Concilio.

— Tua madre, cioè Morgot, è un componente del Concilio. Da quanto tempo ne fa parte?

— Sono alcuni anni adesso. Da quando aveva tredici anni — gli disse Stavia.

— Così giovane?

— Alquanto. Non ce ne sono molte così giovani.

— Perché l’hanno scelta?

— Non lo so. Non lo dice; nessuna di loro lo spiega. Non c’è un numero specifico per il Concilio, e alcune donne ne fanno parte e altre no; questo è tutto. Molte di quelle che ne fanno parte hanno delle conoscenze mediche, questo lo so. Credo sia perché il Concilio deve mantenere la salute della città…

— Probabilmente è così — convenne Donal. — I servitori non ne fanno mai parte, vero?

L’idea ridusse Stavia a un silenzio turbato. Fu Joshua a rispondere dalla porta.

— I servitori hanno una o più associazioni in ogni città. Il Concilio spesso chiede la loro opinione, se hanno opinioni degne di essere ascoltate. E le associazioni hanno opinioni degne di essere ascoltate in proporzione allo studio e alle riflessioni dei singoli servitori.

Stavia lo guardò a bocca aperta. — Sapevo delle associazioni di servitori, ma questa notiza mi è nuova.

— Nessuno ne parla sui gradini delle Camere del Concilio. Stavvy. Non sembrerebbe una bella cosa ai guerrieri, vero? Non credi che sia ragionevole? Dopo tutto, nessuna di voi donne ha mai dovuto fare la scelta che noi siamo stati costretti a compiere. Molte di voi accettano il loro ruolo senza esprimere giudizi. Donal e io abbiamo scelto liberamente la nostra vita. Non lo troveresti interessante se facessi parte del Concilio?

— Non riesco a immaginare che… oh, diciamo Minisining che pensa a qualcosa.

— Minisining è il servitore di Silvya, un ragazzo debole — spiegò Joshua a Donal con parole semplici. — Non ha un solo osso in tutto il corpo, è dolce come un cioccolatino ed è un eccellente cuoco. Non riesco a immaginare nessuno che chieda qualcosa a Minisining, salvo forse la ricetta di una salsa.

— Così ci sono servitori e servitori — borbottò Stavia. Quella distinzione era importante, terribilmente importante, sebbene non riuscisse ad afferrare a quali implicazioni poteva condurre.

Joshua le sorrise, mostrando la sua dentatura forte e giallastra con un ampio sorriso. — E ci sono donne e donne, vero? Come Morgot e Myra per esempio…

— Be’, devo accompagnare Donal. Deve andare alla scuola dei servitori e devo mostragli la strada…

Mentre si avviava alla soglia Joshua si girò e rivolse a Stavia una strana, intensa occhiata. — Quando torni c’è una cosa di cui dobbiamo parlare.

Joshua venne a parlarle in cortile, vicino alla fontana, grattandosi con le mani la fronte aggrottata. — Stavia, ho una forte e molto spiacevole sensazione che ci sia qualcosa di sconveniente tra te e Chernon.

La ragazzina fece per negare, pensando che Joshua alludesse a un legame di carattere sessuale, poi si rese conto che, sebbene il loro segreto non avesse nulla a che fare con il sesso, era effettivamente qualcosa di sconveniente. Per qualche attimo non riuscì a parlare, ma gli occhi dell’uomo erano fissi su di lei, costringendola a proseguire.

— Gli ho dato dei libri — sussurrò. — I comandamenti dicono che non si possono dare dei libri ai guerrieri, ma lui non era ancora un guerriero. — Teneva gli occhi bassi sulle mani che strofinava sul grembo, senza osare alzare lo sguardo su di lui.

— È un ragionamento specioso — rispose l’uomo. — Capisci benissimo che è solo una razionalizzazione, la tua, Stavvy. Guerriero o no, sai cosa significano i comandamenti. — Joshua aveva il suo usuale sguardo ferito sul volto, cominciò a grattarsi la testa come se gli facesse male. — Io non… non posso — borbottò tra sé. — È così sicuro… li ha ancora questi libri?

— Un libro. Non gliene ho mai dato più di uno alla volta. Ha ancora l’ultimo che gli ho dato prima di dirgli che non lo avrei più fatto.

— Lo incontri? Parli con lui regolarmente?

Lei scosse il capo. — A volte lo vedo quando Beneda e io andiamo sulle mura. A volte viene anche lui. Non mi ha mai veramente parlato, non dall’ultima volta, quando mi ha detto che stava per scegliere di rimanere con la guarnigione.

— A differenza di Habby…

— Habby ha scelto di tornare a casa?

— Sceglierà di tornare. Sono circa cinque nella sua centuria che faranno così.

Stavia scoppiò a piangere, le lacrime le scesero silenziosamente sulle guance. Non poteva dire se si trattava di lacrime di felicità per Habby o di rabbioso dispiacere per Chernon. — Morgot si domandava se era stato influenzato quanto Chernon…

— No, Morgot dovrebbe averlo saputo.

— Dove andrà Habby?

— Ha acconsentito ad andare Tabhitatown. In cambio di Donal. La situazione deve rimanere equilibrata tra le varie città, capisci? Il che non ci aiuta comunque con il nostro problema. — Chiuse gli occhi come se stesse cercando qualcosa nell’oscurità. — Cosa significano quei libri per lui, Stavia? Secondo te voleva veramente dei libri, oppure cercava qualcos’altro?

— Non capisco quello che dici.

— Sento… sento che vuole qualche cosa d’altro da te, ma non è un libro. Libri. Niente sesso. Un legame. Prova una certa attrazione nei tuoi confronti ma non si tratta delle solite romanticherie dei giovani.

— Siamo amici — suggerì lei con dignità.

Lui smise di tormentarsi la fronte. — Potreste esserlo, Stavvy. Salvo che… o forse, a causa di questo, è importante che tu ritorni a obbedire ai comandamenti. Il libro forse non è molto importante; ma dobbiamo fare qualcosa per riaverlo. Ora ti dirò cosa credo tu debba fare. Chernon ha quindici anni; è abbastanza cresciuto per avere un appuntamento d’amore. Potresti fare in modo di incontrarlo nella casa d’appuntamento per il carnevale di mezz’inverno.

— Io non sono abbastanza grande — esclamò lei, sconvolta.

Joshua scosse il capo. — Non voglio dire che tu debba provare a fare del sesso con lui, bambina. Voglio dire che dovresti parlare tranquillamente con lui, e questa è l’unica cosa che devi fare; probabilmente lui non tornerà a casa, non lo farà se ha deciso di rimanere nella guarnigione. Visto che il rito della scelta non è ancora avvenuto realmente, potrebbe tornare a casa, per un’ultima volta, ma scommetterei che non lo farà. Le taverne e i ristoranti saranno pieni di soldati ubriachi e donne schiamazzanti. Il mercato ne è pieno, lo sai.

— E cosa dovrei dirgli, Joshua?

— Stavia, non lo so. Non riesco a percepire chiaramente…

— Non capisco cosa vuoi dire quando sostieni di non riuscire a percepire chiaramente.

— Non riesco a capire cosa vuole; o perché si comporta così.

La ragazza guardò Joshua, cercando di immaginare cosa stesse pensando.

— Se lo sapessimo non dovrei parlargli.

— Naturalmente. Hai ragione; be’, se fossi in te, gli direi che la tua coscienza ti turba. Cioè che è come se non sapessi se è giusto o meno, che io ho capito che c’è qualcosa che non va. Digli che devi riportare indietro quel libro altrimenti dovrai presentarti davanti al Concilio per rispondere di quello che hai fatto.

— Cosa mi faranno?

— Lo scopriranno — si chinò su di lei. Joshua non l’aveva mai abbracciata sino ad allora, ma lo fece in quella occasione, stringendola a sé contro il suo petto possente. Per un momento lei rimase spaventata, vecchie storie di servitori impazziti passarono a tratti nella sua mente come ombre, poi sentì la sua mano sulla schiena che le dava delle piccole pacche consolatorie, come se fosse stata uno dei muli, e sentì l’odore di cuoio che veniva dai suoi vestiti, il suo dolce respiro sul viso mentre le voltava il capo verso di sé. — Oh, Stavia, Stavia. Se il Concilio lo scoprisse si farebbe un punto d’onore di punirti in qualche modo. Ma non lo scopriranno da me. Penso che tu sia stata punita già a sufficienza. Non credo che violerai qualche comandamento troppo presto. Ma non è di te che mi preoccupo. È qualcosa che riguarda Chernon. Se i guerrieri lo sorprendessero con un libro femminile lo punirebbero severamente; perché non se ne cura, Stavia, mmm? Vuoi pensarci? Perché non se ne cura?

La ragazza andò alle mura, giorno dopo giorno, riuscendo infine a predisporre un incontro del quale non si doveva sapere nulla. Lui le sussurrò di portare dei libri al buco segreto ma lei scosse il capo. — Ci vedremo alla casa di appuntamento, Chernon. A metà inverno. Porta l’ultimo libro che ti ho dato; ne parleremo allora…

Lui era cocciuto e testardo, la ragazzina si rese conto che aveva già dato troppo. Non gli avrebbe concesso di più.

— Bambina, non sei abbastanza grande — disse la donna addetta agli appuntamenti con una smorfia sulle labbra che parlava più chiaramente delle sue parole. — Oh, guarda qui, questa precoce signorina, che pensa di essere innamorata di un guerriero.

Joshua le aveva suggerito cosa dire; — Non vogliamo fare sesso, signora, per favore; è come se fosse mio fratello, ha appena compiuto i quindici anni e vuole parlare con me. Lo sa come è… non ci sono posti tranquilli dove parlare.

Dopo aver scartabellato per un poco i registri la donna assentì: — Capisco. È il figlio di Sylvia, Chernon. Siamo vicini di casa.

— Sì, signora.

— Ti assegnerò l’ultima stanza vicino alla piazza, il primo giorno del carnevale alle sei del mattino. Un’ora prima che la casa sia aperta agli amanti, così avrai modo di chiacchierare in pace. — Aveva un’espressione differente adesso, quasi struggente, come se avesse avuto anche lei un fratello una volta, o un caro amico, e avesse voluto a sua volta avere a disposizione un momento di tranquillità. — Ti auguro buona fortuna, bimba mia. Convincilo a tornare a casa, se puoi.

Stavia avvampò. Era un segreto che tutte loro condividevano. Qualcuno da riportare a casa. Qualcuno che non sarebbe venuto.

Come sembrava stesse accadendo per Chernon.

— Devi darmi quel libro, Chernon. — Erano seduti fianco a fianco su una grande divano senza toccarsi, imbarazzati dal luogo e dall’occasione.

— Se me ne porterai uno in cambio, Stavia, come abbiamo sempre fatto — disse lui testardamente; con il labbro inferiore contratto per la rabbia. Si era aspettato che la ragazza venisse da lui molto prima accondiscendendo a tutte le sue richieste, come era avvenuto prima che rifiutasse di dargli altri libri. Michael gli aveva assicurato che lo avrebbe fatto.

— Non in cambio di niente? Oh, Chernon, possibile che tu non ti preoccupi per me? O per te stesso?

Cosa stava succedendo? Era sfuggente, si mordeva le guance, con gli occhi sfavillanti come se pensasse che lei lo stava intrappolando. — Sì, siamo amici.

— Non rischiare le nostre vite, Chernon.

Lui spalancò la bocca. — Cosa vuoi dire?

— Che se non lo riporto indietro dovrò parlarne al Concilio, Chernon. Ho infranto i comandamenti. Adesso stai veramente per diventare un guerriero; e io non posso continuare a infrangere le regole. Se non me lo ridai dovrò…

— Non farlo! — ribatté lui velocemente, sin troppo velocemente. Michael non avrebbe voluto che accadesse una cosa del genere. Michael non avrebbe voluto che il Concilio sapesse di lui e di Stavia!

— Del resto dovresti preoccuparti di quello che potrebbero farti i guerrieri!

Doveva distogliere la sua attenzione, distrarla. Alzò una mano per sfiorarle il viso, la soffice punta delle sue dita tracciò delle linee gentili sulle gote sino alla mascella, sulla sua bocca atteggiata come una maschera tragica. — Ti sei veramente preoccupata per me. Non so; pensavo semplicemente che stessi… che tentassi… di farmi tornare.

Lei stava veramente tentando. Stava ancora tentando, ma nulla sembrava avere successo.

— Io… te lo porterò questo pomeriggio — disse lui. — Te lo porterò al buco. — Lo avevano allargato quel buco. Adesso era quasi una finestra, che permetteva di far passare anche un libro. Quando Stavia si protendeva dalla parte interna delle mura e lui a da quella esterna, potevano toccarsi con le mani nel buio della pietra mentre l’albero oscurava la luce che colpiva il suo volto. Non riusciva mai a vederla ma lei poteva vedere lui. Lo sentiva vicino a sé in quei momenti, pur separato dallo spessore del muro, vicino eppure lontano come in quel momento.

Il ragazzo si preparò ad andarsene, ma Stavia lo fermò. — Rimani, Chernon. Abbiamo a disposizione questa stanza ancora per un’ora.

— No, no — rispose lui come se si sentisse ancora intrappolato. — Non posso. Non posso stare. Oh, Stavia…

Poi si mise in ginocchio vicino a lei con il capo posato sulle sue ginocchia, in lacrime, mentre lei cercava freneticamente di confortarlo.

— Non so cosa fare — piangeva, sorpreso a causa di quelle lacrime sincere e non premeditate. — Penso che dovrei rendertelo, ma poi non ne sono sicuro. A volte penso che dovrei fare qualcosa d’altro ma che sarebbe peggio. Non potrei far nulla che ti costringesse a odiarmi, Stavia. Ed è la stessa cosa per Michael… io non potrei. Lo sai. Non dovrei. Deve esserci qualcos’altro che io possa fare…

Lei lo abbracciò. Non chiese neppure cosa volesse dire con quelle parole. Non c’era nulla che potesse dire. Se gli diceva di amarlo lo avrebbe intrappolato ancora di più! Non poteva chiedergli di tornare a casa da lei, lo aveva già fatto. Era tutto nei comandamenti, quei comandamenti che lei aveva infranto. Tutto quello a cui riusciva a pensare erano le parole di Myra quando aveva visto il cadavere di Barten: “Oh, hanno ucciso anche lui alla fine!”. Era come se lei avesse ucciso Chernon. Se non gli avesse dato il primo libro, forse ora non avrebbe pianto. Lo aveva costretto a sbagliare, ferendolo. Si sentiva in colpa. In qualche modo, avrebbe dovuto provvedere. Giurò a se stessa che lo avrebbe fatto. In qualche modo.

Lo tenne stretto, cullandolo. Rimasero là finché una delle addette non venne a bussare alla porta dicendo che era venuto il momento di andarsene.

Joshua la stava aspettando a casa. La vide e la sua espressione cambiò. — Hai il libro?

— Mi ha detto che probabilmente lo porterà. Questo pomeriggio. — Si sentiva stordita per l’emozione, sofferente, colpevole.

— Raccontami, Stavia!

Lei temporeggiò. — È confuso, Joshua, questo è tutto. Non credo che si renda conto del pericolo che corre.

— Oggi verrò con te.

— Non dovresti…

— Per la Signora! Stavia, mi hai già coinvolto in questo affare fin sopra i capelli.

Tutto questo desiderio di infrangere le regole non era un bene. Quando andarono al buco nel muro, il libro era là, ma Chernon non c’era. Joshua, dopo una lunga e riflessiva occhiata al viso afflitto di Stavia, decise che era necessario fare qualcosa di drastico.