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Septemius e la sua famiglia erano in strada quando videro Stavia la seconda volta, veniva loro incontro con la borsa del mercato sulla spalla, le sopracciglia aggrottate, preoccupata per qualcosa. Quasi trasalì udendo il saluto di Kostia e Tonia, un vibrante: — Ciao, dottoressa! — che si diffuse nell’aria come il riverberare di un gong.
— Salve! — disse in tono leggero cercando di ricordare dov’era e chi erano quelle ragazze. — La troupe di maghi.
— Sì, signora — s’inchinò Septemius. Bowough assentì, con uno sguardo nebbioso, scorgendola appena; sebbene avesse dormito molto bene, era uno di quei giorni in cui si perdeva più nei ricordi che nella realtà. Kostia e Tonia si fecero avanti per stringerle la mano, ignorando ostentatamente lo sguardo che Septemius le rivolgeva. Kostia e Tonia erano sempre entusiaste della gente. Septemius non sapeva perché fosse così ma sembrava che funzionasse meglio quando potevano toccare la persona in questione.
— Stavia — mormorarono all’unisono. — Bentrovata.
Ora le ricordava, come rammentava di non aver detto loro il suo nome. Le osservò un poco allarmata.
— Possiamo ringraziarti per la gentilezza dell’altra sera, offrendoti una tazza di tè? — disse Setpemius congiungendo la punta delle dita.
Si trovavano sul marciapiede davanti alla casa da tè, ad appena un isolato dalla Fontana della Dolce Fine. Attraverso le finestre potevano vedere donne e servitori che si riunivano intorno ai tavoli. C’erano anche alcuni itineranti.
— Perché no? — sorrise lei. — In verità, sarei venuta a cercarvi più tardi; ho qualche medicina per tuo padre.
— Medicine? — Erano entrati nella sala da tè e si erano seduti a un tavolo vicino al muro; il servitore portò cinque tazze davanti a loro. Tip-tap, tip-tap-tap, e Septemius sorrise. Un presagio.
— Qualcosa per aiutarlo a superare i suoi problemi di petto; avevo dimenticato che ne avevamo di scorta, finché Morgot, l’ufficiale medico in comando, mia madre, me lo ha ricordato. Un olio ricavato dagli alberi di eucalipto, si usa in acqua bollente per creare un vapore utile ai polmoni. — Stavia assentì per ringraziare il servitore che portò loro la teiera fumante che lei aveva chiesto. — Mettete una pentola sulla stufa della vostra camera e portate vicino il suo letto, mettetegli un lenzuolo sopra la testa e fatelo tossire quando respira.
— Ah. Si tratta di una cosa che non sei abituata a fare tu stessa?
Stavia arrossì. — Come senza dubbio potrai capire, Septemius Bird, sono stata da poco assegnata alla casa di quarantena, è il mio primo posto medico dopo sette anni di Istituto medico ad Abbyville e due anni di internato qui. La casa di quarantena è un posto riservato alle novizie. Mi dicevano che durante i tempi prima delle Convulsioni, l’addestramento medico sarebbe cominciato dove io non sono ancora arrivata e l’estensione della mia ignoranza mi opprime. Così facciamo quello che possiamo con le erbe, visto che la produzione dei farmaci è molto limitata, ma ad Abbyville si insegna poco l’erboristeria e io ho ancora molto da imparare. Si impara a spizzichi e bocconi, un po’ qui e un po’ là, sul lavoro. Se questa roba farà star meglio tuo padre, sarò felice di scoprirlo.
— Capisco — e capiva veramente. Ah, queste ragazze del Paese delle Donne! Spesso ottengono la loro prima carica a diciassette o a diciotto anni, e devono continuare gli studi mentre mettono al mondo un bambino ogni uno o due anni. E naturalmente prendono parte alla vita della comunità. — Allora la tua specialità è la medicina.
— Sì, e l’arte che pratico è la recitazione, l’attività artigianale, il giardinaggio. Il tuo lavoro, Septemius, è un arte, un mestiere o un’attività artigianale?
— La mia magia, se non ha un po’di scienza, non riesce, Stavia. Se non ha qualcosa di artigianale, annoia e se non ha una componente artistica, offende.
— Sei fortunato a poter definire così chiaramente ogni cosa — disse lei con una smorfietta ai lati delle labbra che indicava che, con quelle parole, voleva dire molto di più.
— Dev’essere difficile essere una giovane donna di talento nel Paese delle Donne — replicò l’uomo con simpatia — non so come riusciate a far tutto.
— Oh, se fosse solo il Paese delle Donne… — s’interruppe, certa di aver detto una cosa orribile, portando le dita davanti alla bocca. — Perdonami.
— Ti aiuterebbe parlarne? — domandò l’uomo.
— A un itinerante? — borbottò, sorpresa lei stessa dal suo tono sgarbato. — Perché dovrei?
— Perché — disse pacatamente Kostia — è un uomo molto saggio…
— Uno straniero — continuò Tonia — che ha conosciuto tutti i posti che valeva la pena di conoscere…
— E che ha visto un po’di tutto…
— … e può essere obiettivo su certe cose…
— … a differenza di molti di noi.
Stavia avvampò. — Non volevo offenderlo.
— Nessuna offesa — la rassicurò Septemius — le mie nipoti, almeno in parte, hanno ragione. Non ho la pretesa di essere saggio, ma mi vanto di essere un osservatore alquanto obiettivo, la mia famiglia svolge questo lavoro da generazioni, sai? Persino prima delle Convulsioni, mi hanno detto, c’erano dei Bird che viaggiavano per il mondo esibendosi con i loro spettacoli nelle ricorrenze. Lo hanno fatto Bowough Bird e i suoi Cani Danzanti, la troupe di saltimbanchi di mio padre, e poi io… io sono l’ultimo della mia linea familiare, ma queste due bellezze potranno continuare la tradizione dei Bird, se lo vorranno. — Parlava per coprire l’imbarazzo, per prendere le distanze da quanto aveva detto. Non avrebbe dovuto spingerla a confidarsi. Era una cosa che non rientrava nelle sue abitudini, forse lo aveva fatto a causa della lunga permanenza con Kostia e Tonia, mentre avrebbe dovuto cercare di porre rimedio a generazioni di confusionari con una forte autodisciplina. Schernendosi, continuò: — Se c’è dell’ arte, nel nostro lavoro, essa viene dal fatto che comprendiamo la natura umana. Nei tempi antichi c’erano molte parole per descrivere quello che fanno i maghi. Una era prestidigitazione che significa “destrezza di mano”, ma la mano può solo distrarre mentre invece è la mente che comprende cosa si deve distrarre… — abbassò la voce bevendo dalla sua tazza.
Il vecchio Bowough disse: — Un ottimo tè, signora. È stato molto gentile suggerirlo.
— È stato gentile da parte vostra offrirlo — disse Stavia osservandolo meglio. Il tè aveva ridato colore al suo viso e lucentezza ai suoi occhi. Era più vecchio di quello che aveva giudicato in un primo momento. Forse aveva novant’anni. Una veneranda età per un uomo in quel tempo, tuttavia non le piaceva il suono crepitante del suo respiro. Lo stesso Septemius sembrava aver superato già da un pezzo i cinquanta, anche se era ancora forte e atletico quando si muoveva; la madre delle ragazze doveva essere stata molto più giovane. Si rese conto che le stava osservando fissamente. — Cercavo una rassomiglianza tra di voi — mormorò quasi tra sé. — Le ragazze non ti somigliano molto, Septemius.
L’uomo scosse il capo. — La loro madre non era mia parente. Era una bambina adottata da mia madre, la figlia di una vecchia amica. Siamo cresciuti insieme. Si sposò tardi (sai cosa significa sposarsi?) e morì durante il parto.
— Sì, ho sentito parlare di questa abitudine — disse, stando ben attenta a non dimostrare che considerava il matrimonio una pratica barbara. — Avreste dovuto portarla al Paese delle Donne — mormorò Stavia, sconvolta all’idea che una donna potesse morire di parto.
— Lo zio Septemius lo avrebbe fatto — disse Kostia.
— Ha molta stima delle vostre scienze — disse Tonia.
— Ma nostro padre non lo avrebbe permesso.
— Allora è stato un pazzo — esclamò Stavia, colpita.
Calò allora un penoso silenzio, interrotto stranamente proprio da Bowouhg. — Era un pazzo, sì; noi vagabondi abbiamo un detto: “ Se son faccende da uomini decida il capocomico, se son cose da donne, decida il Paese delle Donne. Se son cose da pazzi, decidano i guerrieri”.
— Era un guerriero? — il viso di Stavia era improvvisamente diventato pallido.
Septemius assentì. — Uno tra i più decorati. Aveva ricevuto molti onori. Si era ritirato, almeno così diceva, dal servizio attivo, si era ritirato dalla guarnigione. Gli era permesso di viaggiare, se voleva.
— Ho sentito che a volte alcuni guerrieri possono viaggiare — disse Stavia con un’espressione stranamente furtiva — ma non si ritirano mai dal servizio attivo. Non lo fanno neppure quando vanno alla casa dei Vecchi Guerrieri.
— Lo credo anch’io — disse Septemius. — Tu lo sai, e anche le mie nipoti lo sanno e ne sono convinte, ma mia sorella… lei non voleva crederci. — Accorgendosi dello sguardo con cui l’osservava Stavia, cambiò argomento. Le sue nipoti avevano ragione; c’era qualcosa che rodeva quella ragazza e si trattava di qualcosa di più del dubbio che un giovane guerriero venisse a un appuntamento romantico.
Il giorno seguente, portarono il carro alla piazza e montarono il palcoscenico sotto lo sguardo interessato delle guardiane della piazza, dopo di che tornarono all’ostello a portare i muli. Bowough sembrava migliorare grazie al riposo e alle razioni supplementari di cibo. Il cuoco all’ostello gli aveva preparato il suo zabaione e il vecchio ne aveva tratto giovamento. Tutti loro l’avevano assaggiato. A Septemius era sembrato che ci mancasse qualcosa. Era ciò che mancava sempre, qualche misteriosa dimensione del gusto che la sua immaginazione riusciva a evocare ma che la lingua e il naso non riuscivano a percepire, qualche spezia o condimento che non esisteva più. In quel caso si trattava della vaniglia, come spiegò loro il cuoco riferendosi alle antiche ricette. — Era un prodotto tropicale, senza dubbio — commentò Stavia con un sospiro. — In quest’epoca non otteniamo niente dai paesi tropicali.
— Vuol dire che sono stati tutti distrutti? — chiese Kostia, incuriosita dall’insistenza di Septemius per la mancanza di spezie e condimenti.
— Chi lo sa? — replicò Septemius, moderando in qualche modo il suo tono di voce. — Non possiamo raggiungerli, non sappiamo se i loro abitanti sono morti e loro non sanno di noi. Chi può dire se esistano ancora?
— Non hai mai cercato di andarci? — chiese Tonia. — Qualcuno ci ha mai provato?
— A sud? Mi ricordo di un viaggio, molto tempo fa, quando ero giovane; la troupe si spostò lungo la costa, piegando verso l’interno per evitare una grande devastazione lungo il mare. Mio nonno aveva sentito delle voci di terre disabitate che non facevano parte del Paese delle Donne. — Non aggiunse altro riguardo alle terre disabitate. Non erano luoghi dove avrebbe voluto tornare e non desiderava neppure che Kostia e Tonia ci andassero, neppure per salvare le proprie vite. — Il nostro viaggio verso sud terminò in un luogo dove si riunivano tre mostruose devastazioni, una pianura di vetro vicino a una grande baia dove c’erano le rovine accartocciate di un ponte costruito sulla pietra. Non riuscimmo a trovare una strada per raggirarlo.
— Forse andando più verso l’interno — mormorò Kostia.
— Forse, se avessi una barca — mormorò Tonia.
— Sì, forse — disse lui — ma è stato un quarto di secolo fa. Sta venendo il tempo in cui è opportuno che il Paese delle Donne mandi una squadra di esplorazione. Lo fanno di tanto in tanto per vedere quali cambiamenti sono avvenuti con il tempo. Forse troveranno di nuovo le spezie.
— Non ne sentiamo la mancanza — disse Kostia.
— Perché non le abbiamo mai assaggiate — disse Tonia — erano cose da poco, dopotutto.
— Una piccola spezia può avere più valore di generazioni di patate — borbottò Septemius Bird — nessuno di noi le ha mai assaggiate. Ma alcuni di noi le rimpiangono ugualmente.