121713.fb2 Cronache del dopoguerra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 25

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Due giorni dopo Septemius Bird arrivò al campo fortificato, Kostia e Tonia erano sedute al suo fianco sul carro del quale avevano lasciato aperte le porte per consentire a Bowough di vedere il panorama. Lo stesso Septemius sembrava più allegro di quanto non lo fosse stato negli ultimi giorni. In effetti il suo umore era molto migliorato da quando Chernon li aveva lasciati mezza giornata prima.

— Non ti piace quel ragazzo, vero? — chiese Kostia con un cenno affermativo del capo come per far intendere che conosceva già la risposta. Erano passati attraverso l’alto cancello di legno che difendeva la fortificazione dal mondo esterno, osservati con attenzione dal servitore-guardiano apparentemente rassicurato dalla presenza di due giovani donne e di un anziano. — Non ti piace proprio.

— Lui è… be’, è un ragazzo difficile da capire.

— Oh, stupidaggini — asserì Tonia con voce grave. — Stupidaggini. Lo conoscevi da neppure mezz’ora, Septemius Bird, e già avevi capito tutto di lui. Con quello sguardo da bimbo ferito, le labbra sporgenti e quegli occhi tristi, probabilmente ha sofferto dei dispiaceri da bambino. Ciò fa sorgere dei sensi di colpa nella gente, così lui, di tanto in tanto, assume l’atteggiamento del ragazzo triste. Una bella sceneggiata per fare in modo che la mamma e le sorelle gli prestino attenzione. Stavia ci è caduta, ma verso di lui ha avuto più un atteggiamento materno che da amante, direi. È una delle sue principali caratteristiche del resto.

— Sono d’accordo — disse Kostia. — Così è cresciuto, rifiutando di guarire dalle sue sofferenze, coltivando l’abitudine di impietosire la gente quando gli fa comodo per attirare l’attenzione di sua madre, di sua sorella e probabilmente anche di Stavia. Dopotutto non è uno stupido e siccome sapeva che neppure Stavia lo è, le ha chiesto dei libri. Aver infranto i comandamenti l’ha fatta sentire in colpa e ciò significava che, prima o poi, lo avrebbe ferito ancora e questo ha dato a Chernon un punto per far leva su di lei.

— Ma lui non vuol fare direttamente niente di disonorevole, nonostante abbia già fatto qualcosa del genere e stia per rifarlo — continuò Tonia. — Lui è un giovane coraggioso e pietoso, non farebbe niente di disonorevole. Così tocca a lei, Stavia sarà costretta a infrangere ancora i comandamenti con la scusa che è stata lei a farlo soffrire. Stupidaggini, Septemius Bird, e tu hai capito tutto.

— Alla tua età — annunciò lui — di solito la gente è meno saggia; ne trarrò conforto sapendo che voi due non verrete tratte in inganno da simili atteggiamenti riprovevoli nelle vostre future infatuazioni romantiche.

— Alla tua età — ribatté Kostia — dovresti moderare il linguaggio. C’è qualcosa di lui che mi preoccupa. Una sorta di alone di audacia distruttiva che lo circonda.

— O che, forse, sta alle sue spalle — convenne Septemius. — Ci ha fatto credere che questo viaggio sia illecito, ma io scommetto quello che volete che i suoi ufficiali ne sono al corrente. Forse sono stati loro stessi a mandarlo.

Rimasero in silenzio per un poco, scambiandosi sguardi significativi. — Sono convinta che tu abbia ragione, zio. Ma è di Stavia che mi preoccupo — borbottò Tonia. — Sono preoccupata per lei.

— Ed eccola là — disse Kostia indicando un punto oltre il vicolo stretto e polveroso dove si trovavano, una piazzetta egualmente polverosa delimitata da balle di lana e steccati. Stavia si trovava in un angolo della piazza, occupata a discutere con una donna di mezza età vestita con pantaloni di cuoio e una cappa di lana. Mentre il carro si avvicinava entrambe le donne si volsero nella loro direzione. Stavia, sulle prime, aggrottò la fronte poi sorrise come se fosse contenta di vederli ma non si fosse aspettata che arrivassero così presto.

— Septemius — lo chiamò, trascinando la donna con sé. — Vorrei che conoscessi la direttrice del campo, Manetta. Septemius Bird, le sue nipoti, Tonia e Kostia. Il signore che sta nel carro è il nonno Bird. — Si protese attraverso la porta. — Come stai, Bowough? Hai un aspetto migliore dell’ultima volta che ci siamo visti!

— La giovane dottoressa, vero? Vieni dentro, cara, vieni. — Allungò un braccio per prenderle la mano, trascinandola all’interno del carro dove Stavia si sedette accanto a lui, notando che la sua salute era sicuramente migliorata. Septemius Bird nel frattempo discuteva con la direttrice sulla possibilità di allestire un piccolo spettacolo per i residenti del campo. Manetta ne fu entusiasta e insistette perché fossero pagati; tener alto il morale degli abitanti del campo era uno dei suoi principali problemi.

— È venuto con voi? — sussurrò Stavia a Tonia che era rientrata nel carro assieme a lei. — Chernon?

— Oh, sì. Ci ha lasciato mezza giornata fa, Stavia. Si è diretto a est per farti un segnale. Sempre che tu abbia ancora intenzione di andartene con lui. Io e Kostia non te lo raccomandiamo.

— Ancora previsioni nefaste? — chiese Stavia, non realmente turbata. — Andiamo, adesso. È un vecchio amico, fratello di una mia vecchia amica, e conta su di me.

Le due giovani donne scossero il capo ma non dissero null’altro. Stavia aveva l’espressione calma e inespressiva che spesso maschera con un’apparente gentilezza la più irriducibile ostinazione. Era inutile sprecare fiato. — Cosa hai fatto da queste parti? — chiese Tonia, invece, aggirando l’argomento che, chiaramente, costituiva la parte più delicata dei loro rapporti. — Sembra molto isolato.

— Ho raccolto delle piante, ispezionato il campo, curato persone e animali, scritto rapporti, poi sono uscita per raccogliere ancora qualche pianta e compiere una piccola esplorazione a est prima di tornare nuovamente a casa — disse Stavia con un tono particolarmente gentile che esprimeva la sua totale mancanza di interesse, meglio di quanto avrebbero potuto fare le parole: “Non voglio che mi ripetiate di non andare, perché sono pronta a farlo”. Poi sorrise, uno dei tipici sorrisi di Stavia, soprattutto per se stessa. — Prima di partire preparerò la cena per voi e la famiglia. Che ve ne pare di un arrosto di agnello?

— E se non ci piacesse?

— Potreste scegliere un ottimo piatto di verdure locali — rise Stavia — che probabilmente puzzano di pecora. Tutto, qui, puzza di pecora.

L’agnello fu arrostito su un fuoco all’aperto. La sua carne era tenera e deliziosa, stillante di grasso succulento che corse tra le loro dita fino ai polsi e sfuggì sui loro menti. Mangiarono anche il piatto di verdure locali, che sapevano di sole e erba e assolutamente non puzzavano di pecora, così come il porridge condito con cipolle, aglio e sugo d’arrosto. Quando ebbero terminato di mangiare, Septemius aprì il palcoscenico su un lato del carro. Come ouverture, Bowough suonò un accompagnamento su un vecchio organo mentre i cani grigi danzavano sobriamente sulle quattro zampe e quelli bianchi si innalzavano sulle zampe anteriori o posteriori, agitando le lingue pendenti. Poi Septemius salì sul palco e tagliò Tonia in due e la fece risorgere; la fece scomparire in diversi modi differenti. Trasse colombe dal suo cappello vuoto, dalle orecchie dei pastori fece apparire monete che poi mise nel suo cappello facendole scomparire nuovamente. Tonia e Kostia (quest’ultima portava un velo in modo da non far capire che erano gemelle, cosa che avrebbe spiegato il trucco delle sparizioni) si esibirono in un numero di lettura del pensiero indovinando risposte chiuse dentro buste che non dovevano essere aperte sino a quando non fosse stata fornita quella giusta. Tutti bevvero birra, una rarità visto che il grano era sempre scarso, e tutti andarono a letto contenti. Le guardie sulle mura lanciarono i loro richiami e il campo si addormentò.

— Quando lo incontrerai? — chiese Septemius accanto al fuoco.

— Domani — disse Stavia alzando lo sguardo dalla pergamena che stava svolgendo sul tavolo piatto davanti a sé, strizzando gli occhi alla fievole luce del camino. — Devo chiederti un altro favore, Septemius.

— Ho già fatto abbastanza — disse cercando di non sembrare irritato quanto lo era in realtà. Era un’irritazione che provava soprattutto verso se stesso. Aveva fatto troppo, provocato troppi danni. Voleva dissuaderla.

— Vorrei che portassi un rapporto su quegli strani cani che abbiamo trovato.

— Cani? — chiese, improvvisamente interessato.

— So che avevi intenzione di andare a Peggytown, ma sarebbe meglio se tu non viaggiassi per quella strada. Non da solo. I cani e il mio rapporto dovrebbero arrivare a Marthatown il più presto possibile. C’è gente che spia questo campo qui attorno, gente che viene da sud, forse la stessa gente di cui tu mi hai parlato. Il Concilio Unito del Paese delle Donne dovrebbe esserne informato il più presto possibile; penso che potremmo aver bisogno di una guarnigione da queste parti. Me lo sento nelle ossa. — Si rabbuiò ricordando la sensazione di prurito che le aveva provocato essere osservata quando si era spinta oltre i confini del campo.

— Ho scritto una lettera a Morgot. Le ho raccomandato di ricompensarti per il tempo che hai perso. Ti pagherei anche adesso se avessi qualche moneta di scambio con me, ma non ne ho.

Lui si scostò a disagio. — Non vuoi che viaggiamo per quella strada ma tu ci andrai, con Chernon. Tu e lui, soli?

— Non saremo soli. Avremo i muli — gli sorrise. — E no, non sto prendendoti in giro. Ho deciso che l’itinerario stabilito dal Concilio Riunito non va bene. Non ho bisogno di andare a sud per capire che ci abita della gente, lo sappiamo già. Così compirò una ricognizione molto breve e discreta verso est, soprattutto per raccogliere campioni botanici. Non ha senso sprecare completamente questo viaggio, anche se non farò tutto quello che avevo in mente di fare… Oggi sono uscita nella prateria e ho potuto sentire occhi che mi spiavano tutt’intorno a me, come uno sciame di api. Non voglio farmi vedere ancora in giro. Una esplorazione verso sud dovrebbe essere compiuta in forze, con dei guerrieri e non da una o due persone.

— Mi preoccupo per te — disse lui — davvero.

— Shh — lo tacitò la ragazza — preoccupati della tua famiglia, vecchio Bird; preoccupati delle gemelle. Farai meglio a stabilirti nel Paese delle Donne e fare in modo che possano vivere in maniera civile.

— Ci ho pensato — rispose lui. — Sì.

— Be’, parlane a Morgot quando torni a Marthatown. Dille che ho chiesto il tuo aiuto e che ho promesso che ti avremmo aiutato, in cambio. Otterrà un permesso di stabilirvi.

— E cosa farei per vivere, ragazza mia? Mi sembra che tu non ci abbia pensato.

— Ci ho pensato invece — gli sorrise. — Potresti fare il messaggero e il trasportatore per il Concilio. Si servono sempre di carrettieri e gente di spettacolo per consegnare messaggi e altro materiale da una città all’altra e li pagano per questo. O se preferisci stare più vicino, potrebbero affidarti anche un lavoro da nonno.

— Un lavoro da nonno? — Non aveva mai sentito parlare di una cosa del genere.

— Una sinecura, Septemius. Una piccolo incarico che richiede solo poche ore al giorno e lascia a un uomo il tempo di dedicarsi alle arti e alle attività artigianali che gli piacciono. Potresti occuperti di giardinaggio…

— Oh, bene — disse Kostia — mi piace.

— E se voi due ragazze sceglierete di frequentare la scuola, vi daranno razioni di grano e formaggio.

— Davvero? — Tonia sembrava impressionata.

— È, quando avrete vissuto per un paio d’anni nel Quartiere degli Itineranti, potreste fare richiesta di vivere all’interno delle mura affermando che il vostro status sociale è praticamente uguale a quello di un servitore, che Tonia e Kostia vogliono stabilirsi in città e che siete stati stanziali per un tempo sufficiente a testimoniare la sincerità nella vostra decisione di voler cessare il vostro vagabondaggio.

— Voi donne pensate a tutto, vero? — disse Septemius con una sfumatura di cinismo nella voce.

— No — sospirò lei — ma abbiamo imparato abbastanza da sapere che non diventeremo più forti se metteremo degli impedimenti arbitrari a delle brave persone che vogliono unirsi a noi. Kostia e Tonia si comporteranno bene, non siamo così stupide da pensare che vengano dentro lasciandovi fuori.

Septemius scoprì che i suoi occhi erano diventati sospettosamente umidi. — Così ci sono altri modi in cui un uomo può entrare nelle mura senza passare dalla Porta delle Donne?

— I vecchi — disse lei. — Gli anziani, sì. Di solito se hanno delle parenti più giovani in famiglia. Ma non sempre è necessario.

— Non sempre?

— Solo cinque anni fa circa, prendemmo con noi un vecchio che aveva viaggiato verso nord oltre Tabithatown. Non aveva famiglia ma aveva delle mappe, alcune veramente ottime. Immagino che siano state le mappe a pagargli l’ingresso.

— Potrebbero farlo dei cani danzanti?

— Forse sì! Suppongo che possano danzare bene sia dentro che fuori dalle mura della città. Non vogliamo certo diminuire il numero delle specie disponibili, sebbene dovremmo razionare i loro pasti. Con cosa li nutri?

— Conigli, per di più — rispose Tonia. — E topi, degli animaletti pelosi con la coda corta che escono di notte. Septemius mette le trappole e i cani cacciano anche da soli. A volte mangiano anche l’erba, le bacche e gli insetti e non sono molto grandi… — Stava osservando Stavia con ansia.

— Non ti preoccupare, ragazza. Allevateli e lasciate che abbiano dei cuccioli se ne hanno voglia. Li addestreremo a cacciare i topi nei granai. Non abbiamo cani a Marthatown dal tempo delle Convulsioni, ma non ci sono comandamenti che lo impediscano. Ho sentito che ce ne sono alcuni a Tabithatown, e che anche gli zingari ne allevano alcuni. Cani molto civilizzati, forse è venuto il momento che ne abbiamo anche noi. Del resto, vi darò questi tre strani esemplari da portare indietro, con le razioni per nutrirli. Carne secca, penso, e abbastanza grano per fare una specie di zuppa che possano mangiare. — Cominciò a raccontare loro di quegli strani cani mentre accendeva la lanterna e le condusse nel cortile sino al recinto in modo che potessero vedere da sé. Bowough borbottò a lungo osservando quanto erano strani.

— Penso che faresti meglio a tenerli legati o impastoiati — disse Stavia a Septemius. — Se passerete vicino alle greggi, sarà facile che cerchino di unirvisi. Li voglio ben distanti da qui prima che i loro padroni vengano a cercarli.

Septemius le lanciò un’altro sguardo preoccupato. — Ti ho parlato di quella gente che vive a sud, Stavia.

— Ricordo. Non ti preoccupare. Mi sembri Joshua.

Quando venne il mattino, la ragazza era partita. Septemius trascorse mezza giornata con un’assistente del campo che l’aiutò a costruire una gabbia per i nuovi cani e un’altra mezza giornata a fare provviste. Passarono un’altra notte al riparo dietro le mura poi ripresero la strada dalla quale erano venuti.

— Non mi piace che sia là fuori — disse per la dodicesima volta Septemius senza rivolgersi a nessuno in particolare.

— Lo so — rispose Kostia — e quando porteremo i messaggi e i cani a Morgot faremo meglio a dirle tutto.