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La ferita al capo era più grave di quello che avevano pensato. L’ufficiale medico chirurgo aveva tappato i buchi nel cranio, estratto un frammento simile a un pezzo di tazza, e rimosso la scheggia che premeva contro il suo cervello, poi aveva rimesso a posto l’osso con lo scalpo ordinatamente rasato e coperto di bende. In tutto quel periodo Stavia aveva continuato a sognare le renne.
Ci fu un lungo periodo di tempo durante il quale udì altre voci che parlavano nelle altre stanze, un tempo in cui tutto era lontano e niente era abbastanza importante da attirare la sua attenzione. Non udiva realmente le conversazioni tra Septemius Bird e Morgot quando sedevano al capezzale del suo letto a osservare la sua respirazione, respirando per lei quando dimenticava di farlo. Tuttavia la sostanza di quei discorsi penetrò dentro di lei come avevano fatto i sogni.
— Come lo hai scoperto? — chiese Morgot.
— Ah — Septemius ci pensò sopra un poco. — Direi attraverso l’occhio di un innocente, signora. Attraverso la semplice osservazione, con la quale di solito noi percepiamo il tessuto delle vostre vite, celato dagli schemi che siete abituate a mostrare agli altri. Tuttavia noi siamo abituati a comporre altri schemi con i fili che vediamo. Sciogliamo tutti i vostri fili per portare alla luce la verità. La nostra attenzione per esempio si è focalizzata sulla quantità di attenzioni mediche fornite alle donne dopo il carnevale…
— Per prevenire le malattie — disse con calma Morgot.
— Forse c’è molto di più. Dopo tutto noi itineranti abbiamo esperienza di quello che fate per prevenire le malattie. Siamo stati nella casa di quarantena e non si tratta di processi molto lunghi. No, tutte quelle cure mediche hanno a che fare con qualcos’altro. Evitare di rimanere incinta durante il carnevale, per esempio, e assicurare la gravidanza dopo di esso. Immagino che i servitori scelti per mettere al mondo dei figli forniscano il necessario… occorrente.
— Sì, lo fanno volentieri.
Stavia immaginò che le labbra dell’uomo s’incurvassero. — Non credevo lo facessero per forza. E poi, signora, io sono un mago. I maghi sanno cosa significa creare dei diversivi. Lo facciamo continuamente. Diciamo, guarda la mia mano sinistra, mentre è la destra che esegue il trucco. È facile per noi capire qual è il diversivo. Voi donne state dicendo: “Guardateci portare i figli dai loro padri guerrieri, guardate quanto piangiamo” e il trucco invece è tutto un altro.
— Di certo non potevi esserne sicuro — disse Morgot. — Non dovresti sapere nulla di tutto ciò.
— Ci sono altre prove — assentì Septemius. — Principalmente, tutti sono d’accordo sul fatto che sono sempre di più gli uomini che ritornano dalla Porta a ogni generazione. Questo induce a qualche conclusione, vero? Selezione, forse, Tonia e Kostia stanno frequentando le scuole del Paese delle Donne e portano a casa i libri di studio. È notevole vedere come molti libri delle Donne parlino della selezione. Persino Chernon aveva un libro che parlava di qualcosa di grande importanza per il Paese delle Donne. Sono sicuro che questa potrebbe essere una prova per chi sa guardare. Non è necessario aggiungere che lui non era in grado di farlo. Cercava il segreto del Paese delle Donne eppure lo aveva davanti agli occhi… poi c’è la questione dei servitori. Alcuni di loro, naturalmente, come Minsinig di Sylvia, sono dei ragazzini sciocchi che sono semplicemente contenti di vivere nel Paese delle Donne come cuochi o sarti o qualunque cosa voi desideriate. Per la maggior parte, tuttavia, i servitori assomigliano a Joshua o a Corrig, persone di grande competenza, calme, giudiziose e molto rispettate soprattutto dalle donne più intelligenti. È chiaro che il loro status e la loro abilità sono molto superiori a quanto dovrebbero.
— A causa della loro abilità.
— Lo sai di cosa sto parlando, consigliera. Non è necessario che continuiamo a mentirci. Io sono troppo vecchio. Di certo posseggono delle abilità marziali — li ho visti in azione in Terrasanta — ma c’è qualcos’altro oltre a questo. Anche le mie nipoti posseggono lo stesso dono. Ho conosciuto poche altre persone che lo posseggono. Tra la gente di spettacolo è una qualità molto preziosa, l’abilità di sentire i guai a distanza, di sapere dove si trova la gente, di sapere cosa sta per accadere. Una volta chiamavano questa abilità telepatia, chiaroveggenza. Sono parole molto antiche, di un tempo prima delle Convulsioni, sebbene io pensi che siano solo definizioni teoriche. Voi donne pianificate che un figlio la erediti?
Lei scosse il capo. — No, accade per caso, come un dono. Un numero sorprendente degli uomini che tornano la possiede, questo è tutto.
— Forse scelgono di tornare proprio a causa del fatto che si accorgono di possederla?
— Ci abbiamo pensato.
— E naturalmente avete coltivato questa qualità.
— Ci abbiamo provato — ammise lei. — Abbiamo sperato che molte donne potessero ottenerla ma in realtà coloro che possiedono questo talento sono molto poche; sembra trasmettersi soprattutto ai figli. Sono felice di sapere che le tue nipoti lo possiedono. Per un certo periodo abbiamo temuto che fosse una qualità legata al sesso. — Si alzò per guardar fuori dalla finestra poi si volse verso Stavia pallidissima e tornò a sedersi ancora una volta — Immagino che Kostia e Tonia sappiano tutto.
— Sì. Noi tre siamo in grado di mantenere qualsiasi segreto, Morgot. Non faremo nulla che possa mettere in pericolo te, Stavia o il Paese delle Donne. Credimi, noi comprendiamo tutto perfettamente… be’, molto di più di questa povera ragazza che giace a letto. Si è sforzata così duramente per tutta la sua giovane vita di essere buona, di essere femminile, discutendo dentro di sé ogni volta che non ha avuto la possibilità di comprendere l’intera situazione.
— Ha violato i comandamenti — disse Morgot con voce molto fredda.
— Non li ha compresi. Non ha capito che non si tratta di molti doveri ma di uno solo. Pensava di poterne infrangere uno senza violare gli altri. Oltre a ciò ho l’impressione che non li abbia infranti, piuttosto li ha adattati, e dovresti essere contenta che lo abbia fatto — disse. — Ha scoperto il progetto della ribellione dei guerrieri, qualcosa che altrimenti non avreste scoperto finché non fosse stato troppo tardi. — Aveva rivelato a Morgot il terribile segreto di Stavia non appena erano arrivati.
— Per quanto riguarda la ribellione, lo abbiamo saputo sin dall’inizio. Il Paese delle Donne ha trecento anni, Septemius. Quanto tempo avremmo pouto sopravvivere se non avessimo sentito parlare di ribellioni? Quante ribellioni pensi che abbiamo visto? Ogni dieci anni c’è una ribellione. Qualche fazione della guarnigione comincia a sentirsi offesa. Qualche gruppo di donne comincia a comportarsi stupidamente. Ribellioni! Cominciano come un bubbone, trasudante e putrescente, e noi lo lasciamo crescere al massimo. Poi lo incidiamo e il dolore e il pus scivolano via. Fino alla prossima volta. È vero, non sapevamo esattamente quando sarebbe avvenuta questa volta e l’informazione ci è stata preziosa. Ma i servitori lo sapevano, molto prima che tu me lo dicessi. È più difficile che ci colgano di sopresa in questi ultimi anni. Usiamo delle spie…
— Staiva non ha fatto quello che ha fatto senza un motivo valido — suggerì il vecchio.
— O per inettitudine — convenne Morgot senza entusiasmo.
— Affetto mal riposto — la corresse Septemius. — Il più grande difetto delle vostre armature femminili. La breccia più grande nelle vostre difese. La sola cosa che non potete e non osate contrastare; perché la vostra natura deve rimanere quella che è per realizzare tutto quello che avete in mente. Non osate cambiarla. E così, è dura quando la vostra natura femminile vi tradisce facendovi credere che quelli che vi maltrattano abbiano bisogno del vostro amore o che vi amino o che abbiano qualche diritto di fare quello che vi fanno.
— Una passione mal riposta — disse Morgot. — Quando ci fissiamo su cose indegne di noi — sospirò persa nei suoi ricordi.
— Forse la selezione potrebbe funzionare ugualmente bene anche nell’altro senso — sospirò Septemius. — Forse dovreste espellere alcune delle donne.
— C’è un buon numero di donne che vengono sterilizzate ogni anno. — disse Morgot. — Vengono legate loro le tube. Isterectomia. Non dovrebbe sorprenderti che facciamo di queste cose, Septemius.
— Ci sono poche cose che mi sorprendono, signora. Mi domando però a volte…
— Sì?
— Se non vi sentite mai in colpa. Voi poche che decidete tutto.
Morgot rimase per qualche attimo senza rispondere. Alla fine si agitò sulla sedia e disse: — Ti dirò come ci chiamiamo tra di noi. Questo dovrebbe rispondere alle tue domande.
— Davvero?
— Noi ci chiamiamo le Dannate; e se la Signora ha un paradiso per le persone misericordiose, noi di certo non lo vedremo.
Una mattina Stavia si svegliò e vide Morgot ancora seduta alla finestra ma con indosso vestiti differenti e con una luce che sembrava differente. Sul davanzale sfavillava un vaso blu con fiori dai colori luminosi. Stavia li guardò con l’occhio clinico del giardiniere. Lei era andata a sud in primavera quando fiorisce l’iris selvaggio. Quei fiori erano degli astri con brillanti cristantemi. Il vaso era suo, veniva dalla sua stanza. Al suo fianco c’era un piccolo cestello di salice azzurro, pieno di dolcetti.
— Ho dormito per molto tempo — disse con la bocca secca.
— Ti abbiamo somministrato delle medicine per farti riposare, ma hai ragione. È passato molto tempo, Stavvy. Corrig ti ha mandato i fiori e i dolci; ha detto di dirti che quei buffi cagnolini bianchi hanno avuto dei cuccioli.
— Davvero? — Cuccioli. Stavia non aveva mai visto dei cuccioli. Sarebbe stato interessante. — Perché è stato necessario tanto tempo?
— Sembra che la ferita al cranio abbia provocato una perdita di sangue al cervello. E poi avevi un’infezione per quelle ferite alla schiena. Ci è voluto parecchio tempo per tenerla sotto controllo. Hai preso più antibiotici di quelli che potevi sopportare, Stavia. La tua testa è guarita, comunque. Ti rimarrà una ferita di considerevoli dimensioni ma i tuoi capelli la copriranno quando saranno ricresciuti.
— Loro rasano le teste delle donne — disse Stavia con un flusso di inesorabile isteria che le cresceva in gola. — Loro… loro.
— Shh — Morgot si sedette sul letto e la prese tra le braccia come avevano fatto con fermezza e dolcezza Corrig e Joshua. — Shh, amore. Laveremo via tutto e tutto ciò non avrà più importanza. Shh, mia picola Stavvy. Va tutto bene.
Stavia si calmò un poco, ricordando quello che era avvenuto. — Laggiù tra gli abitanti di Terrasanta… era così che vivevano, prima delle Convulsioni, vero? Prima che esistesse il Paese delle Donne, era così la vita delle donne. Essere tosate come pecore, tenute insieme lo volessero o no e picchiate se non volevano…
Morgot, scossa lei stessa, la cullava momorando: — No, no. Non era così male come regola generale, non credo. Esisteva l’amore dopotutto. Parte degli uomini e delle donne si sono sempre amati l’un l’altro. Non in tutte le culture le donne venivano oppresse. Alcune rasavano loro il capo. Alcune permettevano che le donne fossero picchiate. Altre culture erano piuttosto avanzate, almeno di principio. Dobbiamo ricordarci che molte donne non si risentivano per il trattamento loro riservato perché se lo aspettavano. Naturalmente era anche peggio per certe donne o in certi luoghi. Il Concilio conserva alcuni libri chiusi in una Camera del Concilio. Ne ho letti alcuni. C’era una frase che usavano: “Violenza domestica”.
Stavia alzò le sopracciglia per interrogarla.
Morgot rispose: — Lo so. Suona strano. Come un animale selvaggio, solo parzialmente addomesticato.
— Cosa significa?
— Quando un marito picchiava la moglie, sin quasi a ucciderla, si chiamava violenza domestica — s’interruppe, respirando pesantemente. — In certe parti del mondo tagliavano la parte esterna dei genitali delle donne quando le ragazze arrivavano alla pubertà, non i seni sebbene lo avrebbero fatto se non avessero avuto bisogno di nutrire i piccoli. A confronto con i tempi antichi, ti è andata anche bene. I tuoi capelli ricresceranno. La tua schiena guarirà. — La sua voce era stridula. Stava parlando per far rumore, per distrarsi entrambe. Perché stava piangendo?
— Morgot…
— Sì, Stavvy.
— Io cercavo di essere gentile con lui. Cercavo di aiutarlo. Mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto prima. Sono stata così stupida. E per correggere il primo errore ne ho commesso un altro. Che stupida!
— Sì. Tutte noi lo siamo. Di tanto in tanto — Morgot la cullava. — Tutte noi. Saremmo sciocche a non ammetterlo. Cerchiamo di evitarlo ma continuiamo a tradirci.
— A volte lo desideravo così tanto. Così terribilmente; e altre volte lo odiavo. Lo odiavo!
— Lo so — Morgot rimase in silenzio, persa nei suo ricordi, poi scosse il capo impazientemente, irritata da quei pensieri. — Mentre dormivi continuavi a parlare delle renne. Continuamente. Non sono riuscita a immaginare cosa volevi dire.
— Era il libro di Beneda sui lapponi. Chernon glielo ha rubato. Lo aveva con sé. Il modo in cui sceglievano i maschi che potevano figliare e castravano gli altri…
— Oh. Così era quello il libro che aveva Chernon. I lapponi selezionavano i maschi che non potevano combattere. Selezionavano i maschi che non avrebbero cercato di possedere le femmine. Selezionavano i maschi che erano cooperativi e gentili. E castravano gli altri. Noi siamo più saggi. Non castriamo nessuno. Lasciamo che i nostri guerrieri credano di essere i padri dei loro figli.
— E difficile credere che per loro sia così importante.
Morgot le indirizzò uno sguardo pietoso. — Ricorda Chernon e il suo coltello, Stavia. Poi guarda il monumento sul campo della parata. E pensa agli abitanti di Terrasanta. Credimi. È sempre stato il tuo problema, piccola. Vedi. Hai le informazioni giuste. Ricevi le informazioni esatte dai tuoi insegnanti eppure non capisci. Non vuoi credere — sospirò. — No, non lasceremo sapere ai guerrieri che non ci mettono incinte. Meglio così.
— E tutti i bambini che nascono sono figli dei… dei servitori?
— Joshua è tuo padre, Stavia. Lo è anche di Habby, di Byram e di Jerby. E naturalmente, visto che c’è solo un uomo fertile ogni tre donne fertili, visto che c’è solo un uomo che ha le qualità di Joshua ogni venti, è anche padre di figli di altre donne a Marthatown e in altre città. Ho molta difficoltà a essere orgogliosa di ciò. Non sarebbe naturale.
— Myra lo sa?
— Naturalmente no. Di fatto Myra è nata prima che lo sapessi. Quella gravidanza avvenne per inseminazione artificiale, naturalmente. Più tardi entrai nel Concilio e mi fu rivelata la verità, ho avuto dei problemi per scoprire chi fosse il padre. Non era qualcuno che avessi mai incontrato o, come scoprii in seguito, nessuno che mi avesse dato piacere. Quasi nessuno dei suoi figli era ritornato. Abbiamo smesso di usarlo. — Avrebbe potuto parlare dell’allevamento delle pecore o della semina del grano. La sua voce era priva di emozioni come il vento su una cresta di roccia lontana, i suoi occhi erano fissi su un punto che Stavia non poteva vedere. — Credo comunque che fosse anche il padre di Chernon.
— Quante donne sono al corrente?
— Molto poche, in realtà. Le donne del Concilio naturalmente. Pochissime tra le altre. Lasciamo degli indizi qui e là per coloro che sono in grado di vederli. Molte delle donne non ne sanno nulla. Non possiamo correre il rischio di parlarne a coloro che hanno la lingua troppo lunga; o a quelle che bevono durante i carnevali. O a quelle che sono ancora troppo giovani e stupide. Quelle che s’innamorano dei guerrieri…
— Come potete mantenere il segreto? Come?
— Noi ufficiali medici facciamo una vita dura, Stavia. È tutto nelle nostre mani. La scelta. Chi rimane incinta, e chi non può. E poi quando. E di chi. Non ti sei accorta che quasi tutte le componenti del Concilio sono medici? La maggior parte delle donne non sa quello che facciamo veramente. Molto poche riescono a immaginarlo. Ad alcune viene detto, ma di solito non quando sono giovani come te.
— Ma tu me lo stai dicendo.
— Quando ho scoperto che eri incinta ho detto al Concilio che dovevano permettermi di informarti. Ho detto loro che mi sarei dimessa altrimenti; hanno discusso ma alla fine hanno deciso di dirti la verità e di chiedere il tuo giuramento di non parlarne, come noi tutte giuriamo. Già una volta prima di oggi hai giurato e hai mantenuto la tua promessa, così possiamo rischiare ancora.
— E se io non giurassi?
— Non lasceresti mai questa stanza, Stavia. Perché hai infranto i comandamenti e ci hai messe tutte in pericolo. — I suoi grandi occhi luminosi ora erano fissi su di lei, pieni di una tale sofferenza che Stavia non riusciva a sopportarli.
— Lasceresti che mi uccidessero, vero? — disse.
— Non lo permetterei — rispose Morgot. — Ma non ci sarebbe nulla che potrei fare per impedirlo. Potrei scegliere di stare con te ma… Oh, Stavvy ci abbiamo messo così tanto, abbiamo lavorato così tanto, sacrificato così tanto… i nostri amanti, i nostri figli…
— Hai la mia parola — disse Stavia senza pensarci, provando la necessità di parlare, non foss’altro per far cessare la sofferenza di Morgot. Più tardi tutto ciò le sarebbe sembrato strano e incredibile; ora nel suo soffice letto, sotto l’influsso delle droghe che le avevano somministrato, le sembrava giusto. Simile a un sogno, ma giusto. — Oh, mie concittadine del Paese delle Donne, lo giuro. Ma perché ti hanno permesso di informarmi?
— Sono convinte che, poiché sei stata costretta a concepire il figlio di un guerriero, dovresti avere il diritto di sapere la verità per scegliere se abortire o meno. È successo un mese fa, tuttavia, e noi abbiamo timore di farlo ora anche se tu volessi. E c’è quell’infezione… non siamo ancora sicure di averla fermata. Mi piacerebbe sapere con cosa ti hanno picchiato. Qualcosa di avvelenato di sicuro…
— Perché ha importanza sapere che è il figlio di un guerriero?
— C’è una possibilità su venti che un figlio ritorni se è stato generato da un guerriero; una su cinque se suo padre è un servitore; data l’eredità di Chernon è difficile che ritorni.
La sensazione di intorpidimento tornò e con essa comprese la verità. Sì. Lei lo sapeva. Lo aveva saputo da molto, molto tempo senza neppure rendersene conto. Nei sogni, quando aveva visto le renne, aveva trasformato la verità in un simbolo. — Noi stiamo facendo una selezione, vero? — disse. — Lo stiamo facendo da anni e alla fine tutti i nostri figli torneranno a casa, vero? Non ci saranno più adoratori del pene? Non più tamburi, fanfare e giochi. Cosa succederà allora, Morgot?
— Non avremo più guerre — disse Morgot, stringendola a sé. — Almeno in teoria. Non più guerre.
— Morgot?
— Sì, Stavvy?
— Non mi è ancora permesso di chiedere… di quel tempo?
— Non finché o a meno che non ti sia chiesto di servire nel Concilio, Stavvy. Malgrado tutto quello che hai passato, tu non sai nulla. Ricordatelo. Nulla. Non hai parlato con Chernon? Non gli hai raccontato di quella volta?
— Hai avuto la mia parola — disse lei assonnata. — Non gli ho detto nulla. Lui mi ha detto delle cose invece…
— Be’, non ti crucciare di questo. Ce ne occuperemo noi.
— Beneda vuol vederti — disse Joshua. — C’è anche Sylvia con lei.
La risposta di Stavia fu un gemito angoscioso privo di parole.
— Lo so — disse Joshua — ma credo che dovresti riceverle.
— Devo parlare con la madre di Chernon? Con sua sorella? — gemette lei cercando di protestare. — Cosa gli avete detto?
— Solo che Chernon è scappato dalla guarnigione per andare a sud a incontrarti ed è là che poi ti ha lasciato. In seguito sei stata ferita. In un incidente. Una caduta, gli abbiamo detto, lungo una scarpata rocciosa. Pensano che sia stato il servitore che era con te a salvarti. Non ho fornito ulteriori particolari.
— Vorranno parlare di Chernon. Lo sai che vorranno sapere!
— Oh, sì, Stavvy. Sì che vorranno. E tu puoi dir loro che il colpo che hai preso in testa ti ha causato una forma di amnesia. Non ricordi nulla della tua esplorazione.
— Non ricordo niente?
— No. Non ricordi, per esempio, che Chernon ha parlato di una cospirazione. Non ricordi di averne parlato con Septemius. Visto che non ricordi, nessuno si preoccuperà di quello che hai saputo…
— Ah, capisco. — Ci meditò sopra un po’ e comprese. Nessuno doveva sapere che lei era a conoscenza della cospirazione, nessuno doveva sapere che loro tutte sapevano. Non doveva trovare nessuna scusa. Avrebbe detto semplicemente che non ricordava, non ricordava. Avrebbe dovuto semplicemente mentire a Beneda, la sua amica. Mentirle.
— Va bene — disse l’attrice Stavia. — Falle entrare.
Beneda e Sylvia vennero a trovarla molte volte; parlarono, tra le altre cose, del figlio che Stavia stava aspettando. Il figlio di Chernon. Che cosa magnifica che Stavia stesse aspettando un bambino! Beneda era raggiante, gongolava, come se lei stessa avesse pianificato che ciò avvenisse, come se avesse addirittura pregato che accadesse. Stavia sorrise, quando fu in grado di farlo, continuando a ripetere che non ricordava nulla.
Naturalmente, il bimbo di Stavia avrebbe potuto essere una bambina. Una figlia che avrebbe potuto possedere alcune delle qualità che avevano anche lei e Beneda, forse. Qualcuno che sarebbe stato di compagnia; mentre riguadagnava lentamente le forze durante le successive settimane che non sembravano passare mai, Stavia si cullò con quel pensiero. Corrig era molto gentile con lei, le portava fiori e libri, frizionava le cicatrici sulla sua schiena con l’unguento medicamentoso, tentandola con cibi prelibati quando lei sembrava non aver fame. Una notte si ritrovò ad abbracciarlo, piangendo come non aveva fatto sin da quando era bambina e lui l’aveva cullata come aveva fatto Morgot.
— Shh, piccola mia — le sussurrò. — Uccellino, pesciolino mio, shh — le disse trattandola come una bimba.
— Non sono un uccellino — singhiozzzò la ragazza cercando di sentirsi indignata.
— Il mio piccolo uccellino — la cullò il servitore. — Il mio piccolo uccellino, il mio pesciolino, un esserino piccolo da amare e da cullare.
— Sono grossa come una vecchia matrona — pianse lei. — Come se avessi ingoiato un melone.
— O la luna, il sole o una balla di fieno — la cullò Corrig appoggiandosi sulla sedia a dondolo che scricchiolava andando avanti e indietro come un pendolo. — O uno di quei vecchi elefanti, o una balena. Un leviatano, ecco sei così grossa. Grande come la luna. Un mostro enorme…
Lei non riusciva a smettere di ridacchiare; le lacrime si asciugarono e una sensazione di conforto venne a sostituirle.
— Corrig?
— Mmm?
— Quando tutto ciò sarà finito, sarai ancora qui con me?
— Questa è la mia intenzione — rispose lui. — Sono molto ansioso di restare con te, Stavia. Forse è a causa di tutte le cose che Habby era solito raccontarmi di te.
— Cosa? — domandò lei incuriosita. — Cosa diceva?
— Oh — lui riprese a cullarla ridendo tra sé — una sacco di cose interessanti…
— Riesci a indovinare che sarà di noi?
— Oh, sì — disse — Ci sarà una bambina. Tua e mia. E la chiameremo Susannah.
— Poveretta. Ha cercato di aiutarmi meglio che poteva.
— Andremo a sud. Joshua, io e gli altri, e porteremo qui le ragazze.
— Bene — sospirò lei.
— E avremo un’altra figlia. Il suo nome sarà… Primavera.
— E cosa mi dici di questo bambino, Corrig?
— Questo sarà un maschietto, Stavia.
La cullò gentilmente mentre piangeva.
Fu la sera successiva che Corrig le disse — titubante come quando si offre un boccone a un animale pericoloso — che Chernon era tornato alla guarnigione.
— Dove è stato? — chiese lei con un sospiro sofferente. — Pensavo fosse morto.
— Non c’era necessità di turbarti parlandoti di lui. In realtà ha viaggiato con un gruppo di zingari, ma è rimasto in contatto con gli ufficiali della guarnigione di tanto in tanto.
— Perché è tornato?
— Tu lo sai perché.
— Perché sarebbe stato disonorato se avesse fatto diversamente? — soggiunse.
— E anche perché sa che porti in grembo suo figlio, forse.
Chiaramente non era solo per quello.
Morgot venne nella stanza di Stavia la stessa sera e le chiese di vestirsi. — Il Concilio vuol vederti — disse. — Vogliono farti alcune domande.
— Su cosa?
— Il tuo breve soggiorno in Terrasanta. Gli è stato già detto tutto. È solo che stanno per prendere una grave decisone e vogliono essere sicure dei fatti.
— È a causa di Chernon, vero? È tornato con un sacco di informazioni su come possono essere tenute schiave le donne. Come viene loro rasato il capo e possono essere picchiate. Lo sta raccontando a tutti alla guarnigione.
— È lui, sì. Ha saputo che tu non ricordi nulla, così può raccontare tutto quello che crede; declama come un pazzo ma la gente sta ad ascoltarlo. Gli è stato permesso di rientrare nella sua centuria, la venticinquesima. I servitori mi riferiscono che quello che dice viene preso per vero dalla maggior parte dei guerrieri.
— Oh, nostra Signora misericordiosa.
— A te può sembrare grave, Stavia, ma ne abbiamo viste di peggio. Ora infilati gli stivali.
L’incontro fu di breve durata, le domande vertevano soprattutto sulla Terrasanta e i costumi dei suoi abitanti. Verso la fine, le chiesero di unirsi al Concilio non tanto perché lei era diventata responsabile quanto perché era utile che lei ne fosse una componente. Era ancora troppo giovane, almeno di una decina d’anni, ma le sue spiacevoli esperienze le avevano fornito una conoscenza e una consapevolezza che potevano rivelarsi utili. Del resto la volevano sottoposta al giuramento del Concilio per tutta una serie di informazioni. Lei, troppo provata per opporsi, acconsentì.
Un uomo arrivò alla guarnigione di Marthatown e bussò alla porta di Michael a notte tarda, scivolando all’interno come un’ombra quando la soglia fu aperta. Veniva, disse, dalla guarnigione di Peggytown. La guarnigione di questa città era in agitazione. Il suo comandante voleva che Michael, Stephon e Patroclo lo incontrassero e lo aiutassero a risolvere un problema.
— Cosa diavolo succede? — domandò Stephon.
— Shh — lo zittì Michael. — Cosa vuol dire che la guarnigione è agitata?
— Alcuni degli uomini dicono che quello che stiamo preparando è disonorevole. Potrebbero mandare tutto in fumo. Il nostro comandante vuol parlarvi.
— Non abbiamo tempo di… — cominciò Stephon.
— Shh — lo zittì nuovamente Michael. — Abbiamo bisogno di stare uniti. Non vogliamo creare fratture.
— È quello che mi ha detto il mio comandante. Non crede che sia un problema veramente serio, ma vuole sapere come avete intenzione di agire. Pensa che tutto sia nelle sue mani, signore; ha detto di dirle che “Michael ha l’intera situazione in pugno. I suoi uomini, Stephon e Patroclo, sanno esattamente come parlare ai miei. Lui saprà cosa fare.”
— Dove vuole che c’incontriamo?
— Ho portato con me una mappa; se andate diritti verso sud, vi verrà incontro in questo punto qui. Al massimo sono due giorni di viaggio.
Stavia stava osservando le mappe con un’espressione di stupore: — Queste sono le mappe che hanno dato a Michael? Ma su questa carta non ci sono le Devastazioni. Voglio dire, ci sono ma nel punto sbagliato.
— Sì — disse Morgot.
— Se seguiranno il sentiero segnato qui sopra ci finiranno direttamente dentro.
— Sì — rispose Morgot. — Ci finiranno dentro se decideranno di andare.
Non arrivarono sino a quel punto. Alla fine del primo giorno di viaggio, ancora a nord della Devastazione, e molto lontano dalla strada che li avrebbe portati a Emmaburg, in un luogo poco frequentato da viaggiatori o stanziali, i tre uomini disposero un campo spartano e stabilirono i turni di guardia. Stephon fece il primo turno. Michael prese una pietra dal mulo e cominciò ad affilare la spada. Patroclo si dedicò a intagliare un pezzo di legno. Stava scolpendo un’impugnatura d’osso per la sua daga. Stephon bevve la sua ultima tazza di tè e cercò un buon posto per sedersi e montare la guardia.
— Quanto tempo credi che ci vorrà?
— Un paio di giorni. Abbiamo tempo.
— Vorrei che avessimo scoperto cosa era quell’arma di cui parlava Besset.
— Penso di essere d’accordo con Chernon. Besset era ubriaco; vedeva delle cose. Stavia non sapeva nulla di quell’arma. — Secondo Chernon, Stavia gli aveva rivelato tutto quello che sapeva e nessuna delle cose che gli aveva confidato era importante.
— Altri ne hanno sentito parlare…
— Lo so. Ma se chiedi loro se l’hanno vista, nessuno di loro può dire di averla vista realmente.
— Pensi che sia solo un mito?
— Oh, forse non completamente. Probabilmente c’è qualcosa di vero.
— Ho sentito una volta che parlavano di un’arma chiamata fucile. Poteva scagliare pugnali a lunga distanza — sbadigliò Stephon.
— Non ci servirebbe a molto. Non abbiamo bisogno di scagliare spade a lunga distanza per prender possesso della città — borbottò Patroclo.
— In ogni caso, la daga che ho in mente io colpisce a distanza molto più ravvicinata. — sogghignò Stephon. — E ho in programma di usarla molto.
— Su cosa? — disse una voce.
— Su tutte quelle su cui riuscirò a metter sopra le mani — rispose Stephon ridendo.
— Compresa la nostra Morgot, Michael, quando te ne sarai stancato.
Cadde il silenzio. Tutti e tre si resero conto immediatamente che la voce che aveva chiesto “Su cosa?” non era una delle loro. Si alzarono ponendosi schiena a schiena vicino al fuoco. Spade e daghe uscirono dai foderi con un suono metallico, le spade impugnate nella mano destra e le daghe nella sinistra.
— Chi è? — chiese Michael.
— Sono io — disse nuovamente la voce. — Non mi riconosci, Michael? — Uscì dall’oscurità tutta vestita di nero. Morgot. Aveva un cappuccio sulla testa che le nascondeva i capelli. — Dopo tutto quello che abbiamo significato l’uno per l’altra, pensavo che avresti riconosciuto la mia voce — disse con gentilezza.
— Cosa fai qui?
— Sono venuta io a chiederti cosa stai facendo qui, Comandante della guarnigione. — C’era un masso vicino al fuoco e lei andò a sedervisi, incrociando le gambe, protendendosi leggermente in avanti, come aveva fatto di tanto in tanto nelle taverne quando ascoltava le canzoni e le storie di battaglia. — Dimmi.
— Affari della guarnigione — sbottò lui. — Non sono affari da donne.
Stephon e Patrolco si resero conto della loro posizione marziale, di come tenevano le armi in pugno. Quasi con vergogna riposero le armi e si scostarono un poco. Qualunque cosa stesse accadendo riguardava la donna e Michael.
— Oh, Michael — disse lei. — Il disonore è sempre nostra preoccupazione.
— Disonore — soggiunse lui. — Cosa mai ne sapete voi? Cosa può saperne una donna?
— Molto. Avete giurato di proteggerci, Michael. Perché cospirate contro di noi?
Quella sfida lo colse di sorpresa. Ci volle un attimo perché riuscisse a trovare lo sdegno necessario. — Di quali stupidaggini stai parlando, donna?
— Lascia che ti racconti una storia, Michael.
— Non abbiamo tempo di starcene qui a sentire le tue storie — disse Stephon, con acredine. — Tornatene a Marthatown, Morgot. Non hai nulla da fare qui.
— Oh, lo avete il tempo di ascoltare questa storia — disse lei con gentilezza. — Siediti o rimani in piedi, fa’ come vuoi, ma io ve la racconterò.
— Lasciala parlare — disse Michael, riguadagnando il suo contegno. Con la sua voce sonnacchiosa quasi svogliata aggiunse: — Be’, racconta pure, Morgot.
— Trecento anni fa quasi tutti gli abitanti del mondo morirono a causa di una devastazione provocata dagli uomini. Erano gli uomini che costruivano le armi ed erano gli uomini che ricoprivano le posizioni diplomatiche, gli uomini che parlavano di orgoglio razziale e difesa; e, alla fine, furono gli uomini che fecero quello che ritenevano il loro dovere, spinsero i bottoni e tirarono i fili che provocarono le orribili cose che accaddero. E noi morimmo, Michael. Quasi tutti. Donne, bambini.
“Solo pochi rimasero. Alcune erano donne e tra loro ce n’era una che si chiamava Martha Evasdaughter. Martha spiegò che la devastazione era stata causata dalla volontà, dalla brama si sarebbe potuto dire, degli uomini di combattere e decise che questa brama di distruzione doveva essere bandita dall’umanità anche se ci fossero voluti centinaia di anni. Lei e altre donne si riunirono e fondarono una città con una guarnigione accampata all’esterno. C’erano pochi uomini con loro, tutti dovevano fare la loro parte, così alcune delle donne indossarono abiti maschili e occuparono la guarnigione fuori dalla città, Michael. E quando i bambini avevano cinque anni, venivano affidati alla guarnigione.
— Donne guerriere — esclamò Patrolco — ti aspetti che ti crediamo?
— A voi scegliere. Quando fu trascorso un numero sufficiente di anni, non fu più necessario che le donne ricoprissero quel ruolo e la guarnigione fu affidata agli uomini, che divennero guerrieri, salvo quei pochi che sceglievano di tornare nella città e di vivere con le donne. Alcuni degli uomini hanno sempre preferito vivere così.
— Codardi — sbottò Stephon. — Lo sappiamo tutti.
— Non sapete. No. Non veramente. Nei primi cento anni la guarnigione provò due volte a prender possesso della città; ma le donne non avevano dimenticato gli anni in cui erano state guerriere, Stephon, Michael. Li combatterono, oltretutto erano in numero molto superiore agli uomini. Fa parte dei nostri compiti governativi fare in modo di essere sempre in numero superiore agli uomini.
Michael non disse nulla. Stava cominciando a provare un orribile sospetto, un’idea che lo terrorizzava. I suoi occhi scrutarono nelle tenebre alle spalle di Morgot. C’era qualcosa che si muoveva?
— Nei successivi duecento anni la guarnigione, o meglio le guarnigioni, hanno cercato più volte di prendere il controllo delle città. Nessuna delle ribellioni ha mai avuto successo, Michael. Che razza di stupide saremmo se non fossimo preparate a fronteggiare simili eventualità? Non saremmo certo in grado di governare il Paese delle Donne?
— Chi c’è con te, Morgot?
— Noi — disse una voce dall’oscurità del bosco. — Gli umili, i codardi, quelli che ti hanno lasciato.
— Mostratevi — urlò Stephon. — Solo i vigliacchi si nascondono nel buio.
— I codardi fanno molte cose — disse una voce — i codardi uccidono i loro comandanti e fingono che sia stato un attacco dei banditi. I codardi complottano in segreto, i codardi programmano le insurrezioni, i codardi pianificano di violentare le donne. — Una delle ombre sotto gli alberi si fece avanti. Era un uomo, o almeno aveva la struttura fisica e l’altezza di un uomo. Era vestito come Morgot, tutto in nero con un cappuccio che lasciava vedere solo gli occhi.
Dietro di lui nell’ombra c’erano altre ombre. Michael ne contò sei o otto. — Immagino che non sia da codardi attaccarci in forze superiori.
— Non vedo forze superiori — disse Morgot. — Voi siete tre, Lui è solo. E io sono sola.
— Mi viene chiesto di spiegarvi — disse l’ombra, ponendosi davanti a loro — quale sia il nostro codice di comportamento. Non attacchiamo mai semplicemente per ferire o neutralizzare. Se si è costretti a combattere non c’è ragione di lasciare in vita un avversario. Non uccidiamo mai se non per autodifesa.
— Autodifesa! — ribatté Patrocolo. — Voi tendete tranelli nel buio della notte.
— Autodifesa — ripeté l’ombra — la difesa di noi stessi e delle nostre città, la difesa di Marthatown, la difesa del Paese delle Donne.
Patroclo non perse altro tempo. Aveva aspettato un’opportunità, un attimo di disattenzione e credette che fosse giunto il momento. Si protese verso la figura che gli stava di fronte ma, improvvisamente, essa non c’era più. Si volse ritrovandoselo di fronte con qualcosa tra le mani, un bastone corto. Il bastone si mosse e divenne una ruota argentata. Patroclo abbassò gli occhi sul punto dove c’era stata la sua spada.
— Mai per ferire — disse l’ombra. La ruota argentata si diresse verso il collo di Patroclo squarciandolo.
Michael emise un gemito mentre veniva colpito da un calcio allo stomaco; l’uomo in nero scomparve nelle tenebre. Michael e Stephon trattenevano il fiato.
Morgot riprese a parlare: — Vi state chiedendo cosa avete visto? Noi lo chiamiamo uno dei nostri misteri, Michael. Una cosa che le donne guerriere e i servitori imparano a praticare assieme. Martha Evasdaughter conosceva questi misteri e li insegnò alle sue figlie. Avete chiesto alle nostre figlie di questi misteri. Questo e altri misteri hanno il loro codice d’onore; mai usarli per qualcosa di futile; mai usarli per motivi dappoco. Solo per autodifesa e sempre per difendere il Paese delle Donne da coloro che non sono e non saranno mai parte di esso…
Si alzò mettendosi di fronte a lui. — Stephon, tu pensi che io sia pazza. Lo vedo. Raccogli lo scudo, Stephon. Prendi lo scudo e vieni a batterti con me. Vediamo se riesci a usare la tua daga su di me. Vediamo se riesci a prendermi e a penetrarmi con la tua piccola daga come avresti voluto fare con le donne indifese di Marthatown.
Stephon le rivolse uno sguardo diretto. Era magra, piccola, più bassa di lui, chiaramente non aveva la forza nelle braccia di cui lui disponeva. Non si curò di prendere lo scudo. Non era più sorpreso né spaventato. Avrebbe contrastato la sua arma catturandola con la lama della sua spada. Aveva il pieno controllo di sé. Si rannicchiò per offrire meno bersaglio e si protese verso di lei, ripetendo l’errore che già Patroclo aveva commesso.
Qualcosa lampeggiò tra di loro e affondò nel suo viso; l’uomo urlò lasciando cadere le sue armi, con le mani che salirono per respingere il sangue negli occhi. Attraverso lo scuro sipario di sangue poté vedere l’argento scintillare quando la ruota sciabolò. Cadde. Aveva perso una gamba.
— Mai per ferire — disse Morgot con tristezza — sempre per uccidere. Cerchiamo di essere misericordiose. — L’uomo non sentì neppure il colpo di grazia.
Michael aveva osservato la scena quasi senza credere ai suoi occhi. La cosa che aveva colpito Stephon al viso era una specie di pugnale lanciato dalla mano. La ruota argentata che aveva ucciso Patroclo era una lama ricurva alla sommità di una catena, manovrata da una manopola. Una lama pesante nel mezzo e affilata all’estremità. Una lama che volteggiava di piatto con la estremità tagliente verso l’esterno. Una lama che poteva essere contrastata solo da uno scudo…
— Ti chiedevi quale fosse la nostra arma — disse Morgot, facendosi avanti vicino al fuoco. — Te lo chiedevi, Michael. Hai mandato Barten per sedurre una delle mie figlie e Chernon dall’altra, per scoprirlo. Barten ha rovinato una delle mie figlie e Chernon ha quasi ucciso l’altra.
— Morgot…
— Sì, Morgot.
Nell’oscurità le altre ombre si muovevano. Michael lasciò cadere le sue armi. — Non combatterò contro una donna — si inumidì le labbra secche. — Non combatterò la madre dei miei figli.
— Michael, assassino di Sandom, cospiratore con ladri e assassini, avido, ambizioso, distruttore, sono stati uomini come te che hanno portato la rovina su di noi. Pensi che ti avrei voluto come padre dei miei figli? Non sei il padre di nessuno di loro.
Lui ebbe appena l’opportunità di capire ciò che gli aveva detto, non ebbe quasi tempo di provare rabbia per quelle parole che lo avevano riempito d’odio quando un’alta figura comparve al fianco di Morgot. Anche questa si tolse il cappuccio. Michael non riconobbe il viso, ma comprese che era un servitore, perché aveva i capelli raccolti in una treccia. — Non avremmo mai chiesto al potente Michael di combattere contro una donna — disse il servitore. — Ma forse vorresti batterti contro il padre dei suoi figli…
Furono le ultime parole che Michael poté udire. Si mosse come avevano pensato che avrebbe fatto. Per un momento o due pensò di poter vincere ma la figura scura non si trovava più dove lui pensava che fosse. La lama gli tagliò la gola da una direzione così imprevedibile che lui non la vide neppure.
Cadde il silenzio.
Da qualche parte tra gli alberi un uccello lanciò un suono sonnacchioso. Molto lontano, nella pianura, un coyote ululò e a quel grido fece eco la rispota di altri. Vicino al fuoco diverse figure incappucciate di nero stavano osservando il massacro dei tre.
— Ora — disse Morgot a bassa voce — lasciate Patroclo qui. I coyote e le iene si occuperanno di lui. Gli altri hanno ancora la testa. Due saranno sufficienti per la guarnigione.
— Mi sarebbe piaciuto che tu lo lasciassi a me — disse Corrig.
— Dovevo farlo io — disse Joshua mentre gli altri uscivano lentamente dagli alberi per prendere i due cadaveri e caricarli sui muli per portarli via. — Nel Paese delle Donne impariamo a non nutrire gelosie, Corrig. Ci insegnano a essere calmi, a godere di ciascun giorno, a guardarci dalla possessività. Eppure, nonostante questo…
— Nonostante questo dovevi ucciderlo.
— Sì — disse Joshua con un’espressione piena di vergona. — Sì.
Trascorse il resto della notte, poi un altro giorno e un’altra notte ancora.
Quasi fosse stato il caso a volerlo, fu Chernon il primo a scendete nel campo della parata, alle prime luci dell’alba, il giorno dopo. Non riusciva a dormire bene da quando aveva fatto ritorno alla guarnigione. Tutto il giorno, ogni giorno, gli uomini lo interrogavano sugli abitanti di Terrasanta e su come vivevano. Chernon aveva visto Risoluzione Brome con una mezza dozzina di mogli, non aveva fatto caso a quanti fossero gli uomini che non ne avevano. Non aveva visto molto di come vivevano le donne, e comunque non era sua intenzione raccontare l’intera verità. Quello che aveva visto era stato sufficiente. Era una prova, un prova sufficiente a dimostrare che gli uomini potevano fare come volevano, che potevano avere i loro comandamenti, governare la società, piegare le donne alla loro volontà. Questo aveva detto, più e più volte, parlando soprattutto di quegli uomini che avevano a disposizione molte donne, pronte a esaudire i loro desideri, a procurare loro piacere.
Avrebbe dovuto sentirsi sollevato ma non riusciva a dormire bene dopo aver finito di parlare. Quando si assopiva vedeva il viso di Stavia, come era stato quando l’aveva vista per la prima volta, com’era stato quando erano stati assieme, quando le aveva tolto quella cosa, qualunque cosa fosse, come era stato quando l’aveva vista l’ultima volta, pallida come un panno di lino, esangue, gli occhi infossati. Quattro volti. Eccitazione. Gioia. Orrore. Morte. Quegli occhi sembravano seguirlo dovunque andasse, qualunque cosa facesse. Interesse. Piacere. Rabbia. Morte.
Era un ragazzo intelligente, come avevano notato Kostia e Tonia. Non era da lui farsi trascinare da simili interferenze. Quello che aveva visto era realmente ciò che desiderava? In tutti i suoi sogni di viaggio, nei sogni eroici di ricerca, non aveva mai visto volti con l’espressione degli ultimi due che continuava a vedere, e tuttavia Odisseo doveva averne visti molti di volti prima di terminare la sua ricerca. Aveva ucciso e distrutto in ogni luogo dove era approdato. Nelle saghe sembrava bello. Le saghe non parlavano delle facce delle donne. Perché non lo facevano mai? Odisseo diceva: “Il vento mi portò a Ismarus che era la città dei ciconi. Saccheggiai la rocca e piegai la gente con la mia spada; prendemmo le loro donne…”.
“Piegare la gente con la spada.” Significava che avevano ucciso gli uomini, e probabilmente anche i bambini. E poi avevano preso le donne, ma Odisseo non diceva nulla dei loro volti. Nulla.
Perché? Perché Odisseo non raccontava come si erano sentite le donne? Come lo avevano guardato? Perché nessuna delle saghe ne parlava?
Quelle domande lo tormentavano, tenendolo sveglio la notte; svegliandolo la mattina presto e costringendolo a uscire sul campo della parata e a stancarsi in modo da cacciare quelle facce dalla mente.
E mentre correva verso il monumento della vittoria, vide un altro volto, un volto insanguinato, rivolto verso di lui e credette di aver sognato. Era il viso di Michael. Il corpo di Michael, il corpo di Stephon, appesi per i piedi al monumento della vittoria, morti.
Lanciò un urlo che uscì stridulo dalle sue labbra, un poco per lo shock, un poco per il conato di vomito provocato dal panico. Il suo grido attirò gli uomini di guardia, e in pochi minuti ogni uomo della guarnigione seppe cosa era stato trovato.
Chernon se ne stava nel dormitorio, rannicchiato tra le coperte, morto di paura. Aveva a che fare con Stavia. Ne era certo. E se aveva qualcosa a che fare con Stavia, lui sarebbe stato il prossimo.
A mezzogiorno le Guide del Concilio chiesero udienza al centurione Hammis che era l’ufficiale più anziano e lo informarono di aver scoperto chi aveva compiuto quell’atrocità. Erano state delle spie di Tabhitatown che avevano ucciso i comandanti per rendere debole e indifesa Marthatown in caso di attacco, per distruggerne il morale.
La guarnigione fu percorsa da un ansito di rabbia e si preparò alla guerra.
Fu Beneda a portare le notizie a Stavia.
I capelli di Stavia erano ricresciuti e formavano una sorta di corona che riusciva a nascondere le cicatrici nei punti in cui Cappy l’aveva colpita con la pala e dove i dottori avevano ricucito il cranio. I segni delle frustate sulla sua schiena andavano impallidendo lasciando solo delle tenui striature che indicavano dove era stata colpita. Aveva potuto lasciare l’ospedale ed era tornata nella sua vecchia camera nella casa di Morgot.
Beneda entrava e usciva dalla sua camera quasi tutti i giorni, portandole sempre fiori freschi e dolci appena sfornati. A volte veniva anche Sylvia. Non importava quanto Sylvia cercasse di trovare nuovi argomenti di conversazione, finivano sempre a parlare di Chernon. Quel giorno volevano parlare di Chernon e della guerra.
— Gli hai parlato da quando è tornato? — chiese Stavia domandandosi se lui avesse detto a Beneda almeno parte della verità.
— Una volta — ammise Beneda — dal muro. Gli ho detto quanto gravemente eri stata ferita e lui ha assunto quella sua strana espressione. So che si rimprovera per non essere rimasto con te e averti protetto, Stavvy.
— Dubito che avrebbe pouto fare qualsiasi cosa — disse Stavia con le labbra secche.
— La mamma ha sofferto molto per tutto quello che è successo — disse Beneda. — Voglio dire, lei lo ha scacciato per un certo periodo, poi lui è tornato. Poi ha scelto di rimanere nella guarnigione. Ha cominciato a corteggiarti ed è scomparso, pensavamo che fosse morto ma è tornato. E ora è andato in battaglia…
— Deve essere stato molto duro per lei — disse Morgot che era entrata nella stanza durante quella confessione. Posò la mano sulla spalla di Stavia, confortante, consolatoria. — Dille che ha la mia più profonda comprensione, Beneda.
La ragazza assentì. — Oh, lo farò. — Poi si protese verso Savia stringendola guancia a guancia e mormorò: — Non è solo la mamma. Anch’io. Continuo a preoccuparmi per lui… non so cosa farei senza di te, Stavvy. Sei la mia migliore amica. Dopo la mamma e Chernon, sei la persona che amo di più…
Quando se ne fu andata, Stavia mantenne lo sguardo nel punto dove era stata seduta, con le labbra tremanti e le lacrime che le ricadevano sul viso.
— Stavvy? — Morgot posò le mani sulle spalle di Stavia scuotendola.
— Lasciami sola! — si alzò volgendosi, alzando le mani alle spalle come se volesse allontanare quelle della madre. — Non capisci che inferno sto passando? Non posso dire nulla di quello che provo. Neanche a Beneda. Non posso raccontare nulla. Continuo a sentirla parlare di Chernon che ritornerà dalla battaglia e io… mi sento una sporca ipocrita. Una traditrice. Mi odio.
— Anche Sylvia è mia amica, Stavia. Spesso mi sento indegna della sua amicizia. Ma che altro posso fare? Avere amiche solo tra le componenti del Concilio? Allora la gente penserebbe che siamo un clan chiuso, ma se le componenti del Concilio sembrassero un clan privo di amicizie al di fuori della loro cerchia ciò porterebbe a una perdita di fiducia.
— È come se fossimo due razze — disse Stavia — una che pensa e una che agisce. Che recita una parte in una commedia.
— Sì — disse la madre con un cenno di assenso. — È esattamente così.
La guarnigione di Martatown partì due giorni dopo, mille e duecento uomini, contando anche i vivandieri e i cuochi che non combattevano. Persino la ventiquattresima centuria fu richiamata perché i ragazzi servissero come portaordini e si prestassero ad altri ruoli non combattenti. Tutta la notte le componenti del Concilio avevano montato la guardia presso La Porta del Paese delle Donne, pregando per coloro che potevano ancora tornare attraverso quella Porta, sperando che qualcuno sarebbe ritornato. Nessuno tornò.
Morgot e Stavia stavano tra le altre consigliere, vestite con abiti blu, raccolte all’estremità più orientale del muro sopra l’armeria, per osservare la partenza. Era la prima volta che Stavia indossava quegli abiti. Si sentiva sicura indossandoli, e tuttavia avvertiva una sostanziale inevitabilità nel loro peso. Ricordò, tornando indietro con la mente, di avere pensato a se stessa come a una copia in piccolo di Morgot. Ora la copia era sempre più simile all’originale.
All’estremità delle mura, Sylvia e Beneda piangevano salutando con la mano.
Nel campo della parata, molti dei giovani sfoggiavano oggetti, stendardi e insegne lucenti in cima alle lance. Chernon indossava una camicia verde e blu che Beneda gli aveva intessuto. Tuttavia non guardava verso sua sorella. I suoi occhi cercavano tra le donne, passando più volte dall’una all’altra. Quando alla fine trovò Stavia tra le componenti del Concilio sbarrò gli occhi e le narici. Non aveva pensato di trovarla là.
— Salutalo — le disse Morgot. — Sylvia e Beneda vi stanno guardando; salutalo con un sorriso.
Stavia salutò e sorrise guardando un punto sopra la sua testa. Vedeva altri volti conosciuti, un uomo divertente con cui aveva trascorso del tempo per due giorni durante un carnevale poco dopo essere tornata dall’Istituto, un altro che cantava saghe in una taverna mentre le cameriere, tra cui c’era stata anche lei, riempivano le coppe sui tavoli. Aveva goduto della compagnia di entrambi; li salutò e sorrise anche a loro. Morgot non stava guardando gli uomini ma le donne, scrutando i volti allineati sulle mura, fermandosi a esaminare questa o quella mentre salutavano. Madri di uomini nella guarnigione. Sorelle. Amanti.
Le fanfare suonarono. I tamburi riecheggiarono. Le centurie numerate, con i vuoti lasciati dai caduti o dagli uomini che erano tornati dalla porta, si unirono le une alle altre finché non furono formate dodici centurie intere pronte a marciare, con gli ufficiali in testa, una lunga colonna con gli stendardi svolazzanti e i nastri d’onore che sventolavano al vento, tutti i riconoscimenti che la guarnigione aveva raccolto in tutti quegli anni.
Dietro di loro, nella piazza, il coro delle donne cominciò a cantare “Va’, va’, guerriero.” Silenziosamente le parole, pronunciate dalle consigliere, passarono nella mente di Stavia.
Sylvia e Beneda stavano ancora là sul muro, con le braccia che si agitavano senza fine. Lungo la strada, quasi avesse avuto un ripensamento, Chernon si volse, cercò madre e sorella e le salutò con la mano. Beneda raddoppiò i suoi sforzi, le sue braccia formavano un arco sopra di lei.
Sulla collina a ovest, Stavia poteva vedere diverse figure a cavallo di muli; ce n’erano parecchie lungo la fila. Esploratori, servitori. Nessuno dei guerrieri lasciò la fila in marcia per raggiungere le file dei senzalegge.
Le donne cominciarono ad abbandonare le mura. Stavia e Morgot rimasero finché fu loro possibile, ma Sylvia e Beneda le aspettavano nella piazza con le lacrime agli occhi. Sylvia si gettò tra le braccia di Morgot.
— Non posso sopportarlo — si lamentò. — Ho sofferto per lui così tante volte…
— Shh — disse Morgot con il viso pallido come il vento d’inverno. — Su, su.
— Andrà tutto bene — disse coraggiosamente Beneda. — Mamma, andiamo. Altre volte pensavamo di aver perso Chernon, ricordi? Ed è sempre tornato sano e salvo. Andiamo, mamma. Morgot e Stavia hanno delle cose da fare. Andiamo — abbracciò Stavia, bagnandole il volto con le lacrime e provocandole un doloroso groppo alla gola.
Si volsero e risalirono per la collina, due donne che si sorreggevano a vicenda, tra centinaia di altre.
Morgot si asciugò le lacrime e le osservò; era come se avesse cancellato ogni espressione dal suo volto, lasciandolo privo di qualsiasi emozione. Come il volto di Ecuba nella commedia. Lei e Stavia si avviarono su per la collina, lentamente, lasciando che le donne afflitte le precedessero.
— Esattamente qual è stato l’accordo con il Concilio di Tabithatown? — chiese Stavia — non me lo hai detto.
La voce di Morgot era priva di espressione come il suo volto. — Abbiamo controllato i messaggeri inviati da Michael e da Stephon per qualche tempo, sin da quando i servitori ci hanno avvisato che stavano pianificando una ribellione. Michael era in contatto con altre tre guarnigioni. Abbiamo identificato gli agitatori in ogni guarnigione e i membri della società dei servitori si sono occupati di ognuno di loro.
— E poi?
— Sfortunatamente i progetti di Michael avevano ben attecchito nella guarnigione di Marthatown negli ultimi mesi. E, naturalmente, la propaganda fatta da Chernon aveva infiammato i guerrieri come un incendio. — La sua mano salì agli occhi, premendovi come se avesse potuto tenervi prigioniera qualche emozione pericolosa che minacciava di sfuggirle. Percorsero diversi passi in silenzio prima che lei terminasse il discorso.
— Sì? — disse Stavia.
— Quando la nostra guarnigione raggiungerà il luogo della battaglia scoprià che le truppe di Tabithatown si sono unite alle altre guarnigioni; ci siamo incontrate con le rappresentanti dei loro Concilii. Le loro guarnigioni riunite supereranno la nostra di quattro a uno.
— Ah!
— Anche se i raccolti non sono mai stati migliori, i Concilii sono d’accordo che tutte le cinque guarnigioni che ci circondano devono essere ridotte di numero.
— E poi?
— E abbiamo convenuto che nessuno degli uomini di Marthatown deve tornare.