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Che Myra abbandonasse la casa di Morgot era stato inevitabile dal momento in cui aveva incontrato Barten. Non che questi l’avesse costretta o che Myra stessa l’avesse previsto o che Morgot avesse saputo che sarebbe successo. Nessuno lo sapeva, ma era stato comunque inevitabile.
Il giorno in cui era iniziata la rottura tra Myra e Morgot, Stavia aveva appena compiuto undici anni. Lei e Myra si trovavano nella sua camera, recitando le prime battute della commedia, entrambe più che annoiate.
— Sai, Stavia — disse Myra con il tono drammatico che usava quando assumeva il ruolo della sorella maggiore — hai recitato bene la maggior parte delle battute, ma sembri scordarti che questa è una commedia.
— Non me lo dimentico — obiettò Stavia, rotolando sul suo letto con il viso rivolto al soffitto. L’inverno precedente la pioggia era filtrata attraverso le tegole del soffitto lasciando un lunga striscia di umidità che a volte sembrava un uomo con una lunga barba e altre ricordava qualcos’altro di indefinito. — Mi sento a mio agio sin quando non arrivano al punto in cui si parla di buttare il bambino giù dalle mura, allora mi viene in mente Jerby e non la trovo più tanto divertente.
— Ma l’hai vista ogni anno, per carità del cielo! Ci andiamo sempre tutte prima del carnevale estivo. Usano quel pazzesco manichino con la faccia da clown per simulare il bambino. Non sembra neanche un bambino vero. Nessuno ha la pretesa che lo sembri. E la vecchia non è realmente vecchia. Le vergini non sono vergini. Dovrebbe essere una satira, non lo sai? — Si rabbuiò cercando di ricordare qualcosa che le aveva detto la sua insegnante. — Una satira di alcune particolari abitudini della società prima delle Convulsioni.
— Lo so — Stavia sapeva che si trattava di una satira, ma sapere ed essere convinta erano due cose differenti. Lei interpretava la commedia in maniera diversa.
Myra proseguì: — Ecuba e Andromaca sono tutte agghindate come una coppia di zingare del fiume, con le gote e le labbra dipinte di rosso come Taltibio. Lui dice che anche Andromaca è ancora giovane e la tocca con una mano, sai? E poi arriva Achille dalle scale con l’uccello di fuori tutto eccitato alla ricerca di Polissena…
— Lo so, Myra. Solo che continuo a pensare a Jerby, questo è tutto.
— Andrà tutto bene per lui — disse Myra, sebbene dal suono della sua voce si capisse che non ne era perfettamente convinta. Non amava parlare a lungo del fratello. Il fatto che fosse alla guarnigione la confondeva. Voleva che tornasse indietro anche se gli uomini che ritornavano erano considerati dei codardi e dei mammoni, secondo le parole di Barten, il giovane guerriero con il quale passava tanto tempo a parlare in cima alle mura. Tutti i guerrieri dicevano la stessa cosa. Fino a poco tempo prima non aveva mai considerato Joshua un codardo o un mammone e non era certa dell’effetto che aveva la castrazione su un uomo, ma immaginava che fosse così se Barten lo diceva. — Jerby tornerà presto in visita.
— Mancano due mesi prima del carnevale estivo.
— Lo so — Myra si alzò dal pavimento dove si era seduta per ripassare la parte con Stavia. — Oh, lo so. — Si guardò allo specchio; girando il capo da una parte all’altra, assumendo la posa da ballerina con le braccia tese sopra la testa.
— Avrai un appuntamento d’amore, vero?
— Forse — scosse i capelli rossi — uno dei guerrieri mi sta facendo la corte.
— È carino?
— Mmm — Myra ruotò gli occhi e fece un gesto civettuolo — ha le spalle larghe, un bel culo, occhi di un blu intenso, capelli e sopracciglia nere, le labbra formano una curva nel mezzo…
— Come si chiama?
— Barten. È nella centuria di Michael. Tally mi odia, sai? Sta per lasciarla. Le faceva la corte prima di incontrarmi — si vantò gettando indietro il capo, assumendo per un attimo quell’aria bellissima e misteriosa che a volte aveva anche Morgot.
— Quanti anni ha?
— Ha compiuto i ventidue, credo. In ogni caso non ha ancora venticinque anni. Non ha ancora nessuna cicatrice.
— Perché non li lasciano combattere sino a venticinque anni?
— Lo sai; te lo hanno detto nelle lezioni di comportamento femminile.
— Lo so quello che mi hanno detto. Sono più forti, virili e sani tra i diciotto e i venticinque e se devono mettere al mondo dei figli quella è l’età giusta. Così, non vogliono rischiare le loro vite in battaglia sino a quell’età; ma qual è la vera ragione?
— E quale altra potrebbe essere?
— Pensavo che fosse per lasciare loro ancora qualche anno per decidere se tornare indietro oppure no.
— Non sono molti quelli che tornano dopo i venti anni — disse Myra per porre termine al discorso mentre la sua espressione luminosa si corrucciava. — È difficile che accada.
— Scommetterei che stai sperando…
— Non sto sperando nulla — rispose con astio Myra. — Non essere sciocca. Barten è fiero di essere un guerriero; non farebbe mai una cosa del genere. Morgot dice che è meglio che non ne parlino neppure o finiscono per essere solo dei miserabili. “Un guerriero che torna a casa contro la sua volontà rimane un guerriero nel suo cuore”. Vuoi continuare a recitare le tue battute?
— No, sono solo al secondo livello. Non voglio recitare una parte fino all’anno prossimo o a quello successivo. — Stavia si sentì un poco turbata all’idea, soprattutto perché la donna che ricopriva il ruolo principale non era molto brava. — Michy farà la parte di Ifigenia quest’anno.
— Michy — esclamò l’altra incredula. — Vuoi dire che quella grassona farà lo spettro?
— Be’, immagino che Ifigenia potrebbe essere stata grassa. Chi lo sa? Forse era per questo che la volevano sacrificare. Immagino che, se si deve sacrificare un’oca o una pecora, se ne scelga una grassa.
— Uno spettro grasso?
— E chi sarebbe questo spettro grasso? — chiese Joshua dalla porta.
Accorgendosi della piega contrariata che avevano assunto le labbra di Myra, Stavia si affrettò a spiegare. Myra continuava a comportarsi in maniera spiacevole con Joshua, evitando di rispondere direttamente alle sue domande, facendo finta di non vederlo. Se quello era l’effetto che Barten aveva su di lei, Stavia non aveva intenzione di incontrarlo, occhi blu o meno. Non che avesse la probabilità di incontrarlo. Durante il carnevale i guerrieri stavano vicini alla piazza dove si trovavano le case d’appuntamento, le taverne del carnevale e i divertimenti: non era permesso loro di recarsi nelle zone residenziali della città, e Stavia era troppo piccola per poter andare nelle taverne.
— Michy probabilmente vestirà un abito largo e nessuno potrà distinguere la sua figura — commentò Joshua. — Myra, Morgot vuol vederti, per favore, e al più presto. E, Stavia, ho incontrato la tua insegnante di fisiologia all’ospedale. Ha mandato un messaggio in cui chiede di vedere te e Morgot per parlare della possibilità di andare all’istituto medico di Abbyville.
— L’istituto?
— Ad Abbyville. Oh, non si aspetta che tu voglia andarci ancora per qualche anno. È un corso di nove anni, se lo vuoi frequentare per intero, e non ci sono molte occasioni per tornare a casa. Vuol solo sapere cosa ne pensi e naturalmente cosa ne pensa Morgot…
— Perché avrebbe dovuto dirti una cosa del genere? — chiese Myra con una voce pericolosamente spiacevole. — Sono affari tuoi?
Joshua la guardò riservandole una lunga occhiata silenziosa, come faceva delle volte con le erbacce del giardino prima di decidere se tagliarle o meno. — Forse pensa che la mia opinione sulle capacità di Stavia conti qualcosa, Myra. Di tanto in tanto mi chiedono di esprimere il mio pensiero riguardo a voi due.
Si volse e se ne andò.
Myra trasse un rapido sospiro come se avesse appena ricevuto uno schiaffo.
— Be’, sei stata tu a cominciare — borbottò Stavia.
— Sta’ zitta.
— Sicuro; ma se bastano poche occhiate sdolcinate in cima al muro a rendere una persona sgarbata quanto lo sei diventata tu, non ho nessuna intenzione di andarci di nuovo.
— Non sono affari tuoi.
— Non parlavamo di te. Parlavamo di me! E visto che volevo parlare con Joshua sono affari miei. Chi diavolo ti credi di essere tutt’a un tratto?
— Invece riguardava me. Joshua ha detto di aver espresso delle opinioni su di me; e se vuoi sapere chi credo di essere, allora ti dico che sono una persona stufa che un… un servo venga a mettere il naso nei mei affari.
— Oh, certo, preferiresti che fosse un certo guerriero a mettere il suo naso da qualche altra tua parte, vero?
— Stavia! — la voce di Morgot la colpì come una frustata. — Myra, volete venire da me per favore?
Stavia sembrò ritrarsi in se stessa, sperando di diventare invisibile. Litigare con Myra era una di quelle cose che si era riproposta di non fare. La sorella si allontanò velocemente dalla stanza e Stavia udì la sua voce dall’altra parte della porta chiusa. — Non sono affari suoi… Non so perché tu… Barten dice… — poi udì l’esplosione della voce della madre.
— Non dirmi mai “Barten dice”. Mai. Questo è il Paese delle Donne e se non riesci a mantenere un comportamento conveniente puoi anche andartene.
Silenzio. Oh, Grande Madre!
Pianti.
La porta si aprì. — Stavia!
— Sì, mamma.
— Myra perderebbe meno frequentemente la calma se tu non litigassi continuamente con lei. Dovresti capire in che stato mentale si trova.
— Sì, mamma.
— Dovresti sapere di cosa si tratta.
— Sì, mamma.
— Sai come la chiamano?
— Infatuazione.
— Sai cosa succede?
— L’infatuazione rende donne in altri casi ragionevoli irragionevoli e illogiche. È il risultato di uno scontro delle forze biologiche che assicurano la sopravvivenza della razza.
— E poi?
— E poi “l’infatuazione deve essere considerata con compassione. Sebbene sia rara, è uno stato che pone delle autolimitazioni”.
— Stavvy…
— Mamma?
— Ti ha fatto arrabbiare, vero?
— È stata… così cattiva con Joshua.
— Lo so. Ricordalo. In ogni caso, se mai dovesse capitarti quello che sta capitando a Myra, non comportarti mai così stupidamente.
— Non contravverrà i comandamenti, vero? Vuole veramente andarsene?
— E diventare una zingara? — Morgot si morse un labbro, come se improvvisamente le fosse venuto in mente qualcosa. — Lo dubito; ma se lo farà, be’, quasi tutte quelle che lo fanno tornano dopo qualche mese.
— Lo so. Ma c’è la quarantena.
— Solo per il tempo necessario per rendersi conto che non sono malate. Be’, faremo tutto quello che è necessario per evitarlo. Parlando di zingari, sto per fare l’ispezione sanitaria settimanale al campo, questo pomeriggio. Penso che sarebbe una buona idea se tu volessi venire.
— Io… non mi è piaciuto l’ultima volta.
— Bene. Questa è una reazione molto adeguata — Morgot cominciò ad avviarsi verso la porta, poi si volse. — In ogni caso penso che porterò Myra con me.
— Myra! Vomiterà!
— Be’, ciò non la ucciderà — se ne andò lasciando Stavia in preda all’agitazione. È bello venir invitati, ma non sempre. Non per tutto.
Oltre le mura meridionali di Marthatown sorgevano recinti di pecore e maiali e fienili, un angolo bucolico chiuso tra le mura e i pascoli e i campi di grano, verdi e gialli e bianchi, tra i quali spuntavano pecore grigie e gruppi di oche. Al di là di quella zona la pianura si estendeva sino ai piedi delle montagne dove lavoravano i tagliaboschi.
Le mura a nord della città erano delimitate dal territorio dei guerrieri, le armerie e le stanze adibite ai cerimoniali si trovavano ai piedi delle mura, di fronte al piazzale delle parate. A nord di questo sorgevano diverse file di lunghe baracche di legno le cui porte e frontoni istoriati fronteggiavano i campi di addestramento e di gioco. A est si trovavano le residenze degli ufficiali dolcemente ombreggiate. A nord, a una certa distanza dalla città, si trovava la Casa dei Vecchi Guerrieri, quasi nascosta in un boschetto. Tutta questa zona costituiva il territorio della guarnigione — circondato da una bassa cancellata — vietato alle donne, dove gli uomini passavano più o meno tutto il loro tempo salvo quando cercavano quella che si compiacevano di chiamare “ricreazione”.
Oltre la Casa dei Vecchi Guerrieri il fiume correva verso ovest in direzione del mare. Veniva dalle colline orientali, attraverso la prateria, superando poi oltre una serie di piccole paludi e canali che irrigavano la pianura dalle colline sin quasi alla costa occidentale. Là, vicino alla costa, una strada scendeva da occidente valicando il fiume attraverso un guado profondo, e vicino a questo, gli zingari avevano stabilito il loro accampamento, stabile se non permanente, una disordinata e scomposta fila di carrozzoni. Le facciate di alcuni di essi erano vivacemente dipinte, altre erano ormai sbiadite a causa del sole. Oltre ai carriaggi vi era poi un gran numero di tende raccolte attorno al bivacco centrale delimitato da pietre annerite dal fumo.
Morgot, come ufficiale medico di Marthatown, si recava ogni settimana a ispezionare gli zingari; quando non poteva farlo personalmente incaricava una delegata. Fedele alla sua promessa, quel giorno, aveva portato con sé Myra e Stavia.
Durante le visite mediche, tutti gli uomini del campo, salvo uno, evitavano di mostrarsi in giro.
Quest’uomo, che si faceva chiamre Jik, venne loro incontro non appena lasciarono la strada.
— Sei tornata troppo presto, dottoressa. Voi donne avete finito il vostro lavoro con le mie ragazze solo ieri.
Aveva un viso lungo e la mascella storta; i denti puntavano in varie direzioni, alcuni di essi riempivano gli spazi vuoti dove altri erano caduti. Aveva una spalla più bassa dell’altra e il suo sorriso era un ghigno. — Le ragazze hanno cominciato a lavorare solo ieri.
— Le avevi tutte a tua disposizione, Jik, salvo quella malata.
— È rimasta fuori combattimento tutta la settimana, non ho avuto un soldo da lei.
— È guarita adesso, Jik. Probabilmente l’hai già rimessa al lavoro coi soldati per il loro divertimento. — La prostituzione tuttavia non era la sola fonte di guadagno di Jik, pensò Morgot; l’uomo procurava ai guerrieri birra, qualche genere di conforto e informazioni e voci che raccoglieva un poco dovunque. Di tutto questo il Concilio era bene informato e si serviva di lui per i suoi propositi di tanto in tanto. Morgot scese dalla carrozza e prese la sua valigetta da dietro il sedile. — Sbrigheremo tutto più in fretta se farai allineare le ragazze qui davanti a me.
Jik rispose con un gesto volgare ma cominciò il suo giro tra i carrozzoni; le donne uscirono dalle loro case ambulanti, allineandosi davanti al fuoco, lisciandosi le gonne. Alcune sculettavano altre rivolgevano commenti salaci verso la carrozza di Morgot, ridendo e miagolando: — Vuoi assaggiare, dottoressa? Vuoi provare una ragazzina?
Morgot osservò la fila, studiando a lungo ognuna delle donne; in pochi attimi i miagolii cessarono. — Solo in caso ve lo siate dimenticato, signore — disse — ho con me il timbro e non verrà nessun altro dottore per una settimana. Niente timbro, niente affari.
Le zingare smisero immediatamente di scherzare.
— Tampone — ordinò Morgot a Stavia — e ricordati di mettere le etichette alle provette.
— Cosa devo fare io? — sussurrò Myra, pallida in viso.
— Siediti qui — le disse la madre. — E guarda.
Stavia cominciò a pensare che non era un’esperienza così brutta come ricordava. Puzzavano, era vero, ma si trattava soprattutto di polvere e fumo. Morgot inserì due tamponi a ciascuna di loro, uno vaginale e uno rettale, riponendoli nelle provette che Stavia teneva pronte prima di timbrare la fronte della donna con l’inchiostro indelebile. Il marchio impresso sulla fronte la settimana precedente era ancora visibile, un cerchio scolorito sulla parte sinistra della fronte. Quella settimana sarebbe stato impresso sulla parte destra. Portava la data e le iniziali dell’ufficiale medico: Mrtm. Morgot Renatesdaughter Thailia Marthatown. Nessun’altra donna nel Paese delle Donne aveva quelle iniziali. Nessun’altra aveva quelle di Stavia. Smrm. Stavia Morgotsdaughter Rentes Marthatown. Thalia era sua nonna.
Plop, il tampone scivolò nella provetta.
— L’hai etichettata?
— Sì, mamma.
Sulla carrozza, Myra cercava di guardare tutto salvo quella linea di flaccidi sederi e pelose vagine.
Morgot recitava una specie di filastrocca. — Gamba sinistra su. Grazie. Chinati in avanti. Grazie. Sei Vonella, vero? — chiese a una delle zingare. — Lo immaginavo; va’ sulla carrozza, Vonny. Una settimana in quarantena. Devi ricordarti i nomi di tutti i guerrieri con cui hai fatto l’amore dall’ultimo sigillo che hai ricevuto. Ho bisogno di sapere chi sono. — Ci si aspettava che le prostitute tenessero un registro, ma poche di loro erano precise.
Quando ebbero terminato, Morgot chiese: — Bene, Jik. Stai ospitando qualche fuggiasca? Qualche stupidella è venuta qui con un guerriero?
L’uomo passò lo sguardo da un piede all’altro. — Il guerriero mi ha pagato…
— Potrebbe averti pagato ed essere venuto a letto con te, per quel che mi importa — esclamò Morgot. — Potrebbe averti detto che la ragazza non ha mai fatto sesso che con lui e solo una volta, ma devo vederla lo stesso.
— Qui — disse l’uomo indicando un carrozzone che sembrava più pulito degli altri.
— Portala fuori.
— Non puoi entrare…?
— Conosci le regole, Jik. L’esame deve essere pubblico, tutti devono assistervi; nessun segreto. In questo modo tutti sanno cosa si sono beccate e se è una malattia curabile o no.
— È solo una ragazzina.
— Non lo siamo state tutte, una volta?
Jik ebbe qualche difficoltà a portar fuori la ragazza e quando Stavia vide di chi si trattava spalancò la bocca e sentì il suo volto avvampare. Era una delle amiche di Myra. Tally. Aveva diciassette anni. Dalla carrozza alle loro spalle venne un’esclamazione soffocata. Anche Myra l’aveva vista.
— Sei Tally — disse Morgot con voce del tutto impersonale, quasi non l’avesse mai vista prima di allora. — Ti iscriverò al mio registro delle zingare…
— Io non… — protestò la ragazza. — Io non…
— Su dritta e alza la gonna.
— Io… Morgot, per favore.
— Alza la gonna!
— Farai meglio a obbedire, cara — le gridò una delle zingare — in un modo o nell’altro t’infilerà il suo tampone nel culo.
La ragazza cominciò a piangere coprendosi gli occhi con le mani e la bocca contorta in una smorfia. — Vuoi tornare a casa? — chiese Morgot. — Puoi tornare al Paese delle Donne, lo sai. Oppure puoi rimanere qui. Se rimarrai qui troppo a lungo, tuttavia, non ti riprenderemo con noi. Se la malattia diventa cronica, non accettiamo che le ragazze tornino a vivere in città.
— Barten ha detto che mi avrebbe portato via…
Stavia udì un suono alle sue spalle, proveniente dalla carrozza, un respiro soffocato, come un rantolo di un ramo piegato dal vento.
— Oh, davvero? Penso che abbia detto la stessa cosa a mia figlia Myra. Dove pensi che ti avrebbe portato? Nella foresta? Pensava di unirsi agli zingari con te? Ti ha già portato più lontano di quello che pensava, ragazzina. Che problema c’era? Non poteva aspettare due mesi? O aveva altri progetti per il carnevale e voleva divertirsi con te nel frattempo?
La ragazza non ce la fece più e corse in lacrime verso il carrozzone.
Stavia sussurrò. — Sei stata molto dura.
— Lo so.
— Sapevi che era qui?
— Avevo sentito delle voci, in effetti.
Stavia non disse altro, provava al tempo stesso imbarazzo per Myra e rabbia verso sua madre. Morgot aveva pianificato tutto.
— Se rendi la situazione abbastanza imbarazzante di solito non ci ricadono — disse Morgot a bassa voce. — Non ho nessuna voglia di tornare qui la prossima volta e trovare Myra in uno di quei carrozzoni. Barten è famoso per portare le ragazze dal Paese delle Donne in posti come questo. Per lui è una cosa divertente disonorarle così. Penso che Tally sia la terza o la quarta. È come se le ragazze fossero un bottino di guerra; alcuni dei guerrieri tengono il conto delle loro prede. Fanno a gara per vedere quante donne riescono a ingannare, per loro è una specie di gioco.
— Non lo sapevo — borbottò Stavia. Si sentiva ancora furiosa, ma non poteva adirarsi con Morgot. Quella non era una delle situazioni di cui le avevano parlato al corso che spiegava il ruolo della donna; non era una di quelle cose di cui le avevano parlato Habby o Byram.
— Non tutti lo fanno, Stavvy. Non credo che Habby si comporti così. E neppure Byram.
— Come fai a spere che stavo pensando a loro?
— Io penso a loro. Sempre.
Nella carrozza, Myra guidava tenendo il viso paonazzo fisso davanti a sé e le labbra serrate in una smorfia, senza profferire parola. Tally era sdraiata sul fondo della carrozza, in preda a rumorosi singhiozzi. L’altra donna, Vonella, borbottava che una settimana di quarantena era una catastrofe.
“Probabilmente lo è per noi” pensava Stavia. “Avrà la possibilità di fare docce regolari e di avere un letto pulito, cibo ben cucinato e troppi dei nostri preziosi antibiotici.”
— Ho una figlia da qualche parte a Marthatown — disse Vonella. — E un figlio alla guarnigione di Susantown.
— E allora cosa ci fai qui? — domandò Stavia, dimenticando per un momento di essere una bambina e che quindi non poteva porre domande personali.
— Stavia! — l’avvertì Morgot.
— Oh, non si preoccupi, dottoressa — disse la donna — non mi dà fastidio rispondere alle domande della bambina. Non ero fatta per vivere in città, sai? Troppo pulito, troppo ordinato. Tutti si aspettano troppo da te. Studio, lavoro e artigianato, non hai più tempo per te stessa di quanto ne abbia un cane con il prurito. C’è sempre qualcuno che ti dice che devi cuocere meglio, cucire meglio e che devi essere responsabile per qualcosa. Preferisco star qui fuori, viaggiare. Jik è un vecchio bastardo, ma non è poi così male, dopotutto. Alcuni degli uomini sono delle brave persone. Abbiamo tempo per noi stesse.
Morgot sospirò. — Sei mai rimasta incinta da quando stai con Jik?
La donna non rispose.
— Tuo figlio è scomparso? Jik lo ha ucciso? O è morto?
— È morto — rispose in fretta la donna.
— Quanto ricevi di quello che Jik ricava dai vostri clienti? La metà? O meno?
La donna non rispose.
— Quante volte ti sei beccata una malattia? Se cominci ad ammalarti frequentemente ti verrà il cancro. Non possiamo curarlo il cancro; una volta la gente arrivò vicino a scoprire una cura, almeno così dicono, ma ora se ne è perduta la memoria. Dopo le Convulsioni, non possiamo curare molte malattie come avveniva in precedenza. — Morgot aveva pronunciato quelle parole con tono quasi distratto, ma Stavia sapeva che non era così. — Non sei meglio di una schiava, Vonella. Sei prigioniera e neanche lo sai.
La donna alzò le mani esclamando rabbiosamente: — Oh, lo so. Lo so. Morirò presto. Fumo e droga non fan certo bene ai polmoni. Beviamo parecchio al campo. Jik fa della buona birra…
— Con il granturco rubato — osservò Morgot.
— Be’, prende quello che può. Fumare, bere e scopare; una di queste cose mi ucciderà prima o poi, giusto. Ma chi vuol diventare vecchia? Non ho mai voluto invecchiare — Vonella agitò le mani ancora una volta come per esorcizzare la vecchiaia e l’infermità.
— Sarai accontentata, probabilmente — convenne Morgot. — Gli schiavi per la maggior parte son destinati a morire giovani, succedeva anche nei tempi passati. È la tua vita dopotutto, ma non possiamo lasciare che infetti il Paese delle Donne.
Si fermarono davanti alla casa di quarantena per lasciare Vonella e Tally.
— Stavia, va’ con loro e prendi i nomi di tutti i guerrieri e gli zingari che sono stati con loro, per favore.
— Oh, signora, non mandare tua figlia in quella casa di appestati solo per questo. Sono stata con un solo uomo in tutta la settimana. Quello con la barba bianca e un occhio solo. Viene sempre da me.
Stavia esitò, aspettando che l’ordine fosse ritirato. Dopo un momento Morgot le fece un cenno con il capo. — A meno che tu non voglia fare compagnia a Tally…
Era uno di quegli “a meno che” di sua madre che potevano essere interpretati in una dozzina di modi differenti. Poteva significare “a meno che tu non sia curiosa di vedere la quarantena e voglia dare un’occhiata” o “a meno che tu pensi sarebbe una buona cosa aiutare Tally a riacquisire la sua tranquillità” o “a meno che tu non pensi che sia il caso di far vedere a Myra di cosa si tratta ancora per un poco”.
— Andrò con Tally — disse Stavia — devo scrivere un tema per il mio corso di medicina, potrei farlo sul centro di quarantena.
Morgot assentì e condusse via il carro in un modo tale da suggerire un altro dei suoi a meno che. “A meno che tu non pensi che sarebbe una buona idea che Myra ed io scambiamo due parole in privato.”