122790.fb2 Fatalit? - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 8

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«No, passerà mio marito a minuti. Rimango a sedere qui finché non arriva.»

Tib raccolse la richiesta di Elizabeth dalla pozzanghera. «Mi sa che si è rovinata,» disse.

«Non fa niente.»

Tupper prese la busta con le scatole. «Senta un po’,» le chiese, «non è che le interessa una riunione Tupperware? Come padrona di casa potrebbe guadagnare punti preziosi per…»

«Tupper!» esclamò Tib.

«Vuoi lasciare in pace questa povera signora?» disse Elizabeth.

Tirò su la busta. «Solo se vieni con me a consegnare gli scomparti per l’insalata al palazzo dei Sigma Chi.»

«Io vengo,» disse Tib. «C’è un tesoro dei Sigma Chi che voglio conoscere.»

«E vengo anch’io,» disse Elizabeth, mettendo un braccio intorno a Tib. «Non mi fido dei ragazzi che ti trovi da sola. Jim Scates è davvero un bastardo. Sharon non ti ha detto quello che ha fatto a Marilyn Reed?»

Tupper lasciò la busta con le scatole a Elizabeth mentre tirava su la bicicletta. Elizabeth la passò a Tib.

«È sicura di star bene?» le chiese Tupper. «È freddo qua fuori. Potrebbe aspettare suo marito nella sede dell’associazione studentesca.»

Avrebbe tanto voluto mettergli la mano sulla guancia per una sola volta. «Sto bene così,» disse.

I tre scesero per il viale in direzione di Frasier, con Tupper che portava a mano la bici. Quando si trovarono al livello della Carter Hall, tagliarono attraverso il prato verso Frasier. Li guardò finché non scomparvero dalla vista, poi rimase a sedere un altro po’ sulla panchina. Aveva sperato che potesse succedere qualcosa, qualcosa che indicasse che li aveva salvati, ma non successe nulla. La caviglia non le faceva più male. Aveva smesso di dolerle nel momento in cui Tupper l’aveva toccata.

Restò seduta ancora un po’. Le sembrava che si stesse facendo più freddo, benché avesse smesso di tremare, e dopo un po’ si alzò in piedi e se ne andò a casa, lasciando le grucce dov’erano.

Era freddo in casa. Elizabeth accese il termostato e si mise a sedere al tavolo in cucina, ancora con la giacca addosso, aspettando che la temperatura s’alzasse. Quando non lo fece, le venne in mente che Paul aveva spento la caldaia, e andò a prendere una coperta nella quale si avvolse dopo essersi seduta sul divano. La caviglia non le faceva affatto male, ma era fredda al tatto. Quando suonò il telefono, non riuscì quasi a muoverla. Le ci vollero parecchi squilli prima di raggiungerlo.

«Pensavo che non avresti risposto,» le disse Paul. «Ti ho preso un appuntamento con un certo dottor Jamieson oggi pomeriggio alle tre. È uno psichiatra.»

«Paul,» disse. Sentiva così freddo che parlava a fatica. «Mi dispiace.»

«È un po’ tardi per le scuse, no?» disse lui. «Ho raccontato al dottor Brubaker che eri sotto l’effetto di antidolorifici. Non so se se l’è bevuta.» Riattaccò.

«Troppo tardi,» disse Elizabeth. Mise giù la cornetta. Il dorso della mano le si era ricoperto di cristalli di ghiaccio. «Paul,» cercò di dire, ma le labbra le si erano irrigidite per il freddo, e non ne venne fuori alcun suono.