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che si abbandonano con negligenza al gioco delle correnti, in una canoa sul Lago Issus. Maryam bint Yusuf, sua madre e sua zia, impugnano apaticamente canne da pesca e guardano in direzione dei colori gai, della musica, della folla ciarliera raccolta davanti al Centro Popolare. Ormai i poliziotti hanno sedato la rissa tra i giovani, e adesso restano lì per assicurarsi che nessun altro combini guai.
Le tre donne vestono gli abiti scuri, che nascondono completamente la figura, tipici della setta fondamentalista dei wahhabi maomettani. Non portano veli: ormai, neppure i wahhabi li pretendono più. I loro confratelli egiziani rimasti a riva indossano abiti moderni, vergognosi e peccaminosi. Nonostante questo, le tre signore li guardano bene.
I loro uomini sono ai margini della folla. Barbuti e vestiti come sceicchi di un fideodramma sulla Legione Straniera, borbottano imprecazioni gorgoglianti e soffiano nel vedere tanta iniqua esposizione di carni femminili. Ma le guardano bene.
Costoro sono arrivati dalle riserve zoologiche dell’Abissinia, dove sono stati sorpresi a cacciare di frodo. Il governo ha offerto loro di scegliere fra tre possibilità. Detenzione in un centro di riabilitazione, dove sarebbero stati curati fino a quando non fossero diventati onesti cittadini, a costo di impiegarci tutta la vita. Emigrazione nella megalopoli di Haifa, in Israele. Oppure emigrazione a Beverly Hills, Los Angeles.
Cosa? Andare ad abitare tra i maledetti ebrei d’Israele? Avevano sputato in terra, e avevano scelto Beverly Hills. Ahimè, Allah si era beffato di loro! Adesso erano circondati da Finkelstein, Applebaum, Siegel, Weintraub, e altri appartenenti alla tribù infedele di Isacco. Peggio ancora, Beverly Hills non aveva moschee. O farsi quaranta chilometri tutti i giorni per arrivare al 16° livello, dove c’era una moschea, oppure servirsi di una casa privata.
Chib si avvicina in fretta al margine del lago bordato di plastica, posa il suo quadro e s’inchina profondamente, togliendosi il cappello un po’ gualcito. Maryam gli sorride, ma smette subito quando le due accompagnatrici la rimproverano.
— Ya kelb! Yan ibn kelb! — gridano le due a Chib.
Chib rivolge loro un gran sorriso, agita il cappello e dice: — Incantato, mesdames! Oh, voi incantevoli signore mi ricordate le Tre Grazie. — Poi grida: — Ti amo, Maryam! Ti amo! Per me tu sei come la Rosa di Sharon! Bellissima, verginale, con occhi di cerbiatta! Una rocca d’innocenza e di forza, traboccante di ardente maternità e di fedeltà assoluta al tuo unico vero amore! Ti amo, tu sei la sola luce in un cielo nero di stelle morte! Io ti lancio il mio grido attraverso il vuoto!
Maryam capisce l’inglese mondiale, ma il vento si porta via le parole di Chib. Fa un sorriso idiota, e Chib prova una repulsione momentanea, un lampo di collera come se, in qualche modo, lei l’avesse tradito. Tuttavia si riprende e grida: — T’invito a venire con me alla mostra! Tu, tua madre e tua zia sarete mie ospiti! Potrai vedere i miei quadri, anima mia, e capirai com’è l’uomo che ti porterà via sul suo Pegaso, mia bianca colomba!
Dice il Nonno: Non c’è nulla di più ridicolo delle farneticazioni verbali di un giovane poeta innamorato. Orribilmente esagerate. Io rido. Ma mi sento anche commosso. Vecchio come sono, ricordo i miei primi amori, il fuoco, i torrenti di parole, inguaiate di lampi, alate di dolore. Care ragazze, adesso molte di voi sono morte; le altre sono avvizzite. Vi mando un bacio.
La madre di Maryam si alza in piedi nella canoa. Per un secondo. Chib la vede di profilo, e ha il preannuncio dell’avvoltoio che Maryam diventerà quando avrà l’età di sua madre. Maryam, ora, ha un dolce volto aquilino: “l’arco della spada dell’amore”, così Chib ha definito quel naso. Ardito ma bellissimo. Tuttavia, sua madre sembra una vecchia aquila spiumata. E la zia… anziché l’aquila, la sua faccia ricorda il muso di un cammello.
Chib reprime quei paragoni sfavorevoli, addirittura proditori. Ma non può reprimere i tre uomini barbuti, ammantellati e mal lavati che si stringono intorno a lui.
Chib sorride e dice: — Non ricordo di avervi invitato.
Lo guardano senza capire, perché l’inglese di Los Angeles parlato in fretta per loro è incomprensibile. Abu (nome generico per indicare ogni egiziano di Beverly Hills) gracchia una bestemmia così antica che la conoscevano persino gli abitanti della Mecca premaomettana. Stringe il pugno. Un altro arabo si avvia verso il quadro, e alza un piede, come per sferrargli un calcio.
In quel momento, la madre di Maryam scopre che stare in piedi su una canoa è pericoloso quanto stare in piedi su un cammello. È anche peggio, perché le tre donne non sanno nuotare.
Non sa nuotare neppure l’arabo di mezza età che, attaccato Chib, scopre che la sua vittima si è già scostata e si sente spingere nel lago da un calcio nel didietro. Uno dei giovani si avventa su Chib; l’altro fa per rendere a calci il quadro. Entrambi si arrestano nell’udire le donne che strillano e nel vedere che cadono in acqua.
Poi i due corrono sul bordo del lago, e finiscono in acqua a loro volta, spinti da Chib, che preme sulla loro schiena. Un poliziotto sente i sei che urlano e si dibattono e si precipita verso Chib. Chib comincia a preoccuparsi perché Maryam fatica a tenersi a galla: il suo terrore non è simulato.
Quel che Chib non capisce è perché si comportino in quel modo. Eppure, hanno i piedi sul fondo: hanno collo e mento fuori dell’acqua. Nonostante questo, Maryam sembra sul punto di annegare. E, come lei, anche gli altri, ma a lui non interessano. Dovrebbe tuffarsi per ripescare Maryam. Però, se lo farà, sarà costretto a cambiarsi d’abito prima di andare alla mostra.
A questo pensiero ride forte, e poi ancora più forte, mentre il poliziotto scende in acqua per recuperare le donne. Raccatta il quadro e si allontana ridendo. Prima di arrivare al Centro, si calma.
— Come aveva ragione il Nonno! — dice a se stesso. — Come fa a capirmi così bene? Sono troppo superficiale? No, sono stato innamorato troppo profondamente e troppe volte. Cosa posso farci se amo la Bellezza, e se le belle che amo non hanno abbastanza Bellezza? Il mio occhio è troppo esigente: cancella ogni volta gli impulsi del cuore.