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Lou sedeva, molto teso, davanti alle telecamere Tri-Vi. Aveva accanto il dottor Kaufman, seduto in una sedia identica alla sua, che scricchiolava sotto il suo peso.
Si trovavano nel compartimento speciale che era stato adattato a studio televisivo. In quel momento, tutti gli abitanti del satellite li stavano osservando, mentre i due esponevano i rispettivi punti di vista sulla proposta di Lou.
Mentre il dottor Kaufman parlava nel suo modo enfatico, incisivo, affrontando ogni punto del discorso con la violenza di chi punta un indice accusatore, la mente di Lou vagava lontano.
Aveva sempre davanti agli occhi la faccia smarrita di Bonnie che gli diceva che non sarebbe mai partita con lui per le stelle. E aveva sempre di fronte la campagna verde, i vigneti e gli orti dei limoni, il cielo azzurro e il mare amico, che non avrebbe mai più rivisto.
Non posso lasciare, per sempre, la Terra. Non posso.
E io, posso?, si chiedeva Lou. E tutti noi? Come è possibile voltare le spalle al mondo intero, a un miliardo di anni di evoluzione? È a questo che voglio spingerli? È questo che voglio fare?
Il dottor Kaufman intanto stava dicendo: — È estremamente importante che tutti noi ci rendiamo esattamente conto di cosa implichi questo gesto. Finora, non è stata mai costruita una nave spaziale con equipaggio umano. Il tentativo non è ancora stato fatto. Voi tutti sapete che riceviamo i rifornimenti da terra, ogni settimana. Abbiamo, è vero, sistemi aria-acqua a ciclo chiuso, e tuttavia ci occorre un ricambio di aria e di acqua almeno una volta al mese. Finché resteremo in orbita attorno alla Terra, ci sarà possibile ottenere questi rifornimenti, ogni volta che ne avremo bisogno. Ma se lasciamo la Terra, se ci gettiamo in questa avventura pazzesca verso le stelle, sarà assolutamente necessario disporre di sistemi di rifornimento di acqua e di aria interamente autosufficienti. Ora, so perfettamente che le missioni con astronauti a bordo dirette a Giove e a Saturno si sono servite di sistemi a ciclo chiuso e che questi sistemi hanno funzionato bene, anche per un periodo di sei anni. Ma questa caccia alle stelle di cui ci parlano, richiederà decenni! Forse un secolo, se non di più! Non sappiamo neppure se tra le stelle esiste un pianeta del tutto simile alla Terra. — Kaufman scosse la testa, e una ciocca grigia gli cadde sulla fronte. — No, questa idea di una caccia alle stelle è troppo rischiosa, anche per motivi strettamente tecnici. Intanto, non sappiamo come costruire una nave spaziale. E anche se i nostri migliori ingegneri della Terra ci fossero inviati dal governo per aiutarci, non saremmo in grado, una volta salpati dalla Terra, di mantenere in efficienza la nave. Non saremmo in grado di fare le riparazioni e nemmeno la manutenzione necessaria. Quanti ingegneri ci sono tra noi? Un gruppetto sparuto. Noi siamo scienziati ricercatori, non meccanici sporchi di grasso!
Lou ascoltava soltanto con una parte del suo cervello. L’altra parte gli ripeteva senza rimorsi: La vita, come tutti i processi fisici, è governata dalle leggi della termodinamica. Non si ottiene niente se non si paga un certo prezzo. Se vuoi le stelle, devi lasciarti alle spalle Bonnie. Se vuoi Bonnie, devi pagare con la prigione perpetua. Qual è la differenza? Sarebbe poi così diverso, lanciare questo guscio di berillio verso le stelle? In un modo o nell’altro, saremmo costretti a trascorrere tutta la vita qua dentro. Non cercare di barare, Lou! Andare alle stelle dà uno scopo, un fine alla vita di ognuno di noi. Restare qui, significa girare in un girotondo orbitale per il resto della vita, senza speranza, senza niente altro, oltre quel grosso mondo azzurro, sospeso davanti ai nostri occhi, a ricordarci ogni minuto quello che ci è stato tolto.
— E ricordate — stava dicendo Kaufman — che finché rimarremo in orbita quassù, ci sarà sempre la possibilità che il governo cambi parere e che ci restituisca la libertà. Ma quando saremo in viaggio verso le stelle, il ritorno non sarà più possibile. È un passo irreversibile. Nessuno di noi vivrà tanto da vederci arrivare a destinazione. I nostri figli invecchieranno e moriranno a bordo di questo veicolo. I nostri nipoti, forse, scopriranno finalmente un mondo su cui è possibile vivere. Forse. Certo, è una ben tenue speranza, da cui far dipendere le vite di ogni uomo, donna o bambino tra noi.
Kaufman smise di parlare e si appoggiò allo schienale, facendo scricchiolare la sedia. Si voltò, con aria d’attesa verso Lou.
Lou si sentì di colpo la bocca arida e le mani madide di sudore. Le telecamere ormai erano puntate su di lui, toccava a lui parlare. Era il momento di cercare di convincerli o invece avrebbe rinunciato a tutto?
Guardò, oltre la figura elegante di Kaufman, il grande quadro elettronico che era stato preparato sulla parete di fondo dello studio. A ogni abitante del satellite che avesse compiuto i quindici anni corrispondeva una spia luminosa. Quando Lou avesse finito di parlare, tutti avrebbero votato. Una spia verde si sarebbe accesa in corrispondenza di ogni voto favorevole, e una luce rossa per ogni voto contrario all’avventura spaziale.
— Non puoi perdere — gli aveva detto Kori, prima dell’inizio della trasmissione Tri-Vi. — I voti negativi provengono dai più anziani, da quelli che hanno più di trent’anni. Ma noi siamo senz’altro più numerosi. Ho controllato i dati della popolazione.
E Greg aveva aggiunto: — Ci siamo battuti come disperati per far ridurre il limite d’età a quindici anni. Dopo tutto, quei ragazzi sono destinati a trascorrere la maggior parte della loro vita su questa grossa marmitta.
— È sufficiente — aveva continuato Kori, prendendo Lou per un braccio, — che tu faccia un discorso sentito. Un discorso aperto a tutti. I giovani voteranno compatti per le stelle, ne sono sicuro!
Lou, in quel momento, era seduto davanti all’occhio freddo delle telecamere, ma dentro di sé rivedeva Bonnie, ne sentiva la voce, ne vedeva le lacrime.
Si schiarì la voce. Si mosse con un certo disagio sulla sedia e finalmente si decise.
— Il dottor Kaufman ha messo in evidenza alcuni rischi tecnologici impliciti nell’impresa di raggiungere le stelle. Ha perfettamente ragione. È un rischio. Non è mai stato fatto prima. Non so, e nessuno di noi lo sa, se riusciremo a far funzionare i motori, le pompe dell’aria, i riciclatori dell’acqua per oltre un secolo, se non di più. — Lou esitò un momento. — Il dottor Kaufman vi ha anche detto che se rimaniamo in orbita attorno alla Terra, c’è sempre la possibilità che ci concedano la grazia. In tal caso, riacquisteremo la libertà, ci sarà lecito fare ritorno sulla Terra e riprendere le nostre vite normali. Anche questo è vero. Potrebbe succedere.
S’interruppe, ma per un solo secondo. Il tempo necessario per invocare tra sé, con angoscia: Bonnie… Bonnie…
— Quando per la prima volta ho messo piede a bordo di questo satellite, il dottor Kaufman mi ha chiesto di andare alla Tri-Vi per raccontarvi quello che mi era capitato. Lo farò adesso.
E cominciò il racconto. Parlò degli sceriffi federali e del suo volo a New York. Parlò della scontentezza dello sceriffo per non avere potuto partecipare al picnic di famiglia. Parlò della notte a New York, delle bande, dei coltelli, della fuga, del terrore. Riferì di come aveva trovato l’Istituto chiuso, deserto, a eccezione del Grande George. Poi del suo arresto, dell’arrivo a Messina, dell’incontro con il Ministro Bernard. Parlò ancora dell’isola, di Marcus, dei progetti criminali di quella gente, di come intendevano usare l’ingegneria genetica e le scoperte della biochimica come armi di rincalzo al loro arsenale di ordigni nucleari. Raccontò ancora di quello che avevano fatto al Grande George e di quello che volevano fare a tutta l’umanità.
Alla fine parlò del Presidente Generale, cortese e spietato, che aveva riconosciuto che il loro esilio era una ingiustizia tremenda, e che tuttavia non vedeva altra soluzione. E parlò della gente, delle grandi masse, dei venti miliardi di persone cui erano stati sacrificati, di tutti quelli che sapevano del loro esilio e che se ne infischiavano.
— … è questo il mondo da cui siamo stati esiliati. Un mondo dove poche persone hanno il potere di distruggere la vita dei migliori scienziati del pianeta, insieme con le loro famiglie. Un mondo dove i selvaggi sono padroni delle metropoli e dove mostri civilizzati tentano di rovesciare il governo.
Si rivolse a Kaufman. — E in questo mondo voi desiderate tornare! Immaginiamo per un momento che ci sia concesso di farvi ritorno; immaginiamo che il governo cambi idea e ci restituisca la libertà. Che cosa se ne faranno del nostro lavoro? C’è da fidarsi a confidare ai capi le nostre conoscenze? O meglio, c’è da fidarsi di loro? Che cosa li tratterrà dal mandarci di nuovo in esilio? Nessuno si preoccupa di noi. Cercano soltanto il potere che la nostra scienza può conferire loro. Il meglio che hanno saputo trovare per noi è stato l’esilio!
Fissando le telecamere, Lou disse: — Non abbiamo nessuno a cui rivolgerci, tranne noi stessi. La scelta appartiene a noi. Possiamo continuare a girare in orbita, morendo lentamente, sperando che un giorno o l’altro il governo ci consenta di tornare. Ma desideriamo veramente tornare? Non credo. Ho visto quel mondo laggiù e, nonostante la sua bellezza, non voglio farvi ritorno. In questo universo con tutte le sue stelle e lo spazio infinito c’è sicuramente un angolo dove costruire un mondo migliore per noi e per i nostri figli. Io dico che dobbiamo andare alle stelle.
Lou si abbandonò contro lo schienale, svuotato e tremante. Poi, le luci attirarono la sua attenzione. Il voto lo lasciò sconvolto: le luci verdi soverchiavano le poche spie rosse.
La gente, fuori dello studio, rideva e batteva le mani. Qualcuno fischiava fortissimo. La porta si aprì e Lou vide Kori e Greg che gli venivano incontro, sorridendo.
Lou sapeva che in quel momento Bonnie era nel suo alloggio, nella sua cabina. Pronta a lasciare il satellite. Ormai, probabilmente, non piangeva più. Era inutile piangere, adesso. Il dolore non sarebbe stato lenito dalle lacrime, né dalle parole, e neppure dai rimpianti.
— È un errore tremendo — diceva Kaufman, scuotendo la testa. — Tutto quello che desideriamo o di cui abbiamo bisogno è qui, e voi tre ci costringete a voltare le spalle a tutto. Ci obbligate ad abbandonare le nostre case e a puntare nel vuoto. Lassù, non c’è niente per noi, Christopher. Niente!
Niente, pensò Lou. Tranne l’universo.