123603.fb2
Lei giaceva sul pavimento, con il collo che formava un angolo molto innaturale. Una lampada era ancora accesa, anche se rovesciata su un fianco. La stanza in assoluto disordine, la roba sparsa un po’ dappertutto. Il cavo del telefono era stato strappato dal muro.
Un ronzio riempiva l’aria; ne cercai la fonte.
Vidi dove la piccola luce ammiccante si rifletteva sul muro, accesa… spenta… accesa… spenta…
Mi mossi rapidamente.
Era un caschetto di metallo, quarzo, porcellana, e vetro, rotolato su un angolo della sedia su cui mi ero seduto qualche ora prima. Lo stesso aggeggio che avevo visto da Dave non molto tempo prima, anche se ora mi sembrava fossero passati secoli. Uno strumento per rilevare la vicinanza del Boia. E, si sperava, per controllarlo.
Lo presi e me lo adattai in testa.
Una volta, con l’aiuto di un telepate, avevo sfiorato la mente di un delfino mentre componeva canzoni oniriche da qualche parte nei Caraibi, esperienza talmente toccante che il suo stesso ricordo mi era spesso stato di grande conforto. Questa sensazione non era molto simile.
Analogie ed impressioni: un volto visto attraverso un vetro appannato; un sussurro in un luogo rumoroso; un massaggio cranico con un vibratore elettrico; The Scream di Edvard Munch; la voce di Yma Sumach, che saliva sempre più di tono; la scomparsa della nave; una strada deserta, illuminata come attraverso un caleidoscopio che avevo visto una volta; un’immensa sensazione di possanza fisica, composta da una consapevolezza estremamente lucida di forza enorme; una raggerà particolare di canali sensoriali, un sole centrale imperituro che mi alimentava di un flusso energetico costante, una visione mnemonica di acque oscure, fluenti, luminose, la necessità di tornare in quel posto, riorientarsi, trasferirsi verso nord; Munch e Sumac, Munch e Sumac, Munch e Sumac… Nulla.
Silenzio.
Il ronzio era terminato, la luce si era spenta. L’intera esperienza era durata solo pochi attimi. Non c’era stato tempo sufficiente per tentare una qualsiasi forma di controllo, anche se un’impressione residua affine al biofeeback mi lasciava intravvedere la direzione da prendere, il modo in cui pensare, per raggiungerlo. Sentivo che per me poteva essere possibile elaborare la cosa, avendo una possibilità migliore.
Togliendomi l’elmetto, mi avvicinai a Leila.
Mi inginocchiai accanto a lei e feci alcune prove elementari, pur conoscendone già il risultato. In aggiunta al collo spezzato, aveva ricevuto alcuni brutti colpi sulla testa e sulle spalle. Non c’era più nulla da fare per lei, ormai.
Effettuai allora un veloce controllo del suo appartamento. Non c’erano segni evidenti di scasso ed ingresso violento, anche se chiunque volendo, avrebbe potuto entrare con la mia stessa velocità.
Trovai della carta ed un cordino e nascosi l’elmetto in un pacco. Era giunto il momento di richiamare Don, di dirgli che la capsula era stata davvero occupata e che il traffico fluviale era probabilmente difficoltoso nel settore diretto verso Nord.
Don mi disse di portare l’elmetto nel Wisconsin, dove all’aeroporto mi sarebbe venuto incontro un uomo di nome Larry, che mi avrebbe condotto in un luogo riservato. Eseguii, e tutto avvenne regolarmente.
Appresi anche, senza restare particolarmente sorpreso, che David Fentris era morto.
La temperatura era scesa, e cominciò a nevicare lungo il percorso. Non ero vestito adeguatamente per l’inverno. Larry mi disse che potevo trovare degli abiti più caldi quando avessimo raggiunto il rifugio, anche se probabilmente non avrei avuto bisogno di stare molto fuori. Don aveva detto loro che avrei dovuto rimanere il più vicino possibile al Senatore e che le truppe le avrebbero comandate loro quattro.
Larry era curioso di sapere che cosa era accaduto in realtà fino a quel momento, e se io avessi visto effettivamente il Boia. Non pensai che spettasse a me informarlo su cose che Don non gli aveva detto, così fui un po’ confuso. Non parlammo molto, dopo quel momento.
Bert ci venne incontro appena atterrammo. Tom e Clay erano all’esterno dell’edificio, e controllavano le zone circostanti. Erano tutti di mezza età, e dall’aspetto molto efficiente, molto serio, ed armati di tutto punto. Larry mi portò dentro e mi presentò all’anziano gentiluomo.
Il Senatore Brockden era seduto su di una sedia imponente nell’angolo opposto della stanza. A giudicare dall’aspetto sembrava che la sedia avesse occupato di recente una posizione accanto alla finestra nella parete opposta dove un vaso pieno di fiori gialli si stagliava solitario. Il Senatore mi osservò e mi squadrò con estrema attenzione. Mentre ci avvicinavamo il suo volto rimase perfettamente impassibile. I suoi occhi erano pallidi e cerchiati.
Non si alzò.
— Così è lei — disse, porgendomi la mano. — Sono felice di conoscerla. Come devo chiamarla?
— John andrà benissimo — dissi.
Fece un piccolo cenno a Larry che uscì dalla stanza.
— Fa freddo là fuori. Si versi da bere, John. È sullo scaffale. — Indicò un punto alla sua sinistra. — E già che c’è mi porti un bicchiere. Due dita di bourbon in un bicchier d’acqua. È tutto.
Annuii e feci come mi aveva detto.
— Si sieda. — Indicò una sedia vicina mentre mi riavvicinavo alla sua. — Ma prima mi faccia vedere l’aggeggio che ha portato.
Disfeci il pacco e gli porsi l’elmetto con entrambe le mani. Lo studiò, aggrottando le sopracciglia, girandolo da tutte le parti. Lo alzò e se lo mise in testa.
— Niente male — disse, e poi sorrise per la prima volta, diventando per un momento il volto che avevo conosciuto dai notiziari in passato.
Si tolse l’elmetto e lo posò sul pavimento.
— Veramente niente male — disse. — Niente a che vedere con gli strumenti dei vecchi tempi. Ma poi David Fentris l’ha costruito. Sì, ce ne ha parlato… — Prese il bicchiere e bevve una sorsata. — Lei è il solo che è riuscito a servirsene, evidentemente. Cosa ne pensa? Servirà a qualcosa?
— Sono rimasto in contatto soltanto per un paio di secondi, così ho ricevuto solo la sensazione di continuare, niente più di una traccia. Ma, sì, ho avuto la sensazione che se avessi avuto più tempo sarei riuscito a modificare i suoi circuiti.
— Dica, perché non è riuscito a salvare Dave.
— Nel messaggio che mi ha lasciato, ha indicato il fatto di essere stato distratto alla sua stazione di accesso al computer. Probabilmente il rumore ha coperto il ronzio.
— Perché questo messaggio non è stato conservato?
— L’ho cancellato per ragioni non connesse al caso.
— Che ragioni?
— Mie personali.
Il suo volto si indurì leggermente.
— Ci si può cacciare in un mucchio di guai sopprimendo le prove, ostacolando la giustizia.
— Allora abbiamo qualcosa in comune, non è vero signore?
I suoi occhi si fissarono nei miei con un’espressione che in precedenza avevo incontrato solo in chi ce l’aveva a morte con me. Mantenne fisso lo sguardo per qualche secondo, poi lo abbassò e sembrò rilassarsi.
— Don ha detto che ci sono molti punti su cui non vuole essere interrogato — disse infine.
— È verissimo.
— Non ha tradito nessuna confidenza, ma ha dovuto dirmi qualcosa su di lei.
— Immagino.
— Sembra che abbia un’enorme stima di lei. Eppure, ho cercato di fare qualche piccola indagine personale sul suo conto.
— E…?
— Non potrei… e le mie fonti sono ottime in quel genere di cose.