123603.fb2
— Non tutto, vero?
— Cosa vuole dire?
— E il Boia? Ha detto che era già presente una forma rilevabile di coscienza. Voi ne eravate consapevoli, e lui era consapevole di voi. Deve esserci stata una qualche reazione a tutta la faccenda. Com’è stata?
— Accidenti a lei — disse con tono incolore.
— Mi dispiace.
— Ha famiglia? — chiese.
— No.
— Ha mai portato un bambino allo zoo?
— Sì.
— Allora forse conosce una tale esperienza. Un pomeriggio quando mio figlio aveva quattro anni lo portai allo zoo di Washington. Passando davanti ad ogni gabbia, di tanto in tanto formulava qualche apprezzamento, faceva qualche domanda, giocherellava con le scimmie, pensava che gli orsi fossero molto carini… probabilmente perché gli ricordavano dei giocattoli troppo cresciuti. Ma sapete qual è stata la cosa più bella? La cosa che lo fece sobbalzare e dire con entusiasmo: — Guarda, papà, guarda!
Scossi la testa.
— Un passero che stava svolazzando su un albero. Reazioni inadeguate. Innocenza. Il Boia era un bambino, e fino al momento in cui presi i comandi, la sola cosa che aveva tratto da noi era l’idea che si trattava di un gioco: stava giocando con noi, ecco tutto. Poi accadde qualcosa di orribile… Sentì tutte le mie reazioni, e tutte quelle di Dave mentre lo riportava indietro.
Rimanemmo per un po’ seduti in silenzio.
— Così, l’avevamo… traumatizzato — disse infine — o qualunque altro termine preferisce usare. Ecco cosa accadde quella notte. Ci volle un bel po’ perché la cosa facesse effetto, ma secondo me non c’è dubbio che questa sia la causa della crisi finale del Boia.
Annuii. — Capisco. E crede che voglia ucciderla per questo?
— Lei non lo farebbe? — disse. — Se avesse cominciato come una cosa e l’avessero reso un individuo e poi l’avessero usato di nuovo come una cosa, cosa avrebbe fatto?
— Leila ha tralasciato molti indizi nella sua diagnosi.
— No, ha semplicemente omesso questi fatti nel suo racconto. Era tutto previsto. Ma ha letto erroneamente i dati. Non aveva paura. Era solo un gioco che aveva condiviso… con gli altri. I suoi ricordi di quella sera potevano non essere troppo vivi. Ero io quello che aveva vissuto la cosa con maggior intensità. Secondo me, Leila avrebbe scommesso che io fossi il solo ad essere in causa. Ovviamente, ha sbagliato tutto.
— Quello che non capisco — dissi — è perché le uccisioni del Boia non l’abbiano preoccupata minimamente. Non c’era possibilità di stabilire subito che si era trattato di un ladro colto dal panico invece che del Boia.
— La sola cosa che posso dire è che, essendo una donna molto orgogliosa — com’era realmente — voleva sostenere la sua diagnosi anche contro ogni evidenza.
— Non mi piace. Ma lei la conosceva ed io no, e le cose dimostrano che la sua prima stima era corretta. Qualcos’altro mi preoccupa altrettanto, però: l’elmetto. Sembra che il Boia abbia ucciso Dave, poi si sia preso la briga di portare l’elmetto nel suo appartamento impermeabilizzato fino a St. Louis, per poi lasciarlo sulla scena del suo delitto successivo. La cosa non ha alcun senso.
— In realtà sì — disse. — Stavo per arrivarci, ma adesso è meglio chiarire questo punto. Vede, il Boia non possiede meccanismi vocali. Comunicavamo solo per mezzo di quegli strumenti. Don dice che lei si intende un po’ di elettronica…
— Esatto.
— Be’, per dirla breve, voglio che cominci a controllare l’elmetto per vedere se è stato modificato.
— Sarà una cosa abbastanza difficile — dissi. — Non so com’era fatto in origine, e non sono un genio teorico a tal punto da guardare uno strumento e dire se funzionerà come unità teleoperatrice.
Si morsicò il labbro inferiore.
— Deve tentare, in ogni modo. Possono esserci segni fisici… graffi, rotture, nuovi collegamenti… non lo so. È il suo campo. Li cerchi.
«Penso che il Boia volesse parlare a Leila — disse — o perché lei era una psichiatra e lui sapeva di non funzionare correttamente ad un livello che trascendeva quello meccanico, o perché poteva pensare a lei in termini di madre. Dopo tutto, era l’unica donna coinvolta, e lui aveva il concetto di madre — con tutte le associazioni gratificanti del caso — tratto da tutte le nostre menti. O forse per entrambi i motivi. Sento che forse ha perso l’elmetto proprio per questo motivo. Deve aver capito che cos’era da una lettura diretta del cervello di Dave quando quest’ultimo lo portava. Voglio che controlli, perché è possibile che il Boia abbia isolato i circuiti di controllo lasciando intatti quelli comunicazione. Penso che potrebbe aver portato l’elmetto a Leila in tali condizioni, tentando poi di indurla ad indossarlo. Lei si è spaventata… ha cercato di fuggire, ha lottato, o ha chiesto aiuto… e lui l’ha uccisa. L’elmetto non gli serviva più, così l’ha lasciato e se ne è andato.
Ci pensai ed annuii di nuovo.
— D’accordo, posso controllare se ci sono interruzioni nei circuiti — risposi. — Se mi dice dove posso trovare le attrezzature di controllo, è meglio che lo faccia subito.
Indicò un punto della stanza con la mano sinistra.
— In seguito, ho scoperto l’identità della guardia — continuò. — Contribuimmo tutti ad un dono anonimo alla vedova. Ho fatto il possibile per la sua famiglia, prendendomi cura di loro, fin da allora…
Non lo guardai mentre continuava a parlare.
— … non potevo fare nient’altro — finì.
Rimasi in silenzio.
Finì di bere e sorrise debolmente.
— La cucina è là in fondo — mi disse, indicandola. — Dentro c’è uno stanzino da lavoro. Gli strumenti sono là.
— D’accordo.
Mi alzai in piedi. Presi l’elmetto e mi diressi verso la porta.
— Aspetti un attimo! — disse.
Mi fermai.
— Perché è andato in quel punto prima? Cosa l’attrae in quella zona della stanza?
— Cosa intende dire?
— Lo sa benissimo.
Mi strinsi nelle spalle.
— È un punto come un altro.
— Dava l’impressione di avere motivi molto più importanti. Guardai il muro.
— Non in quel momento — dissi.
— Insisto.