123603.fb2 Il boia torna a casa - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 14

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— In realtà non vuole saperlo — dissi.

— Lo voglio.

— Benissimo. Volevo vedere che tipo di fiori preferisce. Dopo tutto, lei è un cliente — e attraversai la cucina diretto allo stanzino per mettermi al lavoro.

Sedevo in una sedia disposta di fianco al tavolo, di fronte alla porta. Nella stanza principale i soli rumori provenivano dai ceppi che ardevano sul caminetto.

Solo un bianco gelido che cadeva fuori dalle finestre… nessun altro rumore nella zona.

Grossi fiocchi bianchi nella notte silenziosa, priva di vento…

Dal mio arrivo era passato molto tempo. Il Senatore era rimasto a lungo a parlare con me. Era deluso dal fatto che non potessi dirgli troppo su una sottocultura non individuale della cui esistenza era convinto. A dire il vero non ne ero sicuro, anche se avevo incontrato occasionalmente quelli che avrebbero potuto essere come me. Non sono un tipo particolarmente socievole, però, e non avevo intenzione di riportare le mie supposizioni in merito. Fornii la mia opinione sulla Banca Centrale dei Dati quando mi venne chiesta, e c’erano cose che non gli piacquero. Mi aveva accusato, allora, di volermi distruggere senza offrire nessuna valida soluzione alternativa.

La mia mente era tornata indietro, attraverso il tempo e la stanchezza e i volti e la neve e molto spazio, alla sera precedente a Baltimora. Quanto tempo prima? La cosa mi faceva pensare a The Cult of Hope di Mencken. Non potevo dargli le risposte complete, le alternative valide che voleva, perché potevano anche non esistere. La funzione della critica non deve essere confusa con quella della riforma. Dopo lunghe discussioni, si ritirò per la notte. Se aveva pensato che non sarei stato in grado di scoprire nulla di sbagliato nell’elmetto, non lo lasciò trapelare.

Così sedetti, con l’elmetto, il radiotelefono, e la pistola posati sul tavolo, gli strumenti di lavoro sul pavimento accanto alla sedia, il guanto nero sulla mano sinistra.

Il Boia stava arrivando. Non avevo dubbi.

Bert, Larry, Tom, Clay, l’elmetto potevano riuscire o meno a fermarlo. Nella faccenda c’era qualcosa che mi preoccupava; ma ero troppo stanco per pensare a qualcosa di diverso dalla situazione immediata, per cercare di rimanere lucido durante l’attesa. Avevo paura di prendere uno stimolante o bere qualcosa o accendere una sigaretta, dato che il mio sistema nervoso doveva costituire una parte dell’arma. Rimasi a fissare i grossi fiocchi che scendevano.

Chiamai Bert e Larry quando sentii il click. Presi l’elmetto e mi alzai in piedi mentre la luce cominciava ad ammiccare.

Ma era già troppo tardi.

Mentre afferravo l’elmetto, sentii uno sparo provenire dall’esterno, e con esso avvertii una premonizione di sciagura. Non erano uomini che aprivano il fuoco senza avere un bersaglio preciso.

Dave mi aveva detto che la portata dell’elmetto era di circa un quarto di miglio. Poi, dato il divario di tempo tra l’attivazione dell’elmetto e la visualizzazione del Boia da parte delle guardie circostanti, il Boia doveva muoversi con grande velocità. A questo bisognava aggiungere la possibilità che la portata del Boia nei confronti delle onde cerebrali fosse maggiore di quella esercitata dall’elmetto su di lui. E poi ammettere la possibilità che si fosse servito di questo fattore mentre il senatore Brockden era ancora sveglio, in preoccupazioni. Conclusione: il Boia poteva benissimo sapere che io ero in quel luogo con l’elmetto, rendendosi conto che ero l’arma più pericolosa per lui. Quindi doveva venire a neutralizzarmi prima che riuscissi ad attivare il meccanismo.

Lo infilai in testa e cercai di concentrarmi al massimo di me stesso.

Ancora una volta mi sommerse la sensazione di visualizzare il mondo attraverso un caleidoscopio, con tutte le sensazioni concomitanti. Tranne per il fatto che il mondo consisteva nella facciata della casa: Bert, davanti alla porta, con il fucile imbracciato; Larry sulla sinistra, con il braccio già ricaduto appena dopo aver lanciato una granata. La granata, comprendemmo subito, era già stata neutralizzata dagli strumenti del Boia.

Bert fece fuoco; il colpo ci fece temporaneamente barcollare. Il terzo colpo ci mancò per pura fortuna. Non ci fu un quarto colpo, perché gli strappammo il fucile di mano e lo gettammo da parte mentre passavamo, sfondando la porta principale.

Il Boia entrò nella stanza passando sulla porta abbattuta.

La mia mente era piena al massimo della visione di quel corpo metallico che avanzava e dell’immagine rannicchiata di me stesso… con la mano sinistra allungata, la pistola laser nella destra, con il braccio stretto al fianco. Ebbi ancora la strana sensazione di forza, e cercai di controllarla come se mi appartenesse, per fermarla, mentre l’immagine di me stesso mi appariva immobile stagliata contro la finestra…

Il Boia rallentò, incespicò. L’inerzia non può essere cancellata in un attimo, ma sentivo che le reazioni fisiche si attenuavano. L’avevo agganciato. Dovevo solo tenerlo.

Poi venne l’esplosione… Un’eruzione tonante, che scuoteva il terreno appena fuori, seguita da una pioggia di detriti. La granata, naturalmente.

In quel momento, il Boia si riprese e mi fu addosso. Io azionai il laser spinto da puro istinto di conservazione, prevenendo ogni tentativo di riprendere il controllo dei suoi circuiti. Con la mano sinistra cercai di colpire la sua sezione mediana, dove era alloggiato il gruppo cerebrale.

Lui bloccò la mia mano con il braccio e mi tolse di testa l’elmetto. Poi mi strappò di mano la pistola che era diventata rovente, la fracassò, e la buttò a terra. In quel momento, sobbalzò per l’impatto di due proiettili di grosso calibro. Bert, dopo aver ripreso il fucile, era dietro di lui.

Il Boia fece perno su se stesso e si allontanò prima che riuscissi a colpirlo ancora.

Bert lo colpì ancora una volta prima di finire nelle sue braccia, che lo spinsero a terra. Poi si girò di nuovo e fece diversi passi verso destra, scomparendo di vista.

Giunsi alla porta in tempo per vederlo avvolto dalle fiamme, che lo raggiungevano da un punto angolare della stanza. Lui le attraversò. Sentii il rumore di metallo spezzato mentre distruggeva il lanciafiamme. Uscii in tempo per vedere Larry cadere nella neve.

Poi il Boia mi affrontò di nuovo.

Questa volta non mi si precipitò addosso. Riprese l’elmetto da dove l’aveva posato nella neve. Poi avanzò lentamente verso di me. Mi ritirai, nascondendo un bastone lungo un metro tra i resti della porta. Lui mi seguì, mettendo l’elmetto (quasi distrattamente) sulla porta accanto all’ingressso. Mi spostai nel centro della stanza e rimasi in attesa.

Mi chinai leggermente in avanti, con le braccia tese, puntando il bastone ai fotoricevitori posti nella sua testa. Continuò a muoversi lentamente mentre rimanevo a fissarlo. Con un essere umano normale, una linea perpendicolare a quella che collega le parti interne dei piedi indica il vettore di minor resistenza per squilibrare in qualche modo l’organismo in questione. Sfortunatamente, nonostante la progettazione antropomorfica, le gambe del Boia erano maggiormente distanziate, mancava dei muscoli scheletrici umani, per non parlare dei piedi, e possedeva una massa molto maggiore di qualsiasi altro essere umano. Mentre consideravo le varie mosse di judo che conoscevo, avevo l’intensa sensazione che nessuna di esse si sarebbe rivelata efficace.

Poi lui si avvicinò e puntai decisamente ai fotoricevitori. Rallentò e scostò da un lato il bastone, continuando ad avvicinarsi, ed io mi spostai sulla destra, cercando di girargli attorno. Lo studiai mentre si voltava, tentando di intuire il suo punto di resistenza minima.

Simmetria bilaterale, un centro di gravità evidentemente alto… Un colpo preciso al compartimento cerebrale era quello che faceva al caso mio. Poi, anche se i suoi riflessi gli avessero permesso di colpirmi immediatamente, sarebbe rimasto a lungo a terra. Lo sapeva anche lui. L’avrei detto dal modo in cui teneva il braccio destro nei pressi della zona cerebrale, dal modo in cui cercava di evitare i miei colpi.

L’idea era un accenno in un momento, una sequenza intera in quello successivo…

Continuando il mio arco con movimenti sempre più veloci, feci un altro tentativo verso i suoi fotoricevitori. Il suo colpo mi strappò il bastone di mano e lo scagliò attraverso la stanza, ma andava benissimo. Alzai la mano sinistra e mi preparai a colpirlo. Indietreggiò e lo spinsi evidentemente. La cosa poteva costarmi la vita, ma dovevo correre lo stesso il rischio.

Infilai i piedi tra le gambe del Boia mentre lui si metteva in guardia, e mi spostai a destra, perché in ogni modo non potevo servirmi della mano sinistra per tenerlo in equilibrio. Lo colpii quando gli passai accanto, ignorando il dolore allorché la mia spalla sinistra colpì il pavimento. Tentai immediatamente un assalto posteriore, a gambe larghe.

Le mie gambe lo colsero al centro, da dietro, mi sforzai di allungarle e spinsi con tutta la mia forza. Il Boia scricchiolò e quindi si inclinò. Liberando le braccia lateralmente, continuai il mio movimento in avanti e verso l’alto fino a quando cadde con un rumore sordo che incrinò il pavimento. Mi liberai da lui mentre mi rialzavo, ma mi agganciò la gamba destra, formando, nella presa, un angolo molto doloroso rispetto al mio corpo.

Il mio guanto nero si calò sulla sua spalla sinistra. Si liberò della carica e mi spinse in avanti. La carica si attivò ed il suo braccio sinistro si staccò rotolando sul pavimento. Il sottostante pannello laterale tintinnò un po’, e fu tutto…

La sua mano destra mi lasciò i bicipiti e mi strinse alla gola. Mentre due delle sue dita mi stringevano la carotide, tossii dicendo: — Stai facendo un grosso sbaglio — e poi persi conoscenza.

Dopo un po’, ricomparve il mondo. Ero seduto nella grossa sedia occupata in precedenza dal senatore, con lo sguardo che vagava per la stanza. Un ronzio persistente mi riempiva gli orecchi. Qualcosa ammiccava alla mia testa.

— Sì, sei vivo e porti l’elmetto. Se tenterai di servirtene contro di me, te lo toglierò subito. Sono direttamente dietro di te. La mia mano è sul bordo dell’elmetto.

— Capisco. Cosa vuoi?

— Ben poco, in realtà. Ma so che devo dirti alcune cose prima che tu mi possa credere.

— Hai perfettamente ragione.

— Allora comincerò col dirti che i quattro uomini là fuori non hanno riportato danni rilevanti. Cioè, nessun osso è stato spezzato, nessun organo danneggiato gravemente. Li ho immobilizzati, però, per ovvii motivi.

— È stato molto prudente da parte tua.

— Non ho intenzione di fare del male a nessuno. Sono venuto qui solo per vedere Jesse Brockden.

— Nello stesso modo in cui hai visto David Fentris?

— Sono arrivato a Memphis troppo tardi per vedere David Fentris. Quando l’ho raggiunto era morto.

— Chi l’ha ucciso?

— L’uomo che Leila inviò perché le prendesse l’elmetto. Era uno dei suoi pazienti.