123632.fb2 Il mangiatore danime - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 14

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13

Lane sedeva silenzioso e immobile nel suo ufficio. Aveva gli occhi aperti, ma lo sguardo pareva fisso su un punto lontanissimo che soltanto lui poteva distinguere. Il Mufti, aggrappato al soffitto, parlottava piano da solo. Nell’hangar adiacente all’ufficio, tre meccanici stavano lavorando alla Deathmaker.

Qualcuno bussò alla porta. Lane non si mosse, i colpi si fecero più insistenti, e infine la porta si spalancò e sulla soglia comparve Tchaka in tutto il suo variopinto splendore metallico.

— Nicobar! — gridò col suo vocione rimbombante.

Lane lo guardò, ma non aprì bocca.

— Sono passati più di cinque anni. Quando sei tornato?

— Ieri sera — rispose Lane.

— E non sei venuto da me?

— Non avevo sete.

— Allora vieni adesso. Come sempre il primo bicchiere lo offre la casa.

— Non bevo più.

— Devi esserti svampito, nello spazio — rise Tchaka. — È ora che tu rimetta i piedi per terra.

Gli si avvicinò e lo sbirciò nella penombra. I capelli di Lane, un tempo castani, folti e ondulati erano adesso radi e bianchi; gli occhi erano infossati e circondati da occhiaie nere, il corpo sottile e denutrito, le dita lunghe parevano artigli e le guance erano scarne e con gli zigomi sporgenti.

— Cosa diavolo ti è successo, Nicobar? — chiese Tchaka. — Se ti avessi visto entrare nel bar non ti avrei riconosciuto.

— Cinque anni sono molti — disse Lane. — La gente cambia.

— Ma non cambia in questo modo. Cos’è successo?

— Niente.

— E allora perché hai chiuso tutti i tuoi conti? Tchaka viene sempre a sapere tutto quello che succede a Porto Inferno. Appena l’ho saputo ho capito che dovevi essere tornato e siccome non sei venuto al bar, sono venuto io qui. A cosa ti serve tutto quel denaro, Nicobar?

— Non sono affari tuoi.

— Sbagli — sorrise Tchaka. — Se perdo un buon cliente è una cosa che mi riguarda, e se tu spendi in un altro modo tutti quei soldi, non puoi spenderli da me.

— Io credo che riuscirai a sopravvivere anche senza di me.

— Sì, ma Tchaka non rinuncia senza lottare. Cosa ti è successo?

— Niente, ti ripeto. Perché diavolo non te ne vai?

— Perché ho voglia di parlare. — Tchaka staccò dalla rastrelliera una delle pistole di Lane e l’accartocciò stringendola in pugno. — Sei disposto a far due chiacchiere adesso, Nicobar?

— No, se prima non mi avrai pagato la pistola.

— Te la pagherò il doppio del suo valore — Tchaka si guardò intorno alla ricerca di una sedia, ma poiché c’era solo quella su cui stava seduto Lane, si accontentò di appoggiarsi al muro. — L’ultima volta che ti ho visto stavi scartabellando fra vecchie mappe, e se ben ricordo ti interessava la Bestia dei Sogni. L’hai poi trovata?

Lane annuì.

— L’hai uccisa?

— No.

— Dev’essere qualcosa di eccezionale se un cacciatore del tuo calibro non ci è riuscito.

— La ucciderò — disse con convinzione Lane.

— E tutti quei soldi ti servono a questo scopo?

Lane annuì. — Mi occorre un’arma speciale. Devo farla costruire.

— Prima però devi ritrovare la Bestia dei Sogni — osservò Tchaka. — La galassia è grande.

— La troverò.

— Solo perché l’hai vista un paio di volte non significa che potrai trovarla quando vorrai.

— Non una o due. Nove volte — precisò Lane.

— Nove? — ripeté Tchaka fissandolo negli occhi spiritati che parevano trafiggerlo.

— Nove — confermò Lane.

— Due volte prima di partire da qui, un’altra fra qui e Lodin… — gli venne meno la voce, e solo dopo qualche istante concluse: — E sei volte da che sono partito da Belore.

— Belore? Di cosa sei andato a caccia su Belore?

— Non ci sono andato per questo.

— E allora per cosa?

— Per vedere un tizio che è in grado di costruire l’arma.

— L’ha poi costruita.

— Non lo so.

— Non è da te, Nicobar — disse Tchaka. — Ti sei dato tanto da fare e poi vieni a dirmi che non sai se quell’arma è pronta. Da quanto tempo ci lavora quel Belorano?

— Circa quattro anni.

— Quattro anni sono molto. Ormai dovrebbe essere pronta.

— Credo.

— E allora perché non sei andato a ritirarla?

— Non lo vedo da due anni.

— Perché?

— Ho viaggiato nello spazio.

— A far cosa?

— Non me lo chiedere. Lascia perdere, Tchaka.

— Così hai visto sei volte la Bestia dei Sogni negli ultimi due anni. — Tchaka sorrise. — E allora? Perché le hai dato la caccia se non eri in grado di ucciderla?

— Taci — disse piano Lane.

— A me sembra un grande spreco di tempo e di denaro. Pensa a quello che hai speso per i viveri e il carburante. Era meglio se lo avessi speso qui, il tuo denaro, Nicobar. Nessun mostro spaziale può valere una delle mie ragazze.

— Taci! — urlò Lane alzandosi di scatto.

— Ah, così? — ribatté Tchaka accalorandosi. — Quel mostro ti dà più soddisfazione delle mie ragazze? Per questo sei rimasto tanto tempo a vagabondare nello spazio?

Lane allungò il braccio per colpirlo, ma Tchaka gli afferrò la mano a mezz’aria, e gliela strinse finché Lane non cadde in ginocchio gemendo di dolore.

— Sei stato uno sciocco, Nicobar. Adesso, se ti lascio andare prometti che non cercherai più di picchiarmi?

Lane non rispose e Tchaka strinse più forte.

— E va bene. Prometto — sibilò ancora Lane fra i denti.

— Bravo. Spero che tu sia duro coi nemici come lo sei con gli amici. — Rise e lo aiutò a rialzarsi. — Dimmi tutto, Nicobar.

— Non c’è niente da dire — rispose Lane flettendo le dita con una smorfia.

— Vogliamo ricominciare? Avanti, parlami della Bestia dei Sogni.

— Ha un diametro di quasi sette chilometri, è color rosso arancione; non ha arti visibili…

— Non mi interessa il suo aspetto. Voglio sapere cosa ti ha fatto, Nicobar.

— Non mi ha fatto niente.

— Sei invecchiato di trent’anni, non hai più un filo di carne addosso, è evidente che ti ha messo una paura mortale… e vieni a raccontarmi che non ti ha fatto niente? Andiamo, Nicobar!

— E va bene — sospirò Lane. — Ricordi di quando ti ho parlato del suo meccanismo di difesa?

— Cioè del fatto che trasmette la sensazione di dolore e di morte? Sì, ricordo.

— Be’, sbagliavo.

— L’immaginavo. Non ho mai creduto in… come si chiama? Un empatico trasmittente?

— La definizione è ancora valida.

— Ma se hai appena detto…

— So quel che ho detto.

— Non sei molto chiaro, sai, Nicobar.

— Quello che provavo non era una sensazione di dolore o di morte, Tchaka — disse Lane parlando a fatica, come se ogni parola gli costasse uno sforzo enorme. — Capisci, adesso?

Tchaka s’illuminò in viso. L’occhio artificiale ammiccò scintillando come non mai e non uno dei denti d’oro rimase nascosto quando il gigante gettò all’indietro la testa scoppiando in una fragorosa risata.

— Perché non l’hai detto subito? — tuonò. — Una nuova emozione… un nuovo piacere… e io che cominciavo a pensare che fossi diventato un necrofilo. Ma qual è il problema, Nicobar? Perché non ti metti il cuore in pace e te la godi?

— Godermela? Godere di quella cosa?

— Certamente! Conosco uomini che hanno attraversato mezza galassia alla ricerca di nuove sensazioni e che sarebbero disposti a vendere l’anima in cambio di un solo attimo di qualcosa di diverso, e tu l’hai scoperto per caso! Se non è fortuna, questa!

— Tu non sai cosa sia. Non ti sono entrate nel cervello quelle maledette sensazioni.

— Non devono poi essere così terribili — obiettò Tchàka — altrimenti non te ne saresti andato in giro nello spazio per due anni a cercarne altre sei dosi.

— È terribile, terribile — sussurrò Lane con lo sguardo fisso nel vuoto. — Tu non sai.

— Io so che se fossi al tuo posto non cercherei di uccidere quella bestia, ma cercherei invece di capire cos’ha per sfruttare le sue doti. La Bestia dei Sogni può valere una fortuna, sai.

— Deve morire — disse piano Lane.

— Perché? Perché ti fa sentire pervertito? Perché ti vergogni o sei disgustato? Sciocchezze, Nicobar. Alla stessa stregua potresti ammazzare tutte le donne che non ti soddisfano a letto o i fabbricanti di liquori di cui non ti vanno i prodotti. E poi con quale diritto vuoi privare gli altri di un brivido?

— Un brivido? Che modo di definirlo. No, è qualcosa di alieno che l’uomo non avrebbe mai dovuto provare.

— Se gli esseri umani si fossero sempre contentati solo di quello che gli fa bene, non ci sarebbero il tabacco, gli alcolici, i narcotici, l’omosessualità. Diavolo, tutto quello che ha un buon sapore, un buon odore o che fa piacere è lecito. — Tacque per un momento, e poi tornò a sorridere. — Forse Tchaka verrà con te per provare anche lui quelle sensazioni.

— No — replicò deciso Lane. — Dobbiamo vedercela a tu per tu solo io e quella creatura. Non ho bisogno di aiuto.

— Aiuto? — rise Tchaka.

— Ma io sto dalla parte della Bestia dei Sogni, Nicobar!

— Non ti rendi conto di quello che ti può fare.

— Di una cosa sono sicuro, e cioè che non mi ridurrà a un sacco di ossa nevrastenico e assetato di sangue. Ho provato di tutto, in vita mia, mi manca solo di far l’amore con una palla di energia.

— Tu non verrai con me Tchaka — insisté Lane. — Andrò a ritirare quell’arma per ucciderlo, e niente potrà fermarmi.

— Sei come un maniaco sessuale che uccide le donne perché si vergogna di desiderarle — disse Tchaka. — Quella maledetta bestia ti ha dato al cervello. Se è troppo per te, torna nel mio locale. Ho una ragazzina che…

— Non mi interessa.

— Non vorrai dirmi che hai rinunciato anche alle donne, oltre che ai liquori? — rise Tchaka.

— Pensala pure come ti pare.

— Mi piacerebbe sapere che effetto fa quella cosa… Non stai mica scherzando, vero?

— No.

— Se è così potente capisco perché le sei corso dietro per due anni.

— Hai finito? Vogliamo cambiar discorso?

— Non ancora. Perché sei tornato fin qui per riscuotere i tuoi soldi? So che hai depositi in una dozzina di mondi.

— Non più.

— Allora quell’arma ti ha ridotto sul lastrico?

— Pressappoco — ammise Lane.

— Trent’anni di economie buttati nella spazzatura — esclamò con disgusto Tchaka. — Avresti fatto meglio a spendere i tuoi soldi nel mio locale.

— Ne guadagnerò ancora, dopo aver eliminato la bestia.

— E come li spenderai? Hai rinunciato alle donne e all’alcol, e forse anche alla droga.

— Si possono comprare anche altre cose.

— Cosa? Raccontala a qualcun altro. Noi siamo di frontiera, avventurieri… Cosa vorresti comprare? Una casa? Ma tu vivi a bordo della nave. Una biblioteca? Se ti interessassero i libri non avresti fatto il mestiere che fai. Vestiti, gioielli, fronzoli? Chi li vedrebbe? No, Nicobar, quando uno vive alla giornata come noi due, spende quel che guadagna in cose di cui può godere sul momento.

— E allora non spenderò. Mi limiterò a tornare a caccia.

— Perché non lo fai fin d’ora?

— Non posso. Non posso far niente finché non avrò ucciso quella creatura.

— Continui a chiamarla bestia o creatura — osservò Tchaka. — Credevo che avesse un nome.

— Ne ha più di uno.

— E allora?

— Nessuno è adatto. È una creatura e basta.

— Quando partirai per darle la caccia?

— Fra due o tre giorni. Appena la nave sarà pronta. Ho appena spedito i soldi per gli ultimi pezzi, e devo andare a Bellore per farla montare sulla nave.

— Prima di partire verrai da me a bere il bicchiere della staffa, spero.

Lane fece un cenno di diniego.

Tchaka alzò le spalle e si avviò alla porta. — Riposa in pace, amico mio. È stato bello averti conosciuto.

— Parli come se fossi già morto — disse Lane. — Quella maledetta creatura non mi ha ancora ammazzato.

— Guardati nello specchio, Nicobar — disse Tchaka, e uscì.