123635.fb2 Il mattatore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 16

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Cercò di mettere a fuoco il resto della scena. La musica stava aumentando di tono: se n’erano andati via tutti lasciandolo lì? Ma no… dietro il velo vedeva Piotr, che si avvicinava alla sedia dell’ufficio, sedia pesante, ornata, antica. Una volta aveva appartenuto a un nobile dello Zar. Piotr, giovane macchina del tutto fredda, nel suo trionfo… esaminava la sedia.

Da qualche parte dietro le quinte, un grido soffocato. Mila. Non riusciva a tenere chiusa la bocca per mezzo minuto? Forse aveva scorto il sangue. Forse la musica era riuscita a coprire il grido.

Piotr salì sulla pedana e si voltò; sedette cautamente sulla sedia del comando, provandola e sorridendo per la vittoria. Sembrava che trovasse la sedia comoda.

— Devo tenerla, Marka — disse.

Thorny gli indirizzò una sommessa maledizione. L’avrebbe ben conservata, fino a che il tempo avesse fatto un’altra svolta nel lungo e antico fiume. E col favore del popolo… a giudicare dagli applausi scroscianti.

Il sipario calò lentamente, a coprire la finestra sul palcoscenico.

Dietro di lui vi fu un rumore di passi e rantolò Aiuto! un paio di volte ma i passi continuarono ad andare. I manichini marciavano verso le scatole d’imballaggio.

Si rialzò da solo e tutto divenne scuro. Ma quando l’oscurità si dissolse, si ritrovò ancora in piedi, così si diresse barcollando verso l’uscita. Stavano correndo verso di lui… Mila e Rick e un paio di operai. Mani si tesero ad afferrarlo, ma le respinse.

— Adesso cammino da solo — brontolò.

Ma le mani lo afferrarono lo stesso. Vide Giada e il tizio bovino, cercò di trascinarsi verso di loro per spiegare tutto ma lei divenne più pallida e si allontanò. Devo sembrare un bue scannato, pensò.

— Cercavo di abbassarmi. Non volevo.

— Non sprecare il fiato — gli disse Rick. — Ti ho visto. Cerca solo di resistere.

Lo misero dentro una cassa d’imballaggio dei pupazzi e sentì che qualcuno cercava gridando un dottore tra il pubblico che usciva; poi un sacco di mani cominciarono a frugargli il fianco e a strappare.

— Mila…

— Qui, Thorny. Sono qui.

E dopo un po’ lei era ancora lì, ma sul letto batteva il sole e sentì un leggero odore d’ospedale. Batté le palpebre per diversi secondi, guardandola, prima di trovare la voce.

— Lo spettacolo? — chiese con voce roca.

— L’hanno stroncato — disse con voce dolce.

Richiuse gli occhi, lamentandosi.

— Ma farà un mucchio di soldi.

La fissò stupito, battendo le palpebre.

— Pubblicità. Fenomenale. Devo leggerti le recensioni?

Annuì e lei prese i giornali: parlavano tutti del pazzo che sanguinava sul palcoscenico. La fermò a metà del primo articolo, era sufficiente. Il pubblico aveva cominciato a sospettare qualcosa durante le ultime battute dello spettacolo e la ricerca di un dottore aveva confermato i sospetti.

— Hai perso il pandemonio tra le quinte — gli disse. — È stato veramente un caos.

— Ma lo spettacolo non chiude?

— E come potrebbe, con tutta questa morbosità come forza d’attrazione? Se chiude, sarà a causa dell’interpretazione di Peltier.

— E Giada…?

— Offesa. Molto offesa: puoi biasimarla?

Scosse la testa. — Non volevo far del male a nessuno. Mi spiace.

Lo guardò in silenzio per un momento poi: — Non puoi continuare ad agitarti come stai facendo, Thorny, senza ferire qualcuno, senza che qualcuno cominci a odiare il tuo coraggio, perché è stato calpestato. Proprio non puoi.

Era vero. Quando ti attacchi a un pezzo del passato e lo fai quietamente, fai male solo a te stesso. Ma quando incominci a dar colpi all’impazzata per fargli posto nel presente, cominci anche a colpire gli astanti.

— Il teatro è morto, Thorny. Ci credi adesso?

Ci pensò su un po’ e scosse la testa. Non era morto. Soltanto la forma era cambiata e forse neppure in modo permanente. Ci aveva pensato la prima volta la sera prima, davanti all’icona. C’erano cose che appartenevano al tempo loro e poche altre che erano senza tempo. Il tempo era il risultato di un certo genere di cultura umana; le cose senza tempo erano il risultato di ogni cultura umana: e l’Uomo di Cultura era un Teatrante. Creava delle locandine di cultura per un pubblico di uomini, esponendovi le sue aspirazioni, ideali e mete, e queste esposizioni erano necessarie per la continuità della cultura, per il deliberato orientamento della specie.

Al di là di una siffatta locandina, l’Uomo di Cultura erigeva un altare e ci metteva davanti un prete che cantasse la descrizione liturgica delle ragioni emotive dei suoi tempi. E al di là di un’altra locandina costruiva un palcoscenico e vi sistemava sopra i propri manichini parianti per vivere una sequenza drammatica dei desideri e dei dolori del suo tempo.

È vero, i preti sarebbero cambiati, e la liturgia sarebbe cambiata, e i manichini, e i drammi, e i contenuti… ma le locandine non sarebbero cambiate, no mai… non sarebbero mai state tolte fin tanto che l’Uomo fosse sopravvissuto, perché solo attraverso queste locandine gli uomini transitori avrebbero potuto vedere se stessi contro l’orizzonte di una curva più ampia, vedere l’uomo circondato dall’Uomo. Nessuna prospettiva sarebbe stata possibile senza una locandina.

Il Dramma: antico come l’Uomo civile. Forme, tecniche e applicazioni sopravvissute. Sopravviveva anche all’attuale culto popolare del Grande Dio Meccanismo che era stato temporaneamente custodito mentre era ancora incompreso dal popolo. Come il Grande Dio Commercio di un secolo precedente e il Dio Agricoltura prima di lui.

Improvvisamente scoppiò a ridere. — Se impiegassero oggi attori umani, otterrebbero uno spettacolo che sa di muffa. E neppure realistico, considerati i tempi.

Aveva cominciato a sentirsi molto espansivo ed eroico riguardo a tutto questo, mentre un’altra persona sostava sulla soglia. Quando un leggero colpo di tosse gli fece alzare gli occhi, restò un attimo a guardarla, poi sorrise apertamente e chiamò: — Ohé, Richard! Entra. Qui… siediti. Aiutami a prendere una decisione per una nuova carriera, vuoi? eh, eh… — Agitò la mano e sghignazzò. — Che specie di scatolette nere un vecchio idiota può…

Tacque. L’espressione di Rick era fredda. Non diede segno di voler entrare e dopo un momento disse: — Credo che ci sarà sempre un fesso pronto a riaffrontare questa specie di corsa a staffetta.

— Corsa? — Thorny aggrottò lentamente la fronte.

— Già. Il secolo scorso fu tra un cinese al pallottoliere e una macchina IBM. FU una vera competizione, lo sai?

— Ma, senti un po’…

— E il secolo precedente ci fu una gara tra una segretaria manolesta e una macchina per scrivere.

— Se sei venuto qui a…

— E prima ancora, un tessitore contro un telaio meccanico.

— È stato simpatico vederti, Richard. Uscendo, vuoi dire all’infermiera di…

— Rompete i telai, distruggete le macchine, picchettate gli uffici che hanno macchine per scrivere, tenete fuori dalla Cina le calcolatrici! E dopo? Cercate di essere degli strumenti migliori di uno strumento?

Thorny voltò la testa di lato e fissò torvo il muro. — D’accordo. Ho sbagliato. Che cosa vuoi fare? Prendermi in giro? Farmi la morale?

— No, sono solo curioso. Continua a succedere… uno specialista che tenta di competere con gli strumenti di uno specialista di più alto livello. Perché?

— Più alto livello? — Thorny si tirò su a sedere con un ringhio, gemette, si strinse il fianco e ricadde indietro, ansando.