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— Quando giravi con il denaro in tasca te lo rubavano — disse Nitty.
— Gli imperatori della Cina adoperavano piastre d’argento stampate con il loro sigillo — continuò Mr. Parker. — Ma trasformando il denaro in registrazioni tenute dalla Federal Reserve Bank si elimina il costo della stampa di banconòte e della coniatura di monete, e naturalmente il controllo fiscale è assoluto. Nel frattempo l’identificazione retinica è il migliore dei…
Little Tib smise di ascoltare. Stava arrivando un treno. Poteva udirlo in lontananza; lo sentì passare su un ponte, da qualche parte, e farsi sempre più vicino. Cercò a tentoni il suo bastone e lo strinse saldamente.
Poi il rumore fu forte, ma la velocità d’avvicinamento era bassa e la motrice emise il suo fischio. Ad un tratto Nitty lo sollevò da terra con una delle sue forti braccia. Ci furono dei sobbalzi rapidi, un salto, delle improvvise oscillazioni a destra e a sinistra, e infine Nitty lo depose su una superficie piana. Erano sul treno. — Se vuoi — disse Nitty, — puoi sedere qui sul bordo e tenere i piedi penzoloni fuori. Ma fai attenzione.
Little Tib fece attenzione. — Dov’è Mr. Parker?
— È andato a sdraiarsi sul fondo. Vuole farsi un pisolino… lui dorme molto.
— Può sentirci?
— Ti piace sedere così? È una delle cose che mi divertono di più. So che non puoi vedere tutte le cose che ci passano davanti, però potrei descrivertele. Ora stiamo girando a destra. Risaliamo per un lunghissimo pendio e da questa parte del treno si vedono soltanto alberi di pino. Scommetto che nella boscaglia ci sono animali d’ogni genere. Ti piacciono gli animali, George? Gli orsi e i grossi felini selvatici?
— Può sentirci? — chiese ancora Little Tib.
— Non credo, solitamente si addormenta subito. Ma sarebbe meglio aspettare un po’ se vuoi che non ascolti quel che devi dirmi.
— Va bene.
— Adesso c’è una cosa di cui dobbiamo preoccuparci. Qualche volta questi treni sono ispezionati dalla polizia. Se trovano uno che viaggia a sbafo lo buttano giù. Non credo che farebbero questo con un ragazzino come te, però Mr. Parker e io verremmo buttati giù. In quanto a te, ti porterebbero con loro fino alla prossima città per consegnarti alla polizia municipale.
— Quelli non mi vogliono — disse Little Tib.
— Che intendi dire?
— Qualche volta mi prendono, però non riescono mai a sapere chi sono. Allora mi lasciano andar via.
— Suppongo che tu sia lontano da casa da molto più tempo di quel che credevo. Quanto è che non vedi mamma e papà?
— Non lo so.
— Dev’esserci un modo per identificare i ciechi. Ci sono molti ciechi.
— La macchina di solito sa chi sono i ciechi. Questo me l’hanno detto; ma non conosce me.
— Quelli ti prendono la foto della retina… sai cos’è?
Little Tib non disse niente.
— È la parte interna dell’occhio, quella che vede le immagini. Fai conto che il tuo occhio sia una macchina fotografica: hai una lente davanti e la pellicola dietro. Be’, la retina è la pellicola: è di questa che ti prendono una foto. Penso che la tua l’abbiano persa. Tu sai cos’hanno i tuoi occhi che non va?
— Sono cieco.
— Sì, ma non sai per quale motivo, eh, bambino? Vorrei che tu potessi vedere questa zona… stiamo oltrepassando una vallata, e sotto di noi ci sono alberi a non finire, e rocce, e ruscelli.
— Può sentirci, Mr. Parker? — chiese ancora Little Tib.
— Credo di no. Sembra che dorma della grossa.
— Lui chi è?
— È quel che ti ha detto. È il sovrintendente, solo che non lo vogliono più.
— È davvero pazzo?
— Sicuro. È un uomo pericoloso quando gli prendono i cinque minuti. Quando lo fecero sovrintendente gli misero quell’affanno nella testa per dargli più capacità, più ricordi e più matematica, e altre cose che lo avrebbero fatto lavorare meglio. Il distretto scolastico ne aveva acquistati molti; non so come li chiami tu, quegli oggettini con tanti microcircuiti dentro…
— E non gliel’hanno tolto dopo che ha smesso d’essere sovrintendente?
— Sicuro, ma la sua testa era abituata ad averlo dentro, ormai, o almeno credo. Piccolo, ti senti bene?
— Sto bene.
— Non ne hai l’aria: mi sembri pallido. Magari è perché ti sei tolto via un bel po’ di polvere quando ti ho mandato a lavarti la faccia. Che ne pensi, è per questo?
— Io mi sento benissimo.
— Vieni qui, fammi sentire se scotti. — Little Tib avvertì il rude contatto di un palmo calloso sulla fronte. — Mi pare che tu abbia un po’ di febbre.
— Non sono malato.
— Guarda là! Ah, se tu avessi potuto vederlo. C’era un orso laggiù: un grosso vecchio orso, nero come il carbone.
— Probabilmente era un cane.
— Credi che io non riconosca un orso? Si è alzato e ci ha salutati.
— Sul serio, Nitty?
— Be’, non come farebbe un uomo. Non ha mica gridato buongiorno o ehilà. Però ha sollevato una delle sue grosse vecchie zampe. — Nitty prese un braccio di Little Tib e glielo alzò.
Una voce strana, che a Little Tib parve la voce di una donna, disse: — Ehi, voi laggiù! — Sentì dei tonfi come se qualcuno avanzasse sul pavimento del vagone, poi i tonfi delle scarpe di qualcun altro.
— No, un momento! Un momento, vi dico! — esclamò Nitty.
— Stai calmo — disse la voce di un’altra donna.
— Non vorrete buttarci giù dal treno, eh? Io ho un bambino qui con me, un bambino cieco. Non può saltare giù da nessun treno.
— Che sta succedendo, Nitty? — disse Mr. Parker.
— Polizia ferroviaria, Mr. Parker. Sembra che ci butteranno giù da questo treno.
Little Tib poté udire il fruscio che Mr. Parker fece nell’alzarsi, e si chiese se fosse un uomo grosso oppure piccolo, e che età avesse. Di Nitty s’era fatto un’idea, ma di Mr. Parker non era certo, anche se stava cominciando a pensare che fosse molto giovane. Decise che doveva essere di media statura.