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— Il Servizio Speciale si occupa degli individui il cui valore come grattacapo è salito bruscamente… così bruscamente da far palpitare le nostre spie luminose.
— Ma io non ho fatto niente di tanto orribile da…
— Noi non badiamo a quello che fai. Ci pensa un computer. Noi ci limitiamo a controllare la prima derivata della curva grafica che porta il tuo nome. Il tuo tracciato è nettamente in rialzo.
— Neppure la dignità di un nome…
— Il nostro è il dipartimento più efficiente dell’Organizzazione di Polizia. Giudicala una vanteria, se preferisci. O semplicemente un’informazione.
— Bene, bene, bene — dissi io. — Bevi qualcosa? — L’omarino in giacca bianca ci lasciò, guardò perplesso l’abbigliamento di Maud, e poi passò a servire qualcun altro.
— Grazie. — Buttò giù metà del contenuto del bicchiere come se fosse molto più robusta di quanto indicasse il suo polso. — Non serve dare la caccia alla maggior parte dei criminali. Prendi i grandi capi del racket, Farnesworth, Hawk, il Falco, Blavatskia. Prendi i piccoli borsaioli, gli spacciatori da quattro soldi, i topi d’appartamento e i vice-esattori. Al vertice come al fondo della scala, i loro redditi sono costanti. Non rovesciano la barca della società. Il Servizio Regolare si occupa degli uni e degli altri, ed è convinto di fare un buon lavoro. Noi non stiamo a discutere. Ma diciamo che un piccolo spacciatore cominci a diventare uno spacciatore in grande stile, che un vice-esattore miri a diventare il capo di un racket; e allora saltano fuori i problemi, con spiacevoli ripercussioni sociali. Allora entra in scena il Servizio Speciale. Abbiamo un paio di tecniche che funzionano in modo straordinario.
— E hai intenzione di parlarmene, non è vero?
— Così funzionano meglio — disse lei. — Uno è l’archivio delle informazioni a ologrammi. Sai cosa succede quando tagli in due una lastra d’ologramma?
— L’immagine tridimensionale risulta… tagliata a metà?
Maud scosse il capo. — Ti ritrovi con l’immagine intera, solo un po’ confusa, leggermente sfocata.
— Questo non lo sapevo.
— E se la tagli ancora a metà, l’immagine diventa solo un po’ più sfocata. Ma anche se avessi un centimetro quadrato soltanto dell’ologramma originale, avresti l’intera immagine… irriconoscibile, ma completa.
Emisi qualche borbottio d’ammirazione.
— Ogni punto dell’emulsione fotografica sulla lastra di un ologramma, a differenza di una fotografia, fornisce informazioni sull’intera scena ologrammata. Per analogia, l’archivio delle informazioni ologrammate significa semplicemente che ogni informazione di cui disponiamo, sul tuo conto, poniamo, si ricollega a tutta la tua carriera, alla tua situazione generale, alla serie completa delle tensioni fra te e il tuo ambiente. Noi lasciamo al Servizio Regolare i fatti specifici riguardanti i reati specifici, grandi e piccoli. Non appena abbiamo a disposizione abbastanza dati del nostro tipo, il nostro metodo è immensamente più efficiente per seguire, o addirittura prevedere dove sei e che cosa puoi avere intenzione di combinare.
— Interessante — dissi io. — Una delle sindromi paranoidi più sbalorditive in cui mi sia mai imbattuto. Io voglio solo intavolare una conversazione con qualcuno in un bar. Spesso, all’ospedale, ho incontrato tipi più stra…
— Nel tuo passato — disse lei, recisamente — vedo vacche ed elicotteri. Nel tuo futuro non lontano ci sono elicotteri e falchi.
— E dimmi, o Buona Fattucchiera dell’Occidente, in che modo… — Poi mi sentii rimescolare tutto. Perché nessuno avrebbe dovuto sapere di quella faccenda con Pa Michaels, tranne voi e me. Neppure il Servizio Regolare, che mi aveva tirato fuori sbronzo fradicio dall’elicottero balzellante sul tetto della Pan Am, neppure il Servizio Regolare, dico, era riuscito a farmelo sputare. Avevo inghiottito le carte di credito, quando avevo visto gli sbirri che mi aspettavano, e i numeri di serie di tutto quello che aveva un numero di serie erano stati limati da qualcuno più esperto di me: il buon Mister Michaels si era vantato con me, durante la mia prima notte di solitudine e di sbronza all’allevamento, che aveva acquistato l’elicottero da un ricettatore del New Hampshire.
— Ma perché… — Mi spaventano sempre le frasi fatte che ci vengono imposte dall’ansia. — Ma perché mi dici questo?
Lei sorrise, e il sorriso svanì dietro il velo. — Le informazioni sono significative solo quando vengono comunicate — disse una voce che era la sua e che usciva dal punto in cui doveva esserci il suo volto.
— Ehi, senti, io…
— Può darsi che presto presto tu debba ricevere un mucchio di danaro. Se il mio calcolo è esatto, farò arrivare un elicottero carico dei migliori poliziotti della città per portarti via nel momento in cui riceverai quel danaro. Questa è un’informazione… — Lei indietreggiò. Qualcuno passò in mezzo a noi.
— Ehi, Maud!
— Puoi fartene ciò che vuoi, di quel che ti ho detto.
Il bar era tanto affollato che muoversi in fretta voleva dire farsi dei nemici. Non so… io persi di vista Maud e mi feci dei nemici. C’erano diversi tipi strani, lì: con i capelli bisunti e divisi in ciocche appuntite, e tre di loro avevano dei draghi tatuati sulle spalle magre, un altro ancora aveva una pezza su un occhio, e un altro mi puntava contro la guancia le unghie nere di pece (ci furono due minuti di rissa generale, caso mai vi fosse sfuggita la transizione. A me sfuggì) e alcune donne strillavano. Io picchiai e schivai, e poi il tenore della chiassata cambiò. Qualcuno cantò: — Diaspro! — nel modo in cui va cantato. E significava che la pula (il comune, confusionario Servizio Regolare che io avevo eluso per quei sette anni) era in arrivo. La rissa si riversò sulla strada. Io passai in mezzo a due bravacci che facevano quel che dovevano fare, ma ce la feci a uscire dalla calca senza ferite più gravi di quelle che si rimediano quando ci si fa la barba. La zuffa si era divisa in settori. Io ne lasciai uno e incappai in un altro che, come scoprii dopo un attimo, era semplicemente un capannello di gente raccolta intorno a un tizio conciato piuttosto male.
Qualcuno teneva indietro la gente.
Qualcun altro stava rigirando il ferito.
Raggomitolato in una pozza di sangue c’era l’ometto che non vedevo da due anni e che era così bravo ad aiutarmi a sbarazzarmi delle cose non mie.
Cercando di non colpire nessuno con la mia valigetta, mi infilai tra la calca. Quando vidi spuntare il primo poliziotto regolare, mi sforzai di darmi l’aria di qualcuno che si era avvicinato per scoprire cos’era quel tafferuglio.
Funzionò.
Svoltai per la Nona Strada, e feci tre passi ad andatura svelta e tuttavia non tale da attirare l’attenzione…
— Ehi, aspetta! Aspetta, tu…
Riconobbi la voce (anche dopo due anni, la riconobbi sul momento) ma continuai a camminare.
— Aspettami! Sono io, Hawk!
Mi fermai.
Non avete sentito il suo nome, prima d’ora, in questa storia; Maud aveva nominato Hawk, il Falco, che è il capo multimilionario di un racket, ed esercita la sua attività in una zona di Marte dove non sono mai stato (sebbene affondasse gli artigli, fino agli speroni, nelle attività illegali di tutto il sistema). Quello era tutto un’altra cosa.
Tornai indietro di tre passi, verso l’androne.
Una risata fanciullesca: — Oh, cribbio. Hai l’aria di avere appena fatto qualcosa che non dovevi.
— Hawk? — chiesi all’ombra.
Aveva ancora l’età in cui due anni di assenza significano due o tre centimetri di statura in più.
— Gironzoli ancora da queste parti? — chiesi io.
— Qualche volta.
Era un ragazzo sorprendente.
— Senti, Hawk, devo tirarmi fuori di qui. — Lanciai un’occhiata nella direzione della rissa.
— Capito. — Scese. — Posso venire anch’io?
Strano. — Già. — Mi fece una strana impressione, sentire lui che me lo chiedeva. — Vieni.
Alla luce del lampione, mezzo isolato più avanti, vidi che i suoi capelli erano ancora sbiaditi come il legno del pino. Sembrava un teppistello: un giubbino nero molto sporco, senza camicia; un paio di jeans neri molto consumati… voglio dire, questo si vedeva anche al buio. Era scalzo; e l’unico modo per capire, in una strada buia, che qualcuno va in giro scalzo da giorni e giorni per New York, consiste nel saperlo già. Quando arrivammo all’angolo, lui mi rivolse un ghigno dal basso in alto, sotto il lampione, e si richiuse il giubbotto sulle cicatrici che gli deturpavano il petto e il ventre. Aveva gli occhi molto verdi. Lo riconoscete? Se in seguito a una dispersione d’informazioni tra mondi e mondicelli non l’avete riconosciuto, sappiate che accanto a me, in riva all’Hudson, camminava Hawk il Cantore.
— Ehi, da quanto sei tornato?
— Da poche ore — gli dissi.