123659.fb2 Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 3

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— Cos’hai portato?

— Ci tieni proprio a saperlo?

Si cacciò le mani in tasca e inclinò la testa. — Sicuro.

Io borbottai, come un adulto esasperato dal comportamento di un bambino: — Sta bene. — Ormai avevamo percorso un isolato lungo il molo; non c’era nessuno, in giro. — Siediti. — Lui si mise a cavalcioni sul parapetto, con un piede penzoloni sul nero, lampeggiante Hudson. Io sedetti di fronte a lui e feci scorrere il pollice lungo il bordo della valigetta.

Hawk aggobbì le spalle e si sporse verso di me. — Ehi… — Mi lanciò una verde occhiata interrogativa. — Posso toccare?

Scrollai le spalle. — Fai pure.

Frugò con le dita che erano tutte nocche e unghie rosicchiate. Ne sollevò due, li rimise giù; ne prese altri tre. — Ehi! — sussurrò. — Quanto valgono?

— Circa dieci volte di più di quello che spero di ricavarne. Debbo sbarazzarmene in fretta.

Lui si guardò il piede penzolante. — Potresti sempre buttarli nel fiume.

— Non fare l’idiota. Cercavo un tale che frequentava quel bar. Lui era molto efficiente. — In mezzo all’Hudson, un battello scivolava sulla spuma. Sul ponte c’era parcheggiata una dozzina di elicotteri: li traghettavano al Campo del Servizio di Pattugliamento presso il ponte di Verrazzano, senza dubbio. Ma per qualche istante, il mio sguardo passò dal ragazzo al trasporto: mi sentivo diventare paranoide per via di quel che aveva detto Maud. Ma la nave passò oltre, muggendo nell’oscurità. — Il mio uomo è stato tagliuzzato un po’, questa sera.

Hawk si infilò i polpastrelli nelle tasche e cambiò posizione.

— E così sono rimasto fregato. Non pensavo che li avrebbe presi tutti lui, ma almeno avrebbe potuto indirizzarmi ad altri che li avrebbero comprati.

— Io vado a una festa, questa sera, più tardi. — Hawk s’interruppe per rosicchiare il relitto dell’unghia del mignolo. — Là, forse, potresti venderli. Alexis Spinnel dà una festa in onore di Regina Abolafia al Tower Top.

— Al Tower Top…? — Era un pezzo che non andavo in giro con Hawk. Hell’s Kitchen alle dieci: Tower Top a mezzanotte…

— Io ci vado perche ci sarà Edna Silem.

Edna Silem è la più anziana dei Cantori di New York.

Il nome della senatrice Abolafia era lampeggiato luminoso sopra la mia testa, quella sera. E dalla lettura delle innumerevoli riviste che avevo letto durante il viaggio di ritorno da Marte, ricordavo il nome di Alexis Spinnel, che divideva un capoverso con una spaventosa montagna di quattrini.

— Mi farebbe piacere rivedere Edna — dissi, disinvolto. — Ma lei non si ricorderà di me. — I tipi come Spinnel e compagni amano fare un giochino tra di loro. L’avevo scoperto subito dopo aver fatto conoscenza con Hawk. Quelto che riesce a radunare sotto lo stesso tetto il maggior numero di Cantori della Città, vince. Ci sono cinque Cantori a New York (seconda a pari merito con Lux su Giapeto). Tokyo è in testa con sette. — È una festa con due Cantori?

— Più probabilmente quattro… se ci vado anch’io.

Ce ne sono quattro al gran ballo per l’insediamento del sindaco.

Inarcai doverosamente un sopracciglio.

— Debbo ricevere la Parola da Edna. Stanotte cambia.

— Bene — dissi io. — Non so che cosa hai in mente tu, ma ci sto. — Chiusi la valigetta.

Tornammo indietro verso Times Square. Quando arrivammo all’Ottava Strada e al primo plastiplex, Hawk si fermò. — Aspetta un momento — disse. Poi si abbottonò il giubbotto fino al collo. — Okay.

Passeggiare per le strade di New York in compagnia di un Cantore (due anni prima avevo passato molto tempo a chiedermi se era consigliabile per un uomo della mia professione) è probabilmente il miglior camuffamento possibile per un uomo della mia professione. Pensate all’ultima volta che avete intravisto il vostro divo preferito della Tri-D mentre svoltava l’angolo della Cinquantasettesima. Adesso siate sinceri. Riconoscereste davvero l’ometto dalla giacca di tweed, che camminava mezzo passo più indietro?

Metà di quelli che incontrammo in Times Square lo riconobbero. Così giovane, con l’abbigliamento funereo, i piedi neri e i capelli chiarissimi, era senza dubbio il più colorito dei Cantori. Sorrisi; occhi socchiusi; pochissimi, per la verità, l’indicavano a dito o lo fissavano a occhi sbarrati.

— Di preciso, chi ci sarà alla festa di questa sera, che possa levarmi questa roba dalle mani?

— Beh, Alexis si vanta di essere un po’ un avventuriero. Potrebbero colpirgli la fantasia. E lui può pagarteli più di quello che ci ricaveresti vendendoli per strada.

— Gli dirai che scottano?

— Probabilmente servirà a fargli apparire l’idea ancora più allettante. È un tipo che ama il brivido.

— Se lo dici tu, amico.

Scendemmo nella sottosotterranea. L’uomo del botteghino fece per prendere la moneta portagli da Hawk, poi alzò gli occhi. Cominciò a pronunciare due o tre parole rese incomprensibili dall’ampio sorriso, poi ci fece cenno di passare.

— Oh, grazie — disse Hawk, con tono d’ingenua sorpresa, come se fosse la prima volta che gli capitava una cosa tanto deliziosa. (Due anni prima mi aveva detto, in tono saggio: — Appena comincio ad avere l’aria di aspettarmelo, non succede più. — Ero ancora impressionato dal modo in cui portava la sua notorietà. La volta che avevo conosciuto Edna Silem, e vi avevo accennato, lei aveva detto, con la stessa aria ingenua: — Ma è per questo che siamo stati prescelti.)

Salimmo in carrozza, sedemmo sul lungo sedile; Hawk teneva le mani posate ai fianchi, un piede appoggiato sull’altro. Più in là, alcune masticatrici di goo, dalle vivaci camicette, ridacchiarono e additarono cercando di non far notare che lo facevano. Hawk non le guardò neppure, e io cercai di non far notare che le guardavo.

Chiazze scure passarono oltre il finestrino.

Qualcosa ronzò sotto il pavimento grigio.

Un sussulto.

Venimmo spinti in avanti; ci staccammo dal suolo.

Fuori, la città si stava provando i suoi mille lustrini, e poi li gettava via, dietro gli alberi di Fort Tryon. All’improvviso, i finestrini di fronte a noi divennero scaglie luminose, dietro le quali passavano le travature di una stazione. Scendemmo sul marciapiedi, sotto una pioggerella finissima. Il cartello diceva TWELVE TOWERS STATION.

Quando arrivammo sulla strada, però, la pioggia era cessata. Il fogliame, al di sopra del muro, spargeva acqua sui mattoni. — Se avessi saputo che avrei portato con me qualcuno avrei detto ad Alex di mandarci a prendere con una macchina. Gli avevo detto che ci sarei andato con cinquanta probabilità su cento.

— Sei sicuro che vada bene se mi accodo a te?

— Non sei già venuto qui con me un’altra volta?

— C’ero stato addirittura prima — dissi io. — Comunque credi che…

Mi lanciò un’occhiataccia. Beh, Spinnel sarebbe stato felice di avere Hawk alla festa, anche se si fosse trascinato dietro un’intera banda di teppisti… i Cantori sono speciali, per questo. Spinnel se la cavava a buon mercato, con un solo ladro più o meno presentabile. Intorno a noi, le rocce si dispersero verso la città. Dietro il cancello alla nostra sinistra, i giardini salivano verso la prima delle torri. I dodici immensi grattacieli di appartamenti di lusso minacciavano le nubi più basse.

— Hawk il Cantore — disse Hawk nel microfono a lato del cancello. Clang e tic-tic-tic e Clang. Percorremmo il sentiero, verso le porte di vetro.

Un gruppo d’uomini e donne in abito da sera stava uscendo in quel momento. Ci videro a tre porte di distanza. Li vedemmo aggrottare la fronte nello scorgere il teppista che si era infilato chissà come nell’atrio (per un momento pensai che una delle donne fosse Maud, perché portava una guaina di stoffa-che-sbiadisce, ma poi si voltò: sotto il velo, il suo volto era scuro come caffé tostato); poi uno degli uomini lo riconobbe, disse qualcosa agli altri. Quando c’incrociarono, sorridevano tutti. Hawk badò loro quanto aveva badato alle ragazze nella sotterranea. Ma quando furono passati, disse: — Uno di quei tipi ti guardava.

— Già. Ho visto.

— Sai perché?

— Cercava di ricordare se c’eravamo già incontrati.

— Ed è vero?