123823.fb2 Io, Nomikos, limmortale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 27

Io, Nomikos, limmortale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 27

— Cos’avevi mangiato quella sera? Bacche del Posto Caldo?

— Non irridermi, ti prego. Poi, in una notte dipoi, ho sognato che mi trovavo in una terra di sabbia e oscurità. La forza degli antichi campioni era sopra di me, ed io combattei con Anteo, figlio della Terra, e lo distrussi. Poi di nuovo giunse da me il Signore dell’Ade, e presomi per il braccio disse «Vieni con me, adesso». Ma di nuovo non gli obbedii e mi svegliai. La Terra stava tremando.

— È tutto?

— No. Ancor più recentemente, e non di notte, ma mentre sedevo sotto un albero ad osservare il mio gregge, feci un sogno mentr’ero sveglio. Come Febo combattei col mostro Pitone, e quasi ne fui distrutto. Questa volta il Signore dell’Ade non venne, ma allorché mi guardai attorno Ermes, il suo staffiere, era lì e sorrideva e puntava i caducei come fucili nella mia direzione. Scossi la testa, ed egli li abbassò. Poi di nuovo li alzò in un gesto, ed io guardai dove m’aveva indicato.

«E lì davanti ai miei occhi si stendeva Atene, questo posto, questo Teatro, tu, e qui sedevano le antiche donne. Colei che misura il filo della vita era imbronciata, poiché aveva disteso il tuo all’orizzonte e gli occhi non ne scorgevano la fine. Ma colei che tesse lo aveva diviso in due fili assai sottili. L’uno si stendeva attraverso il mare e svaniva ancora alla mia vista. L’altro portava alle colline. Sulla prima collina stava l’Uomo Morto, che stringeva il tuo filo nelle sue bianche, bianche mani. Dietro di lui, sulla collina seguente, una roccia ardente bruciava il filo. E sulla collina dietro la roccia stava la Bestia Nera, e scuoteva e mordeva il tuo filo coi denti. E lungo tutto lo svolgersi del trefolo s’ergeva un grande guerriero straniero, e gialli erano i suoi occhi e nuda la lama nelle sue mani, ed egli levò più d’una volta la lama in gesto di minaccia.

«Così sono disceso ad Atene per incontrarti, qui, in questo luogo, per dirti di riattraversare i mari, per avvisarti di non salire la collina dove t’attende la morte. Perché seppi, quando Ermes sollevò i caducei, che i sogni non erano i miei, ma a te s’indirizzavano, o padre mio, e che dovevo trovarti qui e metterti in guardia. Vattene via adesso, mentre ancora lo puoi. Torna indietro. Ti prego».

Gli afferrai la spalla.

— Giasone, figlio mio, io non torno indietro. Mi assumo la piena responsabilità delle mie azioni, giuste o sbagliate che siano, e anche della mia morte, se così dev’essere. Ma questa volta debbo andare sulle colline, vicino al Posto Caldo. Grazie per il tuo avvertimento. La nostra famiglia ha sempre avuto qualcosa di particolare per i sogni, ma a volte ci ingannano. Anch’io ho sogni, sogni in cui vedo attraverso gli occhi di altre persone, talora chiaramente, talora no. Grazie per il tuo avvertimento. Mi spiace di non poterlo ascoltare.

— Allora tornerò al mio gregge.

— Torna con me al mio appartamento. Domani ti faremo volare sino a Lamia.

— No. Non dormo nei grandi edifici, e non volo.

— Allora è probabilmente tempo che tu riparta, ma voglio assecondarti. Possiamo accamparci qui per stanotte. Sono Commissario di questo monumento.

— Avevo sentito dire che hai un posto d’importanza nel Governo. Ci saranno altri delitti?

— Spero di no.

Trovammo un punto comodo e ci sdraiammo sul suo mantello.

— Come interpreti i sogni? — gli chiesi.

— I tuoi doni ci giungono con ogni nuova stagione, ma quand’è stata l’ultima volta che ci hai fatto visita?

— Circa diciannove anni fa — dissi.

— Allora non sai dell’Uomo Morto?

— No.

— È più grande di molti uomini, più alto e grosso, con la pelle del colore del ventre dei pesci, e denti come quelli d’un animale. Sono quindici anni da che hanno preso a parlarne. Esce solo la notte. Beve sangue. Ride d’un riso infantile, e percorre il paese cercando sangue: di gente o d’animali, per lui è lo stesso. Sorride attraverso le finestre delle camere da letto, quando la notte è fonda. Brucia le chiese. Fa cagliare il latte. Causa orribili smarrimenti col suo aspetto. Di giorno si dice che dorma in una bara, custodita dalla tribù dei Kourete.

— Sembra terribile come un kallikanzaros.

— Esiste realmente, padre. Qualche tempo fa, qualcosa uccise le mie pecore. Qualunque cosa fosse aveva mangiato parte della loro carne, e bevuto molto del loro sangue. Così mi scavai un nascondiglio e lo ricopersi di frasche. Quella notte restai a vegliare. Dopo molte ore giunse, ed ero troppo spaventato per scagliare una pietra con la fionda; poiché è come lo hanno descritto: grande, anche più grande di te, e gonfio, e del colore d’un corpo appena interrato. Spezzò il collo della pecora con le mani, e bevve il sangue dalla sua gola. Fremetti a quella vista, ma tremavo all’idea di fare qualcosa. Il giorno seguente spostai il gregge, e non ebbi altre preoccupazioni. Ora uso questa storia per spaventare i miei pro-pronipoti, i tuoi pro-pro-pronipoti, quando si comportano male… E lui è là che aspetta, sulle colline.

— Mm, sì… Se dici d’averlo visto, dev’essere vero. E strane cose nascono dai Posti Caldi. Noi lo sappiamo.

— …Dove Prometeo versò troppo fuoco della creazione.

— No, dove qualche bastardo sganciò una bomba al cobalto e ragazzi e ragazze urlarono al fallout. E la Bestia Nera?

— Anch’essa è reale, ne sono certo. Non l’ho mai vista, comunque. Grande come un elefante, e molto veloce; mangiatrice di carne, dicono. Infesta le pianure. Forse un giorno s’incontrerà con l’Uomo Morto, e i mostri si distruggeranno l’un l’altro.

— Di solito non va a questo modo, ma è una bella idea. E non ne sai nient’altro?

— No. Nessuno le ha gettato più d’un’occhiata.

— Be’, cercherò di evitare anche di darle un’occhiata.

— … E poi devo dirti di Bortan.

— Bortan? Il nome mi è familiare.

— Il tuo cane. Ero solito correre seduto sulla sua schiena quand’ero un bimbo, e battere con le gambe sui suoi grandi fianchi corazzati. Allora egli si scrollava e mi mordeva il piede, ma gentilmente.

— Il mio Bortan è morto da tanto tempo che non riuscirebbe nemmeno a masticare le proprie ossa, se gli capitasse di scavarle dal suolo in un’altra incarnazione.

— Anch’io pensavo così. Ma due giorni dopo che tu ripartisti dalla tua ultima visita, si precipitò nella mia baracca. Era come se avesse seguito le tue tracce per metà della Grecia.

— Sei sicuro che fosse Bortan?

— C’è mai stato un altro cane con le dimensioni d’un piccolo cavallo, squame poderose su entrambi i fianchi, e mascelle come una trappola per orsi?

— No, non credo. Probabilmente è per questo che la razza è scomparsa. I cani avevano bisogno di corazze dure per continuare a vivere con la gente, e non le hanno sviluppate abbastanza in fretta. Se è ancora vivo, è probabilmente l’ultimo cane della Terra. Lui ed io siamo stati cuccioli assieme, lo sai, tanto tempo fa che è doloroso il solo pensarci. Quel giorno che scomparve mentre stavamo cacciando pensai che gli fosse successo qualcosa. Lo cercai, poi decisi che era morto. Era già incredibilmente vecchio, a quell’epoca.

— Forse è rimasto ferito, e ha continuato a vagare, per anni. Ma era sempre lui e ha ritrovato le tue tracce, quell’ultima volta. Quando vide che te n’eri andato latrò, e se ne andò di nuovo a cercarti. Da allora non lo abbiamo più visto. Talvolta, però, a tarda notte, odo il suo grido sulle colline…

— Quel pazzo d’un bastardo dovrebbe sapere che non bisogna preoccuparsi troppo di niente.

— I cani erano strani.

— Già, erano strani.

E poi il vento della notte, freddo per essere passato tra le arcate del tempo, giocò ad inseguirmi. Mi toccò gli occhi.

Che, stanchi, si chiusero.

La Grecia trabocca di leggende, è piena di pericoli. Diverse zone del continente nei pressi dei Posti Caldi sono storicamente pericolose. Questo succede perché l’Ufficio si occupa in teoria di tutta la Terra, ma in pratica cura solo le isole. Gli impiegati dell’Ufficio sul continente assomigliano molto alle guardie di finanza che nel ventesimo secolo controllavano certe zone di collina: è gente che merita tutte le critiche che vengono loro rivolte. Le isole hanno subito meno danni del resto del mondo durante i Tre Giorni; di conseguenza, quando i Talenti decisero che ci potevamo permettere uno straccio d’amministrazione, furono scelte come base per ospitare le sedi dei distaccamenti dell’Ufficio. Storicamente, gli abitanti del continente si sono sempre opposti a questo stato di cose. Nelle regioni attorno ai Posti Caldi, però, i nativi non sono sempre del tutto umani. Il che mescola l’antagonismo storico con modi anormali di comportamento. Per questo la Grecia è piena. Avremmo potuto circumnavigare la costa fino a Volos. Avremmo potuto volare a Volos, o da qualsiasi altra parte, per questo. Myshtigo invece volle fare una passeggiata da Lamia in avanti, fare una passeggiata e godersi il piacere della leggenda e dello scenario inusitato. Per questo lasciammo le Lance a Lamia. Per questo arrivammo a piedi a Volos.

Per questo incontrammo la leggenda.

Ad Atene dissi arrivederci a Giasone. Lui intendeva circumnavigare la costa. Saggio.

Phil aveva insistito per prendere parte alla passeggiata, invece di volare avanti e incontrarci lungo il percorso. Anche questo fu un bene, forse, a modo suo, quasi…

La strada per Volos incontra una vegetazione talora fittissima, talora rada. Oltrepassa enormi macigni, qualche pascolo stentato, agglomerati di capanne, campi di papaveri; attraversa piccoli corsi d’acqua, s’attorciglia sulle colline, talora le attraversa, s’allarga e si restringe senza cause apparenti.

Era ancora mattino presto. Il cielo era uno specchio azzurro, perché la luce del sole sembrava venire da tutt’intorno. Nei punti in ombra c’era ancora un po’ di rugiada sull’erba e sulle foglie più basse degli alberi.