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— Al prete venne un colpo mentre mi bagnava. Morì poco dopo. Era l’unico disponibile nei dintorni, così non so se la cerimonia fu eseguita alla perfezione.
— Una sola goccia dovrebbe essere sufficiente.
— Immagino di sì. Ma non so che cosa accadde con esattezza.
— Forse sarebbe meglio che tu lo rifacessi. Tanto per essere sicuro.
— No. Se il cielo non mi ha voluto allora, non ho intenzione di presentare un’altra domanda.
Approntammo un segnale luminoso nella radura vicina, e aspettammo la Lancia.
Facemmo un’altra dozzina circa di chilometri quel giorno: una bella andatura, considerata la sosta. Il bambino era stato raccolto e portato direttamente ad Atene. Quando la Lancia era atterrata, avevo chiesto a voce alta se qualcun altro desiderava un biglietto di ritorno. Non c’erano stati acquirenti, comunque.
E fu quella sera che successe.
Ci coricammo attorno a un fuoco. Oh, era un fuoco straordinario, che sbatteva le sue ali splendenti contro la notte, ci riscaldava, sapeva di legna, faceva salire nell’aria una traccia di fumo… Delizioso.
Hasan stava ripulendo il suo fucile da caccia col tamburo d’alluminio. Aveva il calcio di plastica, ed era davvero leggero e maneggevole.
Mentre lui ci lavorava attorno, quello si spinse in avanti, si mosse in circolo, e si puntò diritto contro Myshtigo.
L’aveva fatto con molta abilità, devo ammetterlo. Ci impiegò più di mezz’ora, e fece avanzare la canna con movimenti praticamente impercettibili.
Ringhiai quando la sua posizione si registrò nel mio cervello, e con tre passi gli fui a fianco.
Colpii la canna, strappandoglielo di mano.
Andò a finire contro una piccola roccia distante qualche metro.
La mano mi bruciava per la botta.
Hasan era in piedi, coi denti che andavano avanti e indietro sotto la barba, strusciandosi come pietre focaie. Potevo quasi vedere le scintille.
— E dillo! — urlai. — Avanti, dì qualcosa! Qualsiasi cosa! Sai maledettamente bene cosa stavi per fare!
Le sue mani si tesero.
— Avanti! — dissi. — Colpiscimi! Toccami! Poi tutto quello che farò sarà un’auto-difesa, un attacco provocato. Nemmeno George sarà capace di rimetterti assieme.
— Stavo solo pulendo il mio fucile. Me l’hai rovinato.
— Tu non punti le armi per caso. Stavi per uccidere Myshtigo.
— Ti sbagli.
— Colpiscimi. O sei un codardo?
— Non ho rancori con te.
— Allora sei un codardo.
— No, non lo sono.
Dopo qualche secondo sorrise.
— Hai paura di sfidarmi? — chiese.
E così eccoci arrivati. Era l’unico modo.
La mossa doveva essere mia. Avevo sperato che non dovesse andare così. Avevo sperato di poterlo spaventare o insultare o spingerlo a provocarmi o sfidarmi.
Ma ormai sapevo di non potere.
Ed era male, molto male.
Ero sicuro di poterlo fregare, se la scelta fosse toccata a me. Ma se toccava a lui, le cose erano diverse. Tutti sanno che certe persone hanno un’inclinazione particolare per la musica. Possono sentire una sola volta un pezzo e suonarlo immediatamente dopo al piano o all’arpa. Possono trovarsi di fronte ad un nuovo strumento, ed entro poche ore lo suonano come se non avessero fatto altro per anni. Sono abili, molto abili, in cose del genere, perché hanno talento: la capacità di coordinare un’abilità innata con una serie di nuove azioni.
Per Hasan era lo stesso con le armi. Forse anche altra gente può riuscirci, ma non va in giro a farlo; non per decenni e decenni, comunque, con gingilli che vanno dal boomerang ad ogni tipo di pistola. Il codice di duello avrebbe lasciato ad Hasan la scelta degli strumenti e lui era il killer più maledettamente abile che avessi mai conosciuto.
Ma dovevo fermarlo, e ormai capivo che quella era l’unica via che mi restava, a parte un assassinio bell’e buono. Dovevo scendere sul suo terreno.
— Amen — dissi, — ti sfido a duello.
Il suo sorriso rimase, crebbe.
— Accetto, davanti a questi testimoni. Chiama il tuo secondo.
— Phil Graver. Chiama il tuo.
— Mister Dos Santos.
— Molto bene. Si dà il caso che io abbia un permesso di duello in borsa, e ho già pagato la tassa sulla morte per una persona. Così non saranno necessari troppi ritardi. Quando, dove, e come?
— Abbiamo oltrepassato una buona radura circa un chilometro fa, ai margini della strada.
— Sì. La ricordo.
— C’incontreremo lì, domani all’alba.
— D’accordo — dissi. — E per le armi…?
Raccolse la sua borsa e l’apri. L’interno risplendeva d’interessanti aggeggi appuntiti, scintillava di bombe incendiarie ovoidali, traboccava di strumenti ricurvi in metallo e cuoio.
Lui tirò fuori due armi e richiuse il tutto.
Il cuore mi sprofondò.