123823.fb2 Io, Nomikos, limmortale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 32

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— La fionda di Davide — annunciò.

Le osservai.

— A che distanza?

— Cinquanta metri.

— Hai fatto una buona scelta — gli confidai, visto che non ne usavo una da un secolo. — Mi piacerebbe prenderne una per stanotte, per allenarmi. Se non vuoi darmi le tue, posso procurarmela da me.

— Prendi pure quella che vuoi, e tienila tutta la notte.

— Grazie. — Ne scelsi una e me l’appesi alla cintura. Poi raccolsi una delle nostre tre lanterne elettriche. — Se qualcuno ha bisogno di me, mi trova nella radura — dissi. — Non dimenticate di mettere le guardie. Questa è una zona pericolosa.

— Vuoi che venga con te? — chiese Phil.

— No. Comunque grazie. Andrò da solo. Arrivederci.

— Allora buonanotte.

Trotterellai indietro lungo la strada, giungendo infine alla radura. Deposi la lanterna in un angolo, in modo che riflettesse la luce su un gruppo d’alberelli, e mi portai sul lato opposto.

Raccolsi qualche pietra e ne tirai una ad un albero. Lo sbagliai. Nei tirai un’altra dozzina, facendo quattro centri. Continuai a provare. Dopo un’ora facevo centro con maggiore regolarità. Ma probabilmente non ero ancora in grado di battere Hasan a cinquanta metri di distanza.

La notte proseguiva il suo cammino, e io lanciavo pietre. Dopo un po’ raggiunsi quello che sembrava essere il mio massimo grado di precisione. Su undici colpi, circa sei raggiungevano il bersaglio. Ma c’era un punto a mio favore, capii, mentre ruotavo la fionda e mandavo un’altra pietra a frantumarsi contro un albero. I miei colpi erano pieni di forza. Ogni volta che colpivo il bersaglio, lasciavo il segno. Avevo già rovinato parecchi alberelli, ed ero sicuro che Hasan non sarebbe riuscito a fare altrettanto nemmeno con un numero doppio di tiri. Se riuscivo a colpirlo, tutto bene; ma la più grande forza di questo mondo non mi sarebbe servita a nulla se non lo prendevo.

Ed ero sicuro che lui sarebbe riuscito a colpirmi. Mi chiedevo quanti colpi potevo assorbire senza dover smettere. Tutto dipendeva da dove mi colpiva.

Lasciai cadere la fionda ed estrassi l’automatica dalla cintura quando sentii un ramo spezzarsi, sulla mia destra. Hasan apparve nella radura.

— Che cosa vuoi? — gli chiesi.

— Sono venuto a vedere come va l’allenamento — disse, osservando gli alberelli spezzati.

Scrollai le spalle, rimisi a posto l’automatica e raccolsi la fionda.

— Aspetta l’alba e lo saprai.

Attraversammo la radura, e raccolsi la lanterna. Hasan studiò un alberello ridotto in pezzi piccoli quasi come stuzzicadenti. Non disse nulla.

Ritornammo al campo. Tutti s’erano ritirati, tranne Dos Santos. Don era di guardia. Fucile automatico alla mano, faceva la ronda attorno al perimetro di sicurezza. Lo salutammo ed entrammo nell’accampamento.

Hasan piantava sempre una Gauzy: una tenda a strati uni-molecolari, opaca, colore del cuoio, e molto robusta. Però non ci dormiva mai dentro. La usava per tenere al sicuro la sua roba.

Mi sedetti su un tronco dinanzi al fuoco, e Hasan s’infilò nella Gauzy. Ne riemerse un minuto dopo con la pipa e un blocchetto di roba dura dall’aspetto resinoso, che procedette a spezzare e ridurre in polvere. La mischiò con un pizzico di tabacco, e poi ne riempi la pipa. Dopo averla accesa con un tizzone raccolto dal fuoco, si sedette a fumare al mio fianco.

— Non voglio ucciderti, Karagee — disse.

— Condivido questo sentimento. Non voglio essere ucciso.

— Ma domani dovremo combattere.

— Sì.

— Potresti ritirare la sfida.

— Potresti andartene in Lancia.

— Non lo farò.

— E io non ritirerò la sfida.

— È brutto — disse, dopo un po’. — Brutto che due come noi debbano combattere per il blu. Non vale la tua vita, e nemmeno la mia.

— Vero — assentii, — ma la cosa non riguarda solo la sua vita. Il futuro della Terra è in qualche modo legato a quello che lui sta facendo.

— Non so nulla di cose del genere, Karagee. Io combatto per denaro. Non ho altri motivi.

— Sì, lo so.

Il fuoco s’era abbassato. Misi altra legna.

— Ti ricordi quella volta che abbiamo bombardato la Costa d’Oro, in Francia? — chiese.

— Ricordo.

— Oltre ai blu, abbiamo ucciso anche molta gente.

— Sì.

— E il futuro del pianeta non ne è stato cambiato, Karagee. Perché adesso siamo qui, a tanti anni di distanza da quel tempo, e nulla è diverso.

— Lo so.

— E ti ricordi quel giorno che ci siamo infilati in un buco sul fianco d’una collina che dominava dall’alto la baia del Pireo? A volte tu mi reggevi il caricatore e io sparavo sulle navi, e quando mi stancavo manovravi tu la mitragliatrice. Avevamo molte munizioni. Quel giorno la Guardia dell’Ufficio non atterrò, e nemmeno il giorno dopo. Non occuparono Atene, e non distrassero la Radpol. E intanto parlammo, quei due giorni e quella notte, mentre aspettavamo la sfera di fuoco, e tu mi dicesti della Forza nel Cielo.

— Ho dimenticato…

— Io no. Mi dicesti che ci sono uomini come noi che vivono in cielo, tra le stelle. E ci sono anche i blu. Alcuni uomini, dicesti, cercano i favori dei blu, e sarebbero disposti a vendergli la Terra per vederla trasformata in un museo. Altri, dicesti, non vogliono, e desiderano che la Terra rimanga com’è adesso: di loro proprietà, sotto la direzione dell’Ufficio. I blu si trovavano divisi su questa faccenda, perché non erano sicuri se fosse legale ed etico fare una cosa del genere. Ci fu un compromesso, e i blu ottennero certe aree vuote su cui costruirono le loro proprietà, ed ebbero il permesso di visitare il resto della Terra. Ma tu volevi che la Terra appartenesse solo alla gente. Dicevi che se davamo qualcosa ai blu, poi avrebbero voluto tutto. Volevi che gli uomini delle stelle tornassero indietro a ricostruire le città, seppellire i Posti Caldi, uccidere le bestie che assaltano gli uomini.

«Mentre stavamo lì ad aspettare la sfera di fuoco, dicesti che eravamo in guerra, non a causa di qualcosa che potessimo vedere o sentire o provare o fiutare, ma per colpa della Forza nel Cielo, che non ci aveva mai visti, e che noi non avremmo mai vista. Era stata la Forza nel Cielo a fare tutto, e per questo gli uomini sulla Terra dovevano morire. Dicesti che con la morte dei blu e della gente la Forza sarebbe tornata sulla Terra. Ma non c’è mai stato un ritorno. C’è stata solo morte.

«E fu la Forza nel Cielo che alla fine ci salvò, perché dovettero consultarla prima di lanciare la sfera di fuoco sopra Atene. Ed essa ricordò loro una vecchia legge, fatta dopo i Tre Giorni, che diceva che la sfera di fuoco non doveva bruciare mai più nei cieli della Terra. Tu pensavi che l’avrebbero lanciata ugualmente, ma non lo fecero. Fu per questo che li fermammo al Pireo. Io ho bruciato il Madagascar per te, Karagee, ma la Forza non è mai tornata sulla Terra. E quando la gente ha abbastanza soldi se ne va di qui, e non torna mai indietro. Nulla di quello che abbiamo fatto in quei giorni ha provocato un cambiamento».

— Ma proprio per quello che abbiamo fatto le cose sono rimaste com’erano, invece di peggiorare — gli feci notare.

— Cosa accadrà se questo blu muore?

— Non lo so. Le cose potrebbero peggiorare. Certo se lui sta osservando i luoghi che visitiamo solo con l’idea di trasformarli in tanti possedimenti per i vegani, allora siamo di nuovo da capo.