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— Perché mai?
— Sono soddisfatto e voglio tornare a casa.
— E il suo libro?
— Ho la storia che volevo.
— Che specie di storia?
— Le manderò una copia autografata, appena l’avrò finito. Il mio tempo è prezioso, e adesso ho tutto il materiale che voglio. Tutto quello che mi sarà necessario, comunque. Stamattina ho chiamato il Porto, e stanotte mi manderanno una Lancia. Voialtri andate pure avanti e fate quello che volete, ma io ho finito.
— C’è qualcosa che non va?
— No, va tutto bene, ma è tempo che io parta. Ho molto da fare.
Si alzò in piedi e si stirò.
— Devo preparare i bagagli, per cui tornerò indietro subito. Comunque il suo paese è molto bello, Conrad. Ci vediamo a cena.
S’allontanò e prese a discendere la collina.
Feci qualche passo nella sua direzione, osservandolo sparire.
— Mi chiedo cosa lo abbia spinto a prendere questa decisione — pensai ad alta voce.
Si udì un rumore di passi che s’avvicinavano.
— Sta morendo — disse George, dolcemente.
Mio figlio Giasone, che ci aveva preceduti di parecchi giorni, se n’era andato. I vicini avevano preso a parlare della sua partenza per l’Ade avvenuta la sera prima. Il patriarca era sparito sulla schiena d’un cagnaccio dagli occhi di brace, che aveva abbattuto la porta della sua abitazione ed era scomparso con lui nella notte. I miei parenti volevano tutti che mi fermassi a mangiare. Dos Santos continuava a riposare: George gli aveva curato le ferite, e non aveva ritenuto necessario ricoverarlo all’ospedale di Atene.
È sempre piacevole tornare a casa.
Scesi giù nella Piazza e passai il pomeriggio a parlare coi miei discendenti. Avevo voglia di raccontar loro di Taler, di Haiti, di Atene? Sì, avevo voglia, e lo feci. Avevano voglia di raccontarmi i fatti successi a Makrynitsa durante la mia assenza? E anche loro mi accontentarono.
Poi portai qualche fiore al cimitero, mi fermai un poco, e andai a casa di Giasone e gli riparai la porta con certi attrezzi che trovai nel ripostiglio. M’imbattei in una bottiglia del suo vino e lo bevvi tutto. E fumai un sigaro. Mi feci anche un bricco di caffè, e lo scolai tutto.
Ma mi sentivo ancora depresso.
Non sapevo cosa stava succedendo.
George conosceva il suo mestiere, comunque, e aveva detto che il vegano mostrava i sintomi inconfondibili d’una malattia nervosa extraterrestre. Incurabile. Immancabilmente fatale.
E nemmeno Hasan poteva essere ritenuto responsabile del fatto.
«Eziologia sconosciuta» fu la diagnosi di George.
Così tutto era di nuovo in discussione.
George sapeva di Myshtigo sin dalla prima volta che l’aveva incontrato. Che cosa l’aveva messo sull’avviso? Phil gli aveva chiesto di osservare se il vegano presentasse i sintomi d’una malattia fatale.
Perché?
Diavolo, non l’aveva detto, e ormai non potevo più andarglielo a chiedere.
Avevo un problema.
O Myshtigo aveva finito il suo lavoro, oppure non gli restava abbastanza tempo per finirlo. Aveva detto d’averlo finito. Ma se non era vero, allora io avevo protetto per tutto quel tempo un uomo morto, senza scopo alcuno. Se l’aveva finito sul serio, dovevo conoscere i risultati, per decidere al più presto circa quel che rimaneva della sua vita.
La cena non fu d’alcun aiuto. Myshtigo aveva detto tutto quello che intendeva dire, e ignorò o evitò le nostre domande. Così, subito dopo il caffè, Parrucca Rossa ed io uscimmo a fumarci una sigaretta.
— Cos’è successo? — mi chiese.
— Non lo so. Credevo lo sapessi tu.
— No. E adesso?
— Dimmi tu.
— Lo uccidiamo?
— Forse sì. Ma prima, perché?
— Ha finito.
— Cosa? Cosa diavolo ha finito?
— E come faccio a saperlo?
— Maledizione! Devo saperlo! Devo sapere perché uccido qualcuno. Sono fatto così.
— Così, eh? Bene. Dopo tutto è ovvio, no? I vegani vogliono comprare di nuovo sulla Terra. Tornerà a fare un rapporto sui posti che gli interessano.
— E allora perché non li ha visitati tutti? Perché taglia corto dopo l’Egitto e la Grecia? Sabbia, rocce, giungle, e mostri assortiti: non ha visto altro. Roba poco incoraggiante per un acquisto.
— È spaventato, ecco perché, è contento d’essere ancora vivo. Poteva essere divorato da un boadrillo, o da un Kourete. Sta scappando.
— Bene. Allora lasciamolo scappare. Lasciamogli fare un rapporto negativo.
— Ma non può. Se vogliono comperare, non si fideranno d’un resoconto tanto incompleto. Manderanno qualcun altro, più resistente, per finirlo. Se uccidiamo Myshtigo sapranno che esistiamo ancora sul serio, che continuiamo a protestare, che siamo ancora noi.
— … E non teme per la propria vita — notai.
— No? E per cosa, allora?
— Non lo so. Ma devo scoprirlo.