123823.fb2 Io, Nomikos, limmortale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 7

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— Niente informazioni, niente faccende segrete — ribatté lei.

— Sembri Phil — dissi.

— Non l’ho fatto apposta.

— Comunque l’hai fatto. E così, perché?

— Perché cosa?

— Perché te? Don? Qui? Stanotte?

Si toccò con la lingua il labbro superiore, poi chiuse con forza la bocca, come per sputare fuori il suo mosto o lasciarlo filtrare nelle parole. Poi gettò un’occhiata a Don, ma lui era troppo lontano per aver sentito, e comunque stava guardando da un’altra parte. Era impegnato a versare a Myshtigo una vera Coca dall’interno del vassoio automatico. La formula della Coca era la scoperta archeologica del secolo, secondo i Vegani. Andò perduta durante i Tre Giorni, ed è stata recuperata solo dieci anni fa. Esistevano diverse specie di similcoca in circolazione, ma nessuna aveva sul metabolismo vegano lo stesso effetto di quella vera. «Il secondo contributo della Terra alla cultura galattica» l’aveva chiamata uno dei loro storici. Il primo contributo, ovviamente, era quel particolare tipo d’interessantissimo problema sociale che i filosofi vegani avevano atteso per generazioni.

Diane tornò a fissarmi.

— Ancora non so — disse. — Chiedi a Don.

— Lo farò.

Lo feci davvero. Più tardi, però. E non rimasi deluso, dal momento che non m’aspettavo nulla. Ma, mentre me ne stavo seduto e cercavo con tutte le mie forze di origliare, caddi improvvisamente in preda ad una visione. Un dottore m’aveva detto una volta che si trattava d’una realizzazione pseudotelepatica di un desiderio. Funziona a questo modo:

voglio sapere cosa sta succedendo da qualche parte. Ho quasi i dati sufficienti per fare una supposizione. Di conseguenza la faccio. Soltanto che mi arriva come se la stessi vivendo e ascoltando attraverso gli occhi e gli orecchi di una delle parti in causa. Comunque non è vera telepatia, non lo credo, perché a volte posso sbagliare. Certo che sembra maledettamente reale. Il dottore riuscì a dirmi tutto sul fenomeno, tranne il perché.

E così io

me ne stavo nel mezzo della stanza,

fissavo Cort Myshtigo,

ero Dos Santos,

stavo dicendo:

— … verrò con lei, per la sua sicurezza. Non come Segretario della Radpol, ma come privato cittadino.

— Non ho sollecitato la sua protezione — stava dicendo il vegano, — comunque, la ringrazio. Accetterò la sua offerta di prevenire la mia morte per mano dei suoi camerati — e sorrideva dicendolo, — se dovessero cercare di fare qualcosa durante i miei viaggi. Dubito che ci proveranno, ma dovrei essere un pazzo per rifiutare l’aiuto di Dos Santos.

— Lei è saggio — dicemmo, chinando un po’ il capo.

— Indubbiamente — disse Myshtigo. — Adesso mi dica… — Accennò nella direzione di Ellen, che aveva appena finito di litigare con George e si stava allontanando da lui sbattendo forte i tacchi per terra. — Chi è quella?

— Ellen Emmet, la moglie di George Emmet, Direttore del Dipartimento per la Protezione degli Animali Selvatici.

— Qual è il suo prezzo?

— Non credo che ne abbia fissato uno, di recente.

— Be’, qual era prima?

— Non ne ha mai avuto.

— Sulla Terra tutto ha un prezzo.

— In questo caso, suppongo che dovrà scoprirlo da solo.

— Lo farò — disse.

Le femmine terrestri hanno sempre avuto una strana attrattiva sui Vegani. Un Veggy m’ha detto una volta che lo facevano sentire zoofilo. Il che è interessante, perché una ragazza di piacere al Coté d’Or, m’ha detto una volta, ridacchiando, che i Vegani la facevano sentire une zoophiliste. Immagino che la respirazione poderosa dei vegani debba fare il solletico o qualcosa del genere, e scatenare la bestia in entrambe le razze.

— Tanto per sapere — dicemmo, — ha smesso di picchiare sua moglie?

— Quale? — chiese Myshtigo.

Dissolvenza, e mi ritrovo nella poltrona.

— Cosa ne pensi? — stava chiedendo George Emmet.

Lo fissai. Un secondo prima non era lì. Era arrivato d’improvviso e s’era spaparanzato sul bracciolo libero della mia poltrona.

— Torna indietro, per piacere. Sonnecchiavo.

— Ho detto che abbiamo sconfitto i pipiragni. Cosa ne pensi?

— Suona bene — osservai. — Così raccontami com’è che abbiamo sconfitto i pipiragni.

Ma lui stava ridendo. È uno di quei tipi con cui una risata è un fenomeno imprevedibile. È capace di andarsene in giro per giorni con un’aria da funerale, e poi una cosa da niente lo fa scoppiare a ridere. Boccheggia un po’ quando ride, come un bambino, e questa impressione è aumentata dalla sua flaccidità rosa e dai suoi capelli radi. Così aspettai. Ellen stava insultando Lorel, e Diane s’era girata a leggere i titoli sugli scaffali dei libri.

Finalmente: — Ho sviluppato un nuovo ceppo di slishi - sbuffò confidenzialmente.

— Accidenti, è grande! Cosa sono gli slishi? — chiesi poi dolcemente.

— Lo slish è un parassita bakabiano — spiegò, — una specie di grossa zecca. I miei sono lunghi quasi un ottavo di centimetro — disse con orgoglio, — e penetrano in profondità nella pelle producendo un velenosissimo siero.

— Fatali?

— I miei sì.

— Puoi prestarmene uno? — gli chiesi.

— Perché?

— Voglio infilarlo nella schiena di qualcuno. Ripensandoci, fanne una mezza dozzina. Ho tanti amici.

— I miei non danno fastidio alla gente, solo ai pipiragni. Hanno discriminazioni contro la gente. Gli uomini avvelenerebbero i miei slishi — (Disse «I miei slishi» con tono molto possessivo).

— Il metabolismo ospite deve essere basato sul rame, non sul ferro — spiegò, — e i pipiragni ricadono in questa categoria. Ecco perché voglio venire con voi in questo viaggio.

— Vuoi che ti trovi un pipiragno e te lo tenga fermo mentre tu gli butti addosso gli slishi? È questo che stai cercando di dire?