123823.fb2 Io, Nomikos, limmortale - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 8

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— Be’, mi piacerebbe avere un paio di pipiragni sotto mano: i miei li ho usati tutti il mese scorso. Comunque sono già sicuro che gli slishi funzioneranno. Voglio solo dare il via all’epidemia.

— Quale epidemia?

— Tra i pipiragni. Gli slishi si moltiplicano molto rapidamente nel clima terrestre, se gli si dà l’ospite adatto, e dovrebbero essere estremamente contagiosi se li facciamo partire nella stagione adatta. Avevo in mente la stagione degli amori dei pipiragni, nel sudovest. Comincerà tra sei o otto settimane nel territorio della California, in un Vecchio Posto — comunque non più caldo — che si chiama Capistrano. Ho sentito che il vostro giro ci passerà più o meno in quel periodo. Quando i pipiragni ritornano a Capistrano, voglio essere lì con i miei slishi. Inoltre, mi farebbe bene una vacanza.

— Mm-Mm. Ne hai parlato con Lorel?

— Sì, e pensa che sia una buona idea. In effetti vuole che ci fermiamo un po’ a fare qualche ripresa. Può darsi che in futuro non ci saranno tante opportunità di rivederli. Sono anche un bello spettacolo: riempiono di nero il cielo coi loro voli, fanno i nidi nelle rovine, mangiano i maiali selvatici, sporcano di rifiuti verdi le strade.

— Uh-huh, una specie di Halloween. Cosa succederà a quei maiali selvatici se uccidiamo tutti i pipiragni?

— Oh, ce ne saranno di più in giro. Ma prevedo che i puma gli impediranno di moltiplicarsi come i conigli australiani. Comunque è sempre meglio avere maiali che pipiragni, no?

— Non è che vada matto per nessuno dei due, ma adesso che ci penso in effetti preferirei i maiali ai pipiragni. D’accordo, certo, puoi venire con noi.

— Grazie — disse. — Ero sicuro che mi avresti aiutato.

— Non pensarci nemmeno.

A quel punto Lorel produsse dal fondo della gola grugniti di scusa. Stava a fianco della grande scrivania nel centro della stanza, e l’ampio schermo posto dinanzi si stava srotolando da solo. Era un aggeggio stereometrico, e tutti dovevano mettersi a sedere comodamente e non muoversi più. Lorel schiacciò un bottone sul fianco della scrivania, e le luci s’abbassarono un poco.

— Uh, sto per proiettare una serie di mappe — spiegò — se riesco a sistemare questa sincro-cosa… Ecco. Ora è a posto.

Sullo schermo apparvero a colori la parte superiore dell’Africa e quasi tutto il bacino del Mediterraneo.

— Era questa che voleva per prima? — chiese a Myshtigo.

— Era questa, ma più tardi — rispose il grande vegano, abbandonando una sommessa discussione con Ellen, che aveva intrappolato nell’alcova della Storia Francese, sotto un busto di Voltaire.

Le luci si abbassarono ancora un po’ e Myshtigo si diresse alla scrivania. Guardò prima la mappa, e poi nessuno in particolare.

— Voglio visitare certi posti-chiave, che per una ragione o per l’altra sono importanti nella storia del vostro mondo — disse.

— Mi piacerebbe partire con l’Egitto, la Grecia e Roma. Poi mi piacerebbe passare velocemente per Madrid, Parigi e Londra. — Le mappe s’alternavano mentre lui parlava, ma non abbastanza velocemente da tenere il suo passo. — Poi voglio retrocedere su Berlino, dare un’occhiata a Bruxelles, visitare Pietroburgo e Mosca, riattraversare l’Atlantico e fermarmi a Boston, New York, Washington, Chicago — (a quel punto Lorel si stava facendo una bella sudata), — passare nello Yucatan, e ritornare al territorio della California.

— In quest’ordine? — chiesi.

— Più o meno — rispose.

— Cosa c’è che non va nell’India e nel Medio Oriente, o nel Lontano Oriente, se è per questo? — chiese una voce che riconobbi per quella di Phil. Era entrato dopo che le luci s’erano abbassate.

— Nulla — disse Myshtigo, — a parte il fatto che c’è solo fango e sabbia calda, e non hanno niente a che vedere con quello che m’interessa.

— E cos’è che le interessa?

— Una storia.

— Che tipo di storia?

— Le manderò una copia autografata.

— Grazie.

— Ma prego.

— Quando vorrebbe partire? — gli chiesi.

— Dopodomani — rispose.

— Okay.

— Le ho fatto preparare mappe dettagliate dei vari posti. Lorel mi dice che sono state recapitate nel pomeriggio al suo ufficio.

— Okay di nuovo. Ma c’è qualcosa di cui lei potrebbe non essere bene al corrente. È che tutto quello di cui lei ha parlato è continente. Oggi la nostra civiltà è quasi tutta sulle isole, e per ragioni molto buone. Durante i Tre Giorni il continente s’è preso una bella suonata, e quasi tutti quei posti sono tendenzialmente caldi. Questa, comunque, non è l’unica ragione per cui sono considerati insicuri…

— Ho una certa familiarità con la vostra storia e sono al corrente delle precauzioni contro le radiazioni — m’interruppe. — Inoltre, sono al corrente delle varie forme mutate di vita che abitano i Vecchi Posti. Tengo tutto nel debito conto, ma non mi preoccupo.

— Per me va bene… — scrollai le spalle nel crepuscolo artificiale.

— Ottimo. — Bevve un altro sorso di Coca. — Mi faccia un po’ di luce, Lorel.

— Subito, Srin.

Fu di nuovo la luce.

Mentre lo schermo veniva risucchiato in su, Myshtigo mi domandò:

— È vero che lei è in contatto con diversi mambos e houngans, qui al Porto?

— Certo, sì — replicai. — Perché?

S’avvicinò alla mia poltrona.

— Ho sentito — spiegò, — che il voodoo è sopravvissuto ai secoli pressoché senza mutamenti.

— Forse — dissi. — Non ero da queste parti quand’è cominciato, così non ne sono molto sicuro.

— Ho sentito che i partecipanti non apprezzano molto la presenza di intrusi…

— Anche questo è esatto. Ma potrebbero metterle in scena un buon spettacolo, se riesce a scegliere l’hounfor giusto e se gli porta qualche regalo.

— Ma mi piacerebbe moltissimo osservare una cerimonia vera. Se mi presentassi con qualcuno conosciuto ai partecipanti, forse potrei ottenere una cosa genuina.

— Perché dovrebbe farlo? Morbosa curiosità per i nostri costumi barbari?

— No. Studio religioni comparate.

Studiai il suo viso, ma non riuscii a capirne nulla.