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— Sì. Ho visto quella donna legata a un tavolo, ricoperta di fili collegati a macchinari che ronzavano e lampeggiavano. Lei non vedeva niente, resa cieca dalla paura. Forse credeva che le levassimo l’anima, oppure anche peggio. Non capiva. I suoi figli, in una cella, si tenevano per mano non avendo altro a cui rivolgersi. Sono nel bel mezzo dello sviluppo: cosa ne sarà di loro? Moru giaceva a terra lì accanto, drogato. Aveva cercato di suicidarsi catapultandosi con la testa contro il muro. Uden mi ha detto che non sono riusciti a farli collaborare. Naturale. Quei prigionieri sanno che li odiamo a morte.
Si interruppe un istante, poi riprese: — Tutto ha un limite, tenente, anche la scienza e le punizioni soprattutto quando non si prospettano grandi risultati. Ho dato ordine di smettere gli esperimenti. Domani libereremo i ragazzi e la madre.
— E perché non oggi? — chiese Evalyth pur sapendo già la risposta.
— Perché speravo che lei mi permettesse di liberare anche l’uomo.
— No.
— In nome di Dio…
— Del suo Dio — guardò altrove. — Non mi faccia piangere. Vorrei tanto non doverlo uccidere, ma Donli è stato maciullato come un maiale. Ecco ciò che più mi ripugna del cannibalismo, che rende un uomo simile a un maiale. So perfettamente che Donli non tornerà a vivere per questo, ma è come pareggiare i conti rendendo anche il cannibale simile a un maiale.
— Capisco. — Jonafer si mise a guardare fuori dalla finestra. Il suo viso, illuminato dalla luce del tramonto, era come una maschera d’ottone. — Bene — concluse con freddezza. — La Carta dell’Alleanza e lo Statuto non mi danno scelta. Però non vogliamo cerimonie macabre, né inutili vanaglorie. Avverrà tutto nel silenzio, di notte, nel suo alloggio. Farà in fretta e assisterà alla cremazione.
Le mani di Evalyth erano umide di sudore. Era la prima volta che uccideva un uomo indifeso. Ma lui…
— Va bene, comandante — disse.
— Allora, tenente, può raggiungere gli altri in mensa. Non lo dica a nessuno. Avverrà alle ore… — Jonafer consultò l’orologio — …ventisei.
Evalyth sentì un groppo in gola.
— Ma non è un po’ tardi?
— L’ho fatto apposta — confermò Jonafer — in modo che tutti gli altri dormano… e così magari lei avrà tempo di riflettere.
— No! — Evalyth si alzò di scatto e si diresse verso la porta.
La raggiunse la voce del comandante: — Anche Donli gliel’avrebbe chiesto.
La notte invase la stanza ma Evalyth non si alzò per accendere la luce. La sedia preferita di Donli pareva non volesse lasciarla andare.
Ricordò di avere ancora dei tranquillanti. Una sola compressa le avrebbe facilitato il tutto. Probabilmente anche Moru sarebbe stato stordito dai farmaci prima di essere condotto da lei.
In ogni caso non sarebbe stato giusto. — Perché?
Non aveva più le idee chiare.
Solo Moru poteva spiegare per quale motivo aveva ucciso Donli che si fidava di lui. Evalyth si trovò a sorridere nel buio. La superstizione lo aveva spinto a commettere quell’atto orribile e ora aveva visto i figli mostrare le prime avvisaglie della virilità. Doveva essere soddisfatto.
Le pareva strano che lo sviluppo fosse iniziato proprio in quelle circostanze di grande tensione. Le sarebbe parso più logico un ritardo, anche se bisognava ammettere che solo lì in prigionia quei ragazzi avevano avuto un’alimentazione adeguata e appropriate cure mediche. Però era proprio strano. Neanche giovani normali avrebbero iniziato lo sviluppo in un così breve lasso di tempo. Donli si sarebbe appassionato a quel caso: se lo vedeva davanti, sorridente, mentre si passava una mano sulla fronte, dicendo: — Dev’esserci qualcosa di strano; mi piacerebbe scoprirlo. — Evalyth se lo immaginò di fronte a Uden con una birra e una sigaretta.
— Ma come? tu sei solo un biologo e la fisiologia umana non fa parte della tua specializzazione — avrebbe risposto Uden.
— Uhm… in parte. Il mio incarico consiste nello studiare l’adattamento delle specie terrestri ai nuovi pianeti. E certamente tra queste specie è compreso anche l’uomo.
Ma Donli era morto e nessuno era in grado di sostituirlo… Si distolse da quell’idea e dal pensiero di quello che l’aspettava.
Cercò di convincersi che almeno un membro del gruppo di Uden aveva certamente cercato di usare il metodo di Donli. Era fuori discussione che lui, se fosse stato ancora vivo, avrebbe trovato la strada per scoprire importanti risposte… ammesso che ce ne fossero. Lo aveva detto anche Jonafer. Uden e gli altri erano meno intuitivi, banali. A loro non era neppure venuto in mente di controllare il calcolatore di Donli alla ricerca di notizie pertinenti. Avevano affrontato la questione solo dal punto di vista medico e in più il terrore dei prigionieri li aveva dissuasi dal continuare le ricerche. Donli si sarebbe comportato in modo del tutto diverso.
Improvvisamente l’oscurità aumentò. Evalyth faceva fatica a respirare, oppressa dal caldo e dal silenzio. L’attesa si protraeva troppo. Se non faceva qualcosa non sarebbe più stata in grado di premere il grilletto.
Barcollando si recò nel laboratorio. Il fluoropannello la accecò per un istante mentre si avvicinava al calcolatore di Donli: — Attivazione.
L’unico segno di vita era la luce della spia gialla. Le finestre erano completamente buie e la luna e le stelle erano state cancellate dalle nuvole.
— Quali… — gracchiò. Fu invasa da un’ondata di amarezza: Controllati, stupida, o non sarai degna di tuo figlio! Riformulò la domanda: — C’è una spiegazione biologica per il comportamento degli indigeni di questa terra?
— Questi argomenti sono trattati meglio dall’antropologia e psicologia culturale — rispose la voce.
— Può essere, o forse no. — Cercò di fissare alcune fra le migliaia di idee che le affollavano la mente. — Può darsi che gli abitanti siano regrediti, che non siano del tutto umani? — Voglio che Moru non sia umano. — Analizza tutti i dati a disposizione, comprese le osservazioni cliniche eseguite su quattro soggetti nei giorni scorsi. Confrontali con tutte le informazioni terrestri che possediamo e riporta tutte le teorie razionali… — esitò — …volevo dire possibili, che non siano in contraddizione con l’accaduto. Le ipotesi ragionevoli ormai sono esaurite.
Il calcolatore ronzò. A occhi chiusi Evalyth si aggrappò al bordo della scrivania. Donli aiutami, ti prego.
Dal fondo dell’eternità le arrivò la risposta: — L’unico elemento difficile da spiegare è il rito cannibalico della pubertà. Il calcolatore antropologico ritiene che potrebbe essersi originato come sacrificio umano, ma evidenzia alcuni elementi illogici.
“Sulla Vecchia Terra i sacrifici umani erano presenti nelle società agricole, strettamente dipendenti dalla fertilità e dalle condizioni atmosferiche. Col tempo, però, questi riti si rivelarono sfavorevoli, come dimostrano gli Aztechi. Lokon ha cercato di ridurre tali conseguenze negative razionalizzando questa consuetudine e inserendola nel suo sistema schiavistico. Per gli abitanti dei pianori, invece, è una costante fonte di pericolo e dirotta continuamente risorse necessarie alla sopravvivenza. Non è razionale che questa consuetudine permanga in tutte le tribù, eppure è così, perciò deve esserci dell’altro, che non si riesce a scoprire.
“Mentre i sistemi per procacciarsi le vittime sono molteplici, le esigenze di fondo sono sempre le stesse. I lokonesi ci hanno detto che il corpo di un adulto serve per la maturazione di quattro giovani. Chi ha ucciso Donli Sairn non era in grado di portarsi via il cadavere e ciò che ne ha estratto è significativo.
“A questo punto si può presumere la presenza nell’uomo di questo pianeta di un fenomeno ditteroide sconosciuto altrove ma possibile. Esso sarebbe dovuto alla modificazione del cromosoma Y. È facile verificare tale ipotesi.”
Evalyth si sentì ribollire il sangue nelle vene.
— Di cosa stai parlando?
— Il suddetto fenomeno è già stato riscontrato fra gli animali inferiori di diversi mondi. Non è molto conosciuto perché assai limitato. Prende il nome da una mosca del letame della Vecchia Terra.
Un lampo squarciò le tenebre.
— Ah! Sì! La mosca del letame!
Il calcolatore continuò la sua spiegazione.
Jonafer sopraggiunse con Moru, che aveva le mani legate dietro la schiena. Nonostante questo e nonostante le ferite che si era procurato da solo, Moru procedeva sicuro. La luna, squarciate le nubi, splendeva come il ghiaccio.
Evalyth attendeva davanti alla porta e intanto osservava gli edifici che si allargavano fino alla palizzata. Li sovrastava una gru che pareva una forca. L’aria, ormai autunnale, stava diventando fredda e si era levato un venticello che uggiolava dietro i mulinelli di polvere generati dal suolo. I passi di Jonafer echeggiavano nel silenzio.
Si fermò di fronte a lei e Moru fece altrettanto.
— Allora, cos’hanno trovato? — chiese Evalyth.
— Uden si è messo al lavoro dopo che vi siete parlati. L’analisi si è rivelata più complessa del previsto e… sarebbe stato compito di Donli, non di Uden, che da solo non ci sarebbe mai arrivato. Insomma, è vero.
— Cosa?