124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 18

La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 18

«Beh, sì. Ripensandoci undici anni sono parecchi. Forse dovrò cambiare i miei piani.»

«Avevi dei piani?»

«Diciamo dei progetti.»

«Perché non li racconti anche a me questi progetti?»

«Per ora no. Non sei ancora pronto.»

«Mi chiedo se tuo padre sarebbe d’accordo.»

«Cosa c’entra lui?»

«E una persona importante per te, e non credo che saresti contenta di averlo contro.»

«Certo che no. Ma io ho la mia vita da vivere, le mie decisioni da prendere.»

«E i tuoi errori da commettere?»

«Anche quelli. Ma perché sei tanto pessimista? Credi che il nostro amore sia un errore?»

Childes si alzò su un gomito e la fissò. «Oh no, Amy! Non lo credo affatto. È tutto magnifico, tanto che qualche volta mi spaventa, ho paura di perderti.»

Lei lo strinse più forte. «Eri tu che costruivi barriere insormontabili.»

«Eravamo tutti e due piuttosto freddini all’inizio.»

«Quando sei arrivato alla scuola eri un uomo sposato, anche se separato. E poi eri un po’ misterioso, ma forse è stato proprio questo ad attirarmi.»

«Mi ci è voluto un anno per chiederti di uscire.»

«Infatti ti ho invitato io, ricordi? Quella festa sulla spiaggia una domenica? E tu rispondesti che forse saresti venuto.»

Lui sorrise. «Già. Me ne stavo abbastanza appartato allora.»

«Lo fai ancora.»

«Non nei tuoi riguardi.»

Lei fece una smorfia. «Non lo so. C’è qualcosa in te che continua a sfuggirmi.»

«Amy, non vorrei sembrare noioso ma c’è molto di me stesso che perfino io non so. Dentro di me c’è qualcosa, non so bene cosa, nascosto in qualche piega, nell’ombra, qualcosa che dorme. Delle volte mi sembra un mostro in agguato. È una sensazione di disagio e strana, qualche volta mi chiedo se non sono forse un po’ pazzo.»

«Tutti abbiamo angoli nascosti nella nostra personalità. È proprio ciò che rende gli esseri umani così interessanti.»

«Ma questo è diverso. Questo è come… come…» Si rilassò, accorgendosi della crescente tensione del suo corpo. «Non riesco a spiegarlo,» disse alla fine, «posso dirti solo che è come se ci fosse uno strano potere, indefinibile, senza sostanza, quasi irreale. Potrebbe essere anche tutta fantasia. Ma io sento che c’è qualcosa di insondato, ma forse questa è una sensazione diffusa.»

Lei lo guardava attentamente. «In un certo senso sì. Ma questa tua sensazione ha a che fare con queste ‘visioni’, come le chiami tu?»

Lui ci pensò su prima di rispondere. «Mi sembra di sì. In quei momenti è più forte, sì.»

«Non hai mai cercato di capirne di più?»

«Come? Da chi vado? Da un medico? Uno strizzacervelli?»

«Da uno parapsicologo.»

«No, questo proprio no. Non ho intenzione di cadere in una trappola del genere.»

«Jon, è evidente che sei un sensitivo, allora perché non parlarne con un esperto?»

«Se tu solo avessi un’idea delle lettere, delle telefonate che ho ricevuto da sedicenti sensitivi, per non parlare poi di quelli che si sono presentati sulla porta di casa, tormentando la mia famiglia per tre anni.»

«Non intendevo quel tipo di persona. Volevo dire un parapsicologo vero, uno che studia seriamente questi fenomeni.»

«NO!»

Lei fu sorpresa dalla durezza della risposta. Rimase lì disteso, gli occhi rivolti al soffitto. «Non voglio essere analizzato, non voglio andare più a fondo. Voglio lasciare le cose come stanno, Amy, così forse questa faccenda finirà, scomparirà.»

«Perché hai tanta paura?»

Lui rispose con voce sommessa, tenendo gli occhi chiusi. «Perché io sento che se questo potere, questa capacità che io ho, venisse liberata, risvegliata, accadrebbe qualcosa di terribile, di terribile oltre ogni limite.» Aprì di nuovo gli occhi ma non la guardò. «Sì, qualcosa di terribile, e spaventoso» aggiunse.

Amy lo fissò in silenzio.

Più tardi quella stessa sera mentre Amy preparava la cena Childes passeggiò inquieto tra il soggiorno e la cucina. L’umore aveva risentito di quel loro discorso ma non la loro intimità. Lei era allo stesso tempo preoccupata e perplessa dalle affermazioni di Childes, ma decise di non insistere. Jonathan aveva qualche problema, ma Amy era abbastanza sicura che prima o poi glielo avrebbe detto. In un certo senso le dispiaceva che quella conversazione avesse avuto luogo poiché egli era diventato irrequieto e pensoso. Durante la cena fu soprattutto lei a chiacchierare.

Fecero di nuovo all’amore prima che lei se ne andasse, stavolta al pianoterra sul divano. Lo fecero con meno urgenza, più lentamente, trattenendosi, gustando a fondo ogni attimo di piacere. Il legame tra loro era forte, e non vi erano più dubbi riguardo al loro sentimento reciproco. Egli era tenero ed amorevole, pian piano tornando al precedente stato di serenità, e l’amò in modo tale da farla piangere in silenzio. Gli spiegò che era felicità non tristezza, a provocare quelle lacrime e lui la tenne così stretta e così a lungo che lei ebbe quasi paura di soffocare.

Quando infine l’accompagnò a casa era tardi, ed entrambi sentivano come se una cappa di euforia li avvolgesse, ad unire e mescolare le loro anime.

Lo baciò ancora augurandogli la buonanotte, a lungo e teneramente, poi lo lasciò di colpo. Lui attese che avesse raggiunto l’ingresso prima di voltare la macchina e avviarsi per il vialetto, lei infilò le chiavi solo quando vide scomparire le rosse luci posteriori dell’auto.

Prima di entrare Amy si voltò a guardare ancora la notte, il paesaggio aveva un che di magico sotto il chiaro della luna piena.

* * *

Il vecchio sentì la porta aprirsi, e chiuse gli occhi fingendo di dormire. Si sentirono i passi di qualcuno che entrava nella stanza, passi strusciati e pesanti che aveva da tempo imparato a odiare e si irrigidì contro le cinghie di contenzione del letto. Un puzzo acre confermò i suoi sospetti e sbottò incapace di trattenersi.

«Sei di nuovo qui a tormentarmi, eh» gracchiò con tono stridulo. «Non riesci a lasciarmi stare, eh? Sempre qui.»

Non ci fu risposta.

Il vecchio allungò il collo nel tentativo di vedere meglio. La lampadina che pendeva dal soffitto, schermata da una rete metallica, dava una debole luce, ma vide comunque la figura scura in attesa accanto alla porta.

«Lo sapevo che eri tu!» gridò l’uomo supino. «Che cosa vuoi stavolta? Non riuscivi a dormire, eh? Non ci riesci, eh, lo sai che lo sanno tutti ormai! Così dicono, di notte va a caccia. Non gli piaci sai, a nessuno piaci. Nemmeno a me! Anzi ti odio. Ma questo lo sai benissimo.» La sua risata chioccia risuonò secca nella stanza.

«Cosa fai lì? Non mi piace essere guardato di nascosto. Ecco, chiudi bene la porta così nessuno può sentirti mentre mi torturi. Non vorrai mica svegliare gli altri matti, eh? Ma io l’ho detto ai dottori, gliel’ho detto cosa mi fai quando siamo soli. Hanno detto che ti avrebbero parlato.» Sogghignò. «Ti manderanno via, e subito anche!»

La figura si allontanò dalla porta dirigendosi verso il lettino.