124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 2

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Il suo stomaco e i polmoni sconvolti espellevano liquido, tossì, sputò, rischiando di trascinarli entrambi sott’acqua. Udì vagamente una voce suadente e cercò di seguirne i consigli, si sforzò di rilassarsi, ordinando ai polmoni di inspirare cautamente, sorso a sorso, sputando i residui, tossendo fuori la bile.

Lei lo trainò verso la riva, tenendogli le braccia da sotto i gomiti, la testa poggiata ad un suo braccio. Nuotava sulla schiena al suo fianco, le pinne davano sicurezza al loro moto tra le piccole onde. Il respiro era ancora affaticato ma dopo poco egli poté aiutarla, piegando le gambe a tempo con quelle di lei.

Raggiunsero il bagnasciuga e la ragazza lo issò in piedi. Gli tolse la maschera dal volto e gli mise un braccio attorno alle spalle ingobbite, colpendogli la schiena ogni qualvolta lui rimetteva ancora acqua di mare, piegandosi con lui, il giovane viso segnato dalla preoccupazione. Inginocchiandosi gli tolse le pinne, poi si tolse le sue. Le spalle di lui sussultavano ancora per lo sforzo di respirare; stava mezzo piegato con le mani appoggiate alle ginocchia. Pian piano si rimise, i sussulti diventarono un tremore. La ragazza attese pazientemente, la maschera tirata fin sulla fronte, i capelli biondi, sciolti, scuriti dall’acqua le cadevano grondanti sulle spalle. Non parlava sapendo bene che per ora sarebbe stato inutile.

Alla fine fu lui ad ansimare: «Amy…».

«Va tutto bene, arriviamo fino alla spiaggia.»

Uscirono dall’acqua, barcollando un po’, il braccio di lei sotto le sue spalle per sostenerlo. Childes si accasciò sulla sabbia: si sentiva nello stesso tempo scioccato, disgustato. Lei si sedette accanto a lui scostandogli i capelli dagli occhi, massaggiandogli la schiena.

Erano soli nella piccola baia lontana; la ripida salita attraverso le rocce erose per molti era troppo impegnativa e una fredda brezzolina di libeccio teneva lontana l’altra gente. Una vegetazione abbondante ricopriva la china bordata al fondo di una cinta di pietra, granito ben dilavato dalle furiose maree. I primi fiori di maggio erano sparsi sul crinale macchiando di giallo, di verde e di blu la vegetazione. Una cascatella sgorgava vicina, il ruscello correva tra ciottoli e sassi fino a raggiungere il mare. Al largo piccole barche da pesca, gozzi per lo più, dondolavano quieti sulla superficie piatta dell’acqua, le corde d’attracco come fili grigi tesi verso un piccolo molo all’altro capo dell’insenatura. Al molo si arrivava attraverso un sentiero stretto, separato dalla spiaggia da una muraglia sparsa di massi rocciosi. La ragazza notò dei visi che scrutavano nella loro direzione dal molo, evidentemente preoccupati della scena veduta; agitò un braccio per segnalare che tutto andava bene e si voltò.

Childes si sedette, si strinse le ginocchia tra le braccia e vi poggiò la testa. Tremava ancora.

«Mi hai spaventata, Jon» disse la ragazza inginocchiandosi davanti a lui.

Lui la guardò, pallido in viso. Si passò la mano sugli occhi come per scacciare un ricordo.

«Grazie per avermi tirato fuori» disse infine.

Lei si chinò in avanti, gli baciò la guancia poi la spalla. Aveva negli occhi una certa curiosità. «Ma cos’è successo là sotto?»

Il suo corpo ebbe un sussulto, e lei si rese conto di quanto freddo avesse. «Prendo la coperta» disse alzandosi.

I piedi nudi non recero caso al ciottolato duro mentre correva verso il mucchio dei loro abiti e delle borse posati su un lastrone piatto poco lontano. Childes ne guardò l’agile figura mentre prendeva una coperta da un borsone e fu grato della sua presenza, non solo perché l’aveva tirato fuori dal mare ma perché c’era. Spostò lo sguardo verso il mare, un nastro bianco all’orizzonte messaggero di tempesta.

Chiuse gli occhi e sentì in gola il sapore di sale. Lasciò cadere la testa e mugolò piano.

Ma perché adesso? Dopo tanto tempo?

Il peso della coperta sulle spalle lo fece riprendere un poco.

«Bevi» disse Amy, tenendogli sotto il naso una fiaschetta d’argento.

Il brandy gli tolse un poco il sapore di sale e ne sentì con piacere l’improvviso calore. Alzò un braccio e lei s’infilò sotto la coperta con lui.

«Stai bene?» chiese accoccolandosi. «Ti ho portato gli occhiali».

Li prese e li inforcò. Il mondo messo a fuoco non pareva più reale di prima.

Quando parlò la voce era malferma. «Sta accadendo di nuovo» disse.

* * *

«Domani?» chiese.

Amy scosse la testa. «Papà ha ospiti, tutto il giorno». Roteò gli occhi. «Sono di servizio».

«Affari?»

«Già! Potenziali investitori di Lione. Li ha invitati per il fine settimana, ma grazie a Dio sono potuti venire solo per la domenica. Vanno via lunedì pomeriggio dopo una visita alla società. Papà è dispiaciuto, avrebbe voluto mostrare loro tutta l’isola.»

Paul Sebire, il padre di Amy, era amministratore delegato della Jacarte International, una potente società finanziaria con sede sull’isola che era essa stessa un paradiso fiscale sia per quelli del continente che per quelli del Regno Unito. Nonostante fosse più vicina alla Francia infatti, era decisamente di dominio inglese.

«Peccato.» commentò Childes.

«Mi dispiace Jon». Si sporse all’indietro nella macchina per baciarlo; i lunghi capelli, ora raccolti, attoreigliati attorno al collo gli carezzavano il petto.

Egli restituì il bacio, assaporando l’odore di mare su di lei, assaggiando il sale dalle sue labbra.

«Ma non si rilassa mai?» chiese.

«È rilassante per lui. Ti avrei fatto invitare ma non credo che ti saresti divertito.»

«Mi conosci bene». Si preparò a partire. «Abbracciami tuo padre.»

Lei fece una smorfia. «Dubito che lo apprezzi. A proposito di prima, Jon…»

«Grazie d’avermi tirato fuori.»

«Non intendevo questo.»

«Quello che ho visto?»

Lei annuì. «È così tanto tempo.»

Jon guardò diritto davanti a sé, ma si guardava dentro. Poi rispose: «Non ho mai pensato che fosse veramente finita.»

«Ma sono passati tre anni. Perché deve ricominciare ora?»

Childes si strinse nelle spalle. «Forse è un caso. Può darsi che non succeda più. Forse la mia fantasia mi ha fatto un brutto scherzo.» Sapeva bene che non era così, ma ora non aveva voglia di discuterne. Chiuse gli occhi. Allungandosi sul volante le toccò il collo. «Dai, non guardarmi così. Tu divertiti domani, poi ci vediamo a scuola lunedì. Ne parliamo allora.»

Amy prese il borsone dal sedile posteriore. «Mi chiami stasera?»

«Pensavo che tu volessi correggere dei compiti.»

«Non ho molta scelta vista la domenica così piena. Ma un intervallo me lo sarò meritato no?»

Lui rispose con tono scherzoso: «Okay, prof. Ma non mi maltrattare le ragazze.»

«Dipende da cos’hanno scritto. Non so più se sia più difficile insegnargli il francese o un inglese decente. Per lo meno con i computer sono le vostre macchine a correggere gli errori.»

Lui sbuffò e sorrise. «Vorrei che fosse così facile.» Le baciò la guancia mentre usciva dall’auto. Le prime gocce di pioggia bagnarono i vetri.

«Abbiti cura Jon!». Voleva, doveva dire di più, ma sentiva le resistenze di lui. Imparare a conoscere Jon era stato un lungo lavoro, ancora oggi sapeva che c’erano degli angoli nascosti, bui, dentro di lui, irraggiungibili. Si chiese se la sua ex moglie avesse mai provato a farlo.

Amy guardò la piccola Mini nera allontanarsi, fece un gesto di saluto, pensierosa. Si girò e si affrettò, attraverso la cancellata di ferro battuto, correndo per il breve viale fino alla casa prima che prendesse a piovere sul serio.

Childes lasciò dopo poco la strada principale, svoltando in una delle viuzze che ramificavano l’isola come piccole vene che si dipartono dalle arterie principali; di tanto in tanto rallentava accostandosi alle siepi e ai muri che costeggiavano la strada. Teneva stretto il volante tanto da far risaltare il bianco delle nocche, guidando per riflesso più che coscientemente; nella mente, ora che era solo, si affollavano altri pensieri.