124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 22

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Già a suo agio Overoy sorrise. «Okay, dimmi tutto mentre andiamo alla scuola.»

Robillard lasciò ben presto l’intasata strada principale per infilare una delle vie tranquille e ombreggiate che portavano alla costa. I colori vivi delle siepi e l’aria fresca di mare fecero ulteriormente rilassare Overoy. Gettò la sigaretta mezza fumata dal finestrino e si riempì i polmoni d’aria. «Cosa sai di Jonathan Childes?» chiese, tenendo gli occhi sulla stradina che gli snodava davanti.

Robillard rallentò per fare strada a un altro veicolo che proveniva in senso contrario. «Non molto, solo quello che c’era nel nostro rapporto. Abita qui da solo da tre anni, pare che se la prenda abbastanza comoda, anche se è impiegato presso tre college. Quel che si dice di basso profilo. Strana coincidenza: abbiamo fatto anche noi una richiesta di informazioni su di lui qualche settimana fa.»

«Ah sì? E perché?» chiese Overoy curioso.

«Uno dei nostri consiglieri che è membro del comitato di polizia ci chiese di fare delle indagini sul suo conto. Platnauer si chiama, ed è anche membro del Consiglio di amministrazione del La Roche; immagino che sia per questo che aveva chiesto un controllo.»

«Ma perché ora? Childes lavora in quella scuola già da un pezzo.»

«Un paio d’anni pressappoco. Devo ammettere che anch’io sono stato incuriosito dall’improvviso interesse che questo tipo attira. Cos’ha combinato, Ken?»

«Non ti preoccupare, è pulito. Ci sono stati dei casi in cui lui potrebbe darci una mano. Tutto qui»

«Adesso sì che sono curioso. Le informazioni, quello che c’era, furono fornite al consigliere Platnauer che le ha poi passate alla signorina Piprelly che è la preside del La Roche. Da allora tutto tace. L’aiuto che Childes fornì tre anni fa è abbastanza ben documentato, ma è l’unica volta che risulta coinvolto in qualche modo con la polizia. Dato che quel caso era tuo mi è sembrato strano che non avessero chiesto informazioni direttamente a te.»

«Non ce n’era bisogno. È tutto nello schedario.»

«Allora vuoi dirmi cos’è questa storia?»

«Mi dispiace, Geoff, non posso per ora. Potrebbe non essere niente e allora voglio evitare a Childes qualsiasi fastidio, ne ha già avuti abbastanza l’altra volta per colpa mia.» Overoy prese un’altra sigaretta. «Spifferai troppe cose alla stampa e gli piombarono addosso come avvoltoi famelici.»

«Ma cos’è questo tipo, un chiaroveggente?»

«Non esattamente, è un sensitivo, questo sì. Ma non fa premonizioni, non parla con gli spiriti dei morti, quelle robe lì. Tre anni fa ha visto mentalmente dov’erano seppelliti dei corpi e ci fornì abbastanza indizi per poter rintracciare l’assassino. Sfortunatamente arrivammo tardi, si era già ammazzato da sé.»

«Ma come può…?»

«Non ne ho idea. Non cerco nemmeno di capirle certe cose. Chiamala telepatia, se vuoi. Quello che so è che Childes non è di sicuro uno svitato, anzi, il più sconvolto da queste sue capacità è proprio lui.»

Overoy vide il college femminile prima ancora che il collega glielo indicasse. L’edificio principale bianco e imponente si erse di fronte a loro oltre le cime degli alberi, quando la macchina della polizia fece un’ultima svolta. Il sole si rifletteva accecante sui muri quando si fermarono davanti al cancello e l’investigatore fischiò, ammirando il lungo viale.

«Però, che posticino!» commentò. Dietro l’alto palazzo c’erano svariate strutture e quindi il mare, di un colore blu cobalto che sfidava la chiarezza del cielo. Il verde carico degli arbusti delle scogliere e dei boschetti circostanti dava all’insieme un aspetto piacevole; i colori del mare, del cielo e della terra si fondevano armonicamente. Non lontano da dove erano parcheggiati c’erano dei campi da tennis bordati da aiuole di fiori colorati; persino i colori artificiali del parcheggio non disturbavano l’occhio.

«Potrei tranquillamente tornare a scuola, se fosse in un posto come questo» disse Overoy, soffiando fumo dalla bocca.

«Dovresti anche cambiare sesso prima.»

«Farei anche quello.»

L’ispettore rise. «Vuoi che ti porti su fino alla scuola?»

Overoy scosse la testa. «Aspetterò Childes lì su quella panchina accanto ai campi, è inutile dare nell’occhio.»

«Come ti pare, ha una Mini nera, la targa è…», estrasse un foglietto dal taschino della camicia, «…27292, ho controllato prima di venirti a prendere. Vediamo se c’è ancora.» Passò facilmente attraverso i grandi cancelli di ferro e accostò vicino al parcheggio. «Eccola lì,» disse indicandola, «quindi è ancora a scuola.»

Overoy aprì la portiera e si allungò verso la borsa sul sedile posteriore.

«Puoi anche lasciarla lì se vuoi. Tanto devo passare a prenderti più tardi» gli disse Robillard.

«Mi serve solo una cosa» rispose l’investigatore mentre apriva la cerniera di una tasca esterna. Ne tirò fuori una busta gialla. «Non c’è bisogno che tu mi venga a riprendere, Geoff, credo che Childes mi inviterà a casa sua così potremo chiacchierare un poco. Poi chiamerò un taxi.»

«Il nostro indirizzo ce l’hai?»

«Sì, sì, ce l’ho.» Overoy scese dall’auto, stringendo gli occhi contro il bagliore del sole. Poi per un attimo infilò di nuovo la testa dentro la macchina. «Ah, Geoff, se giù alla centrale non dici nulla mi fai un grosso favore. Ho promesso a Childes che avrei tenuto la bocca chiusa.»

«E che cosa potrei raccontare?» rispose Robillard sorridendo. «Ci vediamo più tardi.»

Fece marcia indietro attraverso la cancellata principale e con un ultimo gesto di saluto partì. Overoy si stiracchiò, quindi mise la busta nella tasca interna della giacca. Si diresse verso la panchina dispiacendosi sia di non aver preso anche gli occhiali da sole sia del fatto che non stessero giocando ragazze più grandicelle.

In un vialetto dall’altro lato dei campi da gioco passavano delle macchine dirette verso un altro parcheggio dietro gli edifici scolastici. Overoy pensò che si trattasse di genitori venuti a prendere le figlie. Diede un’occhiata all’orologio, Childes sarebbe arrivato di lì a poco.

Posò la giacca su una panchina accanto, si arrotolò le maniche della camicia fino al gomito e allentò la cravatta. Era piacevole starsene lì al sole a pensare. Ogni tanto aveva una punta d’invidia per l’amico Robillard, per l’atmosfera tranquilla in cui operava. Overoy sapeva però che per quanto attraenti potessero sembrare quelle condizioni di vita, qui un uomo abituato alla città con la sua corruzione, la malavita e il crimine si sarebbe ben presto sentito frustrato come lui, che a trentotto anni godeva ancora dell’attività frenetica della polizia cittadina. Josie però si sarebbe innamorata della calma agiatezza della vita sull’isola; le spiagge, i barbecue, la purezza dell’aria, e naturalmente le poche chiamate notturne e l’assenza di straordinari per lui.

Si udì la campanella lontana e ben presto le ragazzine cominciarono a uscire dai vari edifici e il loro chiacchiericcio ruppe la tranquillità che regnava. Passò ancora un po’ di tempo prima che l’investigatore scorgesse Childes camminare verso di lui con a fianco una ragazza bionda e snella vestita di giallo. Vide la ragazza portarsi una mano dietro alla testa; i capelli le caddero giù in una lunga coda. Overoy la studiò attentamente: era giovane, abbronzata e molto carina. Si chiese se tra lei e Childes ci fosse qualcosa e quando le dita della ragazza sfiorarono il braccio di Childes ebbe la risposta. Overoy si alzò in piedi buttandosi la giacca su una spalla e infilando l’altra mano in tasca.

Childes stava per entrare nel parcheggio quando intravvide il poliziotto. Si arrestò e la ragazza lo guardò sorpresa. Lei seguì la direzione del suo sguardo e vide Overoy avvicinarsi.

«Salve Childes,» disse, «mi riconosce?»

«E difficile dimenticarsi di lei.» Arrivò la risposta e Overoy vi sentì un certo rancore. I due si strinsero la mano. Childes con una certa riluttanza.

«Mi scusi per la sorpresa,» fece l’investigatore, «ma ho, ehm, approfondito quella questione di cui abbiamo accennato al telefono la settimana scorsa, e ho pensato che fosse meglio venirla a trovare.» Fece un cenno con il capo alla ragazza, s’accorse dei suoi occhi verde pallido, e si rese conto che vista da vicino era notevolmente carina.

«Amy ti presento l’ispettore investigativo Overoy» disse Childes. «È il poliziotto di cui ti ho parlato.»

Amy strinse la mano di Overoy con occhi ora sospettosi.

«Possiamo parlare a quattr’occhi?» chiese l’investigatore tornando a guardare Childes.

Amy disse subito. «Ci sentiamo più tardi Jon» e si girò per andarsene.

«Ma non c’è bisogno che…»

«Non c’è problema» lo rassicurò. «Io ho da fare quindi ci sentiamo dopo. Arrivederci ispettore.» Esitò un attimo come se volesse dire ancora qualcosa, ma poi si allontanò verso una MG rossa voltandosi a guardare Jon con uno sguardo preoccupato prima di montare in macchina. Childes la seguì con gli occhi finché non fu uscita dai cancelli, poi si rivolse al poliziotto.

«Non se ne poteva parlare al telefono, accidenti?» Ormai non nascose più la propria irritazione.

«Credo proprio di no. Se ne renderà conto anche lei. Possiamo andare a casa sua?»

Childes scrollò le spalle. «D’accordo. Le è stato assegnato questo caso?» chiese al poliziotto mentre si dirigevano verso la macchina.

«Non del tutto. Diciamo che mi sto occupando di quest’aspetto della questione solo perché ho già avuto modo di fare la sua conoscenza.»

«Allora c’è un collegamento.»

«Può darsi.»