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«Ne parleremo a casa sua.»
Uscirono dal La Roche e Overoy si meravigliò del breve percorso che li portò nel viottolo stretto in cui si trovava la casa di Childes. Certo, pensò, l’isola è larga solo pochi chilometri. La casa, appena un piccolo cottage, era l’ultima di una schiera, e guardandola capì meglio il disappunto di Childes per questa sua intrusione. Il cottage aveva un fascino antico, del genere per cui la gente ricca in Inghilterra darebbe un occhio della testa per averlo come seconda casa.
Faceva piacevolmente fresco all’interno. Overoy si lasciò cadere su di un divanetto, Childes si tolse la giacca e l’appese nell’ingresso.
«Vuole qualcosa da bere, un tè, un caffè?» chiese Childes con un tono meno ostile di prima.
«Grazie, se ha una birra andrebbe benissimo.»
«Birra allora.»
Childes sparì in cucina e ritornò dopo poco portando un cartone da sei lattine e due bicchieri. Strappò via il coperchio a una lattina e la porse ad Overoy che già ne assaporava la freschezza dopo tutto il caldo preso. Si versò la birra e alzò il bicchiere verso Childes in un gesto amichevole. Childes sedette su una sedia di fronte a lui senza rispondere al brindisi.
«Allora, cos’aveva da dirmi?» chiese mentre si versava la birra a sua volta. Poggiò le lattine su un tavolino basso tra di loro come in una specie di terra di nessuno.
«Può darsi che lei abbia ragione a proposito di quel vecchio» disse Overoy e Childes si sporse in avanti sulla sedia.
«Avete trovato il corpo?»
L’investigatore buttò giù un sorso di birra poi scosse la testa. «Quando mi ha detto che era legato al letto, un lettino con delle cinghie, mi pare abbia detto, e che la stanza era squallida, senza mobili, mi è venuto in mente qualcosa. Quella mattina era arrivato un rapporto che riguardava un incendio in un ospedale psichiatrico.»
Childes stava fissando il fondo della stanza, il bicchiere a mezz’aria. «È quello!» disse piano.
«Beh, noi non ne siamo sicuri. Sono morte venticinque persone nell’incendio, anche tra il personale c’erano vittime, parecchi erano uomini anziani, la maggior parte affetti da demenza senile, altri con disturbi più gravi. Uno di questi potrebbe essere il suo ma i corpi erano quasi tutti talmente bruciati che non è stato possibile verificare se fossero stati mutilati prima della morte.»
«Il fuoco, come…»
«Non è stato un incidente, gli esperti hanno stabilito che l’incendio è stato appiccato in due punti, ai piani superiori e nelle cantine, c’erano delle taniche di benzina vuote. Non abbiamo idea di chi sia il piromane ma si pensa che ci fosse uno dei ricoverati in giro e che abbia trovato le taniche. Quelli che se ne stanno occupando ritengono probabile che sia morto anche lui nell’incendio.»
«Come fanno ad esserne sicuri?»
«Non lo sono. Ma i sopravvissuti sono stati interrogati e non c’è nulla che indica la responsabilità di uno di loro; certo, alcuni sono pazzi del tutto, è impossibile esserni certi. Può darsi che sia stato qualcuno venuto da fuori.»
Childes si accomodò sulla sedia, i pensieri persi dentro se stesso. Overoy attese senza fretta. Lontano si sentiva il ronzio di un aereo.
«E ora, che succede?»
«Evidentemente se c’è un collegamento tra tutti questi delitti abbiamo bisogno anche del più piccolo frammento che ci aiuti a ricostruire l’identità dell’assassino. In tutta sincerità non c’è nessuno che abbia ancora collegato l’incendio con gli altri due casi, tranne me naturalmente, ma abbiamo le prove che gli altri due lo sono. Le dispiace se fumo?»
Childes fece segno di no, Overoy prese una sigaretta dalla giacca e l’accese utilizzando una lattina vuota come posacenere.
«Che prove avete?» chiese Childes.
«Le mutilazioni dei due corpi erano molto simili, tanto per cominciare. Inequivocabilmente i segni di un sacrificio rituale: gli organi interni strappati via, il cuore dilaniato, oggetti vari riposti dentro il corpo; nel caso della donna soprammobili presi nella stanza in cui abitava; per il bimbo erba, terra, fiori secchi anche. Dopodiché lo squarcio viene ricucito. Solo un pazzo fa certe cose, ma questo ha un certo metodo.»
«Potrebbero essere più di una persona, forse una setta o qualcosa del genere.»
«Sono state trovate le impronte digitali di una sola persona in entrambi i luoghi del delitto, sul coperchio della bara del bimbo e sugli oggetti estratti dalla prostituta; chiunque sia non gliene frega niente di lasciare in giro le sue impronte. Al manicomio invece non c’era una sola impronta grazie al fuoco.»
«E sulle taniche di benzina?»
«Carbonizzate anche quelle. Mi dica della faccenda del vecchio, cos’altro ha visto?»
Childes impallidì. «Mi dispiace, sono svenuto quasi subito. L’immagine era così intensa, la tortura… non ce l’ho fatta più.»
«La capisco. Però lei è convinto che sia la stessa persona?»
«Ne sono certo. Ma è difficile spiegare come. Quando uno è nella mente di un altro lo riconosce come se non lo vedesse, anzi meglio, non ci possono essere contraffazioni.»
«Ha detto di aver visto due grosse mani.»
«Sì, le guardavo come se le vedessi con gli occhi dell’altro. Erano mani grosse, rozze, da operaio, direi. Mani molto forti, sembravano.»
«C’erano gioielli, voglio dire anelli, un bracciale, un orologio?»
«No, niente del genere.»
Overoy aveva studiato l’uomo che gli sedeva di fronte mentre parlava, ne aveva notato il volto stanco, i movimenti tesi. Se mai la vita sull’isola gli aveva fatto bene, ormai non si vedeva più. Overoy sentì compassione per Childes, ma sapeva di non poter fare altro che insistere ancora. Quando parlò aveva preso un tono quasi suadente. «Si ricorda come lo prendemmo, alla fine, l’assassino l’altra volta?»
«Sì, lasciò qualcosa sul luogo dell’ultimo omicidio.»
«Esatto, un bigliettino. Un biglietto in cui dichiarava che avrebbe ucciso un altro bimbo, che non poteva resistere all’impulso. All’epoca uno psichiatra dichiarò che l’uomo voleva esser preso, voleva che gli si impedisse di commettere quegli orrendi crimini, e che questo era il vero senso del messaggio. Quando le mostrammo quel biglietto lei riuscì a descrivere l’assassino, dove abitava e che tipo di lavoro faceva. Noi non dovemmo fare altro che controllare gli schedari alla ricerca di maniaci sessuali che corrispondessero alla descrizione.»
«Ancora non so spiegarmi come facevo a saperlo.»
«Perché è fuggito da tutto questo?»
«Parecchia gente si mise in contatto con me per spiegarmi cos’era accaduto, e non riuscivano a capire perché non mi interessasse saperlo. L’istituto di ricerche psichiche voleva pubblicare un saggio sul mio caso; un paio di università americane volevano che tenessi delle conferenze, e Dio solo sa quante persone mi hanno chiesto di trovare parenti scomparsi. Io non avevo idea di quello che mi stava succedendo e francamente non volevo saperlo. Volevo solo essere lasciato in pace. Ha idea di come ci si può sentire?»
«Sì, come un fenomeno da baraccone. Io credo però che lei prenda le cose troppo sul serio.»
«Lei ha ragione, forse, ma io avevo paura, ero scosso. Lei non ha idea di ciò che ho dovuto vedere a causa di questo mio strano potere.»
«Ma ha deciso lo stesso di telefonarmi la settimana scorsa, nonostante i guai dell’altra volta.»
Childes stappò un’altra lattina di birra, aveva ancora il bicchiere mezzo pieno. Lo riempì fino all’orlo e ne prese un sorso, poi rispose: «Dovevo farlo. Chiunque sia deve essere fermato. Sto pregando che sia finito nell’incendio.»
«Oltre ad aspettare che si verifichi un altro caso, ci potrebbe essere un altro sistema per scoprirlo.»
Childes lo guardò con sospetto. «E quale?»
Il poliziotto poggiò il bicchiere sul tavolino, prese la giacca e dalla tasca interna tirò fuori una busta gialla. «Le avevo detto che avevamo un’altra prova del collegamento tra i primi due casi e che c’era qualcosa di rituale in entrambi». Allungò la busta verso Childes e aggiunse. «Dentro c’è un oggetto identico a un altro che è ancora in mano al medico legale. Tutt’e due provengono dai delitti, uno da dentro il corpo della prostituta e l’altro da quello del bambino. C’è voluto un po’ per potergliene portare uno, ma ci sono riuscito.»
Childes fissò la busta, non voleva toccarla.
«La prenda» insisté l’investigatore.