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«Era un ubriacone. È morto soffocato dal vomito quando avevo diciassette anni. E vuoi sapere una cosa? Mi sono sentito liberato. Ero contento di essermi liberato di lui! Adesso cosa pensi di me? Eh?»
Lei si inginocchiò e gli mise le braccia attorno alle spalle, lo sentì irrigidirsi, cercare di sfuggire, e lo strinse più forte. Lentamente la rigidezza del corpo sembrò sciogliersi.
«Mi si sta rovesciando il bicchiere» disse sottovoce. Amy lo scosse un poco finché lui esclamò: «Ehi!»
Lei lo lasciò andare mettendosi seduta accanto a lui di traverso in modo da potergli vedere il viso. «E tu ne hai avuto un senso di colpa tale da non riuscire a dirmelo? Ma non vedi che non può influire minimamente nel nostro rapporto?»
«Amy, lasciami spiegare, io non avevo nessun senso di colpa, ero rattristato forse, in colpa no! Si è ammazzato da solo.»
«Per via di tua madre.»
«Sì, forse. Ma aveva un altro dovere, verso suo figlio. Fino a un certo punto ci ha pensato a me, ma c’erano altre cose che non gli perdonerò mai.»
«Era cattivo?»
«Secondo lui no!»
«Ti picchiava?»
Un’ombra passò sul viso di Childes. «Mi ha cresciuto secondo le sue regole. Ma lasciamo perdere ora Amy, non ce la faccio più.» Lui s’accorse che aveva gli occhi lucidi e si sporse in avanti per baciarla. «Volevi aiutarmi, no? Però non è servito a molto, vero?»
«Chi può dirlo? Per lo meno adesso di te so qualcosa di più.»
«A cosa ti serve?»
«Mi aiuta a capirti.»
«Ma cosa vuoi che ti aiuti!»
«Mi aiuta a capire il tuo riserbo. Perché ti sei tenuto stretto certe cose. Io credo che la tua emotività sia stata repressa dopo che è morta tua madre. Non potevi amare liberamente tuo padre, hai detto che era un pragmatico, un razionale, è difficile scambiare affetto con una persona così.»
«Lui era fatto così.»
«E tu hai preso un po’ da lui.»
Lui aggrottò la fronte. Lei proseguì. «Ma non ti rendi conto di quanto sei assolutamente logico, quanto maledettamente noioso, qualche volta. Si capisce bene perché la prima percezione psichica che hai avuto ti ha tanto sconvolto.»
«Non ho mai negato che ci siano fenomeni paranormali.»
«Ma tanto meno lo hai accettato.»
«Perché sei così aggressiva Amy?»
La domanda la scosse. «Oh Jon, non volevo. Volevo solo aiutarti a scavare dentro di te. Ci deve essere un nesso tra te e quest’altra persona, qualcosa che attira la tua mente alla sua.»
«O viceversa!»
«Quel che è. Sarà anche reciproco.»
L’idea lo fece rabbrividire. «Non è una persona Amy, è una creatura malvagia, un essere corrotto.»
Lei gli prese una mano tra le sue. «Dopo tutto quel che ho detto, adesso sono io che ti chiedo di essere logico. L’assassino è un essere umano, Jon. Un individuo molto forte, stando al tuo amico poliziotto, ma comunque una persona con una mente sconvolta.»
«No, no. Io ero dentro quella mente, sono stato testimone di quell’orrore.»
«E allora perché non puoi vedere chi è?»
«E… è… troppo forte, troppo potente, mi schiaccia la mente, me la sbrana, la devasta, questa… cosa… sembra che mi divori la psiche, mi rubi ogni pensiero. Io assisto a questi atti osceni solo perché me lo permette, anzi lo vuole. Questa bestia si sta prendendo gioco di me, Amy.»
Lei gli prese il bicchiere e lo pose in terra, gli strinse le mani tra le sue. «Stasera rimango qui con te.»
«E tuo padre…?»
«Buon Dio Jon, ho ventitré anni! Telefono a mia madre e le dico che stanotte dormo fuori!». Fece per alzarsi ma Childes la trattenne per un braccio.
«Non sono molto d’accordo.»
«Non importa, io rimango lo stesso.»
Lui si riprese un poco. «Non vorrei vedere arrivare tuo padre con una doppietta carica. Non credo che ce la farei stasera.»
«Dirò alla mamma di nascondergli le cartucce». Si alzò in piedi e gli accarezzò ancora il viso prima di avviarsi all’ingresso. Childes ascoltò la sua voce soffocata buttando giù l’ultimo sorso di whisky. Chiuse gli occhi abbandonandosi contro lo schienale e si chiese se Amy poteva capire quanto fosse felice di non rimanere solo quella notte.
Il suo borbottare la fece svegliare. Giacque accanto a lui in ascolto. Parlava nel sonno.
«…non è vero… lui dice che non… non puoi… essere… lui dice che tu non…». Amy non lo svegliò. Cercava di capire il significato di quelle parole che Jon andava ripetendo.
«… non puoi essere…»
Aveva frugato nella mente di quell’uomo, dapprima con perplessità ma poi eccitata dal contatto. Chi era? Qual’era il suo potere? Poteva essere pericoloso?
Sorrise godendo del nuovo gioco.
Erano passate tante immagini tra di loro, qualche volta la loro rapidità e forza erano state preoccupanti, ma ben presto le accettò e poi ne trasse piacere. Aveva sondato e inseguito, scatenando la propria coscienza alla ricerca di questa persona spaventata, non sempre aveva avuto successo. Eppure quel legame sensitivo quasi intangibile si stava rafforzando. Aveva sentito e assorbito il suo panico, persino i ricordi non erano stati risparmiati.
Gli altri omicidi, l’omicidio dei bambini erano seppelliti, nei recessi più profondi della memoria dell’uomo, ma li aveva scoperti e osservati con una certa sorpresa che si trasformò subito in un piacere sadico. Più che visti, poiché non si manifestavano visivamente in senso letterale, venivano percepiti e vissuti. Goduti a fondo. E capiva anche quale legame ci fosse tra l’uomo e questi assassinii.
C’erano altre sensazioni evocate da questa persona da contemplare: era un divertimento, una nuova forma di tortura da sfruttare. Poteva essere scoperto poiché il passato era sempre presente nella sua mente, una gran parte anche in modo determinante, e benché non si potesse individuare lui fisicamente, coloro che conosceva si potevano tenuamente percepire. La Pietra di Luna, chissà in quale modo misterioso, era giunta fino a lui, ma era stata proprio quella gemma a fornire il ponte, l’elemento catalizzatore nell’unione delle loro menti, e la breccia che si era creata era stata così improvvisa da essere devastante, mentre prima c’erano stati solo dei tentativi di sondaggio. Quando scoprì gli omicidi dei bambini capì anche il collegamento con la polizia e quindi con la pietra. Comprese allora le capacità parapsicologiche dell’uomo. Erano quegli altri omicidi la chiave.
Era facile rintracciare notizie a proposito, i giornali dell’epoca avevano ampiamente riportato le varie atrocità commesse nonché il modo strano in cui si era conclusa la vicenda; un archivio pubblico fornì tutte le informazioni che servivano.
Era passata ormai una settimana, compose il numero successivo dell’elenco, tutti gli altri avevano lo stesso prefìsso ed erano stati cancellati con un tratto di penna.
Sogghignò quando all’altro capo si sentì una vocina rispondere: «Pronto?»
Il caldo le avvolse piacevolmente quando uscirono dal palazzo Rothschild e dall’aria condizionata: nel sole sembravano tanti angioletti cinguettanti. Le dodici ragazze erano tutte vestite con la divisa azzurra del La Roche, e chiacchieravano di continuo, approfittando di ogni momento passato fuori dal college. Si riunirono sul marciapiede davanti al moderno palazzo di uffici mentre Childes le contava, assicurandosi che non se ne fosse persa nessuna. Sentiva che la visita fatta alla grande sala dei computer della società era stata più che positiva, anche se la maggior parte delle allieve non aveva capito un’acca del discorso molto tecnico del funzionario (Childes aveva sorriso vedendo lo sguardo delle ragazze perso nel vuoto). Comunque si erano fatte un’idea di che tipo di servizi i computer fornivano in una grande società.