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La baciò di nuovo a questa volta lei rispose al bacio; lo strinse a sé cingendogli le spalle con le braccia. Le labbra si separarono ma i corpi rimasero avvinghiati, ognuno godendo del tepore del corpo dell’altro, della sensazione di pienezza che avvertivano dentro di sé. Lei allargò le cosce dove lui la stava premendo facendola sospirare e fece scorrere la punta delle dita lungo la sua spina dorsale.
Cambiarono posizione per guardarsi negli occhi fianco a fianco; lui giocherellò con i suoi capezzoli che si ergevano fieri ed eretti, lei abbassò la mano per carezzarlo con gesti teneri e sapienti. Fecero l’amore con calma, lentamente, tutta la frenesia si era spenta la sera prima. Ora era un momento per distendersi, per un’unione serena, un’eccitazione quieta.
Lui l’accarezzò con la lingua ed ella lottò per controllare l’eccitazione montante, provocata dai suoi tocchi squisiti, irresistibili; sentendola giungere al culmine la penetrò rapidamente, con un movimento tanto facile che quasi non s’accorse di essere entrato in lei completamente. Alzò le gambe avvolgendolo e stringendolo freneticamente per attirarlo ancora più a fondo.
Non ci volle molto perché si rompessero gli argini e l’orgasmo li investisse entrambi in lunghe ondate di piacere lasciandoli esausti e ansimanti. Rimasero aggrappati l’una all’altro fin quando non ritornò la calma dei sensi.
Finalmente si separarono e giacquero fianco a fianco a riprendere fiato.
«Hai dormito bene stanotte?» chiese Amy.
«Sì, non me l’aspettavo, ma invece sì, profondamente.»
«Niente sogni?»
«Non mi pare, no, non me ne ricordo.»
Gli carezzò il viso e i capelli e lui sentì l’odore dei loro corpi sulla punta delle sue dita. «Avevi una bruna faccia ieri.»
«Avevo paura Amy e ne ho ancora. Come mai ho visto la mano di Kelly in quel modo? Per fortuna le ragazze ridevano tanto che non si sono accorte della paura che mi ero preso». Le strinse un braccio. «E se fosse una premonizione?»
«Hai sempre detto di non avere premonizioni.»
«C’è qualcosa che sta cambiando dentro di me, lo sento.»
«No, Jon, no. Tu sei solo confuso e scioccato da questa faccenda della pietra. Qualcuno sta manipolando la tua mente, ti sta tormentando, lo hai detto tu stesso.»
«Vuoi dire che mi mette nella testa questi pensieri?»
«Forse!»
«Ma no! E ridicolo. Queste cose non succedono veramente.»
«Cristo!» esplose lei. «Come fai a dirlo! Perché continui a non voler vedere la realtà delle cose?»
«E questa sarebbe realtà secondo te?»
«E quello che sta succedendo, no? Jon, tu devi venire a patti con te stesso, devi smettere di opporti a ciò che per un altro è innaturale, ma per te non lo è! Accetta il fatto di avere questo sesto senso, o quel che è, e impara a controllarlo. Hai già ammesso che c’è un potere esterno a te che ti succhia i pensieri, allora tu devi capire i tuoi poteri per riuscire ad impedirglielo.»
«Non è mica così facile…»
«Non dico che lo è, ma non può essere che qualcun altro decida ciò che vedi o pensi.»
«Sì, certo, hai ragione. Vorrei tanto riuscire a dominarmi, ma di questi tempi ogni volta che mi sembra di riprendere il controllo delle cose arriva un altro episodio a mettermi KO. È sfibrante, io ho bisogno di riflettere, Amy. C’è qualcosa che tu hai detto che mi sta girando nella mente da un pezzo, solo che ho bisogno di un po’ più di tempo per rimuginarci sopra. C’è una porta che va aperta dentro di me, mi manca solo la chiave.»
«Non potremmo lavorarci insieme?»
«Non ora. Sono certo che c’è qualcosa che solo io posso fare, ti prego, sii paziente ancora un poco.»
«Purché tu prometta di non nascondermi nulla e tantomeno a te stesso.»
«È una promessa facile da mantenere.»
«Staremo a vedere.»
«Hai fame?»
«Sei abilissimo a cambiare discorso.»
«C’è altro da dire?»
«Un sacco di cose»
«Più tardi però. Che cosa vuoi per colazione?»
«Se non hai un bue intero, m’accontento di toast e caffè.»
«Se hai fame, c’è anche dell’altro.»
«Lascio a te decidere. Ma se preferisci preparo io qualcosa.»
«Sei tu l’ospite.»
«Spero di non esserti già di peso, sono qui da ben due giorni.»
«Non preoccuparti. Piuttosto come l’ha presa papà?»
«Non ha fatto una piega. Devo farmi un bagno, Jon.»
«Okay. Tu ti fai il bagno e io cucino.»
«Facciamolo insieme, dai!»
«Ancora non ti basta?»
«Mmm. D’accordo, tanto la tua vasca è troppo piccola.»
Lui si alzò dal letto e si mise l’accappatoio. «Faccio in due minuti», le gridò scendendo le scale.
Amy chiuse gli occhi, subito un espressione tesa le segnò i dolci lineamenti.
Al piano inferiore Childes si rasò e lavò velocemente dopo aver aperto i rubinetti del bagno per Amy. Aprì l’armadietto, prese l’astuccio e si applicò le lenti morbide davanti allo specchio che si andava già coprendo di vapore. Rifece le scale di corsa, a due a due, indossò dei jeans sbiaditi, scarpe scamosciate e una felpa grigia mentre Amy lo guardava dal letto.
«Hai bisogno di essere messo all’ingrasso» commentò.
«Ah sì? E per quand’è la macellazione?» rispose lui, ma nessuno trovò la battuta divertente. «Il bagno è quasi pronto» aggiunse, passandosi le dita tra i capelli folti e scuri.