124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 30

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«Vuoi ghiaccio?»

«No, va bene liscio. C’era qualcosa che non andava quando hai chiamato?»

Versò una buona dose di gin poi cercò l’acqua tonica nel mobiletto. «Credevo fosse successo qualcosa a Gabby!» rispose.

«A Gabby? Ma perché, cosa… ?» La voce le si spense e chiuse gli occhi. «No, oh no, di nuovo!» sospirò.

Lui le porse il gin and tonic mentre lei lo seguiva con lo sguardo. «Spiegami!» gli ordinò con un filo di voce mentre prendeva il bicchiere.

Childes si versò uno scotch poi tornò verso il divano sedendosi vicino a lei. «Sono ricominciate le visioni.»

«Jon…»

«Stamattina ho avuto la precisa sensazione che Gabby fosse in pericolo.» Come poteva dirle che lui aveva saputo che la loro figlia era in pericolo, e che Annabel era stata presa per errore! Per tutta la giornata era stato sbeffeggiato da quell’altra mente perversa, aveva avuto attimi di percezione delle prolungate atrocità compiute, la creatura, chiunque fosse, lo aveva tormentato cercando la sua mente per infliggergli quelle dolorose visioni. Stranamente dopo un poco Childes si era accorto di essersi assuefatto alle immagini. Aveva capito che ormai il peggio era avvenuto. Annabel non soffriva più le torture. Fin quasi dall’inizio. Questo però doveva pur dirlo a Fran.

«Ma non era Gabby, era la sua amichetta Annabel, vero?» aveva già risposto Fran al posto suo.

«Sì, in qualche modo non ho visto bene, mi ero confuso.» Era da vigliacchi, ma era meglio dire la verità un po’ alla volta, Fran comunque stava per subire un altro brutto colpo. «Fran, devo dirti un’altra cosa…»

Lei prese un sorso di gin come per prepararsi; le sue ‘intuizioni’ erano sempre negative, mai buone. Poi lo disse lei per lui incapace di frenarsi. «E morta vero? Annabel è morta?»

Egli abbassò la testa evitandone lo sguardo.

Il viso di Fran ebbe un crollo e il bicchiere le si rovesciò sull’abito. Childes lo raccolse poggiandolo sul tavolino accanto al divano. Le passò una mano attorno alle spalle e l’attirò verso di sé.

«E così atroce, così vile!» si lamentò lei. «Come faremo a dirlo a Tony e a Melanie. Come?»

«Non possiamo dire niente, Fran, c’è la polizia per questo… quando troveranno il corpo.»

«Ma come posso guardare in faccia Melanie, come faccio ad aiutarla quando io so? Sei sicuro Jon, proprio sicuro?»

«È tutto come prima.»

«E non ti sei mai sbagliato!»

«No.»

La sentì irrigidirsi. «Perché hai creduto che fosse stata presa Gabby allora?» Si scostò per poterlo guardare bene in viso. Fran non era una stupida. «Non lo so, forse ho fatto confusione perché è avvenuto così lontano da me.»

Lei fece una smorfia, arricciò il naso poco convinta, stava per insistere quando suonò il campanello. «Sarà Overoy» disse Childes sollevato. «Vado ad aprirgli.»

La faccia dell’ispettore era scura mentre seguiva Childes in salotto. «La stanno prendendo piuttosto male.»

«Cosa s’aspettava?» rispose Fran tagliente.

«Mi scusi, non era un’espressione molto azzeccata» si scusò Overoy. Annuì quando Childes gli indicò la bottiglia di whisky. «Posso fare a lei la stessa domanda che ho fatto ai genitori di Annabel, signora… Childes sempre, o sbaglio?»

«Childes suona sempre meglio del mio nome da ragazza sulla carta intestata e non ho mai pensato di cambiarlo, poi è meglio anche per Gabby, meno confusione. Mi faccia le sue domande allora, su. Intanto posso ripeterle ciò che ho detto più volte ai suoi colleghi oggi, non ho visto nessuno di sospetto nei paraggi da almeno una settimana, anzi da mesi, se è per questo. E adesso rispondete voi due ad una domanda.»

Overoy prese il whisky che Childes gli porgeva e si scambiarono un’occhiata.

«S’accomodi ispettore, ha l’aria di stare scomodo lì in piedi.» Fran riprese il gin and tonic notando che le tremava ancora la mano. Ma era anche curiosa ora, le stava prendendo forma nella testa un nuovo sospetto. Childes le si avvicinò e si sedette.

«Trovo strano che Jonathan l’abbia chiamata subito appena avuta un’altra delle sue tremende visioni, e che lei vada immediatamente a prenderlo all’aeroporto per portarlo qui. Voglio dire, perché tutto ciò quando sono, vediamo, almeno tre anni che non vi sentite?»

«Io conosco i suoi precedenti, signora, la sua particolare abilità.»

«Sì, questo lo so. So che adesso gli crede. Ma mollare tutto quel che fa solo per andare a prelevarlo? Mi chiedo persino se era di servizio oggi, dopo tutto è sabato, no?»

Stavolta rispose Childes. «Veramente ho chiamato l’ispettore a casa.»

«Addirittura a casa.»

«Senti Fran, non avevamo intenzione di nasconderti nulla. È solo che abbiamo… ho pensato che saresti già stata abbastanza sconvolta per la scomparsa di Annabel senza stare a cercare altre preoccupazioni per ora.»

Negli occhi di lei una paura nuova. Usò entrambi le mani per portarsi il bicchiere alle labbra, sorseggiò piano e riportò le mani col bicchiere in grembo. Teneva la schiena diritta e aveva una voce incerta quando disse: «Penso sia ora che mi diciate tutto.»

S’era fatto tardi.

Childes e Fran erano soli, seduti attorno al tavolo di cucina davanti a una cena cucinata malvolentieri, e mangiata con ancora minore entusiasmo. Nella stanza di Gabby era tutto tranquillo e silenzioso.

«Dovrei andare a vedere come sta Melanie.» Fran si morse il labbro inferiore con un gesto ansioso che lui aveva spesso criticato quando ancora vivevano insieme.

«Sono le dieci passate Fran, io non andrei a disturbarla adesso. E poi può darsi che il medico le abbia dato qualche tranquillante per aiutarla a dormire.»

Le spalle di Fran s’ingobbirono. «E cosa potrei dirle poi, dopo quello che tu hai detto a me! Ma sei proprio sicuro?»

Lui sapeva cosa intendeva. «Vorrei tanto avere qualche dubbio.»

«No, come ti ho detto non hai mai sbagliato in queste… queste occasioni.» Non c’era nessuna critica in questa sua affermazione, solo una nota di immensa tristezza. «Ma questa volta c’è qualcosa di diverso, non è vero? Questa volta non è come prima.»

Lui sorseggiò il caffè ormai tiepido prima di rispondere. «Non ho una spiegazione valida. Solo che stavolta questo mostro mi conosce, riesce a penetrare nella mia mente: come e perché è un mistero.»

«Forse ha trovato per caso il tuo codice d’accesso.»

La guardò sorpreso. «Non ti seguo.»

Fran respinse in avanti il piatto e poggiò i gomiti sul tavolo. «Mettila così, tanto per citare i tuoi beneamati computer. Quando vuoi accedere a un altro sistema devi avere il codice particolare di quel sistema per potervi entrare, non è così? Una volta che hai il codice sei dentro la memoria, la banca dati di quell’altro sistema. Tanto è vero che poi si ha un dialogo tra le due macchine, giusto? Bene, forse quest’altra mente ha trovato fortuitamente il tuo codice d’accesso, o forse nel tuo subconscio tu hai il suo.»

«Non sapevo che ti interessassi di certe faccende.»

«Di solito no, infatti. Ma dopo l’altra volta sono rimasta per lo meno incuriosita. Ho fatto qualche ricerca, non molto, abbastanza per cominciare a capire. Molto ancora non è chiaro, ma almeno so qualcosa delle varie teorie a proposito dei fenomeni psichici. Ti dirò, molti sono fatti ridicoli, altri invece hanno una loro logica affascinante. Mi sorprende che proprio tu non abbia cercato di capirci qualcosa!»

Si sentì a disagio nel rispondere. «Io volevo scordarmi di tutto, non cercare di approfondire.»

«Strano!»

«Cosa?»