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Lei si spaventò ancora di più. «Ma lei non ci aiuta?» lo pregò.
Oh sì! Lui avrebbe tanto voluto aiutarle, scendere insieme a loro, uscire da quel luogo di morte in cui già un cadavere giaceva carbonizzato nell’atrio principale, dove chissà chi o cosa si aggirava per i corridoi e dove fiamme terrificanti divoravano tutto.
«Andrà tutto bene» la rassicurò. «Siete quasi arrivate. Io devo andare ad aiutare le altre di sopra.»
La sospinse verso le scale e prendendo per le spalle la ragazza più vicina la invitò a seguirla; le altre si accodarono e lui le consigliò di stare attente e non inciampare, tranquillizzandole una a una man mano che passavano. Stimò che ne erano passate per lo meno una trentina e altre ancora continuavano ad arrivare. Cnildes non aveva idea quante delle trecento e più allieve del La Roche fossero a convitto, ma stimò che dovevano essere almeno una sessantina. A parte Estelle Piprelly solo due delle insegnanti e la governante erano interne nel colle|e a badare alle ragazze. Aumentò l’andatura nonostante la risalita diventasse sempre più dura, l’aria più irrespirabile. Più saliva e più denso si faceva il fumo. I vapori fuligginosi parevano l’avanguardia velenosa dell’incendio che li creava. Era più forte ora anche il rumore dell’incendio, le travi si schiantavano come colpi di fucile all’interno della fornace. E sopra a tutto si sentiva il suono impazzito degli allarmi.
Cominciava a soffocare: tirò fuori il fazzoletto e se lo portò alla bocca. Arrivavano altre ragazze, annunciate da grida strozzate. «Andate avanti!» gridò loro, anche se non sembravano avere bisogno di incitamenti. Apparvero due delle ragazze più grandi che ne sorreggevano un’altra in preda a un attacco isterico paralizzante. Childes fu tentato di prendere in consegna la ragazzina e di portarla giù lui stesso, ma comprese che il terzetto ce l’avrebbe fatta anche da solo.
Qualcuno gli cadde addosso e lui tese le braccia per evitare che cadesse.
«Eloise!» esclamò, riconoscendo l’altra insegnante che era alloggiata nella scuola.
La signorina Todd spalancò la bocca, spaventata e incerta. Ansimava rumorosamente succhiando l’aria malsana.
«Quante ce ne sono lassù?» le urlò da vicino.
Lei scosse la testa cercando di sfuggirgli.
«Perdio cerca di stare calma!»
«Lasciami andare, ti prego, lasciami andare.»
«Quante?»insisté lui, trattenendola per un braccio.
«Abbiamo cercato dappertutto, abbiamo… Alcune avevano tanta paura che si sono nascoste nei bagni. Altre urlavano affacciate alle finestre.»
«L’avete fatte uscire tutte?»
«Lasciami, lasciami andare.»
La trattenne. «L’avete fatte uscire tutte?»
Alcune ragazze li scansavano aggrappate alla ringhiera per sostenersi, le loro spalle sussultavano e piangevano tutte. Le loro urla si fondevano in un unico lamento. L’insegnante si liberò di lui e le raggiunse nella fuga sfiorando le spalle di una, carezzandone un’altra facendo loro coraggio nonostante la sua paura disperata.
Si voltò e gli gridò: «Alcune delle ragazze sono fuggite dalla porta sbagliata, verso la scala principale. La governante è andata a cercarle!». Poi riprese la discesa, sospinta anche da quelle che arrivavano.
Childes non perse altro tempo. Si coprì la bocca con il fazzoletto e salì gli ultimi gradini. Non passò nessun altro. Aveva perso il conto, ma gli sembrava che dovessero essere ormai passate quasi tutte.
Arrivò all’ultimo piano dove il fumo era insopportabile. Aveva gli occhi brucianti, la gola dolorosamente secca. Con terrore vide che le fiamme erano arrivate fino a quel piano; in fondo al corridoio si intravedeva un baluginio appena percepibile attraverso il fumo denso, ma lui era sicuro che provenisse dall’altra scannata.
Si piegò in due per evitare il fumo più denso e corse lungo il corridoio sbirciando nei dormitori mentre passava. Un attacco di tosse lo costrinse ad inginocchiarsi. Si accorse di essere accanto a uno dei bagni e vi si trascinò dentro trovando un’aria più respirabile.
Barcollò tossendo fino a uno dei lavandini, aprì il rubinetto, si tolse gli occhiali e si sciacquò il viso, poi prese un asciugamano, lo inzuppò nel lavandino e se lo mise attorno al collo come una sciarpa coprendosi naso e bocca con i lembi di stoffa bagnata.
Prima di uscire controllò i gabinetti, poi tornò nel corridoio, l’asciugamano a mo’ di maschera. Il rumore del fuoco era diventato un brontolio cupo e il calore era rovente, aumentava man mano che lui si avvicinava alla scalinata. Stava per entrare in un altro dormitorio quando udì un suono diverso dagli altri; appena percepibile nel frastuono dei campanelli, del fuoco e del legno che si schiantava, ma ben distinte, sentì delle grida che sembravano venire dal centro dell’incendio.
Tirandosi l’asciugamano sopra la testa e tenendone un angolo sopra il viso Childes proseguì accostato al muro per sapere in che direzione andare.
Dalla tromba delle scale salì un getto di scintille come da un vulcano, lingue di fiamma salivano lungo i muri, lambivano i legni, sfioravano il soffitto. Il pianerottolo non era ancora bruciato ma iniziava già a fumare, le assi cominciavano a piegarsi.
Childes andò alla balaustra, ritirando subito la mano appena la poggiò sul legno ardente.
Le ragazze erano assiepate in un angolo appena sotto di lui, le scale davanti a loro erano in fiamme e anche quelle dietro. Avevano tentato di allontanarsi per quella strada ed erano state arrestate da un muro di fuoco. Quando erano risalite avevano scoperto che la via del ritorno era già invasa dalle fiamme, che le avevano precedute sospinte da turbinanti correnti d’aria.
Molte delle ragazze sembravano svenute, le altre si stringevano assieme con le mani alzate a coprirsi il viso dal calore. Erano in sei o sette (era impossibile vederle bene tanto erano vicine), e la governante era con loro con la schiena rivolta alle fiamme, le braccia tese come per proteggere le sue ragazze.
Childes scese alcuni gradini ma il calore lo fece ben presto arretrare. Una barriera di fuoco sbarrava l’ampia scalinata. Forse avrebbe potuto saltare attraverso le fiamme, raggiungerle, ma a cosa poteva servire? Cosa avrebbe potuto fare per loro? Tornò frettolosamente sul pianerottolo.
«Signora Bates!» chiamò. «Sono qui.»
Vide la governante alzare la testa e urlò di nuovo. Lei girò il viso dalla sua parte, lo vide. A Childes sembrò di scorgere un lampo di speranza nel suo sguardo ma il calore e il fumo deformavano tutto.
La governante si allontanò dalle ragazze appena pochi passi. «È… è lei, Signor Childes? Che Dio sia lodato! Ci aiuti, per favore. Ci aiuti a uscire di qui!»
Alcune delle ragazze lo guardavano adesso, pur rimanendo rannicchiate nell’angolo. Aiutarle! Ma come? Come poteva tirarle fuori di lì? Lui non poteva scendere, e loro non potevano salire.
La governante era in ginocchio, tossiva e vomitava, l’aria ribolliva. Tornò indietro barcollando, allontanandosi dall’inferno. Un’improvvisa vampata costrinse Childes a indietreggiare. Le fiamme salirono verso il soffitto mordendo le travi per poi scomparire di nuovo nel pozzo di fuoco. Ma le travi non erano rimaste illese, ardevano furiosamente. Mancava poco ormai.
Con una scala forse avrebbe potuto fare qualcosa, poggiandola tra il pianerottolo di sotto e la balaustra. Ma non c’era il tempo di andare a cercarne una. Forse con una corda. Potevano legarsela attorno alla vita così lui avrebbe potuto issarle fin lì, una alla volta. Quante ne avrebbe salvate prima di non avere più forze? E comunque, dove accidenti la trovava una fune?
«Aiuto!» sentì di nuovo. Anche le ragazze avevano preso a chiamarlo.
«State lontane dalle scale!» gridò lui, vedendo che alcune di loro si erano avvicinate alla governante.
Childes riconobbe il viso di Kelly nel gruppo, era annerito dalla fuliggine e segnato dalle lacrime. Tese verso di lui una mano implorante, una bambina vulnerabile e piangente, il ricordo della visione del suo braccio carbonizzato lo colpì, raggelandolo e impedendogli ogni altro movimento.
Diede un gemito scrollando la testa, l’asciugamano, ormai prosciugato dal calore eli cadde intorno alle spalle. Il fumo denso e soffocante lo circondava, dalle assi del pavimento si sprigionavano fiammelle. Delle urla stridule lo fecero tornare in sé, udì uno schianto di legno frantumato e si affacciò alla balaustra.
Un altro pezzo di scalinata era crollato cadendo nell’abisso fiammeggiante di fronte alle ragazze che si rannicchiarono di nuovo nell’angolo più lontano assieme alla governante. Quelle che erano più all’esterno dimenavano le mani come se potessero allontanare il terrificante calore, altre ancora erano cadute a terra o addosso alle loro compagne.
«Vado a cercare qualcosa con cui tirarvi fuori!» urlò loro. «Torno subito!» Non sapeva se lo avessero sentito, e inoltre non sapeva assolutamente cosa fare. Sarebbe stato capace di tirarle fuori veramente? Childes respinse quelle domande angosciose e si allontanò.
Sentiva il calore rovente del pavimento attraverso le suole delle scarpe. Una nebbia densa e asfissiante riempiva il corridoio. Gli sembrò di sentire la pressione che montava, come del vapore trattenuto in una caldaia dalle valvole difettose; l’aria stessa sembrava pronta a prendere fuoco. Aspirò una boccata senza ossigeno e fu preso da un attacco di tosse, aveva i polmoni inariditi.
Ma non si fermò. Si trascinò carponi, le spalle e il torace doloranti, con le mani che si scottavano sul legno, finché non trovò una porta aperta. Entrò e la richiuse con un calcio rotolando sulla schiena e concedendosi appena un attimo di sosta. Il fumo non era tanto denso nella stanza anche se vedeva i lettini attraverso una spessa nebbia. Raggiunse il letto più vicino e ne strappò via le lenzuola.
Sempre inginocchiato prese a legarle insieme, poi si avvicinò a un altro letto e ne prese delle altre; si rifiutava di ammettere che quegli sforzi fossero inutili. Mentre annodava un terzo lenzuolo con gli occhi brucianti e il petto dolorante come se vi fosse stato piantato un coltello, sentì un singhiozzare soffocato. Si guardò intorno senza riuscire a capire da dove provenissero i suoni. Scrutò la stanza. Udiva solo il crepitare delle fiamme. Si piegò per guardare sotto i letti ma non c’era nessuno. Finì di annodare le lenzuola e si diresse di nuovo verso la porta. Ancora quei singhiozzi.
Si voltò di nuovo, osservando la stanza, i letti sfatti, le bambole gettate in terra, abiti abbandonati, poster che cominciavano ad accartocciarsi. Tese l’orecchio, cercando l’origine del rumore. Era appena udibile, ma ora ben distinto dagli altri rumori. Il suo sguardo fu attratto da un armadio in fondo alla stanza.
Non c’era tempo, non c’era più tempo. Doveva ritornare dalle ragazze sulle scale. Gettò a terra le lenzuola e correndo raggiunse l’armadietto.
Aprì gli sportelli e vide le due bambine piagnucolanti, accovacciate sul fondo tra le mazze da hockey e le racchette da tennis, seminascoste da alcuni impermeabili appesi. Urlarono rannicchiandosi ancora di più.
Childes raggiunse con una mano la più vicina, la tirò a sé, voltandole il viso perché lo potesse vedere; ebbe appena il tempo di riconoscere una delle bambine delle primarie quando si spensero le luci.