124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 45

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La smarrì nel buio e le loro urla lo assordarono. Childes si mise carponi e le cercò a tastoni, ne trovò i corpicini tremanti e le abbracciò entrambe. «Non dovete avere paura» disse loro con tono calmo, cosciente del terrore che invadeva anche lui. «Il fuoco ha bruciato i cavi, per questo si sono spente le luci.» Le bambine continuavano a divincolarsi. «Su, mi conoscete no? Sono il signor Childes. Vi porto via di qui, d’accordo?» Cercò di tirarle fuori ma resistevano ancora. «Le vostre amiche sono tutte fuori che vi aspettano. Saranno preoccupate, non credete?» Dio mio! Doveva tornare da loro prima che fosse troppo tardi. «Forza adesso! Scendiamo per le scale, poi potrete dire alle altre quanto è stato emozionante. Una corsetta per le scale e saremo fuori di qui!»

Una vocina spaventata riuscì a malapena a superare i singulti. «Le… le scale… sono tutte bruciate.»

Le accarezzò sui capelli stringendole a sé. «Usiamo l’altra scala. Non vi ricordate più delle altre scale, delle esercitazioni antincendio? Le scale sono di cemento, non possono bruciare. Non c’è niente di cui avere paura. Vi ricordate di me? Sono il signor Childes, sarete venute di sicuro a dare un’occhiata all’aula dei computer!»

Si gettarono tra le sue braccia e lui le strinse a sé, tremanti. Senza dire altro le sollevò e si diresse di nuovo verso l’uscita, una bambina per braccio, quasi senza sforzo. Inciampò ma riuscì a rimanere in piedi. Vedeva filtrare da sotto la porta un filo di luce rossastra.

Un altro rumore si fondeva con gli altri, ancora lontano, all’esterno, ma cresceva di secondo in secondo. Sirene spiegate.

Le due bambine, una in pigiama, l’altra con un camicione che le arrivava fino alle caviglie erano sconvolte da attacchi di tosse violenta. «Cercate di non respirare a fondo» disse, inghiottendo con difficoltà. L’asciugamano gli era caduto dalle spalle.

Quando arrivarono alla porta Childes posò le ragazzine in terra e raccolse la fune di lenzuola annodate, gettandosela su una spalla.

Cercò di parlare con calma, nascondendo il proprio panico. «Vi conosco tutt’e due, sono sicuro, ma porca miseria adesso non riesco a ricordare i vostri nomi. Perché non me li dite voi?»

«Sandy!» mormorò una voce tremula vicino al suo orecchio.

«Oh, bene. E tu? Non me lo vuoi dire il tuo?» chiese, tirando l’altra bambina verso di sé.

«R… Rachel!» balbettò la bimba.

«Brava! Adesso ascoltatemi bene Sandy e Rachel. Io adesso aprirò la porta e uscirò, ma voi dovete aspettarmi qui».

Le piccole dita lo strinsero forte. «Non vi preoccupate, torno subito.»

«Non ci lasciare qui da sole!»

Non sapeva quale delle due avesse gridato. «Devo andare ad aiutare delle altre ragazze. Non sono lontane ma sono nei guai. Devo andare a prenderle.» Si liberò delle loro braccia, odiava doverlo fare ma non aveva scelta. Cercarono di trattenerlo ma lui si alzò e girò la maniglia. Era la sua mano ad essere calda o era il metallo? Spalancò la porta. Dietro un bagliore torrido, la pelle si raggricciò dal calore rovente che spazzava tutto. Schermandosi gli occhi scrutò il corridoio e vide che l’incendio si era esteso.

Il terribile fracasso di legno schiantato lo raggiunse proprio mentre usciva in corridoio. Non udì né grida né altro, ma sapeva cos’era stato, lui sapeva esattamente cos’era accaduto.

Doveva comunque accertarsene. Esserne sicuro. Se c’era anche la minima possibilità che …

«State lì!» gridò alle due bambine terrorizzate. Corse, tenendosi basso, ignorando la sensazione di pelle che si bruciava, sapeva che era solo una sensazione, che non si stava staccando veramente. Sbatté contro il muro, le lenzuola si svolsero strusciando in terra.

Arrivò alla balaustra che sormontava la scalinata, del pavimento ormai solo poche zone non erano state invase dalle fiamme; in alto lingue di fuoco sfioravano il soffitto.

La balaustra era intoccabile, ridotta ormai ad un trave fiammeggiante davanti al baratro di fuoco. Ma attraverso le fiamme si scorgevano tratti delle scale. Soltanto che non c’erano più scale, erano rimasti solamente degli spuntoni di legno in fiamme sporgenti dal muro. Non c’era neanche più il pianerottolo. Era tutto crollato nel cratere di quel vulcano terrificante.

Childes ritornò verso il dormitorio troppo scosso per riuscire a piangere; i suoi occhi lacrimavano, ma per il fumo. Le tre lenzuola annodate giacevano nel corridoio dove erano cadute e già iniziavano ad ardere. Barcollò, appoggiò un braccio al muro ma continuò a camminare, sapeva che fermarsi significava la fine. Affrettò il passo quando vide che le bambine non erano più accanto alla porta dove le aveva lasciate. Pregò in silenzio che non si fossero allontanate, che non fossero fuggite dal fuoco, perdendosi nel fumo sempre più denso.

La porta era ancora socchiusa, la spinse. La sua figura si stagliava nera contro il bagliore rosso e arancione. Rachel e Sandy lo guardavano terrorizzate da un lettino sul quale si erano accovacciate.

«Forza!» disse, e sentì mestizia nella propria voce. «Vi porto fuori!»

Si precipitarono verso di lui che le prese in braccio. Ora sembravano più pesanti, ma ce l’avrebbe fatta. Qualsiasi cosa succedesse le avrebbe portate fuori, doveva salvare almeno loro. Uscì dirigendosi lungo il corridoio, allontanandosi dalle fiamme più alte. Intorno tutto bruciava; pavimenti, muri, soffitti, sembravano sul punto di incendiarsi. Lui riusciva appena a vedere dove andava, e sentiva crescere nella testa un senso di stordimento, la gola gli si era quasi chiusa. Dal pavimento schizzarono fuori delle fiamme lambendo il muro, costringendolo a voltarsi per passare. Le bambine non fiatavano, perfettamente immobili con le braccia strette attorno al suo collo, tremendamente impaurite ma fiduciose. Forse avevano ormai esaurito tutte le lacrime.

Per un po’ camminarono al buio, il fumo oscurava persino il bagliore alle loro spalle, ma poi un’altra luce apparve dalla direzione in cui procedevano. Nonostante gli servisse da guida non fu affatto contento; aveva sperato che il fuoco non avesse ancora raggiunto le scale di cemento.

Arrivarono finalmente sul pianerottolo dopo aver strisciato lungo il muro, quasi accecati. Childes quasi crollò a terra. Si lasciò andare carponi; Sandy e Rachel gli si accovacciarono a fianco aspettando che la tosse squassante gli passasse, anche loro tossivano quasi asfissiate.

Si riprese e si tirò su affacciandosi alla ringhiera di ferro. La tromba delle scale agiva da camino incanalando il fumo denso nel corridoio da cui erano appena giunti.

Potevano ancora farcela, se non morivano soffocati prima. Si avvicinò alle due bambine e cercò di rassicurarle: «Andrà tutto bene. Adesso scendiamo per le scale e saremo fuori prestissimo. Le scale sono di cemento quindi non possono bruciare. Ma dobbiamo stare attenti ai corridoi.» Sentiva che la sua voce era gracchiante e tremula. Infilò una mano in tasca. «Rachel, prendi questo fazzoletto e copriti la bocca e il naso.» La bimba obbedì. «Sandy, ho paura che dovremo rovinare questo camicione.» Strappò una striscia di stoffa legandogliela attorno al collo in modo da coprirle la parte inferiore del viso. Si rimise in piedi. «OK. Si parte!»

Le prese per le mani e le condusse lungo la prima rampa di scale, tenendosi accostato al muro, lontano dal fumo; più scendevano più si faceva denso, e più era rovente l’aria.

Sandy e Rachel lo tiravano indietro e Childes dovette strattonarle per continuare a farle scendere. Quando raggiunsero un angolo tra il primo e il secondo piano le coprì con il proprio corpo. A Rachel si piegavano le gambe e si appoggiò a lui: nella luce rossastra vide che la bambina non ce l’avrebbe mai fatta. Si tolse la giacca, gliela avvolse intorno al corpo e la sollevò. Lei gli si accasciò contro la spalla, semisvenuta. Meglio così, non avrebbe creato problemi muovendosi. Prese di nuovo la mano di Sandy e riprese la discesa cercando di coprirla come meglio poteva.

«Manca poco adesso!» disse, per farle coraggio.

Lei rispose aggrappandosi ancora di più al suo braccio. Per un istante gli balenò davanti il viso di Gabby con i suoi occhiali sempre storti. Quasi gridò il suo nome. Ora fu lui a scivolare, e cadde seduto sui gradini, con Rachel in grembo, completamente avvolta nella giacca. Fu Sandy che lo tirò per un braccio, costringendolo ad alzarsi di nuovo, rifiutandosi di lasciarlo riposare.

Lo guardò, il visino sporco, rigato dalle lacrime, illuminato da un vago chiarore mentre lei ripeteva le sue parole. «Manca poco adesso.»

Manca poco si disse, manca poco, solo un’altra rampa di scale. Ma si stava sempre più indebolendo, le ultime riserve di energia esaurite da una tosse nauseante, ogni boccata d’aria era piena di fumo asfissiante, e quasi non ci vedeva più; aveva gli occhi pieni di lacrime brucianti, tanto che non riusciva più a chiuderli per il dolore…

… e Sandy lo tirava ancora, il corpicino esausto che non reggeva più, le piccole gambe nude si piegavano, ormai era quasi appesa al suo braccio e si lasciava trascinare lungo i gradini…

… perdeva i sensi, la testa piena di immagini di Gabby e di corpi mutilati e offesi, e occhi malvagi che lo fissavano attraverso le fiamme, e Amy, ferita e sanguinante, e la pietra di luna luminosa e bianca, liscia e brillante attraverso il fumo, era la luna che colava sangue denso…

… stava svenendo, scivolava lungo i gradini, perdeva la presa sulla bambina, la mano gli si posò sul gradino, si sosteneva per non cadere, il corpo gli si piegò in due, e si lasciò sopraffare dal caldo soffocante, ma mancava così poco, appena qualche gradino ancora…

Una parte della sua mente ancora cosciente si accorse di qualcosa, qualcosa che avveniva in basso. Cercò di alzare la testa.

Voci. Sentiva delle voci. Grida. Ombre scure contro le fiamme gialle che uscivano dal corridoio del pianterreno. Ombre lungo le scale, che si avvicinavano…

* * *

PIETRA DI LUNA

(silicato di potassio e alluminio — KA 1Si3O8)

DENSITÀ: 2,57

DUREZZA: 6

INDICE DI RIFRAZIONE: 1,519 — 1,526 (basso)

Una varietà di feldspato ortoclasio; la pietra di luna emette una leggera e caratteristica fluorescenza quando sottoposta a raggi X.

E detta pietra di luna perché presenta alla luce una colorazione argentea simile a quella della luna. Colore bianco, definito come schillerizzato, dal tedesco ‘schiller’, iridescenza. Estratto in Madagascar, Sri Lanka, e Burma.

Overoy spense un’altra sigaretta e poi si strofinò gli occhi stanchi. Era seduto al tavolo da pranzo, una luce appesa si rifletteva nel cristallo brunito. La stanza da pranzo era separata dal soggiorno da un arco, due stanze piccole erano così state unite. Un lavoretto che aveva fatto da solo, quando con Jpsie erano venuti a vivere lì, un tempo in cui aveva ancora l’energia per affrontare sia i lavori domestici che quelli professionali. La televisione nell’angolo era spenta, le tende tirate contro la notte estiva, l’unica lampada accesa era la sua. Nulla! Riguardò gli appunti. «Nulla!», disse con disgusto.

La piccola gemma era soltanto un folle biglietto da visita. Ma i biglietti da visita di solito dicevano qualcosa.

E allora cosa significava quella pietra?

Un riferimento alla luna?