124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 46

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Con la mano distese davanti a sé gli appunti, disponendoli ad arco come un punto vincente a carte. Amy Sebire aveva pensato alla parola MOON come a un nome. Ma Childes aveva visto la luna come un simbolo. Un simbolo che rappresentava un nome?

Overoy prese il pacchetto di sigarette, scoprì che era vuoto e lo gettò in fondo al tavolo. Si alzò e per sgranchirsi le gambe fece il giro del tavolo. Tornò a sedersi incrociando le mani dietro la nuca.

Cosa stava combinando Childes? Contro ogni regola Overoy aveva lasciato a Childes la prova trovata sulla scena del delitto. Una prova minuscola, la pietra. Childes l’aveva voluta ad ogni costo. Perché no? La polizia non ci faceva nulla. Ma quella pietra aveva pure un briciola di importanza per l’assassino. Le verifiche fatte presso i gioiellieri di Londra e dintorni non avevano prodotto alcun indizio nonostante le pietre non montate non si vendessero molto frequentemente. La persona che cercavano cambiava spesso luogo d’acquisto, per non farsi notare.

Gli occhi stanchi osservarono la pila di libri ammucchiati sul tavolo, la maggior parte inutili, perché per le informazioni che gli servivano ne erano stati a malapena sufficienti un paio. Erano informazioni che riguardavano principalmente la luna nei suoi aspetti mistici. Follia lunare: Josie lo aveva sgridato prima di lasciarlo per andare a dormire. Ma non mia, Josie, quella di un altro.

Bastava chiedere a un qualsiasi poliziotto, con la luna piena il numero dei crimini aumentava, inspiegabile ma vero. Anche gli strizzacervelli pensavano che la luna potesse influenzare gli squilibrati. Overoy aveva sottolineato un appunto che aveva preso in proposito: “se la luna può agire sulle maree, allora perché non sul cervello che è composto in gran parte di acqua?”. Era una cosa da tenere presente.

Due lune piene nello stesso mese erano considerate una calamità da coloro che credevano in queste cose. C’erano state due lune piene in maggio quando erano iniziate quelle atrocità. Anche questo era stato sottolineato negli appunti.

Un’altra credenza popolare era quella che l’influenza malefica della luna (nonostante la stanchezza sorrise pensando alla storia del vecchio uomo sulla luna e alle sue maniere eccentriche), si potesse manifestare sulla terra come una funesta emanazione di coloro che avevano poteri occulti. Interessante ma non certo un argomento da portare al commissario.

Raccolse un pennarello rosso e cerchiò una parola scritta a stampatello: MUTILAZIONI, poi tirò una riga fino a un’altra parola: RITO. Accanto scrisse: SACRIFICI??? Forse una parola migliore era: OFFERTE.

Ma offerte a che cosa? Alla luna? No, c’era qualche genere di ragionamento, anche se folle! Ad una divinità lunare allora? Erano quasi tutte divinità femminili. Dio, se lo avessero visto i suoi colleghi! Bene ce n’erano parecchie di dee lunari da analizzare:

Diana

Artemide

Selene

Poi ce n’erano tre che erano in realtà la stessa:

Agriope (greca)

Sheol (ebraica)

Nephys (egizia)

Ecate. Il nome gli ricordava qualcosa, un ricordo sfumato. Questo nome lo aveva spinto ad approfondire le ricerche sui riti lunari e su dei e dee particolarmente significativi. (Questa sembrava però essere la più popolare, ma cosa poteva significare? Vediamo!)

Ecate: dea dei morti. A lei erano dedicati riti negromantici. Era figlia del titano Perse e di Asteria. Protettrice e Maestra delle streghe. (Ma davvero prendeva sul serio queste scemenze?)

Ecate: guardiana degli Inferi. Condottiera di una schiera di demoni. Di notte usciva dall’Ade e si aggirava sulla terra accompagnata da cani feroci e dagli spiriti dei morti. Aveva i capelli fatti di serpenti brulicanti e la voce di una belva. Di notte amava ritirarsi vicino a un luogo chiamato Armarantiam Phasis, il ‘lago degli assassina’. (Carina!)

Ecate: padrona di tutti i segreti oscuri, madre delle streghe. (Cosa aveva quel nome che …)

Ecate: come la luna era mutevole di carattere. Alle volte benigna e materna, faceva da levatrice, e da madre putativa, proteggeva i raccolti e le greggi. Poi prendeva il sopravvento l’altro lato del suo carattere, quello oscuro. Diveniva allora una dea infernale, una dea serpente con tre teste: di cane, di cavallo, e di leone. (Cristo! Non poteva credere di aver scritto tutto ciò, meno male che aveva deciso di fare questa ricerca in casa!)

Overoy prese la tazza di caffè nascosta dietro la pila di libri, facendo una smorfia di disgusto per i resti ormai freddi. Posò di nuovo la tazza e si lasciò andare contro lo schienale. Ma dove conduceva tutto ciò? Stava solo perdendo tempo? O c’era forse qualche traccia? Ma quale? Avevano a che fare con una mente sconvolta, malata, qualcuno che mutilava e smembrava i cadaveri delle sue vittime. Una persona che lasciava come biglietto da visita una pietra di luna, che godeva nel torturare le menti degli altri. Un adoratore della luna? O forse più precisamente un adoratore di qualche divinità lunare?

Non aveva proprio senso. Ma del resto la sua preda era completamente pazza.

Ma perché Ecate gli era rimasto in testa? Cosa aveva di familiare quel nome? Qualcosa visto da qualche parte.

Emise un gemito. Non ne posso più, pensò. Sono troppo stanco per poter pensare ancora. Gli ronzava la testa, e non riusciva più a connettere. A letto. Dormici sopra. Parlane con Josie, che ore erano? Beh, le avrebbe parlato al mattino, lei riusciva sempre a chiarirgli le idee. Ma forse aveva sbagliato tutto. Divinità lunari, adoratori, pietre. Sensitivi. La vita era molto più semplice quand’era di ronda.

Si alzò dalla sedia e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni diede un’ultima occhiata agli appunti. Poi scrollò le spalle, spense la luce e andò a letto…

… Si svegliò all’alba: la risposta era fi, davanti ai suoi occhi, come un neon lontano nella nebbia. Non era un granché, anzi un barlume, ma comunque un’idea.

Il sonno era scomparso del tutto, e lui si alzò di corsa…

* * *

Luna piena…

* * *

«Con chi parlo?»

«Ciao papà!»

«Ciao passerotto!»

«Sai papà, ho cominciato la scuola nuova.»

«Sì lo so. Me lo ha detto adesso la mamma. Hai già fatto amicizia con qualcuno?»

«Beh sì, una, anzi due. Però non sono molto sicura se mi piace Lucy. Devo restarci tanto in questa scuola papà? Mi manca un po’ quella vera.»

«Solo per un po’ Gabby, fino alle vacanze estive.»

«Poi torniamo nella nostra casa?»

«Perché, non ti piace lì dalla nonna?»

«Oooh sì! Ma a casa è meglio. La nonna mi vizia. Pensa che io sia ancora una bambina piccola.»

«Non capisce che sei cresciuta ormai?»

«No. Ma non è colpa sua, lei ce la mette tutta.»

Lui ridacchiò divertito. «Goditela allora, piccola. Non capita tutti i giorni.»

«Tutti i ‘grandi’ lo dicono. Vieni presto a trovarmi papà? Ho fatto dei disegni per te, proprio con le mani. La nonna si è arrabbiata perché ho sporcato tutti i muri, però non mi ha sculacciato, non lo fa mai. Ma vieni a trovarmi, papà?»

Childes non sapeva cosa risponderle. «Non lo so Gabby. Sai che mi piacerebbe, no?»

«Hai tanto da fare a scuola? Io l’ho detto alle mie amiche nuove che tu insegni ma Lucy non ci crede, dice che i maestri non insegnano mica i video giochi. Io ho cercato di spiegarglielo papà, ma lo sai come sono stupidi certi bambini. Quando cominciano le vacanze posso venire a trovarti papà?

Lui acconsentì anche se le incertezze erano tante.

«Però stavolta non voglio venire con la barca», disse con una vocina disgustata.

«No, certo, verrai in aereo.»

«Voglio dire quando sono lì. Non voglio andare in barca come l’altra volta».

«Vuoi dire quella volta in giro in motoscafo quando siamo andati in tutte quelle spiaggette? Mi sembrava che ti fossi divertita».