124279.fb2 La pietra della Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 54

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Arrivò dove la mano artigliava la sporgenza del muro. Le dita sembravano funi oscillanti che sopportavano tutto il peso di quel grosso corpo. Vide il polso carnoso, la manica della giacca rimboccata sul braccio gonfio, che spariva nel buio all’altezza del gomito. Childes si sporse dal parapetto. La luna illuminava il viso tondo appena sotto di lui, coperto di liquido scuro e denso che le colava lungo le guance e il mento. Uno degli occhi un foro nero e vuoto che lo fissava orribilmente. L’altro braccio le pendeva lungo un fianco come se fosse inutilizzabile.

«Aiuta… mi!» disse, con la sua voce aspra e gracchiante, e non era un’implorazione.

La guardò, vide la follia in quel viso largo, i capelli grigi sparpagliati nel vento. Ne toccò nuovamente la pazzia, ne sentì il laidume, l’ossessione maniacale e demenziale dell’adorazione della luna, una malsana giustificazione del male che essa amava perpetrare; un’anima malata e crudele, uno spirito maligno e rancoroso. Quella parola ‘aiutami’ era piena di sarcasmo. Childes lo capì e lo sentì poiché ancora una volta era dentro quella mente, che lo riempì di immagini mostruose e aberranti, malate e schifose; ancora la divertiva quel gioco. Il suo gioco, la sua tortura.

Ma un nuovo sentimento si affacciò nella sua mente depravata quando lui le prese la grossa mano.

La paura attraversò quei pensieri tormentati come una lama in una piaga purulenta, quando lui le scalzò il primo dito.

Un gemito terrorizzato al secondo.

Uno strillo disperato quando spinse le ultime due dita e lei cadde, cadde, cadde giù nella valle, il suo corpaccio rimbalzò contro il calcestruzzo del bacino scivolando fino in fondo alla diga.

Childes udì i tonfi sordi del corpo che si sfracellava. Cadde a terra sui lastroni di cemento. Sentì un improvviso sollievo inondargli i sensi, l’anima di colpo liberata da un’opprimente oscura pressione, una rabbia confusa e disperata. Era troppo stordito per piangere, troppo spossato per essere felice. Osservò le nebbie diradarsi e scompanre.

Una sola rimase.

Annabel si chinò e gli accarezzò il viso con le piccole dita gelide. Dita che non c’erano prima. Una luce l’attraversò e divenne poco più di una foschia, poi scomparve nel nulla.

«Illusione!» mormorò parlando a se stesso.

* * *

La luce proveniva dai fari di alcune macchine e dalle torce in fondo al sentiero. Childes la fissò schermandosi gli occhi con una mano. Sentì le portiere delle auto che sbattevano, delle voci, vide apparire delle ombre. Era stranamente curioso di sapere come lo avessero trovato, ma non sorpreso; quella notte niente poteva più sorprenderlo.

Childes non voleva più restare sulla diga, anche ora che le nebbie illusorie si erano disperse e quella rozza mano non stringeva più l’orlo del parapetto. La notte era stata troppo convulsa per non desiderare ora una pace più personale, più solitària. Aveva la testa leggera, e nonostante la confusione mentale, la perplessità acuta, si sentiva quietamente euforico. Aveva bisogno di pensare, di valutare i fatti, ma l’accettazione delle sue capacità straordinarie era totale e completa. Era sicuro che si potessero controllare, utilizzare sotto controllo. Era stata lei a dimostrarglielo, anche se le sue intenzioni erano state malvagie, e la sua follia aveva portato a un uso distorto del potere. Si alzò in piedi e guardò verso la valle, guardò oltre il bacino immobile illuminato dalla luna che non aveva più una luce sinistra e minacciosa, ma tersa e pura. Respirò l’aria fresca e leggermente salmastra; sembrava pulita ora e pareva anche ripulirlo dentro. Si voltò e s’incamminò verso le luci. Overoy fu il primo a raggiungerlo, seguito da Robillard e da due altri poliziotti in divisa.

«Jon!», chiamò il poliziotto. «Stai bene? Abbiamo visto tutto». Sorresse Childes per un braccio.

Lui sbatté gli occhi abbagliato dalle torce.

«Puntatele in basso», ordinò Overoy.

I due agenti li superarono puntando il fascio di luce verso la diga, mentre Robillard ordinava alle auto di abbassare i fari. Il sollievo fu immediato. «Avete visto?» farfugliò Childes incredulo.

«Non molto bene. Un banco di nebbia vi ha parzialmente coperti» rispose Robillard.

Un banco di nebbia! Childes non disse nulla.

Overoy parlò rapidamente, come se volesse anticipare Robillard. «Ti abbiamo visto cercare di salvare quell’altra persona Jon.» Fissò negli occhi Childes con un’espressione severa. Robillard aveva invece un dubbio dipinto in volto ma non fece commenti.

Quasi senza interruzioni Overoy proseguì: «Immagino che avesse tentato di ucciderti prima di cadere. Peccato che fosse troppo pesante, che tu non sia riuscito a trattenerla!» Le parole erano state scelte con cura, come se fosse una deposizione da imparare a memoria.

«Sapevate che era una donna?», chiese Childes.

Overoy annuì. «Avevamo scoperto la sua casa in Inghilterra. Ti ho telefonato un paio di volte ma era sempre occupato. Poi ho preso il volo di mezzanotte, appena in tempo.»

I due agenti illuminavano dall’alto il corpo sfracellato in fondo alla diga.

«Quello che abbiamo trovato in quella casa era un vero arsenale di orrori. Ma c’erano tutte le prove che ci servivano. Era la donna il mostro che cercavamo.» Overoy si fece scuro in volto e aggiunse: «Il cadavere della bambina era sotto il pavimento. Metterla lì era stata una pazzia, prima o poi l’odore della decomposizione l’avrebbe fatta scoprire da qualche inquilino del palazzo. Ma forse non gliene importava più. Forse aveva già capito che non poteva andare avanti così quando è venuta qui. Era pazza furiosa, è questa forse l’ironia della cosa.»

Childes guardò l’ispettore con curiosità.

«È così che l’abbiamo scovata. Il suo nome era nella lista di pazienti e inservienti del manicomio. Era un’infermiera, ma doveva essere più pazza dei matti a cui doveva badare. Cristo! Avresti dovuto vedere la roba che abbiamo trovato nella sua stanza; roba sull’occulto, la mitologia; simboli, amuleti. Ah, e un mucchietto di pietre di luna, le saranno costate un patrimonio. Se ognuna di quelle era per un’altra vittima…». Overoy scrollò le spalle.

«Ha detto che adorava…»

«La luna? Sì, una dea in particolare. C’era tutto lì, nei suoi libri, nei simboli. Pazza, completamente pazza.»

C’erano altre persone sulla diga che procedevano verso di loro. Robillard disse. «Quando l’ispettore Overoy ci ha comunicato l’identità della donna è stato facile scoprire che era qui da un paio di settimane; era arrivata con uno dei traghetti. Poi non ci è voluto molto a scoprire dove alloggiava. Una locanda in campagna. Lontano dai centri abitati. Non era rientrata da ieri, abbiamo perquisito la stanza. È stato fortunato stanotte, signor Childes: aveva lasciato lì i suoi ferri del mestiere. In una borsa nera sotto al suo letto abbiamo trovato degli strumenti chirurgici. Si vede che era sicura di liberarsi di lei a mani nude.»

«Era molto forte» affermò Overoy. «I suoi superiori alla clinica ce lo hanno confermato. Pare che la adoperassero per immobilizzare i pazienti più violenti. Secondo i medici ci riusciva con estrema facilità.»

«Non si sono chiesti come mai era scomparsa dopo l’incendio?»

«Non era scomparsa. Fu persino interrogata dalla polizia, come tutti gli altri sopravvissuti. Poi si prese delle ferie, appena si erano calmate le acque. Era pazza, non stupida.»

Forse avrebbe capito più tardi. Per ora Childes non riusciva a mettere a fuoco quanto gli stavano raccontando. Si scosse nell’udire un’altra voce, una voce familiare e amata.

«Jon!», chiamò Amy.

Guardò dietro ai due ispettori e la vide a pochi metri. Paul Sebire la sorreggeva per un braccio, il viso segnato da un’ansia che non gli era propria.

Childes le andò incontro e lei alzò le braccia, il gesso su un braccio bianco come la luna stessa. La strinse a sé, rattristato dalle bende che le coprivano il viso. La lasciò subito per non farle del male.

«Va tutto bene, Jon». Rideva e piangeva, le guance bagnate di lacrime. «Va tutto bene, ho avuto tanta paura, Jon.»

Dietro a lei vide Sebire con una smorfia sul volto stanco. L’uomo non disse niente ma si voltò e tornò verso le automobili parcheggiate sulla strada.

Childes le accarezzò i capelli, baciandole via le lacrime dal viso. Lei sentiva il cambiamento avvenuto in lui, quell’ombra scura che lo aveva oppresso era scomparsa. «Come avete fatto a trovarmi?»

Amy sorrise e gli restituì i baci. «Ce lo ha detto Gabby» gli spiegò.

«Gabby?»

Overoy li raggiunse e fu lui a dire: «Siamo andati a casa della signorina Sebire per cercarti dopo che l’agente di guardia alla tua casa ti aveva perso di vista. Lei non aveva idea di dove tu fossi andato…»

«Però mi sono ricordata che tu avevi chiamato anche Gabby, prima» lo interruppe Amy. «Era solo un tentativo, ma ho pensato che forse avevi detto a Fran dove avevi intenzione di andare. L’ispettore Overoy era d’accordo e così ha chiamato Fran dalla madre. Avevano dei guai con Gabby!»

«Tua figlia era isterica a causa di un incubo che aveva appena avuto» continuò Overoy. «Ti aveva sognato in riva a un grande lago, e c’era una donna mostro che ti voleva buttare di sotto. Tua moglie ha detto che Gabby non smetteva di piangere e di urlare, era sconvolta.»

«E da questo siete riusciti a capire dov’ero?» chiese Childes incredulo.

«Beh, sono abituato alle tue precognizioni, perché non dovevo credere a quelle di tua figlia?»

Anche Gabby. Childes era attonito. Si ricordò di quando lei gli aveva chiesto di salutargli Annabel.

Amy lo scosse da quei pensieri. «Non ci sono grandi laghi sull’isola Jon. C’è solo questo bacino.»

«Non avevamo niente da perdere!» aggiunse Overoy con una smorfia.