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Gliene portò un altro. Poi studiò l’unicorno mentre questi studiava la scacchiera. Per la prima volta si rese conto che era bello. La più bella cosa vivente che avesse mai visto. Adesso che la tensione stava per svanire, poteva guardarlo senza la presenza di quella paura che in passato era sempre stata presente e poteva fermarsi per ammirarlo. Se alla razza umana doveva succedere qualcosa, avrebbe potuto capitarle anche di molto peggio…
— Adesso il numero tre.
— Arrivo.
Tlingel lo scolò d’un fiato e spostò il re in f8.
Martin si chinò in avanti e spinse subito la torre in a3.
Tlingel sollevò gli occhi e lo scrutò.
— Non c’è male.
Martin si sentiva come su una graticola. Lo colpiva la nobiltà dell’avversario. Avrebbe desiderato spasmodicamente di giocare e battere l’unicorno per conto suo, lealmente. Non così.
Tlingel riportò gli occhi sulla scacchiera, poi, quasi con noncuranza spostò il proprio cavallo in e5.
— Va avanti. O ti ci vuole un altro mese?
Martin emise un leggero ringhio, spostò la torre e mangiò il cavallo.
— Naturalmente.
Tlingel mangiò la torre col pedone. Questa non rientrava nell’ultima variante studiata con Grend. Tuttavia…
Martin spostò la torre in f3. Mentre così faceva, il vento sembrò ululare in modo stranissimo sopra gli edifici in rovina.
— Scacco — annunciò.
Al diavolo, decise. Sono perfettamente in grado di finire questa partita per conto mio. Facciamola fuori una volta per tutte.
Osservò l’avversario e alla fine vide Tlingel spostare il re in g8.
Lui spostò l’alfiere in h6. Tlingel spostò la donna in e7. L’ululio si riudì, più vicino ora. Martin mangiò il pedone con l’alfiere.
La testa dell’unicorno si levò di scatto e per un istante sembrò ascoltare, poi Tlingel la riabbassò e mangiò l’alfiere col re.
Martin spostò la propria torre in g3.
— Scacco.
Tlingel riportò il re in f8.
Martin riportò la torre in g3.
— Scacco.
Tlingel riportò il re in f8, sollevò lo sguardo e lo fissò mostrando i denti.
— Sembra che sia partita patta — affermò l’unicorno. — Ne vuoi fare un’altra?
— Sì. Ma senza il destino dell’umanità in gioco.
— Lascia perdere. Ci ho già rinunciato da parecchio a questa idea. Ho deciso che dopo tutto non mi sarebbe piaciuto vivere qui. Ho dei gusti un po’ più difficili io.
— Fatta eccezione per questo bar. — Tlingel si voltò mentre da appena oltre la porta proveniva un altro grido stridulo seguito da strane voci. — Cos’è?
— Non so — rispose Martin alzandosi in piedi.
Le porte si aprirono e entrò un grifone dorato.
— Martin! — gridò l’essere. — Birra! Birra!
— Uh… Tlingel, ti presento Rael e, e…
Tre altri grifoni seguirono le orme del primo. Poi arrivò Grend e tre altri della sua specie.
— … e questo è Grend — disse Martin con un senso di colpa. — Gli altri non li conosco.
I nuovi arrivati si bloccarono di colpo quando scorsero l’unicorno.
— Tlingel — disse uno dei sasquatch. — Credevo che tu fossi ancora nella terra del mattino.
— Lo sono ancora, infatti, in un certo senso. Martin, come mai conosci i miei ex compatrioti?
— Be’… uh… Grend è il mio allenatore di scacchi.
— Aha! Comincio a capire.
— Non ne sono proprio sicuro. Ma prima lasciate che offra a tutti da bere.
Martin riaccese il piano e offrì a tutti da bere.
— Come hai fatto a trovare questo posto? — chiese a Grend mentre serviva la birra.
— E come avete fatto ad arrivare?
— Be’… — Grend apparve imbarazzato. — Rael ti ha seguito.
— Ha seguito un jet?
— I grifoni sono dotati di velocità soprannaturale.
— Oh.
— Poi ha raccontato ai suoi parenti e ad altri della mia gente di questo posto. Quando abbiamo visto che i grifoni erano decisi a farti visita, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio che fossimo venuti anche noi per evitare guai. Ci hanno trasportato loro.