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A oltre metà della strada verso casa vide l’altra macchina e la osservò con torbida confusione, perché da questa parte della casa c’erano solo due veicoli: il camion che stava guidando e la macchina nel suo garage.
Bloccò il camion e ne ruzzolò fuori.
L’auto si fermò e ne vennero fuori rapidamente Henry Horton, Beasly e un uomo che portava una stella.
— Grazie a Dio ti abbiamo trovato! — gridò Henry, correndogli incontro.
— Non mi ero perso — protestò Taine — stavo tornando.
— È partito — disse l’uomo che portava la stella.
— Questo è lo sceriffo Hanson — disse Henry. — Seguivamo le tue tracce.
— Ho perso Towser — grugnì Taine. — Devo andare. Lasciatemi andare a cercare Towser. Ce la faccio fino a casa.
Si protese ad afferrare il bordo dello sportello del camion e si tenne dritto.
— Avete sfondato la porta — disse a Henry. — Avete sfondato la porta della mia casa e vi siete presi la mia macchina.
— Dovevamo farlo, Hiram. Avevamo paura che ti fosse successo qualcosa. Beasly la raccontava in un modo che ti faceva drizzare i capelli.
— È meglio che lo mettiate nella macchina — disse lo sceriffo. — Guiderò io il camion.
— Ma devo andare a cercare Towser!
— Non può fare niente se prima non si riposa un poco.
Henry lo prese per un braccio e lo condusse fino alla macchina, di cui Beasly teneva la porta aperta.
— Hai un’idea di che posto sia questo? — gli sussurrò Henry con aria da cospiratore.
— Non lo so con precisione — brontolò Taine. — Potrebbe essere un altro.
Henry ridacchiò. — Be’, non credo che abbia poi tanta importanza. Qualunque cosa possa essere ci ha messo a posto. Siamo in tutti i notiziari, i giornali ci stanno cospargendo di titoli, la città è zeppa di giornalisti e fotografi, e stanno arrivando le personalità. Sissignore, te lo dico io, Hiram, questo farà di noi…
Taine non sentì altro; si era già addormentato prima di toccare il sedile.
Si risvegliò nel suo letto e giacque tranquillo a guardare i disegni delle cortine nella camera fresca e quieta.
Era bello, pensò, risvegliarsi in una stanza che conosci… in una stanza che hai conosciuto per tutta la tua vita, in una casa che è stata la casa dei Taine almeno per un centinaio di anni.
Poi lo colpì il ricordo e scattò a sedere di colpo.
E adesso sentiva… sentiva l’insistente mormorio fuori della finestra.
Saltò giù dal letto e scostò una delle cortine, sbirciando all’esterno. Vide il cordone di militari arginare la folla che aveva invaso l’area posteriore alla sua casa e a quelle dei vicini.
Lasciò ricadere la cortina e cominciò la caccia alle sue scarpe, per il resto era ancora del tutto vestito. Evidentemente Henry e Beasly, si disse, l’avevano scaricato sul letto così com’era, togliendogli soltanto le scarpe. Ma non riusciva a ricordare assolutamente nulla. Doveva essere morto al mondo non appena Henry lo aveva messo sulla macchina.
Trovò le scarpe sul pavimento ai piedi del letto e sedette per infilarle, mentre il suo pensiero correva a quel che avrebbe dovuto fare.
Avrebbe dovuto trovare abbastanza benzina per fare il pieno al camioncino e riporvi su anche un paio di bidoni; e poi doveva prendere con sé anche del cibo e dell’acqua e magari anche il suo sacco a pelo. Non sarebbe tornato indietro finché non avesse ritrovato il suo cane.
Infilò le scarpe e le allacciò, poi si recò nel soggiorno. Qui non c’era nessuno, ma udì delle voci provenire dalla cucina.
Guardò fuori dalla finestra: il deserto era sempre lì, immutato. Il sole, notò poi, era salito più in alto nel cielo ma sull’aia era ancora mattino.
Guardò l’orologio, erano le sei. Le sei del pomeriggio: se ne accorse ricordando il cadere dell’ombra quando aveva sbirciato dalla finestra della camera da letto. Con un senso di colpa, si rese conto che doveva aver dormito quasi dodici ore: non avrebbe voluto dormire tanto a lungo. Non avrebbe voluto lasciare Towser là fuori tanto a lungo.
Si diresse in cucina e vi trovò tre persone… Abbie e Henry Horton e un tizio in tenuta militare.
— Eccoti qui — strillò allegramente Abbie. — Ci stavamo chiedendo quando ti saresti svegliato.
— C’è del caffè pronto, Abbie?
— Ma sì, ce n’è una pentola piena. E ti preparo subito qualcosa d’altro.
— Un po’ di pane tostato — rispose Taine. — Non ho molto tempo. Devo andare in cerca di Towser.
— Hiram — interloquì Henry. — Questo è il colonnello Ryan della Guardia Nazionale. Fuori ci sono i suoi ragazzi.
— Sì, li ho visti dalla finestra.
— Necessario — disse Henry — assolutamente necessario. Lo sceriffo non ce l’avrebbe fatta da solo. La gente è arrivata di corsa e avrebbe sfasciato tutto. Così ho chiamato il governatore.
— Taine — interruppe il colonnello. — Segga. Voglio parlarle.
— Certamente — disse Taine e prese una sedia. — Spiacente d’aver tanta fretta, ma ho perso il mio cane là fuori.
— Questa faccenda è assai più importante di qualunque cane — affermò il colonnello con aria tronfia.
— Be’, colonnello, questo dimostra soltanto che lei non conosce Towser. È il cane migliore che io abbia mai avuto, e sì che ne ho avuti. L’ho tirato su fin da cucciolo e per tutti questi anni è stato un ottimo amico.
— Va bene — interruppe il colonnello — è un suo amico. Però io devo parlarle.
— Siediti e parla un momento — disse Abbie a Taine. — Io ti preparo intanto qualche frittella e Henry ha portato un po’ di quelle nostre salsicce fatte in casa.
La porta sul retro si aprì e Beasly entrò barcollando, accompagnato da un terrificante fragore metallico; trasportava con una mano tre bidoni da benzina vuoti della capacità di circa venti litri e altri due con l’altra mano. Quando si muoveva i bidoni ballonzolavano e si urtavano tra loro.
— Ehi, che sta succedendo? — gridò Taine.
— Stai calmo un momento — gli rispose Henry. — Tu non hai idea dei problemi che abbiamo. Volevamo far passare di qui una cisterna di benzina ma non è stato possibile; abbiamo tentato di buttar giù un pezzo della cucina per farlo passare, ma non abbiamo…
— Avete fatto cosa?
— Abbiamo tentato di buttar giù un pezzo della cucina — ripeté in tono calmo Henry. — Non puoi mica far passare attraverso una normale porta uno di quei grossi carri cisterna. Però quando abbiamo tentato abbiamo scoperto che tutta la casa è rivestita con lo stesso materiale che hai usato giù nello scantinato. Roba che se gli vai addosso con l’ascia è l’acciaio che si rovina.