124413.fb2 Le Guide del Tramonto - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 4

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Il Segretario Generale delle Nazioni Unite stava immobile davanti alla grande finestra a guardare il traffico, giù, nella Quarantatreesima Strada. A volte si chiedeva se era un bene lavorare a tale altezza al di sopra dei propri simili. Un certo distacco ci voleva, ma poteva portare molto facilmente all’indifferenza. O era quello un tentativo di razionalizzare la sua antipatia per i grattacieli, ancora viva in lui dopo vent’anni di permanenza a New York?

Sentì aprire la porta, ma non si voltò quando Pieter van Ryberg entrò nella stanza. Ci fu l’inevitabile pausa, mentre Pieter guardava con aria di disapprovazione il termostato: il fatto che al Segretario Generale piacesse vivere in un frigorifero era fonte di continue ironie. Stormgren attese che l’assistente lo raggiungesse alla finestra, prima di staccare lo sguardo dal panorama familiare ma sempre affascinante della strada.

«I nostri amici sono in ritardo» disse. «Wainwright dovrebbe essere già qui da cinque minuti.»

«Ho avuto notizie adesso dalla polizia. Wainwright è seguito da un vero corteo che ha prodotto un ingorgo nel traffico. Ma dovrebbe arrivare da un momento all’altro.» Pieter van Ryberg fece una pausa, poi domandò bruscamente: «Siete sempre convinto che sia stata una buona idea accettare questo incontro?»

«Temo che sia un po’ tardi, ormai, per fare marcia indietro. Dopo tutto, ho accettato, anche se sapete che non è mai stata un’idea mia.»

Stormgren si era avvicinato alla scrivania e si stava gingillando col suo fermacarte d’uranio. Non era nervoso o preoccupato, ma soltanto perplesso. Inoltre, era contento del ritardo di Wainwright: gli avrebbe dato un leggero vantaggio morale quando il colloquio avesse avuto inizio. Banalità di questo genere avevano, nelle vicende umane, una importanza maggiore di quanto potesse desiderare chiunque fidasse nella logica.

«Eccoli!» disse a un tratto Van Ryberg, premendo la faccia contro il vetro della finestra. «Stanno arrivando dalla Avenue… saranno almeno tremila…»

Stormgren prese il suo taccuino e tornò alla finestra. A meno di un chi-lometro di distanza una folla decisa muoveva lentamente verso il Palazzo del Ministero. Inalberava cartelli con scritte, indecifrabili a quella distanza. Ma Stormgren le conosceva già. Dalla strada, sopra il rumore del traffico, venivano le voci dei dimostranti, minacciose nello scandire dei loro slogan. Possibile che il mondo non ne avesse avuto ancora abbastanza di cortei di protesta e di slogan arrabbiati?

La turba era giunta davanti al palazzo. Probabilmente sapevano che lui stava guardando la manifestazione, perché qua e là dei pugni vennero agitati in alto, convulsi. Non intendevano sfidare lui, anche se il gesto era fatto con l’intenzione che Stormgren lo vedesse. Come i pigmei che minacciavano un gigante, quei pugni erano puntati contro un punto del cielo cinquanta chilometri al di sopra delle loro teste, contro una rilucente sagoma argentea: la nave ammiraglia della flotta dei Superni. E, molto probabilmente, pensò Stormgren, Karellen stava osservando tutto quel che succedeva e si divertiva enormemente, perché quella manifestazione non sarebbe avvenuta senza il consenso del Controllore. Quella era la prima volta che Stormgren s’incontrava col capo della Lega della Libertà. Aveva smesso di chiedersi se il passo fosse saggio, dato che i piani di Karellen erano spesso troppo sottili per un’intelligenza semplicemente umana. Nella peggiore delle ipotesi, però, a Stormgren non pareva che da quella iniziativa potesse venire un danno. Invece, se avesse rifiutato di vedere Wainwright, la Lega si sarebbe servita del rifiuto contro di lui. Alexander Wainwright era un bell’uomo, alto, sulla cinquantina. E, come risultava a Stormgren, era onesto, quindi doppiamente pericoloso. Ma la sua sincerità evidente impediva di provare antipatia per lui, qualunque fossero i sentimenti verso la sua causa e verso una parte dei suoi seguaci. Dopo la presentazione di Van Ryberg, Stormgren entrò subito in argomento.

«Immagino» cominciò «che lo scopo principale della vostra visita sia una protesta ufficiale contro il Progetto della Federazione. Esatto?»

Wainwright annuì gravemente.

«Questo è lo scopo principale, infatti, signor Segretario. Come sapete, negli ultimi cinque anni abbiamo cercato di aprire gli occhi alla razza umana perché vedesse il pericolo che la minaccia. Il compito è stato difficile, perché la maggior parte degli esseri umani sembra contenta che i Superni dominino il mondo a loro piacere. Tuttavia, oltre cinque milioni di patrioti hanno firmato la nostra petizione.»

«Non mi sembrano poi molti di fronte a due miliardi e mezzo di esseri umani.»

«È comunque una cifra di cui non si può non tener conto. E, per ogni persona che ha firmato, ne esistono molte che nutrono dubbi profondi sulla saggezza, per non dire la giustizia, del piano della Federazione. Lo stesso Supercontrollore Karellen, nonostante i suoi immensi poteri, non può annullare con un colpo di spugna millenni di storia.»

«Chi conosce realmente i poteri di Karellen?» disse Stormgren.

«Quand’ero ragazzo, la Federazione Europea era un sogno, ma era una realtà quando divenni uomo. E ciò fu prima dell’arrivo dei Superni. Karellen sta semplicemente ultimando l’opera.»

«L’Europa era un’entità cultuale e geografica. Il mondo intero, no. Questa è la differenza.»

«Per i Superni» rispose Stormgren, sarcastico «la Terra è probabilmente molto più piccola di quanto non lo fosse l’Europa agli occhi dei nostri padri… e il loro punto di vista, direi, è più maturo del nostro.»

«Io non sono contro la Federazione per principio, nonostante il parere di molti sostenitori della Lega. Ma penso che la decisione debba venire da noi e non esserci imposta dall’esterno. Dobbiamo essere noi a decidere il nostro destino. Basta con le interferenze nelle faccende del genere umano!»

Stormgren sospirò. Argomenti simili li aveva sentiti centinaia di volte, ma poteva solo dare la stessa risposta che la Lega della Libertà aveva già rifiutato. Lui aveva fede in Karellen, e loro no. Questa era la differenza fondamentale, e lui non poteva farci niente.

«Permettetemi di farvi un paio di domande» disse. «Potete negare che i Superni abbiano portato pace, prosperità e sicurezza al nostro pianeta?»

«Non lo nego. Però ci hanno tolto la libertà. L’uomo non vive…»

«… di solo pane, lo so. Ma è la prima volta nella sua storia che ogni uomo ha la certezza di averlo, il pane. E comunque, che cosa è la libertà che abbiamo perduto, in confronto a ciò che i Superni ci hanno dato per la prima volta nella storia del genere umano?»

«La libertà di vivere secondo noi stessi, sotto la guida di Dio.»

Finalmente, pensò Stormgren, siamo arrivati al punto. Fondamentalmente si tratta di un dissidio religioso, per quanto mascherato. Wainwright non permetteva mai di dimenticare che un tempo era stato uomo di chiesa. Ora non indossava più l’abito talare, ma si aveva sempre l’impressione che indossasse ancora la tonaca.

«Il mese scorso» disse Stormgren «cento vescovi, cardinali e rabbini hanno firmato una dichiarazione nella quale confermavano il loro appoggio alla linea di condotta del Supercontrollore. Le religioni del mondo sono contro di voi.»

Wainwright scosse la testa in un gesto rabbioso di diniego.

«Molti capi sono ciechi: sono stati corrotti dai Superni. Quando si renderanno conto del pericolo, sarà troppo tardi. L’umanità avrà perso il suo spirito d’iniziativa e sarà diventata una razza schiava.»

Seguì un breve silenzio, infine Stormgren rispose: «Fra tre giorni m’incontrerò di nuovo col Supercontrollore. Gli esporrò le vostre obiezioni perché è mio dovere metterlo al corrente delle opinioni dei terrestri, ma non cambierà niente, ve lo posso garantire.»

«C’è un altro punto che vorrei chiarire» disse Wainwright, lentamente.

«Sono molte le cose che non ci piacciono nei Superni, ma soprattutto detestiamo il mistero di cui si circondano. Voi siete il solo essere umano che abbia mai parlato con il Supercontrollore Karellen, ma anche voi non lo avete mai visto. Vi sorprende che si dubiti della sua buona fede?»

«Nonostante tutto quello che ha fatto per l’umanità?»

«Nonostante tutto quello che ha fatto. Non so che cosa ci disturbi di più, se l’onnipotenza di Karellen o il mistero di cui è avvolto. Se non ha niente da nascondere, perché non si è mai rivelato com’è? La prossima volta che parlerete col Supercontrollore, signor Stormgren, chiedeteglielo.»

Stormgren non disse niente. Non c’era niente da dire, infatti. Niente, comunque, che avrebbe convinto Wainwright. Tanto più che Stormgren a volte dubitava di essere riuscito a convincere veramente se stesso. Dal loro punto di vista, si era trattato di una missione trascurabile, ma per i terrestri era l’evento più importante che li avesse mai colpiti. Non c’erano state avvisaglie quando le grandi astronavi avevano cominciato a scendere dalle sconosciute profondità dello spazio. Innumerevoli volte quel momento era stato descritto nelle opere di fantascienza, ma nessuno aveva mai creduto che un giorno potesse succedere veramente. Ma quel giorno era venuto: le lucenti sagome che ondeggiavano silenziose sopra ogni nazione erano il simbolo di un progresso scientifico che l’uomo non avrebbe raggiunto per chissà quanti secoli. Per sei giorni erano rimaste sospese nella più assoluta immobilità sulle metropoli della Terra, senza fare niente, quasi ne ignorassero l’esistenza. Ma non c’era bisogno che dimostrassero di sapere cosa c’era sotto di loro. Non poteva essere per caso che quelle astronavi si fossero fermate sopra New York, Londra, Parigi, Mosca, Roma, Città del Capo, Tokyo, Canberra… Anche prima che giungessero quei giorni di panico, qualcuno aveva intuito la verità. Quello non era che un primo tentativo di contatto da parte di una razza che ignorava tutto dell’uomo. Dentro le silenziose astronavi immobili, studiosi di psicologia stavano certamente esaminando le reazioni dei terrestri. E, quando la tensione sarebbe arrivata all’apice, allora avrebbero agito. Il sesto giorno, Karellen, Supercontrollore per la Terra, si fece conoscere agli uomini in una trasmissione radio che bloccò tutte le radiofrequenze. Parlò in inglese perfetto, scatenando discussioni che infuriarono oltre l’Atlantico per una generazione intera. Ma il significato del discorso fu più sbalorditivo della lingua usata per pronunciarlo. Fu indubbiamente il discorso di un genio che dimostrò di conoscere alla perfezione le questioni terrestri. Nessun dubbio che la virtuosità di quel discorso, gli accenni a conquiste scientifiche ancora lontane per l’uomo erano destinati a convincere il genere umano che si trovava di fronte a forze intellettuali infinitamente superiori, Quando Karellen ebbe finito, ogni nazione seppe che i suoi giorni di precaria sovranità erano finiti. I governi locali avrebbero conservato il potere, ma nel campo più vasto degli affari internazionali non sarebbero più stati gli uomini a decidere. Polemiche, proteste, fu tutto inutile. Naturalmente non ci si poteva aspettare che tutte le nazioni avrebbero accettato con passiva rassegnazione un tale limite ai loro poteri. Ma la ribellione aperta si rivelò irta di difficoltà, perché la distruzione delle astronavi dei Superni, ammesso che l’impresa fosse possibile, avrebbe comportato la distruzione delle città sotto di esse. Tuttavia, una delle grandi potenze aveva tentato, Forse quella nazione aveva sperato di prendere due piccioni… con un missile atomico, dato che il bersaglio era l’astronave sopra la capitale di una nazione confinante e ostile.

Nel momento in cui l’immagine della grande astronave si dilatava sullo schermo televisivo della segreta sala d’operazioni, i militari e i tecnici presenti dovevano essere stati travolti dalle loro stesse emozioni. Se avessero raggiunto il loro scopo, cosa avrebbero fatto le altre astronavi? Si poteva distruggerle tutte restituendo all’umanità il suo libero arbitrio, o Karellen avrebbe scatenato una tremenda vendetta su chi lo aveva attaccato?

Di colpo, nell’attimo in cui il missile si disintegrava all’impatto, l’immagine sparì dallo schermo e immediatamente passò ad una telecamera aerea lontana chilometri e chilometri. In quella frazione di secondo, la sfera di fuoco formatasi in seguito all’esplosione avrebbe dovuto riempire il cielo con la sua incandescenza. Invece non era successo niente. L’astronave si librava illesa, illuminata dal sole ai limiti dello spazio visibile. Non solo non era stata colpita, ma nessuno avrebbe saputo dire cosa fosse successo al missile. Karellen non prese nessun provvedimento contro i responsabili dell’attacco, e si sarebbe detto perfino che non se ne fosse accorto. Ignorò sdegnosamente il fatto lasciando i responsabili a tormentarsi nell’attesa di una rappresaglia che non venne mai. Un atteggiamento più efficace e più demoralizzante di qualsiasi azione punitiva. Poche settimane dopo, il governo responsabile entrò in crisi per le accuse reciproche dei suoi membri.

C’era stata anche la resistenza passiva alla politica dei Superni. Karellen ne aveva avuto ragione col semplice espediente di lasciare che i ribelli agissero a modo loro scoprendo a loro spese che non collaborando danneggiavano soltanto se stessi. Solo in un’occasione Karellen era ricorso all’azione diretta nei riguardi di un governo recalcitrante. Da oltre cento anni, la Repubblica del Sud Africa era il centro di una accanita lotta razziale. Uomini di buona volontà dall’una e dall’altra parte avevano cercato di sanare la frattura, ma senza riuscirci: paure e pregiudizi erano radicati troppo profondamente in tutti per consentire la minima collaborazione fra le due parti. I vari governi che si erano succeduti erano differiti soltanto nel grado della loro tolleranza, e ormai il Paese era avvelenato dall’odio e dagli effetti della guerra civile. Quando fu chiaro che nessun tentativo sarebbe stato fatto per mettere fine alla discriminazione razziale, Karellen intervenne. Si limitò a comunicare una data: giorno e ora, niente di più. Ci fu un po’ di apprensione, ma né paura né panico, perché nessuno credeva che i Superni sarebbero ricorsi alla violenza o a una azione distruttiva che avrebbe coinvolto colpevoli e innocenti. E infatti non lo fecero. Tutto quello che accadde fu che il sole, passando il meridiano di Città del Capo, si spense. Rimase solo un pallido disco inerte che non mandava né luce né calore. Lassù nello spazio due campi incrociati avevano polarizzato la luce del sole impedendo il passaggio di qualsiasi radiazione. L’area interessata aveva un diametro di cinquecento chilometri ed era perfettamente circolare.

La dimostrazione durò esattamente trenta minuti. Fu sufficiente: il giorno dopo, il governo del Sud Africa annunciò la reintegrazione dei pieni diritti civili alla minoranza bianca. A parte questi incidenti isolati, la razza umana aveva accettato i Superni come parte dell’ordine naturale delle cose. In un tempo straordinariamente breve, l’impressione iniziale si era attenuata fino a scomparire del tutto, e il mondo aveva ripreso la sua vita. Il maggior mutamento che un mitico Aligi, destatosi dopo un sonno secolare, avrebbe notato, era un’aspettativa in sordina, uno sbirciare mentale, in attesa che i Superni uscissero dalle loro lucenti astronavi per mostrarsi agli uomini.

Cinque anni dopo, l’umanità stava ancora aspettando. Era questa, pensava Stormgren, la causa di tutti i guai.

C’era il solito gruppo di curiosi, di giornalisti e di fotografi e di telecronisti, quando la macchina di Stormgren arrivò sulla pista dell’aeroporto. Il Segretario Generale scambiò alcune parole all’ultimo momento col suo assistente, prese la borsa di pelle e si avviò in mezzo a due ali di folla. Karellen non lo faceva mai aspettare a lungo. Ci fu un’esclamazione improvvisa della folla, e una bolla argentea si dilatò nel cielo con velocità incredibile. Una raffica di vento investì Stormgren nell’istante in cui il piccolo veicolo spaziale si fermava a una cinquantina di metri, restando sospeso a pochi centimetri dal suolo, quasi timoroso di un contatto con la Terra. Mentre camminava lentamente verso la folla, Stormgren vide il familiare raggrinzarsi dello scafo metallico apparentemente senza connessure, e un attimo dopo l’apertura che aveva tanto stupito i più celebri scienziati del pianeta si rivelò. Lui entrò nell’unica sala scarsamente illuminata della piccola astronave. L’apertura si richiuse senza lasciare traccia, escludendo ogni suono e ogni vista dall’esterno. Si riaprì cinque minuti più tardi. Non aveva avuto nessuna sensazione di movimento, ma Stormgren sapeva di essere a cinquanta chilometri sopra la Terra, profondamente incuneato nel cuore della nave cosmica di Karellen. Era tra i Superni: intorno a lui essi erano intenti alle loro misteriose faccende. Stormgren era spesso andato più vicino a loro di qualsiasi altro uomo, eppure come ogni altro terrestre ignorava tutto del loro aspetto fisico. La saletta delle riunioni in fondo al breve passaggio era arredata unicamente con una sedia e un tavolino sotto il teleschermo e, secondo le intenzioni, non rivelava assolutamente nulla delle creature che l’avevano costruita. Lo schermo era vuoto e spento, come l’aveva sempre visto Stormgren. Talvolta in sogno, lui immaginava di vederlo accendersi improvvisamente, rivelando il segreto che assillava il mondo. Ma il sogno non si era mai avverato: dietro quel rettangolo di tenebra si annidava il mi-stero più impenetrabile. Ma vi si nascondeva anche potenza e saggezza, e soprattutto una infinita tolleranza, una specie di divertito sentimento di affetto per le piccole creature che si affannavano sul pianeta Terra. Dalla grata nascosta venne la voce calma, mai assillata dalla fretta, che Stormgren conosceva tanto bene e che il mondo aveva sentito una volta sola nella sua storia. La profondità e la risonanza di quella voce erano la sola indicazione sulla natura fisica di Karellen, e dava una chiara impressione delle sue dimensioni: Karellen doveva essere altissimo, più grande di un essere umano. Alcuni scienziati, però, dopo avere analizzato la registrazione del suo discorso, avevano prospettato l’ipotesi che la voce fosse quella di una macchina, ma Stormgren non poteva crederci.

«Sì, Rikki, ho seguito il vostro breve colloquio. Che cosa ne pensate del signor Wainwright?»

«È un uomo onesto, anche se molti suoi seguaci non lo sono. Che cosa dobbiamo fare? La Lega in sé non è pericolosa, ma alcuni dei suoi estremisti sono apertamente per la violenza. Mi sono chiesto se non fosse il caso di chiedere una guardia del corpo, ma spero che non sia necessario.»

Con l’atteggiamento irritante che aveva spesso, Karellen non prese in considerazione l’argomento.

«Da un mese ormai si conoscono i particolari sull’andamento della Federazione Mondiale. C’è stato un sensibile aumento sulla vecchia percentuale del sette per cento dei miei oppositori, o sul dodici per cento degli agnostici?»

«No, ma non è questo il punto più importante. Mi preoccupa, piuttosto, il sentimento generale, diffuso anche tra i vostri sostenitori, che è tempo di svelare il mistero di cui vi circondate.»

Il sospiro di Karellen fu tecnicamente perfetto, ma mancava di convinzione.

«Ed è anche il vostro sentimento, non è vero?»

La domanda era retorica, e Stormgren non si preoccupò di rispondere.

«Mi domando se vi rendete conto» continuò seriamente «di come questa situazione renda difficile il mio lavoro…»

«Credetemi, non facilita nemmeno il mio» rispose Karellen, con una certa vivacità. «Vorrei che la gente la smettesse di considerarmi un dittatore e si ricordasse che sono soltanto un funzionario incaricato di seguire una politica coloniale nella cui elaborazione non ha messo mano.»

Questa definizione di sé, pensò Stormgren, era alquanto impegnativa; ma fino a che punto corrispondeva alla verità?

«Non potreste almeno darci una spiegazione per la vostra invisibilità?

Noi non riusciamo a trovarne, e la cosa ci disturba e fa nascere chiacchiere interminabili.»

Karellen fece udire la sua risata profonda, troppo risonante per essere del tutto umana.

«Che cosa si crede di me, adesso? La teoria del robot è ancora valida?

Preferirei, comunque essere una massa di valvole elettroniche che qualcosa di simile a un millepiedi… ah, sì, ho visto ieri quella vignetta sul «Chicago Tribune»! Ho una mezza idea di chiederne l’originale!»

Stormgren strinse le labbra. C’erano momenti in cui Karellen sembrava prendere i suoi doveri troppo alla leggera.

«Si tratta di una cosa molto seria» disse il Segretario Generale in tono di rimprovero.

«Mio caro Rikki» rispose Karellen «ma è soltanto non prendendo la razza umana sul serio, che riesco a conservare quel che ancora mi resta della mia forza mentale, assai considerevole un tempo.»

Stormgren non poté fare a meno di sorridere.

«Non mi avete dato un grande aiuto, non vi pare? Dovrò tornare laggiù a convincere i miei simili che, sebbene non vi facciate vedere, non avete niente da nascondere. Non sarà facile, ve lo assicuro. La curiosità è una delle caratteristiche umane dominanti. Non potete sfidarla in eterno.»

«Fra tutti i problemi che abbiamo dovuto affrontare quando siamo venuti sulla Terra, questo è stato il più arduo» ammise Karellen. «Vi siete fidati della nostra saggezza per altre cose, sicuramente potete fidarvi anche per questo.»

«Io ho fiducia in voi» disse Stormgren «ma Wainwright no, e meno ancora i suoi seguaci. Vi sentite di condannarli se interpretano in senso negativo il vostro rifiuto a mostrarvi?»

Seguì un lungo silenzio. Poi Stormgren udì un lieve rumore (uno scricchiolio forse?) quale avrebbe potuto fare il Supercontrollore nel muoversi.

«Sapete perché Wainwright e quelli che la pensano come lui hanno paura di me?» disse Karellen. La sua voce era triste, ora, come il suono in sordina di un grande organo che moduli le note dall’alto di una navata di cattedrale. «Troverete uomini come lui in tutte le religioni del mondo. Sanno che noi rappresentiamo la ragione e la scienza, e per quanta fiducia possano avere nella loro fede, temono che finiremmo per rovesciare i loro dei. Non necessariamente con un atto deliberato, ma in modo più sottile. La scienza può distruggere la religione ignorandone l’esistenza, o dichiaran-done false le basi. Nessuno mai ha potuto dimostrare, a quanto ne so, la non esistenza di Zeus o di Thor… ma queste divinità hanno pochi adoratori oggi. I vari Wainwright temono inoltre che noi si conosca la verità sulle origini delle loro fedi. Da quanto tempo, si domandano, noi stiamo osservando l’umanità? Abbiamo visto quando Maometto dette inizio all’Egira, quando Mosè impartì le leggi agli Ebrei? Sappiamo tutto ciò che c’è di falso nei miti ai quali essi credono?»

«E lo sapete?» domandò Stormgren, più che altro a se stesso.

«Questa, Rikki, è la paura che li tormenta, anche se non lo ammetteranno mai apertamente. Credetemi, non ci dà alcun piacere distruggere le fedi degli uomini, ma non tutte le religioni del mondo possono essere ognuna quella vera, e loro lo sanno. Prima o poi, l’uomo dovrà sapere la verità, ma quel momento non è ancora venuto. In quanto al nostro segreto che, come voi giustamente dite, aggrava i nostri problemi, rivelarvelo non dipende da noi. La necessità di mantenere il mistero dispiace a me quanto a voi; ma esistono motivi molto validi. Tuttavia, tenterò di ottenere dai miei… superiori… una dichiarazione che possa soddisfarvi e forse placare la Lega della Libertà. E ora, se non vi dispiace, vogliamo ritornare al nostro programma di lavoro?»

«Allora?» chiese Van Ryberg ansiosamente. «Avete avuto fortuna?»

«Non lo so» rispose Stormgren, gettando sulla scrivania le cartelle delle varie pratiche e lasciandosi cadere nella sua poltrona. «Karellen consulterà i suoi superiori, quali o qualunque cosa siano. Ma non ha fatto promesse.»

«Sentite» disse Pieter a un tratto «ho pensato una cosa. Che motivo abbiamo di credere che ci sia qualcuno dietro Karellen? E se tutti i Superni, come li abbiamo chiamati, fossero qui sulla Terra, a bordo delle loro astronavi? Può darsi che non abbiano un loro mondo dove andare e non ce lo vogliano dire.»

«La teoria è ingegnosa» sorrise Stormgren «ma mi sembra che faccia a pugni col poco che so, o che credo di sapere, su Karellen.»

«E sarebbe, questo poco?»

«Vedete, spesso Karellen parla della sua posizione qui come di un incarico temporaneo, che gli impedisce di dedicarsi al suo vero lavoro che, secondo me, è una forma di matematica superiore. Una volta gli ho citato la massima di Acton sul potere che corrompe in modo assoluto. Volevo vedere la sua reazione; se ne uscì in una delle sue risate cavernose, e disse:

«Non c’è pericolo che possa accadere una cosa del genere a me. Innanzitutto, prima avrò finito il mio lavoro con la Terra, più presto potrò tornare al mio mondo, a parecchi anni luce da qui. E poi, non ho poteri assoluti, in nessun modo. Io sono semplicemente… un supercontrollore». Naturalmente, può avermi detto così per sviarmi. Non potrò mai saperlo con certezza.»

«È immortale, vero?»

«Sì, almeno in rapporto ai limiti della vita umana. Ma c’è qualcosa nel futuro che lui sembra temere, e che io non riesco a immaginare che cosa sia. Ecco. È tutto quello che so di lui.»

«Non è certo conclusivo! La mia teoria è che la sua piccola flotta si è smarrita nello spazio e ora sta cercando una nuova patria. E lui non vuole farci sapere in quanti sono. Forse tutte le altre astronavi sono automatiche e non hanno equipaggio a bordo. In questo caso, sarebbero soltanto una imponente facciata.»

«Leggete troppi romanzi di fantascienza» disse Stormgren. Van Ryberg sorrise, un po’ forzatamente.

«La famosa «Invasione dallo spazio» non è avvenuta come ci si aspettava, eh? Certo però, la mia teoria spiegherebbe il perché Karellen non si è mai mostrato: non vuole che si sappia che i Superni in realtà non sono più tali.»

Stormgren scosse la testa, divertito.

«La vostra spiegazione, come al solito, è troppo ingegnosa per essere vera. Sebbene noi possiamo solo dedurne l’esistenza, deve esservi una grande civiltà dietro il Supercontrollore, una civiltà, tra l’altro, che conosce l’uomo da moltissimo tempo. Lo stesso Karellen deve averci studiato per secoli. Pensate solo alla sua padronanza dell’inglese! Ha insegnato a me a parlarlo idiomaticamente!»

«Avete mai scoperto qualcosa che egli non sappia?»

«Oh, sì, molto spesso. Ma si tratta di cose banali. La sua memoria è assolutamente perfetta, ma ci sono cose che non si è preso il disturbo di imparare. Per esempio, l’inglese è la sola lingua che Karellen sappia alla perfezione, sebbene in questi ultimi due anni abbia imparato abbastanza bene il finnico per potermi prendere in giro. E il finnico non è lingua che s’impari in quattro e quattr’otto. È capace di citarmi lunghi squarci del «Kalevala», mentre io devo ammettere, con vergogna, di conoscerne appena qualche verso. Sa poi la biografia di tutti gli statisti viventi, e talvolta riconosco le fonti a cui ha attinto. La sua conoscenza della storia e delle scienze è illimitata: anche voi non ignorate quanto abbiamo già imparato da lui. Prese a una a una, le sue doti intellettuali non mi sembrano molto superiori alle capacità dell’intelletto umano. Nessun uomo, però, saprebbe fare tutto quello che lui fa.»

«È più o meno quanto avevo pensato anch’io» convenne Van Ryberg.

«Potremmo discutere su Karellen in eterno, e alla fine arriveremmo sempre alla stessa domanda: perché non si fa vedere in faccia? Fino a quando non si mostrerà, io continuerò a formulare teorie, e la Lega della Libertà continuerà a lanciare i suoi fulmini.» Alzò lo sguardo al soffitto, con espressione ribelle. «Spero proprio, signor Supercontrollore, che in una notte buia un cronista salga con un razzo fino alla tua grande astronave e vi penetri con una macchina fotografica. Che colpo sensazionale, sarebbe!»

Se Karellen aveva sentito, non dette però alcun segno. Ma non lo faceva mai.

Nel primo anno della loro comparsa, l’arrivo dei Superni aveva influito meno sull’andamento della vita umana di quanto ci si sarebbe aspettato. La loro ombra era ovunque, ma era un’ombra discreta. Da quasi tutte le grandi città della Terra si vedeva una delle immense astronavi d’argento scintillare allo zenith, ma dopo un po’ la loro presenza divenne qualcosa di scontato, come il sole di giorno, o la luna di notte, o le nuvole. La maggior parte degli esseri umani si rendeva conto solo in modo vago che il tenore di vita sempre più elevato era opera dei Superni.

Ma quando si soffermavano a pensarci, il che non accadeva spesso, si accorgevano che quelle astronavi silenti avevano portato la pace a tutto il mondo per la prima volta nella storia, e allora provavano gratitudine. Ma erano benefici poco spettacolari, che venivano accettati e subito dimenticati. I Superni rimanevano distanti e non si mostravano agli uomini. Karellen imponeva rispetto e ammirazione, ma non avrebbe suscitato un sentimento più profondo, finché avesse mantenuto il suo atteggiamento attuale. Era facile non sentire rancore contro quelle specie di divinità che parlavano all’uomo solo sui circuiti delle radio-telescriventi nella Sede delle Nazioni Unite. Il tenore dei colloqui tra Karellen e Stormgren non veniva mai divulgato, e più d’una volta lo stesso Stormgren s’era chiesto perché il Supercontrollore considerasse necessari quegli incontri. Forse sentiva la necessità di contatti diretti con almeno un essere umano; o forse aveva capito che Stormgren aveva bisogno di quella forma di appoggio personale. Se era questa la spiegazione, il Segretario Generale gliene era riconoscente: non gli importava nemmeno che la Lega della Libertà lo definisse con disprezzo «il tirapiedi di Karellen».

I Superni non avevano mai svolto trattative o avuto rapporti con singoli Stati o governi: avevano preso l’Organizzazione delle Nazioni Unite come l’avevano trovata, le avevano dato istruzioni per l’impianto delle stazioni radio necessarie e avevano impartito i loro ordini tramite il Segretario Generale. In innumerevoli occasioni e con interventi lunghissimi, il delegato sovietico aveva fatto notare che questo procedimento era anticostituzionale, ma Karellen non se ne era mai preoccupato.

Era sbalorditivo che tanti abusi, follie, perversità fossero finiti grazie a quei messaggi che scendevano dal cielo. Con l’arrivo dei Superni, le nazioni avevano capito di non dover più temere l’una dall’altra e avevano indovinato, ancor prima che ne venisse fatto l’esperimento, che le loro armi sarebbero state impotenti contro una civiltà che sapeva gettare ponti fra le stelle. Così, di colpo, il più grande ostacolo alla felicità del genere umano era stato rimosso.

I Superni sembravano indifferenti alle diverse forme di governo, sempre che non fossero né dittatoriali né corrotte. La Terra continuava ad avere democrazie e monarchie, comunismo e capitalismo, fonte, questa, di grande sorpresa per molte anime semplici convinte che il loro fosse il solo sistema di vita possibile. Altri credevano che Karellen attendesse soltanto il momento giusto per dar vita a un sistema che avrebbe spazzato via ogni altra forma di convivenza sociale, e che per questo motivo non si era preso la briga di riforme politiche secondarie. Ma come ogni altra supposizione riguardo ai Superni anche questa era solo una congettura senza basi. Nessuno conosceva il loro vero scopo e nessuno sapeva verso quale futuro stessero spingendo il gregge del genere umano.