124959.fb2 Mio caro nemico - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 14

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Zammis fece un cenno verso l’alto. — Il buco era coperto da una crosta sottile di terra e piante. Deve averlo scavato l’acqua. Stai bene?

— Credo di essermi rotto una gamba. — Appoggiai la schiena alla parete fangosa. — Zammis, devi proseguire da solo.

— Non posso lasciarti, zio!

— Se trovi qualcuno, potrai mandarmi dei soccorsi.

— E se il livello dell’acqua salisse? — Zammis mi tastò la gamba, e non potei trattenere un sussulto. — Devo tirarti fuori di qui. Come faccio per la gamba?

Il ragazzo aveva ragione. Morire annegato non faceva parte dei miei piani. — Ci occorre qualcosa di rigido. Lega la gamba in modo che non si muova.

Zammis si levò lo zaino, srotolò il rotolo con la tenda, tirò fuori uno dei pali e me lo legò alla gamba con delle striscie di pelle tolte dalla tenda. Usando delle altre strisce di pelle, fece due cappi, me li infilò nelle gambe e mi issò sulle spalle. Svenni.

Sull’erba, coperto dai resti della tenda, con Zammis che mi scuoteva per un braccio. — Zio? Zio?

— Sì? — mormorai.

— Zio, io sono pronto. Qui c’è il tuo cibo, e quando piove puoi tirarti la tenda sulla faccia. Lascerò delle tracce, per poter ritrovare la strada.

Annuii. — Stai attento.

Zammis scosse la testa. — Zio, potrei portarti. Non dobbiamo separarci.

Feci segno di no. — Non potrei farcela, figliolo. Trova qualcuno e fallo venire. — Sentii un conato di vomito, e un sudore freddo mi bagnò il corpo. — Su, muoviti.

Zammis si alzò. Si mise in spalla lo zaino e cominciò a correre nella direzione seguita dalla nave. Lo guardai finché non sparì. Poi mi girai e guardai le nuvole. — Per poco non mi avete fregato, questa volta, kizlode. Ma non avete pensato al Drac… non vi siete ricordati che siamo in due… — Persi i sensi, poi li ripresi. Sentii la pioggia sul viso e mi coprii con la tenda. Pochi secondi dopo, ero ripiombato nel buio.

— Davidge? Tenente Davidge?

Aprii gli occhi e vidi una cosa che non vedevo da quattro anni terrestri: la faccia di un essere umano. — Chi siete?

La faccia, quella di un uomo giovane, con corti capelli biondi, sorrise. — Sono il capitano Steerman, ufficiale medico. Come state?

Ci pensai su un po’, e sorrisi. — Come se mi avessero imbottito di droga.

— Proprio così. Eravate piuttosto mal messo quando la squadra di esplorazione vi ha trovato.

— La squadra di esplorazione?

— Immagino che non lo sappiate. Gli Stati Uniti Terrestri e la Camera di Draco hanno istituito una commissione congiunta per la colonizzazione di nuovi pianeti. La guerra è finita.

— Finita?

— Sì.

Fu come se mi avessero tolto un peso di dosso. — Dov’è Zammis.

— Chi?

— Jeriba Zammis, il Drac che era con me.

Il dottore alzò le spalle. — Non ne so niente. Immagino che se ne siano occupati i rospi.

Rospi. Una volta l’avevo usata anch’io quella parola. Ascoltandola sulla bocca di Steerman mi sembrò estranea e repellente. — Zammis è un Drac, non un rospo.

Il dottore alzò le spalle. — Certo. Come volete. Adesso riposatevi, e fra qualche ora verrò a visitarvi di nuovo.

— Posso vederlo?

Il dottore sorrise. — Dio mio, no. State viaggiando verso la base di Delphi… e il Drac probabilmente è in viaggio per Draco. — Mi fece un cenno col capo e se ne andò. Mi sentii come perso. Guardandomi intorno, vidi che mi trovavo nell’infermeria di una nave. I letti al mio fianco erano occupati. L’uomo a destra scosse la testa e riprese a leggere una rivista. Quello sulla sinistra sembrava irritato.

— Maledetto lecca-rospi! — Si voltò su un fianco, volgendomi la schiena.

Di nuovo fra gli uomini, eppure più solo di quanto fossi mai stato. Misnuuram va siddeth, come dice Mistan nel Talman, dall’alto di una saggezza di ottocento anni fa. La solitudine è un pensiero; non qualcosa che viene fatto a qualcuno, ma qualcosa che uno fa a se stesso.

Jerry scosse la testa, e mi puntò addosso un dito giallo, mentre trovava le parole che voleva dire. — Davidge… per me la solitudine è un fastidio, una piccola cosa da evitare, se possibile, ma non da temere. Io credo che tu preferiresti la morte alla prospettiva di trovarti solo con te stesso.

Misnuuram yaa vanos misnuuram van dunos. «Chi è solo con se stesso sarà sempre solo con gli altri»: ancora Mistan. Apparentemente la frase sembra una contraddizione in termini, ma l’osservazione della realtà prova che è vera. Ero uno straniero fra i miei simili, a causa di un odio che non condividevo e di un amore che a loro pareva assurdo e perverso. «La pace dei pensieri con gli altri si verifica solo nella mente in pace con se stessa». Ancora Mistan. Infinite volte, durante il viaggio verso la base di Delphi, e poi mentre sbrigavo le pratiche per lasciare il servizio, allungavo la mano per prendere il Talman che non portavo più al collo. Cosa ne era stato di Zammis? Alle Forze Armate Terrestri la cosa non interessava, e le autorità Drac non volevano dirlo: non erano affari miei.

Per gli ex-piloti da guerra non c’era molto lavoro… soprattutto per chi non volava da quattro anni, aveva una gamba in cattivo stato ed era un lecca-rospi.

Avevo quarantottomila crediti di paga arretrata, per cui i soldi non erano un problema. Il problema era cosa fare della mia vita. Dopo aver trascorso qualche tempo alla base di Delphi presi una nave per la Terra e per parecchi mesi lavorai presso una piccola casa editrice traducendo manoscritti in Drac. Su Drac andavano matti per i western: «Su le mani naagusaat!»

«Nu Geph, sceriffo». Thang, thang! Le pistole lampeggiarono e il kizlode shaddsaat morse la thessa.

Me ne andai.

Alla fine chiamai i miei genitori. Perché non ci hai telefonato prima, Willy? Siamo stati così in pensiero… Avevo alcune cose da sistemare, papà… No, davvero… Capisco, figlio mio… dev’essere stato spaventoso… Papà, vorrei venire a casa per un po’…

Ancor prima di aver pagato la mia Dearman Electric usata, capii che stavo facendo un errore a tornare a casa. Sentivo il bisogno di una casa, ma non poteva essere quella che avevo lasciato all’età di diciotto anni. Tuttavia ci andavo, perché non avevo altro posto.

Guidavo nella notte solitaria, usando solo le vecchie strade, e il ronzio del motore era l’unico suono. Il cielo di dicembre era limpido, e potevo vedere le stelle attraverso la cupola della macchina. Cominciai a pensare a Fyrine IV, all’oceano in tempesta, ai venti incessanti. Mi fermai ai bordi della strada e spensi i fari. Dopo pochi minuti i miei occhi si abituarono all’oscurità. Uscii e chiusi la portiera. Il Kansas ha un grande cielo, e le stelle sembravano così vicine da poterle toccare. La neve mi scricchiolava sotto le scarpe. Alzai gli occhi, cercando di individuare Fyrine fra le migliaia di stelle visibili.

Fyrine si trova nella costellazione di Pegaso, ma i miei occhi non erano abbastanza esperti per distinguere il cavallo alato. Sentii un brivido e decisi di tornare in macchina. Mentre mi voltavo riconobbi una costellazione, a nord, appena sopra l’orizzonte: Draco, sospeso a testa in giù, con la coda arrotolata attorno a Ursa Minor. Eltanin, il naso del drago, è la stella natale dei Drac. Il suo secondo pianeta, Draco, era la casa di Zammis.

I fari di una macchina mi abbagliarono. La macchina si fermò, e il guidatore abbassò il finestrino. Si sentì una voce dal buio: — Avete bisogno di aiuto?

Scossi la testa. — No, grazie. — Alzai la mano. — Stavo solo guardando le stelle.

— Una bella nottata, eh?

— Sicuro.

— Proprio non avete bisogno di niente?

Scossi la testa. — Grazie… un momento. Dov’è il più vicino spazio-Porto commerciale?

— A un’ora di macchina, a Salina.