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— E tu che diritto hai di pretendere il posto di apprendista psicodinamico, Mwyr? Sto iniziando a domandarmelo. Cerca di riflettere: quali sono state le loro soluzioni? La maggior parte di loro versa ancora in condizioni barbariche. Solo in questo continente la ripresa è stata veloce, perché prima della distruzione era il più avanzato scientificamente e tecnologicamente. Ma come si è evoluto? Ha saputo creare solo un caos di Stati in lotta tra loro e un feudalesimo arcaico in cui sia il potere militare che quello economico e politico sono nelle mani dell’aristocrazia terriera. Si sono sviluppate una dozzina di lingue e culture diverse e incompatibili le une con le altre e inoltre il fanatismo per la tecnologia, ereditato dalla precedente società, li riporterà esattamente al punto in cui erano prima dell’autodistruzione, se non sapranno controllarsi. E ti sconvolgi per qualche centinaio di uomini morti perché la rivoluzione che avevamo progettato non ha avuto il successo previsto? La stessa Grande Scienza ha affermato che senza di noi questa razza nei prossimi cinquemila anni avrebbe sofferto molto di più.
— Hai ragione, scusa. Mi sono lasciato trasportare dal sentimento, ma credo che sia molto difficile non farlo, all’inizio.
— Rallegrati che il tuo primo impatto con i risvolti negativi del piano sia stato tanto blando. Il peggio deve ancora venire.
— Così mi hanno detto.
— Teoricamente. Ma guardiamo un po’ la realtà dei fatti. Un governo desideroso di restaurare il vecchio status quo agirà aggressivamente e si getterà alla cieca in lunghe guerre contro nemici molto più forti di lui. Fattori economici incontrollabili perché troppo primitivi faranno sì che in tali guerre la classe degli aristocratici terrieri vada in rovina. Essi verranno rimpiazzati da una democrazia fasulla, che deterrà il potere con la corruzione e con la forza. In questo nuovo capitalismo non vi sarà spazio per l’immenso proletariato né per i proprietari terrieri né per gli stranieri vinti in guerra, e in tal modo tutti costoro verranno a formare un fertile terreno per i demagoghi di qualunque tipo. L’impero vedrà rivolte continue, guerre civili, dispotismo, decadenza, invasioni… Dovremo rispondere di tante cose prima di aver finito!
— Credi che alla fine… il risultato ci purificherà da tutto questo sangue?
— No. Saremo proprio noi a pagare di più.
Nell’Alta Sierra la primavera è fredda e umida. Il manto nevoso si scioglie tra le foreste e i massi giganteschi, i fiumi sono in piena e fanno riecheggiare i canyon, l’aria increspa le pozzanghere. Il primo tenero verde dei pioppi risalta sullo sfondo dei pini e degli abeti, che si stagliano scuri contro il cielo splendente. Un corvo vola basso… attenzione al falco! Ma una volta superate le foreste tutto diventa di un’immensità grigioazzurra, con l’ultima neve infiammata dal sole e il vento che sibila nelle orecchie.
Thomas Danielis, capitano dell’Artiglieria da Campo dell’esercito Lealista degli Stati del Pacifico, voltò il cavallo. Era un giovane bruno e atletico, con il naso schiacciato. Alle sue spalle gli uomini slittavano e bestemmiavano mentre si sforzavano di disincagliare un affusto di cannone. Il motorino ad alcool non aveva abbastanza forza, riusciva solamente a far girare le ruote. I fanti li oltrepassavano curvi, distrutti dall’altitudine e dalla sosta passata nell’umidità della notte, oltre che dal fango che appesantiva gli stivali. Formavano una fila serpeggiante che sbucava da dietro una roccia sporgente e proseguiva oltre il dosso con un percorso tortuoso. Una ventata portò a Danielis il loro puzzo di sudore.
In fondo erano dei bravi ragazzi, pensò. Sporchi e testardi, stavano dando l’anima. Gli avrebbe fatto avere un pasto caldo quella sera, a costo di mettere sul fuoco il sergente stesso.
Un pezzo di cemento rimasto dal passato in mezzo al fango fece risuonare gli zoccoli del cavallo. Fosse quell’epoca… Ma la realtà era diversa. Oltre quelle montagne si aprivano delle terre quasi completamente disabitate, territorio dei Santi, i quali non erano più pericolosi, ma non avevano pressoché rapporti con loro. Era pertanto inutile pavimentare quella strada e la ferrovia terminava a Hangtown. Al corpo di spedizione, se voleva arrivare al Lago Tahoe, non rimaneva altro da fare che attraversare foreste spopolate e altipiani ghiacciati fidando solo nell’aiuto di Dio.
E Dio aiuti anche quelli di Fort Nakamura, si augurò Danielis. A labbra strette picchiò le mani e spronò inutilmente il cavallo. Facendo scintille l’animale abbandonò la strada per portarsi sul punto più alto del dosso. La sciabola si agitava contro il fianco dell’uomo.
Raccolte le redini afferrò il binocolo. Gli si offriva alla vista un tortuoso paesaggio montano, sul quale veleggiavano le ombre delle nuvole: passavano su precipizi e massi, si abbassavano negli oscuri meandri di un canyon e ne risalivano dalla parte opposta. Scarsi ciuffi d’erba, di un color cuoio, spuntavano sotto di lui, mentre da qualche parte di quel caos di pietre fischiava una marmotta, svegliatasi in anticipo dal letargo. La fortezza non era ancora in vista, ma lo aveva immaginato. Conosceva quel posto alla perfezione… eccome!
Poteva esserci qualche imboscata. Gli pareva strano non aver ancora trovato tracce del nemico. Aveva mandato in giro delle pattuglie di perlustrazione, aveva cavalcato con i muscoli in tensione, come per difendersi da frecce immaginarie, che non volevano arrivare. Eppure il vecchio Jimbo Mackenzie non era uno che se ne stava senza far niente barricato nella fortezza, e i Sassi Rotolanti non avevano avuto quel nomignolo a caso…
Come faccio a sapere se Jimbo è ancora vivo? Anche quell’avvoltoio laggiù potrebbe avergli cavato gli occhi.
Si morse le labbra e si costrinse a guardare con decisione nel binocolo. Non doveva pensare a Mackenzie. Jimbo rideva, si ubriacava e rideva più di lui, ma a lui non importava. Aggrottava la fronte sulla scacchiera, perdente dieci volte su dieci, ma non gli importava. E come era felice e orgoglioso al matrimonio… E non doveva pensare neanche a Laura, che cercava di non farsi vedere da lui quando piangeva di notte, che doveva affrontare da sola e con un figlio sotto il cuore gli incubi della gravidanza. Tutti i suoi uomini, che procedevano come panzer verso la fortezza con delle facce da mastini, tutti avevano lasciato a casa qualcuno, e chissà quanti avevano dei famigliari dalla parte dei ribelli. Era meglio lasciar stare questi pensieri e concentrarsi sul presente.
Un momento! Si irrigidì. Un uomo a cavallo… Guardò meglio con il binocolo. Uno dei nostri. Gli uomini di Fallon avevano una striscia azzurra sull’uniforme. Un esploratore che ritorna. Un brivido gli percorse la schiena. Decise che avrebbe ascoltato di persona il suo rapporto. Ma era ancora lontano più di un chilometro e il terreno infido lo costringeva ad avanzare adagio. Non c’era motivo di corrergli incontro. Danielis si rimise a scrutare i dintorni.
Apparve un aereo da ricognizione. Sembrava una libellula sgraziata che luccicava nel sole. Il suo rombo continuo rimbalzava tra le pareti rocciose. Doveva trattarsi di un apparecchio degli esploratori munito di ricetrasmittente, destinato a svolgere compiti di avvistamento per l’artiglieria.
Non era possibile sfruttarlo come bombardiere, Fort Nakamura era superiore a qualsiasi ordigno di quei ridicoli apparecchi moderni, anzi, lo avrebbe abbattuto senza alcuna difficoltà.
Un rumore di passi alle sue spalle fece voltare Danielis insieme al cavallo. Afferrò immediatamente la pistola, e altrettanto rapidamente la ripose.
— Mi scusi, Filosofo.
L’uomo vestito di azzurro fece un cenno del capo, mentre il volto duro si raddolciva in un sorriso. Doveva avere circa sessant’anni, a giudicare dai capelli bianchi e dalla faccia rugosa, ma aveva ancora l’agilità di una capra selvatica. Il simbolo Yang-Yin spiccava sul suo petto.
— Lei si agita troppo, figliolo — disse con una sfumatura d’accento texano. Gli Espisti rispettavano le leggi del luogo in cui vivevano, ma non riconoscevano altra patria che l’intero universo spazio-temporale. Nonostante tutto gli Stati del Pacifico avevano acquisito una notevole importanza da quando, durante l’impegnativa ricostruzione, a San Francisco era stata fondata la Centrale dell’Ordine.
Nessuno aveva obiettato quando il Grande Ricercatore aveva stabilito che il Filosofo Woodworth seguisse la spedizione come osservatore. Non si erano opposti neanche i cappellani, perché le chiese avevano ormai capito che gli Espisti si muovevano in un campo neutro.
Danielis sorrise forzatamente.
— Me ne rimprovera?
— No, ma vorrei darle un consiglio. È inutile che si comporti così, si logora e basta. Lei sta già combattendo una battaglia che avverrà solo tra parecchie settimane.
A Danielis tornò in mente l’Apostolo che era andato a casa sua a San Francisco. Lo aveva invitato lui nella speranza che riuscisse a rasserenare Laura. Gli aveva fatto un paragone ancora più quotidiano: — I piatti vanno lavati uno alla volta. — Sentendosi le lacrime agli occhi a quel ricordo il capitano rispose bruscamente: — Mi calmerei se lei usasse i suoi poteri per prevedere quello che ci attende.
— Non sono un adepto, figliolo. Sono troppo invischiato nella vita materiale, purtroppo. Ma qualcuno che svolga le attività pratiche dell’Ordine ci vuole. Spero solo che un domani potrò ritirarmi per analizzare le frontiere che si trovano dentro di me, anche se ci vuole una vita intera per sviluppare appieno tutte le facoltà. — Woodworth si voltò a guardare le cime delle montagne e parve immergersi nella loro solitudine.
Danielis non aveva il coraggio di richiamarlo alla realtà. Si domandò quale fosse il vero scopo del Filosofo in quella spedizione. Doveva fare un rapporto più preciso di quelli che avrebbero potuto fare degli uomini non addestrati e incapaci di controllare le proprie emozioni? Forse. Gli Espisti avrebbero potuto decidere di intervenire. Era già capitato che la Centrale, con esitazione, avesse dato il permesso di usare i temibili poteri psi. Era successo quando l’Ordine era stato minacciato direttamente; e Fallon era un amico più fidato di Brodsky o del vecchio Senato dei Padroni o dei Deputati della Camera del Popolo.
Il cavallo si mise a scalpitare e a sbuffare. Woodworth guardò il cavaliere.
— Non credo che avrete molto da fare da queste parti — disse. — Sono stato anch’io nei Rangers prima di trovare la mia Via e so che queste terre sono deserte.
— Averne la certezza — sbottò Danielis. — Ma durante l’inverno hanno avuto tutto il tempo che volevano, mentre noi eravamo bloccati dalla neve. Gli esploratori hanno parlato di un’attività addirittura frenetica… solo due settimane fa. Cosa hanno preparato?
Il Filosofo non rispose.
Danielis andò avanti a parlare senza fermarsi. Doveva riuscire ad allontanare l’immagine di Laura che lo salutava mentre partiva con la seconda spedizione contro suo padre, appena sei mesi dopo il ritorno della prima fatta a pezzi.
— Se avessimo dei mezzi di trasporto decenti invece che poche ferrovie malridotte, qualche veicolo a motore e un pugno di aerei! E i bagagli che vengono trasportati per lo più su muli… Che agilità di movimento ci dà tutto questo? E quello che mi fa impazzire è il fatto che abbiamo tutti i libri e le informazioni degli antichi per ricostruire quello che ci serve. Io stesso ho visto a Fort Nakamura una macchina che generava unità a transistor con un’ampiezza d’onda sufficiente per delle trasmissioni televisive… e non erano più grandi di un pugno! Ho visto le riviste scientifiche, i laboratori di ricerca… biologia, chimica, matematica… tutto perfettamente inutile, tutto!
— Non completamente — rispose Woodworth tranquillamente. — Parimenti al mio Ordine, anche la comunità degli studiosi si sta allargando a più nazioni. Le macchine per la stampa, i telefoni, le telescriventi…
— È tutto inutile ho detto. Non serve per impedire che gli uomini si ammazzino a vicenda. Manca l’autorità in grado di costringerli a fare diversamente. Non serve per spostare le mani di un contadino da un aratro trainato dal cavallo al volante di un trattore. È vero che abbiamo le basi teoriche, ma non possiamo metterle in pratica.
— Lo fate, figliolo, quando non ci vogliono degli impianti industriali troppo vasti e troppa energia. Rammenti che la terra oggi dispone di risorse naturali molto più limitate di quelle che possedeva prima delle Bombe Infernali. Ho visto di persona le Terre Nere del Texas, dove l’uragano di fuoco ha incendiato i pozzi petroliferi. — La calma del Filosofo venne meno per un istante e i suoi occhi si rivolsero di nuovo verso le cime.
— Ma c’è ancora del petrolio — si intestardì Danielis. — E c’è ancora del carbone, del ferro, dell’uranio… c’è tutto il necessario, però non c’è al mondo un’organizzazione in grado di impadronirsene in grande quantità. Ecco perché Central Valley è piena di coltivazioni che forniranno l’alcool necessario a qualche motore e perché dosi insignificanti di altre materie prime vengono importate tramite una sequela incredibilmente inefficiente di mediatori. Tutto va all’esercito. — Si voltò repentinamente nella direzione dell’aereo fatto manualmente. — Anche per questo motivo ci vuole la riunificazione, per poter ricostruire.
— Anche per questo? E per che altro? — domandò sottovoce il Filosofo.
— Per la democrazia… per il suffragio universale… perché padri e figli non debbano più combattersi. — Danielis deglutì.
— Questi motivi sono senz’altro più interessanti e degni del nostro appoggio — disse l’Espista. — Ma per quanto riguarda le macchine, lei sta fantasticando… — Scosse la testa. — Per quello si sta sbagliando, non è così che devono vivere gli uomini.
— Forse. Anche se mio padre con qualche macchina ad aiutarlo non sarebbe diventato invalido… ma si deve dare la precedenza alle cose più importanti. Prima bisogna mettere fine a questa guerra, poi se ne potrà parlare. — Gli sovvenne dell’esploratore, che adesso non riusciva più a vedere. — Mi scusi, Filosofo, ma ho da fare.
L’Espista fece un cenno di pace con la mano. Danielis se ne andò.
Strada facendo vide tra gli schizzi dell’acqua fangosa l’uomo che cercava, fermo vicino al maggiore Jacobsen. Era stato sicuramente quest’ultimo a mandarlo in avanscoperta e ora se ne stava a cavallo accanto ai fanti. L’esploratore era un massiccio indiano Klamath, vestito di pelli e con l’arco sulle spalle. Come molti uomini del distretto settentrionale preferiva le frecce alle pistole: meno costose e più silenziose, anche se colpivano meno lontano non avevano nulla da invidiare ai fucili quanto a rapidità di tiro. Erano stati proprio gli arcieri a salvare molte città dalle invasioni prima che gli Stati del Pacifico si unificassero, e continuavano ancora a proteggerle.
— Capitano Danielis — lo chiamò Jacobsen. — Arriva giusto in tempo. Il tenente Smith stava per dirmi cosa ha scoperto con il suo distaccamento.
— E l’aereo — aggiunse Smith imperturbabile. — Sono state le parole del pilota a darci il coraggio di andare laggiù a vedere.
— E allora?