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Mary annuì solennemente. Santo cielo, chi mai non sapeva che le leggi sull’obbligo di assumere le droghe non scherzavano? Ci fu una lunga pausa, e la ragazza capì che avrebbe potuto uscire. Tuttavia lei voleva restare un po’ con il capitano Thiel e parlare con lui. Si domandava spesso come sarebbe stato ad avere lui come padre-assegnato.
Non la ferì vedere che il suo timido complimento era passato inosservato; avrebbe soltanto voluto avere un argomento di cui parlare. Infine disse, quasi per disperazione: — Capitano Thiel, com’è possibile che un corpo cambi tanto da un’ego-rotazione all’altra, come succede con Susan e me?
— Non c’è poi il gran cambiamento che credi — disse lui. — Hai già avuto ie prime lezioni di fisiologia?
— Sì. Sono state interessanti… — Mary capì dal suo sorriso che l’argomento da lei tirato in ballo s’era trasformato in una trappola.
— Allora, signorina Mary Walden, tu come pensi che sia possibile?
Perché gli insegnanti e i sorveglianti medici dovevano sempre assumere quei tono? Quando uno avrebbe voluto fare soltanto due chiacchiere, loro rigiravano la frittata e lo costringevano a riflettere.
Citando il libro di testo disse, con aria infelice: — La cosa saliente nell’ego-rotazione sono i due sistemi neuro-vegetativi, i quali trasmettono dal cervello al sangue e agli organi le caratteristiche psico-chimiche delle due differenti personalità. Il sistema neuro-vegetativo cambia infatti le percentuali di zucchero consumato o immagazzinato dal fegato, quelle delle sostanze filtrate o scaricate dai reni e…
Attraverso la porta socchiusa udì in quel momento la voce della signora Harris che stava parlando al visifono: — Ma, signor Walden…
— Riassorbite o scaricate — la corresse il capitano Thiel.
— Cosa? — Per un attimo lei non seppe cosa ascoltare: se la voce della signora Harris o quella del sorvegliante medico.
— È meglio dire che i reni riassorbono dal sangue filtrato i sali e le sostanze nutritive.
— Oh!
— Ma signor Walden, esagerando potremmo rovinare tutto. Trascurare i figli entro il giusto limite è addirittura richiesto per il pieno sviluppo di alcune personalità, e Mary è certo una di queste…
— Che mi sai dire della pituitaria, che è collegata al cervello e durante l’ego-rotazione controlla tutte le altre glandole? — la incalzò il capitano Thiel.
— Ma signor Walden, trascurarla troppo in un momento critico come questo potrebbe causare l’emergere di una terza personalità, e non possiamo assolutamente permetterlo. Le personalità adatte sono congenite. Una nuova, adesso, potrebbe cancellare le due già esistenti. Lei è il padre-assegnato di questa ragazzina, e il Ministero dell’Educazione può costringerla a tener conto della nostra diagnosi…
Nella mente di Mary balenò una pagina d’un libro di favole della sua infanzia. L’illustrazione mostrava una bambina seduta sotto un grande albero i cui rami si protendevano su un ruscello. Piccoli animali selvatici la osservavano con fare amichevole. Mary riuscì a vederla molto nitidamente, tant’era intenso lo sforzo che faceva per concentrarsi su di essa ed evitare così di piangere.
— Stai forse pensando a qualcos’altro, Mary? — Il capitano Thiel la stava fissando stranamente.
L’agitazione con cui ella rispose lo sorprese: — Devo andare a casa; ho un sacco di cose da fare. Arrivederci.
In corridoio la signora Harris parve improvvisamente capire che qualcosa non andava, ma quando cercò di capire se le sue preoccupate frasi al telefono fossero state udite Mary la precedette, esibendo un tono causale: — Mio padre era a casa quando lei lo ha chiamato poco fa?
— Be’… sì, Mary. Ma gli ho telefonato soltanto perché era tempo che avessimo un colloquio.
Non puoi costringerlo a volermi bene, pensò fra sé, irritata perché l’intromissione della signora Harris avrebbe soltanto peggiorato le cose fra lei e suo padre.
Né il padre né la madre erano in casa quando Mary aprì la porta dell’appartamento immerso nel buio. Quello era il primo giorno di ego-rotazione dell’intera famiglia, e anche nei successivi i genitori non sarebbero rientrati fino a tardi.
Mary fece il giro delle stanze vuote, accendendo le luci. Ignorò la cena che suo padre le aveva lasciato sul riscaldatore elettrico, e quasi senza volerlo si trovò davanti alla porta del ripostiglio. La aprì lentamente.
Dopo aver esitato un poco cominciò una sistematica ricerca del vecchio libro di favole con le illustrazioni.
Solo più tardi, quando capì che non l’avrebbe trovato, in piedi nel piccolo locale ingombro di oggetti in disuso cominciò a piangere.
Il giorno che per Mary s’era concluso con un fiotto di lacrime solitarie avrebbe dovuto essere invece tutto un riposo per Conrad Manz, con in più un’oretta di volojet verso il mezzogiorno. Invece quel mattino si svegliò con un sussulto accorgendosi, incredulo, che sua moglie parlava mentre ancora dormiva.
S’avvicinò al letto di lei per accertarsene, ma dormiva davvero. Era come se la mente di lei credesse d’essere da qualche altra parte, e di fare chissà cos’altro. Vagamente ricordava che gli antichi facevano qualcosa chiamato sognare mentre dormivano, e il pensiero lo fece rabbrividire.
— Oh, Bill! — stava dicendo Clara Manz. — Ci prenderanno; non possiamo recitare più questa commedia, così senza droghe. Non abbiamo delle droghe qui, Bill?
Poi tacque e parve calmarsi. Ma il suo respiro era rapido, e anche nella grigia luce dell’alba il suo volto incorniciato dai capelli biondi appariva soffuso di rossore.
Poiché s’era appena svegliato Conrad aveva nel sangue una bassa percentuale di droghe, e quell’incidente gli apparve quanto mai seccante. Raccolse dal comodino il suo medibox e andò in bagno. S’iniettò la sua dose di Talamblok, gli enzimi integrativi, e tornò in camera da letto. Clara stava ancora dormendo.
Era da qualche tempo che si comportava stranamente, pensò, ma non aveva mai avuto nulla di simile a sintomi di quel genere. Sapeva che avrebbe dovuto chiamare un sorvegliante medico, ma naturalmente sapeva anche che non avrebbe fatto nulla di così estremo. Con ogni probabilità la cosa aveva una spiegazione: una spiegazione semplice. Clara era sempre stata un po’ spaventata. Magari aveva dimenticato di prendere la Soporina, e di conseguenza aveva sognato. La sola parola bastava a dare un tremito al suo corpo robusto. Ma se si era dimenticata di prendere una delle sue droghe obbligatorie e lui avesse chiamato un sorvegliante medico, la faccenda avrebbe avuto gravi conseguenze.
Conrad andò allo scaffale dei libri e ne trasse fuori Le Vostre Droghe. Accese una lampada nella stanza appena illuminata dall’aurora e sedette pesantemente in poltrona. Imparate a conoscere meglio le droghe della vostra famiglia. Edizione Governativa, 2831. Il libro era quasi tutta propaganda della Sorveglianza Medica, e non dava quasi nessun suggerimento pratico. Se qualcosa non andava, bisognava comunque chiamare un sorvegliante medico.
Conrad sfogliò le pagine in cerca del capitolo dove si parlava della Soporina. Certo era strano che lei avesse fatto quel nome: Bill. Ripassò tutti gli uomini di cui loro due erano amici, quelli con cui Clara aveva unioni occasionali, gli amici degli amici di lei, e non riuscì a ricordare nessun Bill. L’unico individuo di quel nome che lui conoscesse era il suo iperego, Bill Walden. Ma naturalmente questo era impossibile.
Probabilmente il sognare riguardava sempre persone immaginarie.
SOPORINA: una mistura ufficialmente approvata di soporiferi naturali, alcaloidi ipnotici e sostanze sintetiche. È una droga importante, parte essenziale di ogni ricetta personale. Non sono permesse neppure lievi deviazioni nel seguire le prescrizioni, poiché il comportamento dei contravventori può venir sottilmente alterato nel corso degli anni. Il primo tipo di Soporina fu scoperto da Thomas Marshall nel 1986. Da allora la formula base è stata modificata solo due volte.
Seguiva una particolareggiata descrizione chimica e farmacologica dei vari ingredienti, e Conrad la saltò.
Si può meglio capire l’importanza della Soporina nella vita dell’individuo e della società quando rileggiamo le parole con cui Marshall annunciò la sua scoperta:
«È durante il cosiddetto sonno normale che il nostro inconscio malato (responsabile delle guerre e di ogni altra causa d’infelicità) sviluppa le sue risorse e rafforza la presa sulla nostra vita cosciente.
«Durante questo sonno normale le capacità critiche della corteccia sono paralizzate. E, nel contempo, l’inconscio infantile espande le sue malinterpretate esperienze nei tossici schemi delle neurosi e delle psicosi. La mente conscia si risveglia al mattino senza sospettare che quelle motivazioni infantili sono state malignamente insinuate nella sua struttura intima.
«La Soporina impedisce questo processo. È una droga innocua che mette fine alle inconscie attività oniriche. A nostro parere la Sorveglianza Medica dovrebbe subito approvare leggi al fine di abituare al suo uso ogni bambino. In questi giovani, col passar degli anni, l’inconscio che non potrà avvelenare la loro mente nel sonno combatterà una battaglia persa nelle ore di veglia, con gli schemi consci che premono verso la positiva maturazione dell’adulto».
Non c’era altro. In ognuna delle sue pubblicazioni la Sorveglianza Medica non faceva che congratularsi con se stessa per aver salvato l’umanità. Ma se qualcuno era nei guai e chiamava un sorvegliante medico, allora finiva veramente nei guai.
Conrad s’accorse che Clara era in piedi sulla porta. Fra il rossore delle sue disordinate emozioni ed il pallore della stanchezza, le guance di lei erano chiazzate come se l’avessero presa a schiaffi.
Conrad depose il libro e con un goffo gesto d’imbarazzo le indicò il titolo: — Signora mia, tu… hai dimenticato di prendere la Soporina?
Clara si fece ancora più pallida: — Io non… non capisco.
— Stavi parlando nel sonno.
— Io… davvero?
La giovane donna vacillò avanti a passi così deboli che lui dovette aiutarla a sedersi. Lo fissò. In tono gioviale Conrad chiese: — Chi è questo Bill con cui eri così disperatamente coinvolta? Hai una relazione di cui non so nulla? Forse i miei amici non sono abbastanza belli per te?
Il risultato di quel tentativo spiritoso fu che lei cominciò a piangere in modo allarmante. Si strinse la vestaglia attorno, abbassò la testa bionda fin sulle ginocchia e scoppiò in singhiozzi.
Ai bambini capitava di piangere prima d’abituarsi alle droghe, ma in vita sua Conrad Manz non aveva mai visto piangere un adulto. Benché avesse appena preso le sue droghe mattutine e certe spiacevoli emozioni fossero già impossibili per lui, quei singhiozzi rischiarono di sconvolgerlo.